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mercoledì 17 settembre 2014

L'embargo, ma a chi serve?

L'amico Luca Lombroso, sempre interessato a Cuba, mi invia questo articolo di "La Repubblica" che non ha bisogno di molti commenti. Uno di questi è: ma a chi giova? Probabilmente ai politici dell'estrema destra della Florida che intascano succose tangenti, più o meno legali, dai fondi stanziati dal Governo Federale...su loro richiesta. Oppure dai giornalisti e anchorman locali che cavalcano una tigre, sempre più di carta, anch'essi per riempirsi le tasche ed essere sempre più "popolari". 
Dopo quasi 54 anni, questo strumento applicato per far implodere il governo di Fidel Castro non è servito a niente e oggi, sotto la direzione del fratello Raúl, al suo mandato finale, con i tentativi di riforma che sta mettendo in atto, serve ancora meno allo scopo prefisso. Le cifre e i fatti parlano da soli. D'altra parte, la miopia, prepotenza e arroganza dei governi nordamericani, dentro e fuori da "casa non loro", è ampiamente conosciuta e dimostrata.
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L'embargo Usa costa 116 miliardi a Cuba: Onu in pressing per la fine
Il blocco ha dimensioni internazionali perché colpisce anche il commercio cubano con Paesi terzi per dire delle mancate entrate da rum e sigari che non può vendere negli Stati Uniti. Se poi gli statunitensi potessero andare sull'isola, il turismo guadagnerebbe 2 miliardi. Solo Israele resta al fianco di Obama

di ALESSANDRA BADUEL
Centosedici miliardi di dollari persi, di cui quasi quattro solo nell'ultimo anno: eccolo, il prezzo pagato da Cuba per effetto dell'embargo statunitense, reso noto in questi giorni dal vice ministro degli Esteri Abelardo Moreno, che ha ricordato come lo scorso sei settembre l'amministrazione Obama abbia rinnovato di un altro anno quel Proclama 3447 con cui John Fitzgerald Kennedy ampliò le restrizioni commerciali già varate da Eisenhower nel 1960 (poco dopo la rivoluzione castrista) e impose la fine di ogni scambio commerciale, economico e finanziario. Era il 7 febbraio 1962. Obama aveva appena compiuto sette mesi, come ricordava poco tempo fa l'Economist, chiedendo di abolire quella misura ormai appartenente al passato neanche più tanto prossimo di un'America "minacciata dal comunismo".

Niente da fare, "el bloqueo" - come lo chiamano i cubani - continua, e Moreno ha elencato le cifre. Solo fra aprile 2013 e giugno 2014, Cuba ha avuto mancate entrate per 3,9 miliardi in dollari, mentre il conto globale è arrivato esattamente a 116.880 milioni di dollari. Quanto poi al deprezzamento del dollaro dall’ inizio dell'embargo a oggi, secondo i cubani fa sì che quella cifra arrivi a 1,11 trilioni. Come ogni anno dal 1982, Cuba ha preparato l'informativa per accompagnare l'ennesima richiesta di fine dell'embargo alla prossima assemblea generale dell'Onu. Assemblea che per 22 anni consecutivi ha regolarmente approvato, con il voto contrario degli Stati Uniti e sempre meno altri Paesi al loro fianco.
L'anno scorso i sì sono stati 188 e i no due: Usa e Israele.

Come si componga quella cifra, il viceministro Moreno l'ha spiegato ricordando che "el bloqueo" ha dimensioni internazionali, dato che colpisce anche il commercio cubano con Paesi terzi e la possibilità di investimenti esteri nell'isola. Per non dire del fatto che Cuba valuta in 205,8 milioni di dollari le mancate entrate da rum e sigari che non può vendere proprio negli Stati Uniti - e che là arrivano comunque, di contrabbando. Se poi gli statunitensi potessero andare liberamente sull'isola, il turismo guadagnerebbe 2.000 milioni in dollari. L'isola, in più, non può fare alcuna transazione in moneta Usa nel mondo, né stabilire relazioni con aziende in Paesi terzi che hanno capitale statunitense.

Nel riportare la conferenza stampa di Moreno all'Avana, El País spiega come in realtà una parte crescente dei cubani d'America abbia cambiato idea sull'embargo. Come la comunità internazionale, dal crollo dell'Unione Sovietica in poi, ha criticato sempre di più quel blocco. Nel frattempo, però, ha ricordato Moreno, fra 2009 e 2014 l'amministrazione Obama ha multato 37 aziende statunitensi e straniere per averlo violato. E dal 2004 a oggi il totale delle multe, calcolato anche quello, è stato di 11.500 milioni di dollari. Il grosso è fatto degli 8.970 milioni di dollari pagati dalla francese BNP Paribas per Cuba (in una multa che includeva comunque anche rapporti con l'Iran e soprattutto con il Sudan).

Intanto, il mondo va avanti. Il castrismo si orienta pian piano verso il capitalismo, cerca investimenti esteri e li sta anche cominciando a trovare. E se non è certo più da lungo tempo una minaccia per gli Stati Uniti, sta diventando attraente per altri, come Singapore o il Brasile, o l'Unione europea, mentre ci sono uomini d'affari come il magnate dello zucchero Alfonso Fanjul, personalità preminente dei cubani fuggiti in Florida mezzo secolo fa, che da fiero oppositore si è ora trasformato nell'uomo che chiede di investire nell'isola. Come osservava l'Economist in aprile, se anche il Congresso continuasse a non approvare, Obama potrebbe comunque usare la sua autorità diminuendo le restrizioni di viaggio e togliendo Cuba dalla lista degli Stati sponsor del terrorismo. Titolo dell'articolo: "Se non ora, quando?".

luca lombroso



1 commento:

  1. Ma quando lo capiranno gli Statunitensi? Incredibile, anche un ragazzino mezzo scemo, lo capisce che l' embargo oltre a non servire a nulla, è anche controproducente per gli USA, tranne che per i soliti noti.

    P.S. arrivo a giorni, ti chiamo.

    OLIO

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