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mercoledì 16 aprile 2014

Cosa dice la nuova legge sugli investimenti esteri a Cuba

FONTE: TTC - Travel Trade Caribbean
Posted by: Redazione TTC in Affari 10 giorni ago 0 252 Views

Cosa dice la nuova legge sugli investimenti esteri a Cuba?


Il ministro cubano del Commercio Estero e degli Investimenti Esteri, Rodrigo Malmierca Díaz, ha presentato davanti al Parlamento i punti chiave della nuova legge in materia.
Malmierca ha detto che è necessario rafforzare gli aspetti positivi, avanzare nel recupero dello stato finanziario del paese, diversificare le sue relazioni economiche internazionali e ottenere la fiducia degli investitori in un clima di trasparenza, regole chiare e incentivi.
Il ministro ha spiegato che in corrispondenza con il sistema socialista cubano, il nuovo quadro normativo per gli investimenti esteri si distingue per:
• La conservazione della sovranità, delle risorse naturali, dell’ambiente e del patrimonio nazionale;
• La definizione di una politica nel settore nella quale si stabiliscano principi generali e settoriali per attirare gli investimenti esteri;
• L’approvazione caso per caso dei progetti;
• L’assunzione di forza lavoro mediante enti di reclutamento; e
• Il coinvolgimento dei tribunali nazionali nella risoluzione delle controversie legate allo sfruttamento delle risorse naturali; tra gli altri.
Malmierca ha detto che la politica approvata prevede 34 principi generali e 11 principi settoriali, tra i quali ha affermato che si ritiene opportuno includere i seguenti:
• Progettazione di investimenti esteri come fonte di sviluppo economico per il Paese a breve, medio e lungo termine. L’attrazione di capitali dovrebbe considerare come obiettivi l’accesso alle tecnologie avanzate, l’inserimento nel paese di nuovi metodi manageriali, la diversificazione e l’ampliamento dei mercati di esportazione, la sostituzione delle importazioni, l’accesso al finanziamento esterno, la creazione di nuovi posti di lavoro e assunzioni maggiori a partire da legami produttivi con l’economia nazionale.
• Promuovere gli investimenti esteri sulla base di un ampio e diversificato portafoglio di progetti. Centrare la promozione sulle tappe, i settori o le attività potenziali e favorire la diversificazione nella partecipazione di imprenditori di diversi paesi. Priorizzare la promozione delle Zone Speciali di Sviluppo iniziando i lavori dalla Zona Speciale di Sviluppo del Mariel.
• Incoraggiare lo sviluppo di progetti integrati che creano legami produttivi per la ricerca di un’efficienza collettiva.
• Orientare la maggior parte degli investimenti stranieri verso il settore delle esportazioni. Inoltre dirigerli ad eliminare le strozzature nella catena produttiva, promuovendo la modernizzazione, le infrastrutture e il modello di cambiamento tecnologico per l’economia, così come garantire la soddisfazione efficiente dei bisogni del paese, con l’obiettivo di sostituire le importazioni.
• Autorizzare la costituzione di società interamente estere per l’esecuzione degli investimenti che lo richiedono per complessità e importanza, soprattutto per lo sviluppo delle infrastrutture industriali.
• Contribuire al cambiamento della matrice energetica del paese attraverso l’ utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, l’ uso di energia solare, eolica e idrica ; e delle biomasse, che comprendono canna da zucchero, foreste e marabù ; e altre fonti tra cui il biogas.
• Assicurarsi che la maggior quota partecipativa sia cubana in quelle associazioni che sono destinate all’estrazione di risorse naturali, ai servizi pubblici, allo sviluppo delle biotecnologie, al commercio all’ingrosso e al turismo.
• Nei rapporti economici con investitori stranieri non ci sarà una libera assunzione di forza lavoro, in modo che verrà mantenuta la figura dell’ente di reclutamento di lavoratori. Lo stipendio sarà calcolato sulla base del lavoro fornito, l’efficienza e il valore aggiunto che l’azienda produce. In questo senso, i concetti di tabelle salariali saranno rimossi e verrà stabilito un salario minimo. I lavoratori con contratto riceveranno un salario superiore al minimo indicato. Il pagamento dei servizi della forza lavoro sarà negoziato tra l’ente di reclutamento e la società con capitale straniero.
• Gli investimenti stranieri potranno essere orientati eccezionalmente allo sviluppo di attività per organizzazioni economiche di proprietà non statale con personalità giuridica con la partecipazione di società mercantili di capitale statale cubano. Sarà data priorità al settore cooperativo.
• Il deficit nella capacità edilizia del paese non può frenare lo sviluppo del processo di investimenti di capitali stranieri e pertanto si potranno valutare alternative necessarie ad evitarlo.
• Nessun diritto di esclusiva sul mercato cubano sarà assegnato al partner straniero, che, a parità di condizioni con terzi, potrà essere fornitore e cliente
• Non sarà trasferita nessuna proprietà o bene statale, salvo in casi eccezionali nei quali vengano destinati al fine di sviluppare il paese e non vi siano conseguenze negative per i fondamenti politici, sociali ed economici dello stato.
Per la loro importanza sono stati definiti principi politici specifici per i seguenti 11 settori:
1. Agricolo e Forestale
2. Industria alimentare
3. Dell’Energia e delle Miniere
4. Settore zuccheriero
5. Industrie siderurgica, chimica ed elettronica
6. Farmaceutica e Biotecnologia
7. Commercio all’ingrosso
8. Salute
9. Edilizia
10. Turismo
11. Trasporti
A partire dagli elementi segnalati delle politiche generali e settoriali menzionati, si sottolinea che le attività prioritarie per lo sviluppo di progetti con capitale straniero sono quelle che :
• Generano catene di produzione
• Trasferiscono tecnologia, comprese le tecniche gestionali
• Sviluppano infrastrutture industriali
• Generano energia, in particolare da fonti rinnovabili
• Sono destinate alla produzione agricola
• Sviluppano l’industria agroalimentare
• Si dirigono alla produzione di idrocarburi e miniere
• Valorizzano il turismo, compreso quello sanitario
Il nuovo quadro normativo proposto per gli investimenti esteri si compone di :
• La Legge sugli Investimenti Esteri
• Decreto che regola la legge
• Due accordi del Consiglio dei Ministri
• Due risoluzioni del Ministero del Commercio Estero e degli Investimenti Esteri
• Una risoluzione del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale
• Due risoluzioni della Banca Centrale di Cuba.
Nel disegno di legge sono stabilite le garanzie, i settori di riferimento, le modalità, il regime di autorizzazione, le norme relative alla tutela ambientale e di uso delle risorse naturali, la risoluzione dei conflitti e i regimi speciali comprendenti quello bancario, l’esportazione e l’importazione, quello lavorativo, fiscale e assicurativo. Come nella legge 77, viene mantenuto il principio secondo il quale il governo autorizza caso per caso progetti che prevedono investimenti di imprese straniere.
È stato elaborato un progetto di Regolamento che dovrà essere emesso tramite Decreto, in cui viene facilitato il trattamento dei progetti che prevedono investimenti stranieri perché il regolamento include procedure per la presentazione, negoziazione, monitoraggio e controllo del progetto stesso. Esso stabilisce anche la composizione e le funzioni del Comitato per la Valutazione del Progetto con Investimenti Esteri, che coadiuva il governo nel prendere decisioni su questo tema.
In uno degli Accordi del Consiglio dei Ministri sarà pubblicata la Politica approvata e in un altro sarà delegata la facoltà di autorizzare alcuni contratti di associazione economica internazionale dai ministri del MINCEX e del MINTUR.
Le deliberazioni del MINCEX sono finalizzate a disciplinare il funzionamento del Comitato per la Valutazione dei Progetti con Investimenti Esteri e a stabilire le basi metodologiche per la presentazione della fattibilità tecnica ed economica dei progetti.
La risoluzione del MTSS regolamenterà il regime lavorativo degli investimenti esteri in settori quali la negoziazione del salario nei confronti della forza lavoro, gli elementi da considerare per la formazione dei salari pagati ai lavoratori.
In una delle risoluzioni del BCC viene regolata l’apertura di conti bancari per il deposito di somme in contanti destinate ai contributi degli inversori stranieri; mentre l’altra regola i trasferimenti all’estero dei beni delle persone straniere.
Le principali modifiche che sono state introdotte nel disegno di legge sugli investimenti esteri, in relazione con la legge n ° 77 sono :
• Il livello di compensazione standard regolato dalla legge 77/95 (società miste) come garanzia in caso di espropriazione di beni degli investitori stranieri, è adeguato alla disposizione costituzionale che prevede “indennizzo adeguato”.
• In relazione alle tre modalità di investimento estero stabilite nella legge 77/95 (joint venture, imprese interamente di proprietà straniera e contratti di International Economic Association ), è stata ampliata la portata dei contratti di associazione economica internazionale incorporando l’amministrazione produttiva e dei servizi, l’amministrazione alberghiera e i servizi professionali.
• è stato ridefinito il livello di approvazione dei progetti in corrispondenza con le loro caratteristiche.
In questo senso, si prevede che il Consiglio di Stato approverà quei progetti relazionati all’utilizzo delle risorse naturali non rinnovabili (fatta eccezione per i contratti a rischio); la gestione dei servizi pubblici e la realizzazione di opere pubbliche o sfruttamento di beni di dominio pubblico.
Sono state approvate dal Consiglio dei ministri le imprese di capitale totalmente straniero; quando vi è un trasferimento di proprietà o altro diritto sui beni dello Stato ; attività legata al rischio di risorse non rinnovabili ; quando riguardano una società pubblica estera ; quando si affronta lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili; e gli investimenti nei sistemi aziendali di sanità, l’istruzione e le forze armate.
Prevede inoltre che il Consiglio dei ministri possa delegare l’autorità di approvare e autorizzare i capi delle agenzie del governo centrale.
• Nel commercio estero, saranno concesse preferenze agli acquisti di prodotti nazionali in condizioni competitive.
• viene introdotto un capitolo che regola le azioni di controllo sulle modalità di investimenti esteri.
• Ampliato il capitolo sulla tutela ambientale, incorporando aspetti della tecnologia e dell’innovazione.
• Sul regime di risoluzione dei conflitti, sono state fatte precisazioni riguardanti, in particolare, l’intervento dei tribunali nazionali.
• è previsto il trattamento degli investimenti esteri, al momento della unificazione monetaria.
• è stata modificata la procedura per la valutazione e l’approvazione del progetto, rendendola più agile; e
• Si stabilisce che agli investimenti esteri si applica la legge fiscale n ° 113 del 2012, con gli aggiustamenti suggeriti nel regime speciale di tassazione previsto nel disegno di legge per le joint venture e per gli investitori nazionali e stranieri e facenti parte di contratti associazione economica internazionale. Ecco perché viene mantenuta l’applicazione del contributo alla sicurezza sociale, oltre ad essere soggetti ad altre imposte e ad altri obblighi di pagamento.
Tra i principali punti contenuti nel regime fiscale speciale vi sono:
• L’esenzione fiscale sugli utili per i primi 8 anni e in via eccezionale per un periodo più lungo. Più tardi sarà del 15% e sugli utili reinvestiti sarà dello 0 %. Questa tassa può essere aumentata del 50 % nei progetti in cui le risorse naturali vengono sfruttate.
• sono esenti da imposta per l’utilizzo della forza lavoro.
• Per quanto riguarda l’imposta Territoriale per lo Sviluppo Locale è stato analizzato il progetto presentato dal deputato Ariel Ovidio Álvarez Suárez del municipio di Media Luna ed è stato giudicato conveniente esprimere con maggior chiarezza l’obbligo che avranno le modalità di investimento straniero e pertanto si può riformulare il testo della stessa, come segue :
“Articolo 42. Saranno soggetti contribuenti della tassa territoriale per lo sviluppo locale le joint venture, gli inversori nazionali e stranieri parti in contratti di associazione economica internazionale e le imprese di capitale totalmente straniero”.
“Saranno esenti dalla tassa territoriale per lo sviluppo locale durante il periodo di ammortamento dell’investimento le joint venture, gli investitori nazionali e stranieri le parti nei contratti di associazione economica internazionale. ”
• viene mantenuta l’esenzione dal pagamento della tassa per i partner stranieri in joint venture o soggetti esteri in contratti per associazione economica internazionale.
• prevista l’esenzione dell’imposta sulle vendite o servizi durante il primo anno di attività, viene stabilita una riduzione del 50 % sulle vendite all’ingrosso e i servizi.
• esenzione dal pagamento dei dazi doganali durante il processo di investimento
• esenzione del 50 % sul pagamento delle tasse per l’ uso o lo sfruttamento delle risorse naturali e la conservazione dell’ambiente.
Dal momento che questa legge è destinata a disciplinare la partecipazione di capitale estero nella nostra economia, vorrei riferirmi alle principali garanzie fornite agli investitori. A tale riguardo, si precisa che:
• Godono di protezione e sicurezza completo e non possono essere espropriati se non per ragioni di pubblica utilità o di interesse sociale, in conformità con la Costituzione, i trattati internazionali sottoscritti da Cuba e dalla legislazione vigente, con la dovuta compensazione per il loro valore commerciale stabilito di comune accordo.
• Lo Stato garantisce il libero trasferimento all’estero in moneta liberamente convertibile, senza il pagamento di tasse o altri oneri, dei dividendi o profitti dell’investitore straniero.
• Gli investitori stranieri possono vendere o trasferire i propri diritti allo Stato, alle parti nell’associazione o a terzi previa autorizzazione governativa.
• Gli investimenti esteri sono soggetti al regime fiscale speciale previsto dalla legge
• Lo stato cubano garantisce che i benefici accordati agli investitori stranieri e ai loro investimenti sono mantenuti per tutto il periodo.
• Le nuove norme si applicano agli investimenti esteri da stabilire nelle zone speciali di sviluppo, con gli adeguamenti che dispongano le norme speciali emesse e a condizione che non si oppongano al loro funzionamento. Fermo restando quanto sopra, il regime speciale concesso dalla legge si applicherà a tali investimenti, a condizione che siano più vantaggiosi.

martedì 15 aprile 2014

Fallimentare

FALLIMENTARE: serve per nutrire

lunedì 14 aprile 2014

Origine, agonia e morte del tram, di Ciro Bianchi Ross


Pubblicato su Juventud Rebelde del 13/4/14


Perché sono scomparsi i tram? Cosa giustificò la sostituzione di quelle carrozze lente e democratiche, come le definì il poeta Nicolás Guillén, con autobus che noi avaneri chiamammo le “infermiere”? Dove sono finiti i vecchi vagoncini?
Una lenta agonia precedette la scomparsa di questo mezzo di trasporto. Guillén alluse alla “paralisi progressiva del tranvai” perché le carrozze e le infrastrutture andarono deteriorandosi senza che la Havana Electric, la compagnia che li operava, facesse investimenti imprescindibili per salvarli. Tutto ubbidiva ad affari torbidi che arricchirono i grandi proprietari della compagnia e rovinarono i piccoli azionisti, volti a far spazio all’impresa Autobus Modernos S.A. che introdusse le soprannominate “infermiere”, autobus di fabbricazione inglese, rimanenze della II Guerra Mondiale, dipinti di bianco.
All’inizio della decade del ’30, la stampa cubana era piena di annunci come questo: “Mandate i vostri figli a scuola in tram; arriveranno sicuri”. E a dire la verità, questo mezzo di trasporto garantiva, allora, un viaggio comodo e felice. Era il tranvai, aggiungeva Guillén in una delle sue cronache, il veicolo ideale per il trasporto di gente misurata, onesta, paziente e senza fretta: il paralitico, lo scrivano, il pensionato, il giocatore di scacchi...L’autore di Sóngoro cosongo che fu uno dei nostri grandi giornalisti, precisava: “Si metta lei, in un angolo e tutto consisterà in aspettare. La calza, la lettura di Jorge Mañach o la semplice divagazione su temi non urgenti, non di soluzione immediata...Quaranta minuti dopo sarà sorpreso da uno scampanellio inconfondibile. Lì c’è il tranvai! Lei si installa nella sua lenta carrozza, il suo vagone democratico e potrà dormire, sicuro di arrivare a destinazione sano e salvo”.
Il servizio tranviario cominciò a paralizzarsi progressivamente, più nell’ordine dell’efficacia che in quello delle utilità; ebbene nel 1942 con 521 carrozze, l’impresa che lo operava incassò qualcosa in più di due milioni di pesos; nel 1944 con 420 carrozze, ottenne introiti di oltre quattro milioni e mezzo di pesos e tre anni dopo, con solo 400 veicoli in uso, gli ingressi superarono i sette milioni.
Cosa succedeva? Più che di morte naturale il tranvai, a Cuba, moriva assassinato. La rivista Bohemia affermava; “Congestionati al massimo, gli arcaici veicoli cessavano di essere elemento di pubblica utilità per trasformarsi in strumenti di tortura urbana”.

Lo scarafaggio

Il trasporto pubblico, all’Avana, cominciò con veicoli a trazione animale. Si trattava di veicoli in affitto e a, partire dal 1859, le lente “guaguas” (onomatopeico, n.d.t.) trainate da muli. Però già alla fine del del XIX secolo, cominciò a circolare la celebre “cucaracha” (scarafaggio) macchinetta scatolone, com’era chiamata, mossa dal vapore. Il servizio era operato, come concessione del Governo spagnolo, dalla Empresa de Ferrocarríl Urbano y de Ómnibus de La Habana, ma all’avvicinarsi della cessazione della sovranità spagnola a Cuba, la giunta degli azionisti di detta entità, accettò di cedere i suoi diritti. È allora che appare un curiosissimo personaggio, degno di investigazione: Tiburcio Pérez Castañeda.
Era nato a Pínar del Río nel 1869, studiò Diritto all’Università di Barcellona e Medicina in quelle dell’Avana e Parigi. Si specializzò come chirurgo in Gran Bretagna e si disimpegnò come professore di Medicina Legale nella nostra casa di studi superiori. Membro del Reale Collegio dei Chirurghi di Londra, fu medico militare onorario degli eserciti dello zar di tutte le Russie e medico ad honorem del re d’Inghilterra, mentre in Francia lo fecero Cavaliere della Legion d’Onore, lo zar gli concedeva la Gran Croce Imperiale di San Stanislao e occupava in Spagna, per le regioni di Huesca e Burgos, un seggio come senatore del Regno. Alfonso XIII, nel 1927, gli conferì il marchesato di Taironas che rimase vacante alla sua morte, all’Avana, nel 1939.
Titoli a parte, Tiburzio era un vampiro per i soldi, e diffidente come pochi, godette appena della concessione nel maneggio dei trasporti urbani avaneri. La vendette, prima dell’occupazione militare nordamericana, a interessi canadesi che costituirono la Havana Electric Railway Co., passaggio che servì a sua volta per metterla in mano della Havana Electric Railway, Light end Power Company, impresa incorporata allo stato del New Jersey che controllava, non solo le tranvie, ma anche il servizio di illuminazione elettrica e di forza motrice oltre alla fabbricazione e distribuzione del gas artificiale all’Avana e sobborghi. Il primo tram elettrico circolò, in questa capitale, nel 1901.

Steinhart

Tedesco di origine, ma nazionalizzatto nordamericano, Frank Steinhart, giunse a Cuba facendo parte dell’esercito di occupazione e vi rimase quando le truppe interventiste lasciarono l’isola. Nel 1902 e 1903, attuò come rappresentante del Dipartimento della Guerra del suo Paese ed ebbe in custodia gli archivi del Governo intervenzionista. Da queste posizioni usurpò le funzioni principali del console generale nordamericano a Cuba, il presidente Estrada Palma lo preferiva a questi per trattare affari concernenti le relazioni con gli Stati Uniti. Così si fece posto nel consolato generale dove rimase fino al 1907. Le sue funzioni gli consentirono di avere un grande numero di valide relazioni personali nell’Isola.
Si dice che i soci nordamericani della Havana Electric Railway Co. Si lamentarono col console del loro Paese per le manovre che la parte canadese dell’azienda, faceva dei titoli di proprietà. Steinhart trasferì la lamentela al presidente della società con sede a Montreal e questi, indispettito, gli rispose che quando egli (Steinhard) fosse l’azionista di maggioranza e occupasse la direzione, avrebbe potuto amministrarla a suo piacimento.
Steinhart vide queste parole come una sfida e senza pensarci due volte tracciò una strategia per acquisirla. Visitò importanti banchieri nordamericani alla ricerca di prestiti. Non glie li concessero e a quelli che gli dicevano che desistesse da questo proposito rispondeva che aveva bisogno di soldi, non di consigli. Aveva bisogno di 750 mila dollari per acaparrare la maggioranza delle azioni e spodestare la giunta direttiva nell’assemblea del 1907. Gli risolse il problema l’Arcivescovo di New York che comprò un milione di dollari, in azioni da 85 centesimi con la garanzia che in un anno Steinhart le avrebbe ricomperate a 90, cosa che fece effettivamente.
Il dittatore Machado, in affari con la Compañia Cubana de Electrícidad che autorizzò a operare a Cuba, con la complicità di Steinhart, fece si che la Havana Electric passasse alla nuova impresa il monopolio della generazione di elettricità e di fabbricazione e distribuzione del gas. L’ex console e i suoi principali soci, beneficiarono dell’affare, non così la maggior parte degli azionisti cubani e spagnoli che videro come, a partire da quel momento, la loro entità cominciava a pagare l’elettricità che muoveva i tram, acquisendo debiti milionari.

L’ultimo viaggio

Fu l’inizio della fine. Ci furono ben pochi nuovi investimenti nella Havana Electric. Steinhart figlio, nell’assumere la direzione dell’azienda, non mise il soffio di gioventù che si sperava. Più che altro l’aiutò a morire. In un’abile manvora finanziaria, spazzò via i piccoli azionisti e liquidò l’azienda a condizioni che lo favorivano, così come alla Electric Bond & Share. Il fallimento tecnico della Havana Electric era un fatto. Durante il Governo del dottor Carlos Prío, il trapasso della concessione del trasporto avanero all’impresa Autobuses Modernos, dette il colpo finale alle tranvie.
Il dottor Manuel López Martínez dice che alle 12.08 del martedì 29 aprile 1952, fece il suo ingresso definitivo al capolinea di Príncipe il P2 numero 388, ultimo tram che circolò nei quartieri avaneri col suo utlimo viaggio di ritorno. Era uscito alle 23.22 della sera anteriore per compiere il suo percorso abituale. Il mossiere Guillermo Ferreiro, con oltre 30 anni di servizio, ordinò l’uscita con un po’ di nostalgia. Quando il motorista J. Amoedo e il conduttore M.Rey, alias “Seghetto”, ricevettero la tabella di uscita sentirono che qualcosa si scioglieva nel cuore. Era come uno strazio interiore e si misero a piangere, perché anche per loro sarebbe stato, quello, l’ultimo viaggio.
Làzaro E. García Driggs e Zenaida Iglesias, scrivono nel loro libro Tranvias en La Habana, pubblicato recentemente dall’Editrice José Martí e di cui raccomando la lettura, che a partire da lì, quei comodi e utili veicoli passarono nel dimenticatoio dei loro proprietari e finanziatori, non così nella memoria dei cubani perché in essi “i nostri genitori e nonni trasportarono le loro gioie e dolori e concertarono appuntamenti amorosi”. Questi vagoncini trasportavano, nelle loro piattaforme, gli oggetti più impensabili: valigie, borse con la corrispondenza, mobili, ceste di frutta e verdura...I menzionati investigatori precisano che nei tranvai era permesso trasportare tutto ciò che non ostacolasse il traffico dei passeggeri, ma non si poteva effettuare nessuna operazione di carico e scarico delle merci in mezzo alla strada. La tariffa iniziale per il trasporto di merci era di 25 centesimi di dollaro ogni 25 chili. Tra le 12 della notte e le 4 di mattina si potevano anche trasportare gli allora chiamati “materiali offensivi” che significava qualunque tipo di oggetto, ciò dette origine alla frase: “Non ho problemi...io salgo nella parte posteriore del tram e via”.

A mazzate

La scomparsa delle tranvie e l’entrata in funzione degli autobus beneficiarono non poche figure importanti della politica cubana del suo tempo. Mentre che politici a volte di tendenze antagoniste, si arricchivano con l’affare, cosa successe coi vagoncini, le lente e democratiche carrozze? Gli si tolsero i motori, gli assi, le ruote e le parti metalliche e si demolirono a colpi di mazza. Li schiacciarono dal tetto: spezzarono le colonne e si distrussero sedili e corrimano. I resti si dispersero in fosse apertre nel quartiere Miramar e nei dintorni del capolinea del Carmelo, nel Vedado, come ripieno della pavimentazione. Sopravvissero poche di quelle vetture. Allora si utilizzarono come chioschi di vedita di merende e caffetterie nella spiaggia di Marianao e una fu trasformata in abitazione. Un’altra, completa, si mantenne al capolinea del Cerro fino poco dopo il 1959. Ormai non ne esistono più, almeno che si sappia.
Sotto la pavimentazione dormono il sonno eterno la maggior parte dei tram che circolarono per la città. In quanto ai binari, si smantellarono alacremente, ma il lavoro non venne mai completato. Ancora oggi si affacciano frammenti di queste linee, sotto grossi strati di asfalto, come se volessero recuperare il passato.



Origen, agonía y muerte del tranvía

Ciro Bianchi Ross *
12 de Abril del 2014 19:13:57 CDT

¿Por qué desaparecieron los tranvías? ¿Qué justificó la sustitución de
aquellas carrozas lentas y democráticas, como las definió el poeta
Nicolás Guillén, por ómnibus a los que los habaneros llamamos “las
enfermeras”? ¿Dónde fueron a parar los vetustos carritos?
Una lenta agonía precedió a la desaparición de ese medio de
transporte. Guillén aludió a la “parálisis progresiva del tranvía”
porque los carros y la infraestructura se fueron deteriorando sin que
la Havana Electric, la compañía que los operaba, acometiera las
inversiones imprescindibles para salvarlos. Todo obedecía a un turbio
negocio, que enriqueció a los grandes propietarios de la compañía y
arruinó a los pequeños accionistas, encaminado a dar entrada a la
empresa de los Autobuses Modernos S.A., que trajo las aludidas
“enfermeras”, ómnibus de fabricación inglesa, remanentes de la II
Guerra Mundial, pintados de blanco.
A comienzos de la década de los 30 la prensa cubana se inundaba de
anuncios como este: “Mande a sus hijos a la escuela en tranvía;
llegarán seguros”. Y a decir verdad, ese medio de transporte
garantizaba entonces un viaje cómodo y feliz. Era el tranvía, añadía
Guillén en una de sus crónicas, el vehículo ideal para el trasiego de
gente mesurada, honesta, paciente y sin prisa: el paralítico, el
escribiente, el pensionado civil, el jugador de ajedrez... Precisaba el
autor de Sóngoro cosongo, que fue uno de nuestros grandes periodistas:
“Situábase usted en una esquina y todo consistía en esperar. La
calceta, la lectura de Jorge Mañach o la simple divagación sobre temas
no urgidos de resolución inmediata... Cuarenta minutos más tarde era
usted sorprendido por un timbreteo inconfundible. ¡Ahí estaba el
tranvía! Se instalaba usted en su lenta carroza, en su coche
democrático, y ya podía dormir seguro de llegar sano y salvo a su
destino”.
El servicio tranviario empezó a paralizarse progresivamente, más en el
orden de la eficacia que en el de las utilidades, pues si en 1942, con
521 carros, la empresa que lo operaba recaudó algo más de dos millones
de pesos; en 1944, con 420 coches, obtuvo ingresos por más de cuatro
millones y medio, y tres años después, con solo 400 vehículos en uso,
la recaudación sobrepasó los siete millones.
¿Qué sucedía? Más que de muerte natural, el tranvía moría asesinado en
Cuba. Afirmaba la revista Bohemia: “Congestionados hasta el máximo,
los arcaicos vehículos dejaban de ser elemento de utilidad pública
para transformarse en instrumentos de tortura urbana”.

La cucaracha

El transporte público en La Habana comenzó con vehículos de tracción
animal. Se trataba de los coches de alquiler y, a partir de 1859, de
lentas “guaguas” tiradas por mulos. Pero ya a finales del siglo XIX
comenzó a circular la célebre “cucaracha”, maquinita de cajón, como se
le llamaba, movida por vapor. Operaba entonces el servicio, como una
concesión del Gobierno español, la Empresa de Ferrocarril Urbano y de
Ómnibus de La Habana, pero al acercarse el fin de la soberanía de
España en Cuba, la junta de accionistas de dicha entidad acordó ceder
sus derechos. Es entonces que aparece en escena un personaje
curiosísimo y digno de investigación, Tiburcio Pérez Castañeda.
Había nacido en Pinar del Río, en 1869, y estudió Derecho en la
Universidad de Barcelona, y Medicina en las de La Habana y París. Se
especializó como cirujano en Gran Bretaña y se desempeñó como profesor
de Medicina Legal en nuestra casa de altos estudios. Miembro del Real
Colegio de Cirujanos de Londres, fue médico militar honorario de los
ejércitos del zar de todas las Rusias y médico ad honorem del rey de
Inglaterra, mientras que en Francia lo hacían Caballero de la Legión
de Honor, el zar le concedía la Gran Cruz Imperial de San Estanislao y
ocupaba en España, por las regiones de Huesca y Burgos, un escaño como
senador del Reino. Alfonso XIII, en 1927, le conferiría el marquesado
de Taironas, que quedó vacante a su muerte, en La Habana, en 1939.
Títulos aparte, don Tiburcio era una fiera para el dinero, y
desconfiado como él solo, apenas disfrutó de la concesión en el manejo
de los ómnibus urbanos habaneros. La vendió, antes de la ocupación
militar norteamericana, a intereses canadienses que constituyeron la
Havana Electric Railway Co., traspaso que sirvió a su vez para
ponerla, con el tiempo, en manos de la Havana Electric Railway, Light
and Power Company, empresa incorporada al estado de New Jersey, que
controlaría no solo los tranvías, sino también el servicio de
alumbrado eléctrico y de fuerza motriz y la fabricación y distribución
del gas artificial en La Habana y sus suburbios. El primer tranvía
eléctrico circuló en esta capital en 1901.

Steinhart

Alemán de origen, pero nacionalizado norteamericano, Frank Steinhart
llegó a Cuba como parte del ejército de ocupación y se quedó cuando
las tropas interventoras salieron de la Isla. Durante 1902 y 1903
actuó aquí como representante del Departamento de Guerra de su país y
tuvo en custodia los archivos del Gobierno interventor. Desde esos
puestos usurpó las principales funciones del cónsul general
norteamericano en Cuba, pues el presidente Estrada Palma lo prefería a
este para tratar los asuntos concernientes a las relaciones con EE.UU.
Así se calzó en propiedad el consulado general, que desempeñó hasta
1907. Sus funciones le valieron un sinnúmero de relaciones personales
valiosas en la Isla.
Se dice que los socios norteamericanos de la Havana Electric Railway
Co. se quejaron al cónsul de su país del manejo que la parte
canadiense de la empresa hacía de los títulos de propiedad. Steinhart
trasladó la queja al presidente de la compañía, radicado en Montreal,
y este, despectivamente, le contestó que cuando él (Steinhart) fuera
el accionista mayoritario y ocupase la dirección, podría administrarla
a su antojo.
Steinhart vio esas palabras como un reto y sin pensarlo apenas trazó
su estrategia para adquirirla. Visitó a importantes banqueros
norteamericanos en busca de préstamos. No se los dieron, y a los que
le sugirieron que desistiera de ese propósito les ripostó que requería
de dinero y no de consejos. Necesitaba 750 000 dólares para acaparar
la mayoría de las acciones y derribar a la junta directiva en la
asamblea de 1907. Resolvería su problema con el Arzobispo de Nueva
York, que adquirió un millón de dólares en acciones de 85 y al cinco
por ciento con la garantía de que en un año Steinhart se las compraría
a 90, lo que hizo, en efecto.
El dictador Machado, en tratos con la llamada Compañía Cubana de
Electricidad, a la que autorizó a operar en Cuba, y en complicidad con
Steinhart, hizo que la Havana Electric traspasara a la nueva empresa
el monopolio de la generación de electricidad y de fabricación y
distribución de gas. El ex cónsul y sus principales asociados se
beneficiaron con el negocio, no así la mayor parte de los accionistas
cubanos y españoles, que vieron cómo a partir de ese momento su
entidad debía comenzar a pagar la electricidad que movía a los
tranvías y adquiría una deuda millonaria.

El último viaje

Fue el comienzo del fin. Apenas hubo ya inversiones nuevas en la
Havana Electric. Steinhart hijo, al asumir la dirección de la empresa,
no le insufló el soplo de juventud que de él se esperaba. Más que
nada, la ayudó a morir. En una hábil maniobra financiera barrió a los
pequeños accionistas y liquidó la empresa en condiciones que lo
favorecían tanto a él como a la Electric Bond & Share. La quiebra
técnica de la Havana Electric era un hecho. El traspaso, durante el
Gobierno del doctor Carlos Prío, de la concesión del transporte urbano
habanero a la empresa de los Autobuses Modernos, dio el puntillazo a
los tranvías.
Dice el doctor Manuel López Martínez que a las 12:08 del martes 29 de
abril de 1952, hizo su entrada para siempre en el paradero de Príncipe
el P2, número 388, último tranvía que circuló por las barriadas
habaneras, en su postrer viaje de regreso. Había salido a las 11:22 de
la noche anterior para cumplir su itinerario de siempre. El
despedidor, Guillermo Ferreiro, con más de 30 años de servicio, ordenó
la salida con algo de nostalgia. Cuando el motorista J. Amoedo y el
conductor M. Rey, alias Serrucho, recibieron el cartón de salida
sintieron que algo se les desprendía del corazón. Era como un
desgarramiento interior y rompieron a llorar, porque para ellos aquel
sería también su último viaje.
Escriben Lázaro E. García Driggs y Zenaida Iglesias en su libro
Tranvías en La Habana, publicado recientemente por la editorial José
Martí y cuya lectura recomendamos, que a partir de ahí aquellos
cómodos y útiles vehículos quedaron en el olvido de sus dueños e
inversionistas, no así en la memoria de los cubanos, porque en ellos
“nuestros padres y abuelos transportaron sus penas y alegrías y
concertaron citas amorosas”. Esos carritos cargaban en su plataforma
los objetos más inimaginables: maletas de viaje, valijas con
correspondencia, muebles, canastas con frutas y viandas... Precisan los
mencionados investigadores que en los tranvías estaba permitido
transportar todo lo que no obstaculizara el tráfico de pasajeros, pero
no se podía acometer operación alguna de carga y descarga de
mercancías en medio de la calle. La tarifa inicial para la
transportación de mercancías fue de 25 centavos de dólar por cada 25
kilogramos. Entre las 12 de la noche y las 4 de la mañana podía
incluso transportarse desperdicios y los entonces llamados “materiales
ofensivos”, esto es, cualquier tipo de tareco, lo que dio origen y
popularidad a la frase: “No tengo problemas... lo monto en la parte de
atrás del tranvía y andando”.

A mandarriazos

La desaparición de los tranvías y la entrada en funcionamiento de los
autobuses beneficiaron a no pocas figuras importantes de la política
cubana de su tiempo. Mientras que políticos a veces de tendencias
antagónicas se enriquecían con el negocio, ¿qué sucedió con los
carritos, las lentas y democráticas carrozas? Se les quitaron los
trucks y las partes metálicas y se les demolió a golpes de mandarria.
Los aplastaron desde el techo; les quebraron las columnas y se
destruyeron asientos y pasamanos. Los restos se depositaron en zanjas
abiertas en calles del reparto Miramar y en los alrededores del
paradero del Carmelo, en el Vedado, como relleno de su pavimentación.
Sobrevivieron unos pocos de esos carros. Se utilizaron entonces como
merenderos y cafeterías en la playa de Marianao, y uno se transformó
en vivienda. Se conservó otro completo que se mantuvo en exposición en
el paradero del Cerro hasta poco después de 1959. Ya no existe
ninguno, al menos que sepamos.
Bajo el pavimento duermen el sueño eterno la mayor parte de los
tranvías que circularon por la ciudad. En cuanto a los rieles, se les
desmontó paulatinamente, pero el trabajo nunca llegó a completarse.
Todavía asoman fragmentos de esas líneas, bajo gruesas capas de
pavimento, como si quisieran recuperar el pasado.

Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/


Fallacia

FALLACIA: antologia di Oriana

domenica 13 aprile 2014

Falangina

FALANGINA: produce dolori di petto

sabato 12 aprile 2014

Il film cubano "Conducta" vince a New York

Fonte: Efe/El Nuevo Herald


El filme cubano

Nueva York -- El largometraje cubano “Conducta”, con guión y dirección de Ernesto Daranas, triunfó el viernes en la entrega de premios del Festival de Cine de La Habana en Nueva York al lograr el de Mejor Película y el de Mejor Actriz, que recayó en Alina Rodríguez.
El festival, que este año celebró su decimoquinto aniversario, concluyó esta noche con la entrega del Havana Star Award y la presentación del largometraje “El médico alemán”, de la argentina Lucía Puenzo, sobre la estadía en su país de Josef Mengele, el médico nazi conocido como “El ángel de la muerte”.
Rodríguez es la primera actriz que es reconocida con ese premio ya que, junto con el de Mejor Actor, se entregan por primera vez en este Festival, que este año presentó 45 largometrajes de y sobre América Latina, el Caribe y los latinos en EE.UU, entre los que hubo 24 producciones cubanas que abarcan 55 años de cinematografía en la isla.
Emocionada, la veterana actriz subió al escenario del Directors Guild Theater para recoger su premio -una estrella de cristal- que dedicó al director y al equipo de producción de “Conducta”, sobre todo al niño Armando Valdés, que dio vida a Chala y que protagonizó el filme junto a Rodríguez en el papel de la maestra Carmela.
El filme narra la historia de Chala, un niño de 11 años que tiene que enfrentar una dura situación familiar, pero que, afortunadamente, cuenta con Carmela, su profesora de sexto grado, quien está convencida que a través de la educación tendrá una segunda oportunidad.
En el largometraje tienen un papel relevante cuatro niños -elegidos en una audición a la que asistieron 7.000 chicos- con los que Rodríguez compartió su premio esta noche.
“Este premio es para todo el equipo de la película, sobre todo 'Chala'. Esos niños trabajaron tanto y se esforzaron tanto que este premio es también para ellos”, afirmó Rodríguez, que poco después volvió al escenario para recoger el de Mejor Película.
La actriz dijo a Efe que es la primera vez que viaja a Nueva York pero no la primera vez que recibe un premio en esta ciudad: el Festival de Cine Latino le premió por su papel como María Antonia en el filme del mismo nombre de 1991 dirigido por Sergio Giral mientras que la Asociación de Cronistas del Espectáculo (ACE) la reconoció en 2011 por Mejor Coactuación Femenina en “El premio flaco”.
Destacó que “Conducta”, que el pasado 7 de abril también se estrenó en el Festival de Cine de Chicago de la mano de sus protagonistas, “es un sueño” que finalmente hizo realidad Daranas “y la acogida ha sido fabulosa”.

El premio al Mejor Actor fue para Reynaldo Miravalles, de 90 años, quien no asistió al acto, por “Esther en alguna parte”, de Gerardo Chijona, quien logró que, después de 20 años, este veterano radicado en la ciudad de Miami regresara a Cuba para filmar este largometraje.
El de Mejor Director fue para el mexicano-español Diego Quemada-Diez por “La jaula de oro”; el de Mejor Guión recayó en el filme “Melaza”, que recogió su director, el también cubano Carlos Lechuga, que lo dedicó a su compatriota, el cineasta Daniel Díaz Torres, que falleció en septiembre de 2013 y a quien el Festival rindió tributo.
La española Yolanda Pividal se llevó a casa el premio al Mejor Documental por “De cometas y fronteras”, en la que presenta la historia de varios niños: Edie, un adolescente que cruza indocumentados hacia EE.UU; Carmela que trabaja en los vertederos; y Adrián y Fernando que luchan por sacar a sus familias adelante.
Este documental, el tercero de Pividal, le valió dos premios en los festivales de cine de San Diego (California) y en el Distrito Federal en México.
Pividal dijo a Efe que espera que este premio ayude a la distribución del documental. Agregó que el haberse convertido también “en una inmigrante” le llevó a interesarse en el tema.
Recordó que no es un tema nuevo para ella ya que cuando era periodista en su país viajó a la frontera de México y escribió varios artículos.
Por primera vez también se entregó la Mención del Jurado, que decidieron fuera para la ecuatoriana Viviana Cordero por “No robarás a menos que no sea necesario”.

Fagotto

FAGOTTO: gocciola (Veneto)

venerdì 11 aprile 2014

Riunione imprenditori italiani


Ieri pomeriggio nella residenza della 5ta avenida, l'Ambasciatore Carmine Robustelli, ha tenuto una riunione con imprenditori italiani residenti a Cuba o che si trovano in luogo per la X Fiera del Materiale da Costruzione. Durante lo scambio di vedute si è parlato specialmente delle novità legislative che riguardano la Zona Speciale di Sviluppo del Mariel e della nuova legge sugli investimenti stranieri. Ancora molte perplessità e domande senza risposta dal momento che la legge, pur approvata dall'Assemblea Nazionale del Poder Popular, non è stata ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale con i dettagli e le norme applicative.
Erano presenti oltre al Segretario d'Ambasciata, dottor Pietro De Martin, l'Addetto Commerciale d.ssa Mariangela Guerrieri e il vice presidente dell'Associazione Imprenditori Italiani a Cuba Massimo Buonanno.
Per l'occasione si è anche parlato della Settimana della Cultura Italiana che il prossimo novembre celebrerà la sua 17ma edizione e che dipende quasi esclusivamente dall'Ambasciata, in quanto il Ministero ha tagliato i fondi per finanziare l'evento pertanto, già da qualche anno, la sede diplomatica si avvale dei contributi versati volontariamente dagli imprenditori presenti a Cuba e grazie ai quali l'iniziativa può continuare. Ha anche sottolineato che gli artisti partecipanti offrono la loro collaborazione in modo gratuito o almeno ai minimi costi possibili, grazie al loro interesse per la conoscenza del Paese e il desiderio di interagire con artisti cubani. Gli artisti interessati a questo tipo di manifestazione, possono inviare i loro progetti accompagnati dalle eventuali richieste economiche e/o logistiche all'Ambasciata d'Italia all'Avana. La prossima edizione sarà dedicata in particolare al ricordo del Maestro Claudio Abbado che ha avuto legami artistici ed affettivi con Cuba.

Facile

FACILE: prepara la salsa piccante

giovedì 10 aprile 2014

Faceto

FACETO: usa il vino andato male

mercoledì 9 aprile 2014

X Fiera del materiale per Costruzione


Abbastanza nutrita la rappresentanza italiana a questa edizione dell'esposizione che si tiene al Pabexpo dall'8 al 12 di aprile.





Evidente

EVIDENTE: è medium

martedì 8 aprile 2014

XX Incontro Internazionale delle Accademie del Balletto

Cita en La Habana reunirá a bailarines de 14 países

Fonte: EFE


LA HABANA -- El XX Encuentro Internacional de Academias de Ballet de La Habana reunirá a participantes de 14 países, del 12 al 26 de este mes, según informaron sus organizadores.
Unos 500 bailarines de México, Argentina, Estados Unidos, Brasil, Bolivia, Colombia, Ecuador, Guatemala, Italia, Perú, República Dominicana, Sudáfrica, Venezuela y Cuba se reunirán en el encuentro, según anunció la directora de la Escuela Nacional de Ballet (ENB) de la isla, Ramona de Saá.
El certamen internacional estará dedicado al bailarín y profesor Fernando Alonso (1914-2013), uno de los fundadores de la escuela cubana de ballet, que falleció el año pasado y que entregó gran parte de su vida a este arte.
De Saá manifestó que coreógrafos, profesores y bailarines han mostrado su interés por el intercambio profesional y académico que se producirá durante este encuentro académico en La Habana.
Como novedad en esta edición, resaltó los talleres de crítica de danza, que impartirán el cubano Pedro González y el venezolano Carlos Paolillo, así como el titulado “Diseñando la danza junto a los nuevos medios audiovisuales” y el primer concurso para jóvenes críticos de arte.
El programa del evento incluye clases magistrales sobre la metodología de la preparación física y la enseñanza de la escuela cubana de ballet y otras que se referirán al repertorio, las danzas de carácter, composición, coreografía y teatro infantil, entre otras temáticas.
En esta edición también se efectuará un concurso internacional, por primera vez con participación de niños, que reconocerá a los 16 mejores bailarines en diversas categorías y donde se entregará un “Grand Prix”, los galardones “Revelación” y premiará a las mejores interpretaciones individuales y de pareja entre otros actos.

Evento

Evento: è forte afflusso d'aria

Senza baffi e grembiule, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud rebelde del 6/4/14

Torno ad aprofittare dello spazio odierno per soddisfare la curiosità di lettori che hanno scritto cercando informazioni. La settimana scorsa, nel fare lo stesso, ho accennato fra gli altri temi, allo scomparso hotel Miramar situato all’intersezione di Malecón e Prado e a Brenda, una ballerina uruguayana che ha fatto furore nell’Avana degli anni 40 del secolo scorso.
Combinando entrambi i temi, ha scritto Cristóbal Díaz Ayala, miusicografo cubano residente a Portorico e autore fra i tanti titoli, di questo libro imprescindibile che è Música cubana: del areíto al rap, che conta di molteplici edizioni. Diceva Ayala allo scriba: “Caro Ciro: al piano terra dell’hotel Miramar c’è stato, per molti anni, il Centro Vasco, l’eccellente ristorante di Juan Azerzabaitoria dove, naturalmente, andavano tutti i pelotari dei diversi sferisteri dell’Avana. A metà degli anni ’50 si trasferì in una zona del Vedado. Brenda usciva avvolta da una seta, ma col seno scoperto. Ballava con suo fratello. In realtà la sua danza non aveva niente di volgare, era una stilizzazione molto meno sensuale che una rumba caliente...Veniva dal Messico dove aveva avuto un amore con il direttore d’orchestra e compositore messicano Luis Arcaraz che, si dice, si ispirò a lei nello scrivere la sua bella canzone Viajera. Don Galaor le fece un’intervista per Bohemia, dove si parlava di tutto ciò, mi sembra...Era una donna bellissima e ottima ballerina”.
Con relazione al Miramar, un altro lettore di cui mi sfugge il nome,ha fatto questa interessante precisazione: “Nel 1900, gli alberghi preferiti dell’Avana si trovavano sul Paseo del Prado. L’hotel Pasaje, in Prado 95, a mezzo isolato dal Parque Central; l’hotel Inglaterra in Prado e San Rafael, di tre piani; l’hotel Telegrafo in Prado numero 112 angolo San Miguel con due piani e capacità per 150 ospiti; e l’hotel miramar in Prado e Malecón che era il più caro della città: costava dieci dollari al giorno per camera con bagno. Ricordiamo che al principio della Repubblica, un peso o duro spagnolo si cambiava a 60 centesimi in moneta americana. Fu il primo albergo che proibì i baffi ai dipendenti – cuochi, aiutanti di cucina, camerieri...- e stabilì per uomini e donne l’uso obbligatorio della retina in testa. Fu anche il primo albergo, a Cuba, nel quale cameriere e facchini sfoggiavano eleganti uniformi.
“L’ hotel Miramar era piccolo, ma molto confortevole; lussuoso, con chéf di cucina francesi e un ordine e pulizia estremi. Nella sua cucina si impiegava legna, carbone vegetale e gas, così come piastre di cottura elettriche. Possedeva un sistema di trasporto visibile sulle cartine, a disposizione dei suoi ospiti, organizzava escursioni e giri della città e i suoi dintorni e gli garantiva i bagni di mare nei luoghi abilitati per quello e che l’estendersi del Malecón ha spostato. Le persone alloggiate nell’hotel avevano il privilegio di godere, dai suoi balconi, dei concerti che la Banda Musicale dello Stato Maggiore dell’Esercito offriva nel chiosco, situato di fronte all’installazione alberghiera.
“Prado y Malecón, il primo angolo dell’Avana, aveva senza dubbio fama di sfortuna. Gli affari che vi si avviavano non prosperavano, nonostante l’eccellenza della posizione. L’hotel Miramar si chiuse nel 1920. Sebbene non trionfasse, l’esercizio alberghiero, rese popolare questa canzonetta:
Fin qua il commento ricevuto. Diciamo, di passo, che la malasorte dell’angolo – e ci sono luoghi e spazi che senza dubio ce l’hanno – è relativo. Il Centro Vasco non fu esattamente un disastro commerciale. In un momento che adesso lo scriba non sa precisare, essendo già di proprietà di Juan Azerzabaitoria Carán, questa casa, specializzata in piatti tipici della cucina basca e che presentava un'ampia scelta di vini, si spostò verso il Vedado e aprì le sue porte in Tercera angolo 4, dove funzionava anche la casa sociale dell’associazione dei baschi residenti a Cuba. I padroni del ristorante già installati a Miami negli anni ’80, vollero portare sullo scenario artisti cubani dell’Isola. Una sera in cui si annunciava la presenza di Rosita Fornés, una bomba collocata dall’estrema destra, fece fallire lo spettacolo annunciato e distrusse completamente il locale che si vide costretto a chiudere per sempre le sue porte.

Palazzo di 80 finestre

Sul Gran Teatro dell’Avana, vorrebbe sapere un lettore che si firma come Alberto nel suo messaggio elettronico. Si interessa per conoscere, in particolare, come la costruzione dell’edificio del Centro Gallego – il molto illustre Centro Gallego dell’Avana, come si chiamava – assorbì il Teatro Tacón.
Il Tacón fu, nel suo momento (1838), uno dei migliori teatri del mondo. La sua facciata austera contrastava con il lusso e l’eleganza dell’interno. L’esimia ballerina Fanny Essler lo paragonò al San carlo di Napoli e alla Scala di Milano “non credo siano più grandi ed eleganti in proporzioni e stile”. La contessa di Merlinn lo vide, nel 1844, come un salone che non avrebbe stonato a Londra o a Parigi, mentre altri viaggiatori resistevano nel trovare nella colonia quello che non esisteva nella metropoli. Il palco destinato al Governatore era meglio adornato di uno destinato ai regnanti in altri Paesi. Ottanta finestre e 22 porte ventilavano l’ambiente e il suo lampadario centrale, a forma di ragno, costituiva, secondo il volgo, uno degli elementi distintivi della città, assieme al Morro e La Cabaña. La sua acustica era insuperabile. Nel 1878 conteneva 2287 persone sedute oltre ad altre 750 che potevano sistemarsi in piedi dietro ai palchi, anche se si dice che ai suoi inizi aveva una capacità di 4000 spettatori.
All’effettuare l’acquisto del Gran Teatro, il Centro Gallego si compromise a cominciare l’edificazione del suo nuovo palazzo sociale, nel 1907 emise un bando per l’opera. Passarono, comunque, tre anni perché cominciasse la costruzione del nuovo edificio. Non fu fino al 3 aprile del 1910 quando il direttivo galiziano approvò il progetto definitvo, opera dell’architetto belga Paul Belau, di passaggio dall’Avana e incaricò la sua esecuzione alla costruttrice nordamericana Purdy and Henderson. Per allora erano stati demoliti gli edifici annessi al Gran Teatro e questi era già stato privato del suo portico, il vestibolo e i caffé, mentre il grande salone si manteneva intatto e fu incluso, nel 1911, oggetto di riforme. Il Gran Teatro Nacional, scrive Francisco Rey Alfonso nella sua Biografia de un coliseo, continuò in piedi offrendo gli spettacoli più varii anche nei momenti in cui, per arrivare alla sala, si dovette abilitare un tunnel tra le opere in costruzione o aprire una porta della calle San Rafael per permettere l’accesso al pubblico.
Alla fine del 1913 fu pronto il palazzo sociale del Centro Gallego e la sua direzione traslocò nel nuovo edificio, dalla vecchia sede di Prado e Dragones. Arrivò così il turno del Gran Teatro per mettere in marcia i lavori di modifica.
Come requisito indispensabile per l’esecuzione di queste modifiche, la direzione galiziana sollecitò alla società costruttrice che l’acustica del teatro rimanesse inalterata , dice Rey Alfonso nel suo citato libro. Questa ed altre pretese determinarono che ognuno dei passi che si dettero nello storico immobile, fossero oggetto di analisi e proposte di più di uno specialista. In questo senso, e con oggetto di non appartarsi dal progetto originale, più dello stretto necessario, si aprofittò al massimo della struttura del Tacón e l’ingegnere cubano Benito Laguruela disimpegnò un ruolo molto importante nella formulazione di queste modifiche. Si ebbe l’accortezza di riprodurre il più esattamente possibile la pianta del salone e si cercò di utilizzare legname simile a quello esistente.
Il palazzo sociale del Centro Gallego e il Gran Teatro rappresenntarono un investimento che superò i due milioni di pesos. Il 22 aprile del 1915, con la messa in scena dell’Aida di Verdi, a carico dell’impresario Bracale, si inaugurava il Gran Teatro Nazionale. Tre mesi dopo aveva luogo, nel nuovo scenario, la prima stagione cinematografica. In questa occasione cominciò a funzionare un estrattore d’aria che faceva scendere a 20 gradi la temperatura della sala.

Parco Alfredo Zayas

Dello scomparso parco Alfredo Zayas, chiede la lettrice Karelia. Si costruì sul retro del Palazzo Presidenziale nel 1925, al fine di erigere una statua a questo distinto intellettuale e cospiratore per l’indipendenza, quarto presidente della Repubblica di Cuba. Oggi, l’antico Palazzo ospita il Museo della Rivoluzione e il Memorial Granma occupa l’area di quel parco.
L’aneddoto caratterizza questo luogo. Si dice che Zayas non volle abbandonare il primo magistero senza erigersi un monumento che lo pepetuasse alla posterità. Siccome il tempo stringeva – lascerà il potere il 20 maggio del 1925 dopo averlo trasmesso al generale Machado – su cercò all’estero la statua di un individuo che gli assomigliasse. Con la statua già all’Avana, mancava solo di costruire il piedestallo su cui erigerla. E questo fu ciò che si fece. Zayas appariva in piedi, coperto dai suoi abiti caratteristici e la testa scoperta. Aveva la mano sinistra dentro al taschino della giacca mentre segnalava il palazzo Presidenziale con la destra. Sembrava dire: “Quello che ho qua, me lo sono rubato lì”.
Zayas inaugurò il monumento lo stesso giorno in cui abbandonava la presidenza. Era troppo, quello di erigersi un monumento in vita e per colmo inaugurarlo quando si lasciava il potere. Gli studenti universitari, con alla testa Julio Antonio Mella, non nascosero la loro idignazione e vollero abbaterlo prima che si inaugurasse. José Lezama Lima ricreò il fatto nel suo romanzo Paradiso (1966) e nel settembre del 1970 lo raccontò in un’intervista alla rivista Alma Mater.
Diceva Lezama: “Quella ribellione scendeva per la calle San Lázaro, attraversava il monumento agli Studenti e dopo s’incamminava verso il Palazzo...Ma zayas era un uomo che aveva un certo stile in ciò. Allora lasciò che la manifestazione arrivasse fino ala statua. La finalità perseguita da Mella era di abbattere la statua; vi giunse di fronte e lanciò una corda con una mira tanto buona che il cappio si agganciò al collo di bronzo di Alfredo Zayas. Gli studenti lo osannavano e lanciavano forti grida, ma già quando l’enorme pupazzo cominciò a dare segnali di cedimento e angustia per la pressione della corda, intervenne la polizia dando grandi manganellate, picchiando duro ed allora ci fu un gran fuggi fuggi e Mella rimase quasi solo. Il giorno seguente Mella apparve nei giornali della capitale con la testa fasciata giacché rimase fino all’ultimo momento, la polizia gli ruppe la testa e andò al pronto soccorso.
“Questo ha lasciato nel mio ricordo, una grande memoria di quello che era Julio Antonio Mella dirigendo leribellioni studentesche...Aveva il senso della protesta che si trasforma in ribellione, l’insurrezione che si solleva a rivoluzione e che brucia e modifica i popoli”.

Sin bigote y delantal

Ciro Bianchi Ross * digital@juventudrebelde.cu
5 de Abril del 2014 19:11:33 CDT

Vuelvo a aprovechar el espacio de hoy para satisfacer la curiosidad de
lectores que escribieron en procura de información. La semana pasada,
al hacer lo mismo, aludí, entre otros temas, al desaparecido hotel
Miramar, situado en la intersección de Malecón y Prado, y a Brenda,
una bailarina uruguaya que hizo furor en La Habana de los años 40 del
siglo pasado.
Combinando ambos temas, escribió Cristóbal Díaz Ayala, musicógrafo
cubano radicado en Puerto Rico y autor, entre otros muchos títulos, de
ese libro imprescindible que es Música cubana: Del areíto al rap, que
cuenta con múltiples ediciones. Decía Díaz Ayala al escribidor:
"querido Ciro: En los bajos del hotel Miramar, estuvo por muchos años
el Centro Vasco, el excelente restaurante de Juan Azerzabaitoria,
donde por supuesto iban todos los pelotaris de los distintos frontones
de La Habana. Para mediados de los 50, se trasladó a una localización
en el Vedado. Brenda salía envuelta en unas sedas, pero con el pecho
al aire. Bailaba con su hermano. En realidad, su baile no tenía nada
de vulgar, era una estilización mucho menos sensual que una rumba
caliente... Venía de México, donde había tenido amores con el director
de orquesta y compositor mexicano Luis Arcaraz, quien se dice se
inspiró en ella para escribir su linda canción Viajera. Don Galaor le
hizo una entrevista para Bohemia donde se hablaba de todo esto, me
parece... Era una mujer preciosa, y muy buena bailarina".
Sobre el Miramar, otro lector cuyo nombre no retuve, hizo esta
interesante precisión: "en 1900, los hoteles preferidos de La Habana
estaban en el Paseo del Prado. El hotel Pasaje, en Prado 95, a media
cuadra del Parque Central; el hotel Inglaterra, en Prado y San Rafael,
de tres pisos; el hotel Telégrafo, en Prado número 112 esquina a San
Miguel, con dos pisos y capacidad para 150 huéspedes; y el hotel
Miramar, en Prado y Malecón, que era el más caro de la ciudad: cobraba
diez dólares diarios por habitación con baño. Recordamos que a
principios de la República, un peso o duro español se cambiaba por 60
centavos en moneda americana. Fue el primer hotel que prohibió el
bigote a los empleados --cocineros, ayudantes de cocina, camareros...-- e
implantó para hombres y mujeres el uso obligatorio de la redecilla en
la cabeza. También fue el primer hotel en Cuba en que camareras y
botones lucieron uniformes elegantes.
El hotel Miramar era pequeño pero muy confortable; lujoso, con chefs
de cocina franceses y un orden y limpieza extremados. En su cocina se
empleaba la leña, el carbón vegetal y el gas, así como planchas
tostadoras eléctricas. Tenía un sistema de transporte mapificado a
disposición de sus huéspedes, organizaba excursiones y paseos por la
ciudad y sus alrededores y les garantizaba el acceso a los baños de
mar en los lugares habilitados para ello y que la extensión del
Malecón iría desplazado. Las personas alojadas en el hotel tenían el
privilegio de disfrutar desde sus balcones de los conciertos que la
banda de música del Estado Mayor del Ejército ofrecía en la glorieta,
situada frente a la instalación hotelera.
Prado y Malecón, la primera esquina de La Habana, tenía, sin embargo,
mala sombra. Los negocios que se montaban en ella no prosperaban pese
a la excelencia de la posición. El hotel Miramar se descomercializó en
1920. Si bien no triunfó, el establecimiento hotelero hizo popular
esta cancioncilla: Cuando vayas a La Habana/ a cenar al Miramar,
verás a los dependientes / sin bigote y delantal...".
Hasta aquí el comentario recibido. Digamos de paso que eso de la mala
sombra de la esquina --y hay lugares y espacios que, sin duda, la
tienen-- es relativo. El Centro Vasco no fue precisamente un fracaso
comercial. En un momento que no puede precisar ahora el escribidor y
siendo ya propiedad de Juan Azerzabaitoria Carán, esta casa
especializada en platos típicos de la cocina vasca y que mostraba una
amplia carta de vinos, se desplazó hacia el Vedado y abrió sus puertas
en Tercera esquina a 4, donde funcionaba asimismo la casa social de la
asociación de los vascos residentes en Cuba. Instalados en Miami
quisieron los dueños del restaurante, ya en los años 80, llevar a su
escenario a artistas cubanos de la Isla. Una noche, en la que se
anunciaba la presencia de Rosita Fornés, una bomba colocada por la
extrema derecha dio al traste con el pretendido espectáculo y destruyó
totalmente el local, que se vio obligado así a cerrar sus puertas para
siempre.

Palacio de 80 ventanas

Sobre el Gran Teatro de La Habana quiere saber un lector que firma
como Alberto su mensaje electrónico. Se interesa por conocer, en
particular, cómo la construcción del edificio del Centro Gallego --el
muy ilustre Centro Gallego de La Habana, como se le llamaba-- asumió el
Teatro Tacón.
El Tacón fue en su momento (1838) uno de los mejores teatros del
mundo. Su austera fachada contrastaba con el lujo y la elegancia de su
interior. La eximia bailarina Fanny Elssler lo comparó con el San
Carlo, de Nápoles, y La Scala, de Milán, y "no creo que sean mucho más
grandes ni más elegantes en proporciones y estilo". La condesa de
Merlin lo vio, en 1844, como un salón que no desentonaría en Londres
ni en París, en tanto que otros viajeros se resentían al encontrar en
la colonia lo que no existía en la metrópoli. El palco destinado al
Gobernador lucía mejor adornado que el que se destinaba a los reyes en
algunos países. Ochenta ventanas y 22 puertas ventilaban la estancia,
y su lámpara central, en forma de araña, constituía, según la copla
popular, uno de los elementos distintivos de la ciudad, junto al Morro
y la Cabaña. Su acústica era insuperable. En 1878 admitía a 2 287
personas sentadas y a otras 750 que podían colocarse de pie detrás de
los palcos, aunque se dice que en sus inicios tenía capacidad para
unos 4 000 espectadores.
Al efectuar la compra del Gran Teatro, el Centro Gallego se
comprometió a comenzar la edificación de su nuevo palacio social en
1907 y sacó la obra a concurso. Pasarían, sin embargo, tres años para
que comenzara la construcción del nuevo edificio. Porque no fue hasta
el 3 de abril de 1910 cuando la directiva gallega aprobó el proyecto
definitivo, obra del arquitecto belga Paul Belau, de paso por La
Habana, y encomendó su ejecución a la constructora norteamericana
Purdy and Henderson. Para entonces se habían demolido los edificios
anexos al Gran Teatro y este estaba privado ya de su pórtico, el
vestíbulo y los cafés, mientras que el gran salón se mantenía intacto
y fue incluso, en 1911, objeto de reformas. El Gran Teatro Nacional,
escribe Francisco Rey Alfonso en su Biografía de un coliseo, siguió en
pie ofreciendo los más variados espectáculos incluso en los momentos
en que, para llegar hasta su sala, hubo que habilitar un túnel por
entre las obras en construcción o abrir una de las puertas de la calle
San Rafael para permitir el acceso del público.
A finales de 1913 estuvo listo el palacio social del Centro Gallego y
su directiva se trasladó al nuevo edificio desde su antigua sede de
Prado y Dragones. Llegaba así su turno al Gran Teatro, que sería
clausurado para poner en marcha las labores de reconstrucción.
Como requisito indispensable para la ejecución de esas reformas, la
directiva gallega solicitó a la constructora que la acústica del
teatro permaneciera inalterable, dice Rey Alfonso en su libro citado.
Esa y otras pretensiones determinaron que cada uno de los pasos que se
dieran en el histórico inmueble fuera objeto de análisis y
proposiciones por más de un especialista. En tal sentido, y con el
objeto de no separarse del modelo original más de lo estrictamente
necesario, se aprovechó todo lo que se pudo de la estructura del Tacón
y el ingeniero cubano Benito Lagueruela desempeñó un papel muy
destacado en la formulación de esos arreglos. Se tuvo el cuidado de
reproducir lo más exactamente posible la planta del salón y se trató
de utilizar maderas semejantes a las ya existentes.
El palacio social del Centro Gallego y el Gran Teatro representaron
una inversión que sobrepasó los dos millones de pesos. El 22 de abril
de 1915, con la puesta de la ópera Aída, de Verdi, a cargo de una
compañía del empresario Bracale, se inauguraba el Gran Teatro
Nacional. Tres meses después tenía lugar en el nuevo recinto la
primera temporada cinematográfica. En esa ocasión comenzó a funcionar
un ventilador absorbente que hacía descender a 20 grados la
temperatura de la sala.

Parque Alfredo Zayas

Por el ya desaparecido parque Alfredo Zayas inquiere la lectora
Karelia. Se construyó al fondo del Palacio Presidencial, en 1925, a
fin de erigir en su espacio la estatua de ese distinguido intelectual
y conspirador independentista, cuarto presidente de la República de
Cuba. Hoy el antiguo Palacio da albergue al Museo de la Revolución y
el Memorial Granma ocupa el área del parque.
La anécdota matiza dicho sitio. Se dice que Zayas no quiso abandonar
la primera magistratura sin erigirse un monumento que lo perpetuara
para la posteridad. Como el tiempo apremiaba --abandonaría el poder el
20 de mayo de 1925 luego de traspasarlo al general Gerardo Machado-- se
buscó en el extranjero la estatua de un individuo que se le pareciera.
Ya con la estatua en La Habana faltaba solo construir el pedestal
donde se erigiría. Eso fue lo que se hizo. Zayas aparecía de pie,
cubierto con sus ropas características y la cabeza descubierta. Tenía
la mano izquierda dentro del bolsillo de la chaqueta mientras señala
el Palacio Presidencial con la mano derecha. Parecía decir: <>.
Zayas inauguró el monumento el mismo día en que abandonaba la
presidencia. Era demasiado aquello de erigirse un monumento en vida y,
para colmo, inaugurarlo desde el poder. Los estudiantes
universitarios, con Julio Antonio Mella a la cabeza, no ocultaban su
indignación y quisieron derribarlo antes de que se inaugurara. José
Lezama Lima recreó el incidente en su novela Paradiso (1966) y en
septiembre de 1970 lo relató en la entrevista que concedió a la
revista Alma Máter.
Decía Lezama: "aquel motín bajaba por la calle San Lázaro, atravesaba
el Monumento de los Estudiantes y después se encaminó a Palacio... Pero
Zayas era un hombre que en eso tenía su estilo, era un malvado, pero
tenía su estilo en eso. Y entonces dejó que la manifestación llegara
hasta la estatua. La finalidad que perseguía Mella era echar abajo la
estatua; llegó frente a la estatua y tiró una soga con tan buena
puntería que la soga encajó en el cuello broncíneo de Alfredo Zayas.
Los estudiantes lo coreaban y daban grandes gritos, pero cuando ya
aquel enorme muñeco empezó a dar señales de estremecimiento y angustia
por la presión de la soga, irrumpió el piquete de la policía dando
grandes golpes de palo, pegando reciamente, y entonces hubo una gran
corrida y Mella se quedó casi solo. Y al día siguiente apareció Mella
en los periódicos de la capital con la cabeza vendada ya que se quedó
allí hasta el último momento, la policía le rompió la cabeza y fue
para la casa de socorros.
Eso ha dejado también en mi recuerdo una gran memoria, lo que era
Julio Antonio Mella dirigiendo un motín estudiantil... Tenía el sentido
de la algarada que se convierte en motín, la insurrección que se alza
a revolución y que quema y modifica a los pueblos
".

Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/



lunedì 7 aprile 2014

Evaso

EVASO: è contenitore, in genere di terracotta

domenica 6 aprile 2014

Estromettere

ESTROMETTERE: impiegare fantasia

sabato 5 aprile 2014

Estrattore

ESTRATTORE: trattore indicato da uno spagnolo

venerdì 4 aprile 2014

Essenza

ESSENZA: ne è privo

giovedì 3 aprile 2014

Cubani a Roma


Di Ciro Bianchi Ross (testo letto a Radio Miami)

Ho riletto, in questi giorni, un libro interessantissimo: Due anni di reclusione nel Vaticano. Il suo autore, Miguel Figueroa Miranda, entrò nel servizio diplomatico nel 1937 e in questa stessa data fu destinato, come Segretario di Terza Classe, alla Legazione cubana a Roma. Due anni dopo, già come Segretario di Seconda, assumeva la rappresentanza di Cuba alla Santa Sede, come Incaricato d'Affari ad interim e come tale vi rimase fino al 1945. Perciò a Miguel Figueroa toccò vivere in Europa, assieme a sua moglie e i suoi due bambini piccoli nati in Italia, la Seconda Guerra Mondiale e il periodo che la precedette. Parte di questo tempo, e per questo il titolo del suo libro, lo passò recluso nel Vaticano. Dal 1941, quando Cuba dichiarò la guerra all'Italia, fino a che questo Paese non venne occupato dalle truppe nordamericane, Figueroa dovette trovare rifugio presso la città papale e poté uscire dal suo confino obbligato in occasioni contate e giustificatissime, sempre sotto la vigilanza e la custodia della polizia fascista.
Come diplomatico, Figueroa, conobbe il minuscolo re Vittorio Emanuele, sua moglie Elena che era di statura doppia e il principe Umberto, oltre ad altri membri della famiglia reale. Anche il dittatore Benito Mussolini. Assistette ai funerali del Papa Pio XI e vide, dalla Piazza San Pietro, la fumata bianca che annunciava al mondo l'ascesa al trono pontificio del cardinale Eugenio Pacelli, col nome di Pio XII, che lo aiutò molto nella sua carriera diplomatica. Le sue relazioni col cardinale Montini, segretario di Stato di Sua Santità, salito al trono di Pietro col nome di Paolo VI, andarono più in la del rapporto protocollare.
Ebbe relazioni con Alfonso XIII, il monarca spagnolo esiliato a Roma e partecipò ai suoi funerali dove il corpo, in una stanza priva di mobili e rivestita di nero, era posto direttamente al suolo, senza sarcofago, vestito con l'abito bianco degli Ordini Militari spagnoli, il ciondolo di Castiglia al lato della testa e i piedi ricoperti con la coperta della Vergine del Pilar, portata appositamente da Saragozza.
Presenziò alle celebrazioni degli anniversari della Marcia su Roma e seguì da vicino la caduta di Mussolini, destituito dal Gran Consiglio Fascista e la proclamazione del governo di Badoglio. Seppe delle intenzioni di Hitler di sequestrare il Papa e visse i bombardamenti di cui fu bersaglio il Vaticano...
Non c'erano molti cubani a Roma, a quel tempo. Nel suo racconto, Figueroa ricorda un negro tra i 50 e i 60 anni che lavorava come caratterista in pellicole prodotte a Cinecittà. Anche la signorina Ana Arango, di mezza età con viso rotondo e colorato, sempre col sorriso sulle labbra. Arrivò a Roma nel 1937 in pellegrinaggio e non sapeva come lasciare quella città. Fissò mille volte la data del suo ritorno, ma quando si avvicinava la vigilia della partenza, la sua tachicardia cronica non le permetteva il viaggio. La persona più in vista di quella colonia era Silvia Alfonso y Aldama, Contessa Manzini, discendente di Miguel Aldama, il Benemerito della Patria, una delle grandi fortune di Cuba del secolo XIX che perse, per la sua affiliazione politica, nei giorni della Guerra Grande (1868/78). Lei si sposò in prime nozze con il milionario di Cienfuegos Emilio Terry e alla sua morte, contrasse matrimonio con un italiano, il Conte Manzini che sarebbe stato ambasciatore nell'Unione Sovietica, Francia e altri Paesi europei. Fu una delle cubane più belle del suo tempo, ma quando la conobbe Figueroa a Roma, della sua leggendaria bellezza restava solo il ricordo. Viveva sola in una magnifica casa sulla Via Cassia, costruita sui resti di una villa imperiale vicino al luogo che la tradizione attribuisce alla tomba di Nerone.
Quando Miguel Figueroa Miranda poté mettere fine alla sua reclusione in Vaticano, una delle sue prime gestioni fu quella di visitare i cubani residenti a Roma al fine di prestargli aiuto, nella misura delle sue possibilità.
Così, fra le altre, andò nella casa della scrittrice Alba de Céspedes, nipote del Padre della Patria. Visitò inoltre la Contessa Manzini. La distruzione era totale. Una palla di cannone aveva attraversato la sua casa da parte a parte demolendo le pareti esterne e interne, distruggendo mobili e opere d'arte. Nella città occupata dai nordamericani regnava la confusione; la fame era generalizzata e l'assenza di polizia che facesse finire assalti e saccheggi rendeva più difficile la situazione.
Ma Silvia Alfonso y Aldama, integra e indomita, con la testa alta in un gesto caratteristico, insistette per restare nella sua casa, indifferente alle carenze e al pericolo. Figueroa le domandò in cosa potesse aiutarla. Cosa poteva portarle per alleviarle la sua situazione. Silvia fu decisa nella sua risposta. Disse: “Mi porti una bandiera cubana”.



Cubanos en Roma

He releído en estos días un libro interesantísimo: Dos años de reclusión en el Vaticano. Su autor, Miguel Figueroa Miranda, ingresó en el servicio diplomático en 1937 y, en esa misma fecha, se le destinó, como Secretario de Tercera Clase, a la Legación cubana en Roma. Dos años más tarde, ya como Secretario de Segunda, asumía la representación de Cuba ante la Santa Sede como Encargado de Negocios interino y como tal se mantuvo hasta 1945. De ahí que a Miguel Figueroa le tocara vivir en Europa, junto a su esposa y sus dos pequeños hijos, nacidos en Italia, la Segunda Guerra Mundial y el periodo que le precedió. Parte de ese tiempo, y por eso el título de su libro, la pasó recluido en el Vaticano. Desde 1941, cuando Cuba declaró la guerra a Italia, hasta que ese país fue ocupado por tropas norteamericanas, Figueroa debió buscar refugio en la ciudad papal y solo pudo salir de su obligado confinamiento en muy contadas y justificadísimas ocasiones y siempre bajo la vigilancia y la custodia de la policía fascista.
Como diplomático, Figueroa conoció al diminuto rey Víctor Manuel de Italia, a su esposa Elena, que le doblaba la estatura, y al príncipe Humberto, entre otros miembros de la familia real. También al dictador Benito Mussolini. Asistió a los funerales del Papa Pío XI y vio desde la Plaza de San Pedro la humareda blanca que anunciaba al mundo la exaltación al trono pontificio del cardenal Eugenio Pacelli, con el nombre de Pío XII, quien mucho lo distinguiría durante su gestión diplomática. Sus relaciones con el cardenal Montini, secretario de Estado de Su Santidad, exaltado al trono de San Pedro con el nombre de Pablo VI, fueron más allá de lo estrictamente protocolar.
Tuvo relaciones con Alfonso XIII, el monarca español exiliado en Roma, y concurrió a sus funerales, donde el cadáver, en una habitación sin muebles y revestida de negro, permanecía directamente sobre el piso, sin sarcófago, vestido con el hábito blanco de las Órdenes Militares españolas, el pendón de Castilla cerca de la cabeza y los pies cubiertos con el manto de la virgen del Pilar, llevado expresamente desde Zaragoza.
Presenció la celebración de los aniversarios de la Marcha sobre Roma y siguió de cerca la caída de Mussolini, destituido por el Gran Consejo Fascista, y la proclamación del gobierno de Badoglio. Supo de las intenciones de Hitler de llevarse secuestrado al Papa y vivió los bombardeos de que fue blanco el Vaticano…
No había muchos cubanos en Roma en esa época. En su relato, Figueroa recuerda a un negro de entre 50 y 60 años que trabajaba como actor de reparto en películas producidas por Cinecittá. Y también a la señorita Ana Arango, de mediada edad, cara redonda y colorada y siempre con la sonrisa a flor de labios. Llegó a Roma en 1937, con motivo de una peregrinación, y no sabía cómo despedirse de esa ciudad. Mil veces fijó la fecha de su regreso, pero su taquicardia crónica se recrudecía en vísperas de la partida y no la dejaba viajar.
La persona más prominente de aquella colonia era Silvia Alfonso y Aldama, Condesa Manzini, descendiente de Miguel Aldama, el Benemérito de la Patria, una de las grandes fortunas de la Cuba del siglo XIX, que perdió, por su filiación política, en los días de la Guerra Grande (1868-78). Ella casó en primeras nupcias con el millonario cienfueguero Emilio Terry y, muerto este, contrajo matrimonio con un italiano, el Conde Manzini, que sería embajador en la Unión Soviética, Francia y otros países europeos. Fue una de las cubanas más bellas de su tiempo, pero cuando Figueroa la conoció en Roma, de su legendaria belleza quedaba solo el recuerdo. Vivía sola en una casa magnífica, en la Vía Cassia, construida sobre los restos de una villa imperial junto al lugar que la tradición atribuye a la tumba de Nerón.
Cuando Miguel Figueroa Miranda pudo poner fin a su reclusión en el Vaticano, una de sus primeras gestiones fue la de visitar a los cubanos radicados en Roma a fin brindarles ayuda en la medida de sus posibilidades.
Así, entre otras, estuvo en la casa de la escritora Alba de Céspedes, nieta del Padre de la Patria. Visitó además a la Condesa Manzini. La destrucción era total. Una bala de cañón había atravesado su casa de parte a parte, derribando paredes exteriores e interiores y destruyendo muebles y obras de arte. Reinaba la confusión en la ciudad ocupada por los norteamericanos; el hambre era general y la ausencia de policías que pusieran coto a los desmanes y saqueos hacía más difícil la situación.
Pero Silvia Alfonso y Aldama, entera e indómita, con la cabeza erguida en gesto característico, insistió en permanecer en su casa, indiferente a las carencias y al peligro. Preguntó Figueroa en qué podía ayudarla. Qué podía llevarle para aliviar su situación. Silvia fue precisa en su respuesta. Dijo: Tráigame una bandera cubana.

Habló para Radio Miami, Ciro Bianchi Ross.








Le armi dei potenti

FONTE; EL NUEVO HERALD

EEUU creó 'Twitter cubano' para impulsar revueltas contra los Castro


JACK GILLUM Y ALBERTO ARCE AND POR DESMOND BUTLER
THE ASSOCIATED PRESS
WASHINGTON -- El gobierno de Estados Unidos planeó la creación de un "Twitter cubano", una red de comunicaciones diseñada para socavar el gobierno comunista de la isla, creada usando empresas de fachada constituidas en secreto y financiada a través de transacciones con bancos extranjeros, según descubrió The Associated Press.
El proyecto, que duró dos años y atrajo a decenas de miles de suscriptores, trató de evadir las fuertes restricciones que el gobierno cubano ha impuesto sobre el acceso a internet a través de una primitiva plataforma de medios sociales. En primer lugar, la red ayudaría se volvería popular entre los jóvenes en Cuba; luego el plan era para empujarlos hacia la disidencia.
Sin embargo, sus usuarios nunca supieron que el proyecto fue creado por una agencia de Estados Unidos vinculada al Departamento de Estado, ni que los contratistas estadounidenses estaban reuniendo datos personales sobre ellos con la esperanza de que algún día esa información fuera utilizada con propósitos políticos.
No está claro si el proyecto es legal bajo las leyes estadounidenses, que exigen autorización por escrito del Presidente y una notificación al Congreso para adelantar cualquier operación secreta. Funcionarios de la USAID, la Agencia de Estados Unidos para el Desarrollo Internacional, declinaron decir quién aprobó el programa o si la Casa Blanca conocía de su existencia.
El gobierno cubano también se abstuvo a comentar sobre el asunto.
Como mínimo, los detalles descubiertos por la AP parecen contradecir los argumentos que por mucho tiempo ha esgrimido la USAID en el sentido de que no participa en acciones encubiertas, algo que podría socavar su misión de asistencia a los pobres y vulnerables del mundo, un esfuerzo que requiere de la confianza y la cooperación de gobiernos de otros países.
La USAID y sus contratistas hicieron un esfuerzo significativo para ocultar los lazos que el proyecto tenía con Washington, según entrevistas y más de 1,000 páginas de documentos obtenidos por la AP sobre el desarrollo de esta iniciativa. Establecieron empresas de fachada en España y cuentas bancarias en las Islas Caimán para ocultar las transacciones financieras y trataron de contratar a altos ejecutivos de empresas privadas sin decirles que se trataba de un proyecto financiado con dinero de los contribuyentes de Estados Unidos.
"No se mencionará en lo absoluto la participación del gobierno de Estados Unidos", dice un informe de Mobile Accord, una de las empresas contratistas. "Es totalmente crucial para el éxito a largo plazo del servicio y garantizar el cumplimiento de la Misión (sic)". (Misión aparece con mayúscula en el documento original en inglés).
El proyecto, denominado "ZunZuneo", palabra relacionada con el zunzún, como se denomina en Cuba el colibrí o zumbador, debutó poco después del arresto en Cuba en 2009 del contratista estadounidense Alan Gross, quien fue condenado a prisión tras viajar repetidamente a la isla en otra misión clandestina de la USAID para ampliar el acceso a la Internet mediante el uso de tecnología avanzada, a la que sólo tenían acceso los gobiernos.
En una declaración, la USAID expresó que está "orgullosa de su trabajo en Cuba para ofrecer asistencia humanitaria básica, promover los derechos humanos y las libertades fundamentales, y ayudar a que la información fluya con más libertad al pueblo cubano", del que dijo "ha vivido bajo un régimen autoritario" durante 50 años.
La USAID dijo que su labor se hizo en concordancia con las "las leyes estadounidenses".
Pero el senador Patrick Leahy, demócrata por Vermont y presidente de la Subcomisión del Senado sobre el Departamento de Estado y Operaciones en el Extranjero, dijo que las revelaciones son preocupantes.
"Existe el riesgo de que cubanos jóvenes usasen el servicio en sus teléfonos móviles sin saber que era una actividad financiada por el gobierno de Estados Unidos", dijo. "También está la naturaleza clandestina del programa, de lo que no se informó a la Subcomisión de Asignaciones que tiene la responsabilidad de hacer supervisión. Y el hecho de que el servicio comenzó a operar poco después del arresto de Alan Gross, subcontratista de la USAID que fue enviado a Cuba a ofrecer el acceso de los ciudadanos a la Internet".
El gobierno cubano se abstuvo de comentar.
La AP obtuvo más de 1,000 páginas de documentos acerca del desarrollo del proyecto. Verificó de manera independiente el alcance y los detalles del mismo con esos documentos, mediante bases de datos de acceso público, fuentes del gobierno y entrevistas con quienes participaron en ZunZuneo.
Este proyecto parece ser un retroceso a los tiempos de la Guerra Fría y a la lucha que por décadas han sostenido Estados Unidos y Cuba. Se hizo en un momento en el que la relación históricamente agria entre los dos países ha mejorado, al menos marginalmente, y cuando Cuba ha intentado dar pasos hacia una economía de mercado.
El proyecto de medios sociales comenzó en 2009 después que Creative Associates International, una empresa con sede en Washington, consiguió medio millón de números de teléfonos móviles. Para la AP no está claro cómo los números fueron conseguidos, aunque los documentos parecen indicar que se hizo de manera ilícita a través de una fuente del interior de la empresa estatal de telefonía cubana. Los responsables de ZunZuneo usaron esos números para crear una base de suscriptores para empezar el proyecto.
Los responsables de ZunZuneo querían que la red social creciera lentamente para no ser detectada por el gobierno cubano. Al final, según documentos y entrevistas, la red reuniría una masa crítica suficiente como para que los disidentes convocaran en la red a encuentros masivos convocados con poca antelación, conocidos en inglés como "smart mobs", y que pudieran provocar manifestaciones políticas o "una renegociación del equilibrio de poder entre el estado y la sociedad".
El gobierno cubano mantiene un control férreo sobre la información y los líderes del país consideran la Internet un "potro salvaje" que "hay que domar". Los líderes de ZunZuneo planeaban sacar a Cuba "de la inercia mediante iniciativas tácticas y temporales, y lanzar un proceso de transición hacia el cambio democrático".
Durante un discurso pronunciado en 2011 en la Universidad George Washington, la entonces secretaria de Estado Hillary Clinton dijo que Estados Unidos apoya a ciudadanos en "entornos opresivos de Internet a saltarse los filtros". Al señalar el ejemplo de Túnez, el epicentro y origen de las revoluciones de la Primavera Árabe, Clinton dijo que la gente usó la tecnología para "organizar y compartir reclamos, lo que, como ya sabemos, contribuyó a alimentar un movimiento que provocó cambios revolucionarios".
Suzanne Hall, funcionaria del Departamento de Estado que trabajaba en el programa de redes sociales impulsado por Clinton, participó en reuniones sobre ZunZuneo y encabezó un intento de conseguir que el fundador de Twitter, Jack Dorsey, se hiciera cargo del proyecto. Dorsey declinó comentar al respecto.
Los 1,6 millones de dólares que se calcula que invirtieron en ZunZuneo estaban asignados públicamente a un proyecto no especificado en Pakistán, según la información pública del gobierno, pero esos documentos no revelan dónde realmente se gastó el dinero.
Los organizadores de ZunZuneo trabajaron duro para crear una red que pareciera un negocio legítimo. Crearon un portal de Internet del mismo nombre, y una campaña de mercadotecnia, de manera que los usuarios pudieran suscribirse y enviar sus propios mensajes de texto a grupos de su elección.
"La publicidad ficticia le da la apariencia de una actividad comerciales", dice un documento de propuesta obtenido por la AP. Tras bambalinas, las computadoras de ZunZuneo también almacenaban y analizaban los mensajes de los suscriptores y otra información demográfica, incluyendo su género, años, "receptividad" y "tendencias políticas".
USAID creía que la información demográfica sobre los disidentes los iba a ayudar dirigir otros programas que tenían en Cuba y a "maximizar nuestras posibilidades de ampliar nuestro alcance".
"Fue algo maravilloso", dijo Ernesto Guerra, un usuario cubano que nunca sospechó que su querida red tenía lazos con Washington. "¿Cómo iba a saberlo? No tenía un letrero que dijera: 'Bienvenido a ZunZuneo, un proyecto de la USAID"'.
Los ejecutivos crearon una empresa en España y una empresa a cargo de las operaciones en las Islas Caimán —un conocido paraíso fiscal británico en el Caribe— para pagar las facturas y cuentas de la compañía, de manera que "las transacciones monetarias no indicaran su origen en Estados Unidos", decía un memorando sobre estrategia. Eso hubiera sido catastrófico, concluyeron, porque socavaría la credibilidad del servicio ante los usuarios y provocaría su bloqueo por parte del gobierno cubano.
De manera similar, los mensajes de los suscriptores eran enviados a través de otros dos países, pero nunca a través de servidores en Estados Unidos.
Mobile Accord, una compañía con sede en Denver, consideró contratar a una docena de altos ejecutivos que fueron entrevistados para dirigir la compañía fachada en España. Una de las candidatas, Francoise de Valera, dijo a la AP que nunca le dijeron nada sobre Cuba o la participación del gobierno de Estados Unidos.
James Eberhard, director general de Mobile Accord y uno de los participantes clave en el desarrollo del proyecto, declinó hacer comentarios. Por su parte, Creative Associates refirió todas las preguntas de la AP a la USAID.
A lo largo de dos años, ZunZuneo llegó a tener por lo menos 40,000 suscriptores. Pero los documentos de su equipo revelan que consiguieron pruebas de que las autoridades cubanas trataron de seguir la pista a los mensajes de texto y de intentos de penetrar el sistema de ZunZuneo. La USAID dijo a la AP que ZunZuneo dejó de funcionar en septiembre de 2012, cuando se acabó una donación del gobierno.
ZunZuneo desapareció abruptamente en 2012 y el Partido Comunista cubanos siguen en el poder, sin que una Primavera Cubana se avizore en el horizonte.
"El momento en que Zunzuneo desapareció, quedó un vacío" dijo Guerra". "La gente me enviaba mensajes, ¿qué sucede con Zunzuneo? Al final, nadie sabe lo que pasó. Nunca supimos de dónde salió".
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Con producto interactivo: http://hosted.ap.org/interactives/2014/cuba-usaid-es/
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A este reportaje contribuyeron la periodista de investigación de The Associated Press Monica Mathur, en Washington, y los corresponsales Andrea Rodríguez y Peter Orsi en La Habana. Arce reportó desde Tegucigalpa, Honduras.
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Contacte a la unidad investigativa de la AP en Washington en DCinvestigations@ap.org
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Esorcismo

ESORCISMO: ammirazione per i topolini

mercoledì 2 aprile 2014

Punto di vista

FONTE TTC

Punto di vista
Posted by: Redazione TTC in Destinazioni 2 giorni ago 0 27 Views

Club Red: Viaggiando per Cuba
CALIFORNIA MAGAZINE/PRODOTTO PER LA PRIMAVERA 2014


Di Wendy Miller (direttrice della rivista “California”)

Eccoci. Siamo avvolti nei nostri maglioni, seduti nel nostro autobus (fabbricato in Cina e con aria condizionata al massimo) e ci addentriamo silenziosamente attraverso la campagna cubana. Fuori, la temperatura è di circa 30 gradi ed è umido; la gente che intravediamo o che è ferma agli angoli delle strade è vestita con pantaloncini e canottiere; mentre nel bus si gela.
Dai nostri posti, comodi ma freddi, si vedono alcuni contadini che fanno seccare del riso lungo la strada. All’improvviso una brusca frenata: auto in avaria davanti a noi. Ci giriamo attorno e passiamo oltre, quasi sfiorando un uomo che vende noccioline ai bordi della strada. Dopo un po’ attraversiamo una zona boscosa nel mezzo della quale si trova un edificio (ormai in rovina, purtroppo) della metà del XX secolo.
Lungo un tratto di spiaggia, bellissimi bungalow bianchi confinano con l’acqua. Mentre dall’altra parte della strada un gruppo di edifici dipinti a “tinte tropical” mi ricordano alla mente la serie tv Miami Vice degli anni ’80.
Siamo al terzo giorno di un tour di otto giorni in totale al quale partecipo con 28 compagni di viaggio. Si tratta di un tour “People to People” organizzato da Cal Discoveries Travel (filiale della Cal Alumni Association) che dal febbraio 2012 offre ai viaggiatori statunitensi la possibilità di effettuare visite guidate a Cuba.
Si tratta di una settimana piena di attività che comprendono la visita a tre città e innumerevoli eventi culturali e formativi: attività “interattive”, tre conferenze, visite a strutture mediche, comunità religiose, musei, scuole di danza e musica, due alberghi, e molti ristoranti.
Il nostro percorso, come tutti i viaggi sull’isola approvati dalla legge, deve ovviamente essere conforme alle restrizioni statunitensi (benché molti nel nostro gruppo continuino a pensare che le restrizioni siano state imposte da Cuba). Ricordo le parole di uno dei miei compagni di viaggio il primo giorno, mentre eravamo in fase di atterraggio a Cienfuegos: “Questo viaggio sarà veramente intensissimo e non ci offrirà molto tempo libero. Scommetto che il governo cubano vuole seguire le nostre tracce”. “No”, gli ho risposto io, “Penso che questa è una cosa che farebbe più volentieri il nostro governo”.
Il sito web del Dipartimento del Tesoro pubblica linee guida piuttosto chiare su questo punto: “…i turisti avranno un orario a tempo pieno di attività di scambio educativo che si tradurrà in un’interazione importante tra i viaggiatori e gli abitanti di Cuba”.
La nostra prima possibilità di “interazione” ha avuto luogo proprio durante il primo giorno, quando abbiamo incontrato Yaritza, la nostra guida cubana (una bella e giovane donna che parla quattro lingue – tra le quali ovviamente spagnolo e inglese – che possiede una vasta conoscenza della storia e della cultura di Cuba, della sua struttura sociale, della sua economia e che, come scopriremo durante il tour, dimostrerà infinita pazienza ed impegno nel raccontarci ogni cosa, oltre a tradurre e parlare con noi per circa otto-dieci ore al giorno). Come la maggior parte dei cubani, Yaritza lavora per il governo. Essere una guida è davvero un buon lavoro; forse non prestigioso come l’insegnamento (la vecchia professione di Yaritza), ma molto più vantaggioso in termini economici.
Come guida Yaritza riceve mance in CUC, la moneta convertibile utilizzata dai turisti (i CUC sono legati al valore del dollaro e valgono 25 volte il peso cubano, la moneta con cui vengono pagati i salari statali). Yaritza inoltre non sembra affatto “un’orgogliosa beneficiaria del sistema socialista”. La sua attitudine appare piuttosto progressista: Yaritza è femminista, proprietaria di una casa, a favore della riforma economica, simpatizzante delle piccole imprese private; nonché madre lavoratrice attenta e presente (a giudicare dalle regolari chiamate a casa per “monitorare” il figlio).
L’AVANA E IL TURISMO
Abbiamo trascorso la maggior parte del nostro tempo nella capitale di Cuba, L’Avana: una grande città così variegata, vivace e colorata che la mia prima reazione è stata quella di sentirmi “inadeguata” (come se avessi bisogno di almeno altri tre sensi per assorbirla completamente). Solo in fatto di architettura (da quella coloniale e neo- classica a quella barocca e art decó, quella “mafia style” della metà del secolo o quella sovietica) potrebbe travolgere e coinvolgere incessantemente per più di un mese anche uno storico appassionato.
A L’Avana Vecchia, altro sito Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, gli edifici restaurati sono così colorati che sembrano vivi. La sensazione è intensificata dal flusso costante di persone vestite in colori vivaci e dalla musica (assolutamente contagiosa) proveniente da ristoranti, bar e praticamente da ogni angolo di strada.
L’Avana seduce e sconcerta allo stesso tempo. È perfettamente pulita, eppure gran parte delle sue infrastrutture si stanno sgretolando inesorabilmente. Si tratta di una città fatta di contrasti, fra enormi e vecchi palazzi coloniali e case in cemento che ancora riportano i manifesti socialisti (ricordo dei legami sovietici, in realtà ancora esistenti). Negli edifici pubblici splendidamente restaurati, lunghe code di persone si avventurano nella lobby per utilizzare l’unico bagno funzionante o per prendere l’ascensore. Il governo possiede risorse limitate per rifacimenti e modifiche; e il loro utilizzo è ovviamente limitato. Tuttavia, i turisti sono ovunque e apprezzano ogni cosa, anche i disagi. Secondo le statistiche del governo, nel 2011 l’isola ha raggiunto oltre i 2,7 milioni di visitatori.
Un po’ paradossalmente, il turismo è promosso dallo stesso governo che rovesciò Batista, (il dittatore che ha contribuito a trasformare L’Avana in un parco divertimenti per adulti, ricca di alberghi, casinò e bordelli risalenti al periodo di “apertura alla Mafia” – così come ci ha riferito l’architetto Miguel Coyula).
È proprio il turismo a guidare l’economia di questa città; il sistema di classi basato su due diverse monete è piuttosto evidente: stranieri con molto denaro riempiono gli hotel (che sono stati rinnovati attraverso associazioni con investitori stranieri), mentre gli alberghi statali, più logori, rimangono mezzi vuoti.
Se c’è un posto a Cuba che ha un futuro nel settore turismo, questo è sicuramente Las Terrazas, dove il gruppo del tour ha trascorso il settimo giorno di viaggio. Il villaggio è situato nella Sierra del Rosario, una Riserva della Biosfera dall’UNESCO.
Las Terrazas, in precedenza una vasta area disboscata a 50 chilometri da L’Avana, è oggi una cittadina sulle rive di un lago che conta 1.400 abitanti. I fondatori originari del villaggio arrivarono alla fine del 1960 dai villaggi più poveri dei dintorni per coltivare con il metodo delle terrazze e per costruire. La comunità ha ora le scuole, un centro per anziani, una clinica medica, orti biologici, negozi di souvenir e un’ottima reputazione in materia di ecoturismo.
A partire, per esempio da quell’hotel e El Romero che può vantare un ottimo ristorante biologico vegetariano. Las Terrazas unisce convenientemente una precisa attitudine comunitaria, piccole imprese private e innovazione. È una delle mete preferite per la maggior parte delle persone del nostro tour e probabilmente il preferito di tutti i viaggiatori interessati a coniugare relax (comfort, cibo sano, etc…) a responsabilità sociale e ambientale (valori che noi californiani sentiamo molto vicini ed affini).
Sulla via del ritorno al bus, faccio due chiacchiere con Tito Núñez Gudas (lo chef del ristorante eco dove abbiamo pranzato) che viaggia con noi mentre rientriamo a L’Avana. Parliamo di Slow Food (di Alice Waters, di Michael Pollan…). “Siamo tutti parte del movimento Slow Food”, mi dice Tito con un sorriso.
Mentre mi avvolgo nuovamente nel maglione per proteggermi dall’inspiegabile gelo prodotto dall’aria condizionata del nostro bus cinese, mi rannicchio e penso al nostro ritorno a casa. Non ho comprato nemmeno un souvenir. Chiedo a Yaritza se potrò trovare delle magliette del Che in vendita all’aeroporto. “È probabile”, mi dice un po’ titubante. Poi specifica: “Comunque, se ci sono si potranno acquistare sia in CUC, dollari o euro”.

Esaminando

ESAMINANDO: prove di Nando

Irrigazione a Pínar del Río

Ricevo e pubblico.

Ciao Aldo

Leggo e ti giro questo articolo:

http://transitionitalia.wordpress.com/2014/04/01/irrigazione-solare-per-la-rete-di-orti-urbani-di-pinar-del-rio/

Irrigazione solare per gli Orti urbani a Pinar del Rio (Cuba). Un esempio di agricoltura resiliente in un paese colpito dal “Bloqueo” degli Stati Uniti. Agricoltura biologica collettiva senza utilizzare il petrolio.
Questo progetto è molto importante come laboratorio per sperimentare tecniche e tecnologie che ci aiuteranno quando il petrolio e le altre fonti fossili saranno esaurite. Cuba è un esempio di Transition Town applicata ad una intera Nazione. A causa dell’embargo Cuba ha dovuto affrontare tutti i problemi relativi alla produzione di cibo, della salute, dei trasporti e della formazione. Con soluzioni collettive e tanta inventiva hanno quasi risolto il problema.
Uno dei partner del progetto è ACTAF, l’associazione dei tecnici agricoli e forestali di Cuba, che sostiene gli orti e fa la formazione ai campesinos e ai tecnici agricoli.
Leader del progetto è ARCS, http://www.arciculturaesviluppo.it/ che con numerosi partner ha portato avanti questo progetto: Legambiente int., Actaf, Università di Pinar del Rio, AUCS.
La progettazione e la formazione riguardante le tecnologie appropriate e l’uso delle fonti di energie rinnovabili è stato realizzato dalla Staff tecnico solare di RESEDA onlus:http://www.resedaweb.org/
Questo intervento fa parte di un programma di interventi sull’agricoltura sostenibile che include anche azioni di permacultura, formazione, utilizzo di tecnologie appropriate ed energie rinnovabili, cooperazione tra i popoli.

Luca Lombroso
www.lombroso.it
Email: luca@lombroso.it


martedì 1 aprile 2014

Tuffi estremi all'Avana


L’Avana e più precisamente il Castillo del Morro, sarà sede della prima tappa della Red Bull Cliff Diving Series 2014 che si concluderà a Rio de Janeiro il 19 ottobre. Cuba sarà il 23° Paese ad accogliere questo tipo di competenza alla quale prendono parte i più spericolati tuffatori del mondo tra i quali il primo campione della specialità (nel 2009), il colombiano Orlando Duque di 39 anni e quindi il “veterano” della manifestazione. A lui il merito di aver spinto per l’inserimento della specialità fra le attività riconosciute nei Campionati Mondiali degli Sport Acquatici, nonché promotore di questo evento in terra cubana. Saranno anche presenti il campione in carica Artem Silchenco (Russia), il tre volte campione Gary Hunt (Regno unito) e tutti gli altri migliori specialisti di questo sport estremo.
Per l’occasione è in allestimento una piattaforma alta sette metri e che sporgerà di otto dagli scogli del Morro ad un altezza di 27 metri sul pelo dell’acqua.
L’appuntamento è previsto per il 10 maggio prossimo.

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