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martedì 15 luglio 2014

Scritti allo scriba, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud rebelde del 13/7/14

(Dovuto a difficoltà di connessione dell'autore ho potuto pubblicarlo solo oggi e con l'originale tratto dall'edizione digitale del giornale)

Diversi lettori si sono rivolti allo scriba in merito alla sua pagina intitolata Orme francesi a Cuba, pubblicata su questo quotidiano lo scorso 22 giugno. Mentre alcuni, come la dottoressa Uva de Aragón, dell’Università Internazionale della Florida, elogiano la cronaca per il suo contributo a un tema che, a suo giudizio, non si è enfatizzato abbastanza, altri si lamentano per l’omissione, nel testo, della città di Cienfuegos.
È certo che Cienfuegosè la città più “francesizzata” di Cuba. È l’unica in America che, sotto il dominio della corona spagnola, fu fondata da francesi. Infatti, dopo alcuni tentativi infruttuosi, il 22 aprile del 1819, Juan Luís Lorenzo D’Clouet, colonnello dei Reali Eserciti, al fronte di 45 coloni francesi provenienti da Boredaux, Luisiana e Filadelfia, si accingeva alla fondazione di questa città alla quale si dette il nome di Fernandina de Jagua, nonostante fosse di origine francese, D’ Clouet, era suddito spagnolo per essere nato a Nuova Orleáns appartenente, all’epoca, alla Spagna.
È lì, affermano gli specialisti, dove si materializzano concezioni moderne e illustri per quel tempo, in quanto all’integrazione di architettura e urbanistica.  Emerge, nella cosiddetta Perla del Sud, il suo perfetto tracciato neoclassico a forma di scacchiera al quale si aggiunge la ricchezza monumentale dei suoi spazi pubblici e i suoi edifici neoclassici, eclettici e Art Decò.
Detto sia però, in tutta intimità, Cienfuegos non fu l’unica omissione nella pagina del 22 di giugno. Il lettore comprenderà che non tutto quello che si vorrebbe e si potrebbe scrivere su un tema, trova lo spazio di cui si dispone in un giornale. Avrei dovuto, allora, citare altre città.
Più di 60 famiglie con cognomi francesi, oggi, risiedono a Baracoa. I loro antenati giunsero a questa città nei giorni della Rivoluzione haitiana. La giusta ira dei loro antichi schiavi li aveva privati di quasi tutto ciò che possedevano nella vita, però poterono fuggire da Haiti con la testa sulle spalle e, una volta a Baracoa, diffusero la loro moda e costumi, la loro filosofia e letteratura e si dedicarono a controllare l’economia della regione. Rivitalizzarono l’industria zuccheriera locale che poi scomparve e introdussero nuovi metodi e varietà nella semina del caffè.
Crogiolo di culture, somma di incontri e scontri – catalani al centro dell’emigrazione spagnola, africani di diverse etnie, francesi, haitiani, antillani in generale – il meticciato è, a Santiago de Cuba, più aperto che nel resto del Paese e l’influenza negra risulta essere un elemento fondamentale.
C’è l’ascendente francese nel suo folclore. La “Tumba Francesa” (ballo con tamburi, n.d.t.) uno dei fuochi culturali della città la compongono discendenti di schiavi africani che ebbero padroni francesi e utilizzano elementi tradizionali di provenienza dahomeyana, mentre altri gruppi folkloristici danno un proprio tocco alle radici haitiane e franco-haitiane.
Alla periferia della città sono visibili le rovine delle aziende caffettiere francesi. Il riscatto di una di queste – La Isabelica, nei pressi della Gran Piedra, roccia granitica che si eleva a più di 1200 metri – permette di vedere come viveva la famiglia proprietaria e come si ottenevano i raccolti. In questa regione si installarono molti francesi che fuggirono da Haiti dopo la vittoria della Rivoluzione e si dedicarono alla coltivazione del caffè Il museo descrive la vita in queste aziende agricole e gli strumenti utilizzati per la coltivazione. Fuori dall’edificio del museo sono ubicati gli essiccatoi, la tahona (ruota di mulino mossa da cavalli) e un acquedotto.
Fondamentali in questo riepilogo, risultano essere vari edifici della città di Matanzas. Il teatro sauto è uno dei gioielli dell’architettura cubana e la chiesa di San Pietro Apostolo è considerata come la costruzione neoclassica più bella del Paese. Niente uguaglia, nel continente, la farmacia francese del dottor Triolet, convertita in museo. Questo esercizio aprì al pubblico il 1° gennaio del 1882. Fondato dai dottori Emilio triolet, nato a Lissy, in Francia, e Juan Fermín Figueroa, il cosiddetto re delle farmacie di Cuba, raggiunse rapidamente la fama meritata. Durante il finale del XIX secolo e inizio del XX mantenne legami commerciali con i laboratori più importanti del mondo. Triolet partecipò alla Esposizione Universale di Parigi nel 1900 e ottenne la Medaglia di Bronzo.
Diciamo, per finire, che a Trinidad si conserva la Casa del Corsaro, costruita nel 1754 dal capitano dei corsari Carlos Merlín, di origine francese. Gilberto Girón, il corsaro di Espejo de Paciencia – il monumento più antico della letteratura cubana – dette il nome a una spiaggia della Baia dei Porci, Playa Girón, scritta a colpi di sangue ed eroismo nella storia della Rivoluzione Cubana.

Altre voci, altri ambiti

Tempo fa sono salito al Castello di Atarés e sono rimasto abbagliato dalla veduta che regala all’Avana. Questa è una delle volte che la realtà imita l’immaginazione, ebbene quando il pomeriggio comincia a declinare, per dirlo con le parole del trovatore Eduardo Sosa, il paesaggio urbano reale che si apprezza dalla sua altezza ricorda l’Avana sognata da René Portocarrero e plasmata dall’artista nella sua serie Ciudades. Peccato che non sia ancora un’istituzione aperta al pubblico.
Una lettrice che si firma col solo nome di battesimo chiede informazioni su questa fortezza e in merito alla caserma di San Ambrosio, chiede Miguel Álvarez, abitante nel reparto San Agustín.
La costruzione del Castello di Atarés, sulla collina di Soto, in fondo alla baia avanera, venne motivata dalla presa dell’Avana da parte degli inglesi (1762), che evidenziò la necessità di proteggere i percorsi che comunicavano la città con le campagne vicine. Così tra il 1763 e 1767, dopo altre opere provvisorie, si iniziò l’edificazione di questa fortezza a 1500 braccia (poco più di 1200 metri) al sud del recinto murato. Ai tempi di Machado, l’installazione era sotto il comando del tristemente celebre capitano Manuel Crespo Moreno ed era la sede del 5to Squadrone della Guardia Rurale, unità eccellentemente addestrata che copriva, coi suoi uomini, la scorta del Presidente della Repubblica.
Al crollo del machadato, Crespo Moreno uscì da Cuba nello stesso aereo del dittatore e ad Atarés apparvero, allora, le tombe clandestine di diversi lottatori antimachadisti, sottomessi a terribili torture prima di essere assassinati. In questo luogo l’8 e 9 di novembre del 1933, cercarono rifugio fra i mille e i 1500 civili, molti di loro militanti dell ABC, ex ufficiali e militari attivi, tutti opposti al Governo di Ramón Grau San Martín. Venivano fuggendo dalle caserme di Dragones, di Zanja tra Escobar y Lealtad e di San Ambrosio, molto vicino a lì, nelle immediatezze della centrale elettrica di Tallapiedra. Si misero in una topaia.
San Ambrosio – rispondo adesso al lettore Miguel Álvarez – era la sede del Dipartimento di Amministrazione dell’Esercito. C’erano magazzini di munizioni, uniformi eccetera. In questo casermone enorme funzionò, in tempi del tabacco, la cosiddetta fabbrica del sigaro. Qunado cessò di esserlo si diedro diversi usi all’immobile. In una delle sue aree funzionò, ai tempi della Spagna, un ospedale militare fino a che le sue condizioni igieniche o meglio, anti igieniche, suggerirono la costruzione dell’ospedale Alfonso XIII, che oggi è il Calíxto García. In una parte dell’edificio esistette una scuola elementare. Lo scriba non conosce che utilizzazione si da oggigiorno a questo stabile.

Da Varadero

Scrivono con marcata insistenza da Varadero. Qualcuno si interessa per sapere della vita e i miracoli di un soggetto che, a metà del secolo scorso, aveva la sua residenza nella calle 56 della spiaggia. Si tratta del colonnello Gonzalo García Pedroso. Il richiedente sa che fu direttore del Patrimonio della Lotteria Nazionale e che aveva terre a San José de las Lajas. Richiede le ragioni della sua amicizia con il dittatore Fulgencio Batista che lo visitava, a casa sua, durante i soggiorni nella cittadina balneare. Il lettore domanda se García Pedroso fu militare e come giunse ad essere direttore della Lotteria.
La risposta non è molto complessa. Batista e García Pedroso si conoscevano da tempo. Senza far parte della giunta di Columbia o degli otto, che organizza il colpo di stato del 1933, l’allora sergente García Pedroso si aggiunge ai cospiratori prima del 4 settembre, data in cui Batista effettua il golpe contro il Governo di Céspedes. Figura fra quelli che cospirano nel campo di Columbia e prosegue nella cospirazione quando il suo epicentro si sposta all’edificio della Gran Loggia di Cuba. A questo punto si era allargato il circolo dei cospiratori. Si trovano, fra loro, i sergenti Jaime Mariné e Ulsiceno Franco Granero, entrambi di origine spagnola e distintisi nella caserma San Ambrosio; Urbano Soler, stenografo del settimo distretto (La cabaña), Ignacio Galindez e García Pedroso, entrambi di Columbia. Il giorno del golpe García è con Batista. Lo accompagnano molti sergenti, caporali, soldati e ufficiali come Francisco Tabernilla, Manuel Benítez, Raymundo Ferrer e Gregorio Querejeta.
Avanza il Governo dei Cento Giorni che capeggia il presidente Grau. Il 7 novembre del 1933, Franco Granero cessa come capo della Polizia Nazionale e García Pedroso occupa l’incarico su proposta del colonnello Batista, capo dell’Esercito, Guiteras, allepoca ministro del Governo, Guerra e Marina, aveva proposto Luis Felipe Masferrer per questo comando, ma Grau mette il veto e appoggia il candidato di Batista perché vuole far dimenticare al colonnello l’occorso giorni prima, quando Guiteras voleva destituirlo e fucilarlo come traditore.
Durante la già citata ribellione dell’8 e 9 novembre, contro il Governo di Grau, i ribelli occuparono anche diverse stazioni della Polizia. In una di queste, la Decima, sita in uno dei vertici del ponte sul fiume Almendares, nell’Avenida 23, cadde prigioniero García Pedroso. Fu liberato da forze al comando di Belisario Hernández, aiutante di Batista, che bombardarono l’unità della Polizia dal cabaret La Verbena, nell’altra sponda del fiume.

Lo scriba non sa quando García Pedroso ascese a colonnello e in che data passò alla riserva militare. Nel Libro d’Oro della società avanera corrispondente al 1958 lo si nomina come direttore del patrimonio della Lotteria Nazionale, con residenza nella calle 32 angolo Terza a Miramar e nella tenuta Nena. In San José de las Lajas. 


Escritos al escribidor

De Ciro Bianchi Ross

Varios lectores escribieron al escribidor con motivo de su página titulada Huellas francesas en Cuba, publicada en este diario el pasado 22 de junio. Mientras que algunos, como la doctora Uva de Aragón, de la Universidad Internacional de la Florida, elogian la crónica por su contribución a un tema en el que, a su juicio, no se ha enfatizado lo suficiente, otros protestan por la omisión en el texto de la ciudad de Cienfuegos.
Cierto es que Cienfuegos es la ciudad más afrancesada de Cuba. Es la única urbe de América que, bajo el dominio de la corona española, fue fundada por franceses. En efecto, luego de intentos infructuosos, el 22 de abril de 1819, Juan Luis Lorenzo D’Clouet, coronel de los Reales Ejércitos, al frente de un grupo de 45 colonos franceses procedentes de Burdeos, Luisiana y Filadelfia, acometía la fundación de esa ciudad a la que se dio entonces el nombre de Fernandina de Jagua. Aunque de origen francés, D’Clouet era súbdito español por haber nacido en Nueva Orleáns, perteneciente a España en la época.
Es allí, afirman especialistas, donde se materializan concepciones modernas e ilustradas para su tiempo en cuanto a la integración de arquitectura y urbanismo. Llama la atención en la llamada Perla del Sur su perfecto trazado neoclásico en forma de tablero de ajedrez, a lo que se suma la riqueza monumental de sus espacios públicos y sus edificaciones neoclásicas, eclécticas y de Art Decó.
Pero, y dicho sea a toda intimidad, Cienfuegos no fue la única omisión en la página del 22 de junio. Ya comprenderá el lector que no todo lo que se quiere y se puede escribir acerca de un tema cabe en el espacio de que se dispone en un periódico. Habría que haber mencionado entonces otras ciudades.
Más de 60 familias con apellidos franceses radican hoy en Baracoa. Sus antecesores llegaron a esta villa en los días de la Revolución haitiana. La justa ira de sus antiguos esclavos los había privado de casi todo lo que poseían en la vida, pero pudieron escapar de Haití con la cabeza sobre los hombros, y ya en Baracoa propagaron sus modas y costumbres, su filosofía y su literatura y se dedicaron a controlar la economía de la región. Revitalizaron la industria azucarera local, que desapareció luego, e introdujeron nuevos métodos y variedades en la siembra del café.
Crisol de culturas, suma de encuentros y desencuentros —catalanes en el centro de la emigración española, africanos de etnias diversas, franceses, haitianos, antillanos en general— el mestizaje es en Santiago de Cuba más abierto que en el resto del país y la influencia negra resulta un elemento insoslayable.
Hay ascendencia francesa en su folclor. La Tumba Francesa —Patrimonio de la Humanidad— uno de los focos culturales de la villa, la componen descendientes de esclavos africanos que tuvieron amos franceses y utilizan elementos tradicionales de procedencia dahomeyana, mientras que otros grupos folclóricos dan un toque propio a las raíces haitianas y franco-haitianas.
En las afueras de la ciudad son visibles ruinas de cafetales franceses. El rescate de uno de estos —La Isabelica, en la cercanía de La Gran Piedra, roca granítica que se eleva a más de 1 200 metros— permite ver cómo vivía la familia propietaria y cómo se obtenían las cosechas. En esa región se instalaron muchos franceses que huyeron de Haití tras el triunfo de la revolución y se dedicaron al cultivo del café. El museo describe la vida en esas haciendas y los instrumentos utilizados en los cultivos. Fuera del edificio del museo están situados los secaderos, la tahona (molino de harina movido por caballería) y un acueducto.
Insoslayables en este recuento resultan varias de las edificaciones de la ciudad de Matanzas. El teatro Sauto es una de las joyas de la arquitectura cubana, y la iglesia de San Pedro Apóstol está considerada como la construcción neoclásica más bella del país. Nada iguala en el continente a la farmacia francesa del doctor Triolet, convertida en museo. Este establecimiento abrió al público el 1ro. de enero de 1882. Fundada por los doctores Emilio Triolet, nacido en Lissy, Francia, y Juan Fermín Figueroa, el llamado Rey de las boticas de Cuba, ganó rápidamente merecida fama. Durante los finales del siglo XIX y comienzos del XX mantuvo nexos comerciales con los laboratorios más importantes del mundo. Triolet participó en la Exposición Universal de París en 1900 y obtuvo Medalla de Bronce.
Digamos, para finalizar, que en Trinidad se conserva la Casa del Corsario, construida en 1754 para el capitán de corsarios Carlos Merlin, de origen francés. Gilberto Girón, el corsario de Espejo de paciencia —el monumento más antiguo de la literatura cubana— dio nombre a una playa de la bahía de Cochinos, Playa Girón, escrita a golpe de sangre y heroísmo en la historia de la Revolución Cubana.

Otras voces, otros ámbitos

Hace tiempo subí al Castillo de Atarés y quedé deslumbrado por la vista que regala de La Habana. Esta es una de las veces en que la realidad imita a lo imaginado, pues cuando la tarde comienza a declinar, para decirlo con las palabras del trovador Eduardo Sosa, el paisaje urbano real que se aprecia desde su altura remeda La Habana soñada por René Portocarrero y plasmada por el artista en su serie Ciudades. Lástima que no sea todavía una instalación abierta al público.
Información sobre esa fortaleza colonial reclama una lectora que firma solo con su nombre de pila, y acerca del cuartel de San Ambrosio inquiere Miguel Álvarez, vecino del reparto San Agustín.
La construcción del Castillo de Atarés, en la loma de Soto, al fondo de la bahía habanera, fue motivada por la toma de La Habana por los ingleses (1762), que evidenció la necesidad de resguardar y defender los caminos que comunicaban a la ciudad con los campos vecinos. Así, entre 1763 y 1767, luego de varias obras provisionales, se acometió la edificación de esa fortaleza, a 1 500 varas (poco más de 1 200 metros) al sur del recinto amurallado. En tiempos de Machado, la instalación estuvo bajo el mando del tristemente célebre capitán Manuel Crespo Moreno, y era la sede del Escuadrón 5 de la Guardia Rural, unidad excelentemente adiestrada que cubría con sus hombres la escolta del Presidente de la República.
Al derrumbarse el machadato, Crespo Moreno salió de Cuba en el mismo avión que el dictador, y en Atarés aparecieron entonces los enterramientos clandestinos de varios luchadores antimachadistas, sometidos a terribles torturas antes de ser asesinados. En ese lugar, durante el 8 y el 9 de noviembre de 1933 buscaron refugio entre mil y 1 500 civiles, muchos de ellos militantes del ABC, ex oficiales y militares en activo, opuestos todos al Gobierno de Ramón Grau San Martín. Venían huyendo de los cuarteles de Dragones, en Zanja entre Escobar y Lealtad, y de San Ambrosio, muy cerca de allí, en las inmediaciones de la central eléctrica de Tallapiedra. Se metieron en una ratonera.
San Ambrosio —respondo ahora al lector Miguel Álvarez— era la sede del Departamento de Administración del Ejército. Había allí almacenes de municiones, uniformes, etc. En ese caserón enorme funcionó, en tiempos del estanco, la llamada factoría del tabaco. Cuando dejó de serlo se le dio diversos usos al inmueble. En una de sus áreas funcionó, en tiempos de España, un hospital militar hasta que sus condiciones higiénicas o, mejor, antihigiénicas, recomendaron la construcción del hospital Alfonso XIII, que es hoy el Calixto García. En parte del edificio existió una escuela primaria. Desconoce el escribidor qué utilidad se le da hoy a ese edificio.

Desde Varadero

Escriben con marcada insistencia desde Varadero. Alguien se interesa por saber la vida y los milagros de un sujeto que, a mediados del siglo pasado, tenía su residencia en la calle 56 de la playa. Se trata del coronel Gonzalo García Pedroso. Conoce el solicitante que fue director de la Renta de la Lotería Nacional y que tenía tierras en San José de las Lajas e inquiere las razones de su amistad con el dictador Fulgencio Batista, que lo visitaba en su casa durante sus estancias en el balneario. Pregunta el lector si García Pedroso fue militar y cómo llegó a director de la Lotería.
La respuesta no es muy compleja. Batista y García Pedroso se conocían de atrás. Sin ser parte de la junta de Columbia o de los ocho, que organiza el golpe de Estado de 1933, el entonces sargento García Pedroso se suma a los conspiradores antes del 4 de septiembre, fecha en que Batista ejecuta el cuartelazo contra el Gobierno de Céspedes. Figura entre los que conspiran en el campamento de Columbia y sigue en la conspiración cuando su foco se traslada al edificio de la Gran Logia de Cuba. A esas alturas se había ensanchado el círculo de conspiradores. Se cuentan entre ellos los sargentos Jaime Mariné y Ulsiceno Franco Granero, ambos de origen español y destacados en el cuartel de San Ambrosio; Urbano Soler, taquígrafo del Séptimo Distrito (La Cabaña), e Ignacio Galíndez y García Pedroso, ambos de Columbia. El día del golpe, García Pedroso está con Batista. Lo acompañan numerosos sargentos, cabos y soldados y oficiales como Francisco Tabernilla, Manuel Benítez, Raymundo Ferrer y Gregorio Querejeta.
Avanza el Gobierno de los Cien Díaz que encabeza el presidente Grau. El 7 de noviembre de 1933, Franco Granero cesa como jefe de la Policía Nacional y García Pedroso ocupa el cargo a propuesta del coronel Batista, jefe del Ejército. Guiteras, a la sazón ministro de Gobernación, Guerra y Marina, había propuesto a Luis Felipe Masferrer para esa jefatura, pero Grau lo veta y apoya al candidato de Batista porque quiere hacerle olvidar al Coronel lo acaecido días antes, cuando Guiteras quiso destituirlo y fusilarlo por traidor.
Durante la ya aludida rebelión del 8 y 9 de noviembre contra el Gobierno de Grau, los sublevados ocuparon también varias estaciones de Policía. En una de estas, la Décima, situada en una de las cabezas del puente sobre el río Almendares, en la Avenida 23, cayó prisionero García Pedroso. Fue liberado por fuerzas al mando de Belisario Hernández, ayudante de Batista, que bombardearon la unidad policial desde el cabaret La Verbena, en la otra orilla del río.
Desconoce el escribidor cuándo García Pedroso ascendió a coronel y en qué fecha pasó a la reserva militar. En el Libro de oro de la sociedad habanera correspondiente a 1958 se le consigna como director de la Renta de la Lotería Nacional, con residencia en la calle 32 esquina a Tercera, en Miramar, y en la finca Nena, en San José de las Lajas.


Perché a Cuba i beni di consumo sono limitati?

Conversando sulle reti sociali o  nelle chat mi capita di parlare di Cuba e trovo, naturalmente, poca o nessuna conoscenza della situazione reale del Paese. Tutti, o quasi, sono a conoscenza dell’embargo statunitense, ma nessuno sa quale sia la vera portata delle conseguenze. Non voglio entrare nel merito di come e perché sia sorto questo provvedimento, frutto del conflitto tra due Paesi, ciascuno con le proprie ragioni che hanno portato a questa determinazione. Non ne sono in grado e non è lo scopo di queste poche righe che vorrebbero, solo, spiegare in modo sicuramente incompleto, come si vive nella Cuba di oggi. Vorrei cercare di far capire quali sono i risultati concreti, dopo quasi 54 anni dalla sua applicazione, che in pratica non ha dato i risultati sperati dai Governi nordamericani (leggi caduta del regime di Fidel Castro, prima, e del fratello Raúl, dopo). Le conseguenze di questa situazione, alla fine le paga il consumatore finale, cittadino, la persona o come spesso si usa demagogicamente definire: il popolo.
Il primo effetto palese e pratico dell’embargo si ebbe negli anni '60, quando si dovette instaurare un’autarchia economica che mise fuori legge la circolazione e detenzione di valuta estera da parte dei cittadini. Una misura drastica che durò proprio fino all’inizio del cosiddetto “periodo especial”, nei primi anni '90. In quel trentennio si potevano, in pratica, acquistare solo gli scarsi e scadenti prodotti nazionali, supportati dalla “libreta”, la tessera annonaria, che forniva i generi di prima necessità a prezzi molto contenuti in quanto sovvenzionati dallo Stato. Oggi la “libreta” esiste ancora, ma con un ventaglio di prodotti, tra cui il pane (che però si trova anche a prezzo maggiorato sul mercato libero), estremamente ridotti. I prodotti d’importazione o quelli nazionali destinati all’esportazione erano solo alla portata di diplomatici o tecnici stranieri che potevano legalmente usare i dollari nei pochissimi esercizi riservati a loro. Dollari che poi lo Stato doveva convertire in altra valuta per fare acquisti all’estero. Subito dopo la depenalizzazione del possesso e uso della valuta estera, venne istituito il “peso cubano convertibile” o “CUC” con cui oggi chiunque può acquisire i prodotti più “pregiati” a disposizione o usufruire di servizi, all’origine, destinati solo agli stranieri. La situazione comunque ha reso molto difficile la convivenza di questo dualismo monetario o doppio mercato, per cui si sta lavorando per la riunificazione valutaria e riordinamento di prezzi e salari. L’istituzione del “CUC” non ha rimesso il divieto di possesso della valuta estera, ma ne ha vietato la circolazione. Chi ne è in possesso, se vuole fare acquisti in “valuta forte” deve cambiarla nei luoghi appositi e lo Stato raggranella il circolante pregiato.

L’effetto maggiore dell’embargo, penso si debba trovare nella parte economico finanziaria  che in particolare vieta a Cuba di effettuare transazioni in dollari USA e ha impedito a Istituti di Credito e Finanziari, anche di Paesi terzi, di installarsi a Cuba per sostenere la fragile economia locale. Naturalmente non è questo l’unico aspetto fortemente negativo, un’altro è dato dall’impossibilità di scambi commerciali paritari. È vero che negli ultimi anni Cuba può rifornirsi di generi alimentari sul mercato statunitense, previo pagamento anticipato ai fornitori privati di alcuni Stati del sud, ma la norma principale ancora vigente, fra le altre è quella che impedisce ad aziende e privati di acquistare qualunque cosa prodotta a Cuba. Un’arma potentissima che vieta l’ingresso dell’Isola al mercato statunitense con i suoi prodotti più pregiati: rum, tabacco, nickel e sopratutto, turismo. Lo zucchero ormai non è più competitivo. I danni dal mancato afflusso di turisti nordamericani sono incalcolabili, per non parlare del divieto di sbarco delle ricche navi da crociera, provenienti anche da altre parti del mondo, che solcano i mari adiacenti. Uno degli aspetti extra-territoriali di questa legge stabilisce che una nave che tocchi un porto cubano non può toccare porti statunitensi per i sei mesi successivi. Sono fior di milioni di dollari che non arrivano a soccorrere le finanze in agonia.
Certo ci sono anche degli errori di valutazione da parte cubana. Con i pochi capitali a disposizione lo Stato cerca di fare acquisti per tutto il Paese e per tutti i fabbisogni. Se questo aveva una sua logica nei tempi di un egualitarismo, peraltro mai realmente raggiunto, oggi in vista delle “aperture” avvenute o che avverranno, ciò non ha più nessun senso. Credo sia ora di aprire la possibilità di importazione anche ai settori privati. Forse Cina e Vietnam, hanno visto cadere i loro Governi dopo le aperture all’iniziativa privata? Certo che no e sono diventati, inoltre, Paesi “favoriti” del commercio nordamericano.
Questo insieme di fattori, porta alla carenza sul mercato di beni od oggetti dall’uso quotidiano, specialmente non strettamente indispensabile alla sussistenza e magari di valore commerciale relativamente basso. È vero che rispetto anche agli anni precedenti il “periodo especial” della decade del ’90, oggi ci sono più oggetti di consumo sul mercato, ma molti di loro appaiono e scompaiono per l’instabilità delle importazioni e l’accaparramento che alcuni ne fanno appena presenti sul mercato.
Molti si stupiscono del fatto che se non si trovano sul mercato interno, certi prodotti si “possono comprare per internet”. Il fatto è che internet a Cuba è limitatissimo e che non essendoci Istituti di Credito internazionali...non ci sono carte di credito a disposizione per poter effettuare, eventualmente, acquisti sul web. Inoltre le consegne per piccoli quantitativi individuali non sono convenienti. Le maggiori società che operano nella logistica sono a capitale statunitense e quindi non possono operare a Cuba. L’unico “corriere” internazionale presente è DHL, con costi elevati. I fornitori di servizi commerciali sul web hanno una loro struttura, ormai automatizzata, per la distribuzione e nessuna azienda si prende la briga di mandare un incaricato a un ufficio postale per mandare un pacchetto del valore di pochi dollari a Cuba con una spesa che spesso supera anche il valore della merce.
Qualcuno mi ha mandato dei “link” di società che si occupano dell’invio a Cuba...vero, ma i prodotti da inviare devono essere comperati all’estero e consegnati a queste società che si occupano solo ed esclusivamente della spedizione. Per quello ci sarebbero anche le Poste.
Ci sono almeno un paio di siti canadesi, con sede anche in Spagna che sono in pratica dei supermercati virtuali ed offrono un ventaglio di offerte, sempre da pagare all’estero, per l’invio a Cuba. Ma  non sono certo la soluzione del problema perché comunque la loro offerta è forzatamente limitata e non omnia. Capita così, frequentemente, di non trovare le cose più semplici, dalle lampadine alla schiuma da bagno, dalla carta igienica agli interruttori, dalle spugnette e articoli per la pulizia di casa e stoviglie al lucido per le scarpe, ricambi e accessori per le auto, chiodi, viti e articoli di ferramenta varie, eccetera. Di tutto un po’, insomma, la lista sarebbe interminabile.

Questa è la situazione reale di Cuba oggi. Sarebbe, credo, opportuno che fra i capi di Stato e di Governo, ognuno si prendesse le proprie responsabilità e facesse un esame di coscienza per vedere se è proprio necessario rimanere rigidi nelle proprie posizioni e non fare i passi necessari per eliminare un ostacolo alla vita normale di tante persone.

Incontinente

INCONTINENTE: sulla terraferma

lunedì 14 luglio 2014

Inconsolato

INCONSOLATO: fare richiesta di visto

domenica 13 luglio 2014

Incomodare

INCOMODATO: dare in uso gratuito

sabato 12 luglio 2014

Incesso

INCESSO: nella toilette

Putin a Cuba


Breve, ma intensa la vista di Vladimir Putin all’Avana. Nel corso dei colloqui si è ratificato l’annunci del condono del 90% del debito accumulato in quasi 40 anni con la ex Unione Sovietica che ammonta a 35 milardi di dollari. Il restante 10% verrà utilizzato come capitale di reinvestimento. Putin si è mostrato interessato ad avviare attività russe nella nuova Zona Speciale del Mariel. Da parte sua, il presidente cubano Raúl Castro ha imposto l’Ordine José Martí (la più alta onorificenza cubana) all’ospite e ha ricordato che senza gli aiuti della scomparsa URSS, sarebbe stato impossibile consolidare la Rivoluzione cubana.
Vladimir Putin, ha avuto anche un incontro con il leader storico Fidel Castro e poi ha proseguito il suo viaggio che lo porta in Argentina e Brasile.
Intanto si attende il viaggio, ormai prossimo, del presidente cinese Xi Jimping in America Latina.

venerdì 11 luglio 2014

Nuove norme doganali

Sono state pubblicate, oggi, su La Gaceta Oficial de la República de Cuba, una volta di più, nuove norme doganali per l'importazione a carattere non commerciale di prodotti a Cuba, con i relativi quantitativi permessi e costi doganali per quegli articoli che lo prevedano. La domanda è: perché e fino a quando non si permettono importazioni, anche, a carattere commerciale con relativo pagamento di imposte doganali? Il mercato dei lavoratori per conto proprio e le cooperative, probabilmente, aspettano questa possibilità.

Incanalamento

INCANALAMENTO: collare ortopedico

giovedì 10 luglio 2014

Incamerare

INCAMERARE: recarsi in una stanza

Napoleone e il Festival del Caribe


Si sono concluse due attività internazionali di grande rilievo: una all'Avana che vedeva la partecipazione delle delegazioni delle Società Napoleoniche di 12 Paesi. La prima tenutasi in America e che ha avuto come punto centrale la visita al Museo Napoleonico nel quale si conservano oltre 10.000 pezzi riguardanti l'imperatore, alcuni dei quali appartennero a lui. La Società Napoleonica di Cuba è stata fondata nel 1961 ed è considerata la più ricca che esista fuori dalla Francia.

Alla'altra estremità dell'Isola, a Santiago de Cuba invece, si è tenuta la 34ma edizione del Festival del Caribe, o Fiesta del Fuego che riunisce 30 Paesi dell'area con giornate dedicate al folklore tipico dei Paesi caraibici o aree limitrofe che hanno, tutti, radici comuni. Ieri si è, appunto, concluso l'evento con la tradizionale "quema del Diablo", il diavolo dato alle fiamme. Il Paese ospite d'onore di questa edizione era il Surinam, mentre l'anno prossimo la 35ma edizione sarà dedicata alle isole Bahamas e coinciderà con il 500° anniversario della fondazione di Santiago che ufficialmente ricorre il 27 di luglio.

mercoledì 9 luglio 2014

Quello che Kronos non mi ha permesso di dire (parte 2)


Tornando al mio breve intervento nel programma Baobab, che innanzitutto ringrazio per l'attenzione, devo dire che non certo per colpa loro, ma per i ritmi diabolici delle emittenti radio e televisive in genere, è difficile e i lettori del blog lo sanno, riassumere in pochi minuti l'immagine di un Paese tanto più se in continua evoluzione, positiva e/o negativa, come Cuba. La tematica della vendita di auto e relativo acquisto, ha fatto emergere la categoria dei "nuovi ricchi" dei quali fanno parte, secondo me legittimamente, gli artisti e in un immediato futuro gli atleti e personaggi dello sport in generale. Credo che i più "beneficiati" dalle nuove norme sui diritti di autore siano gli scrittori, gli attori e registi, ma sopratutto i musicisti in particolare quando sono anche autori delle loro interpretazioni. Faccio un esempio su tutti: Descemer Bueno che con la sua "Bailando" sta ottenendo successi in tutto il mondo, in particolare nella "nemica" Miami e per estensione Florida e Stati Uniti. Il disco è stato inciso, nientemeno, che con Enrique Iglesias, ci si può immaginare la pioggia di diritti che cade...

La disfatta del Brasile tocca anche Cuba


Non ho certamente fatto rilievi statistici, ma credo che la maggioranza relativa dei cubani sia divisa nel tifare Argentina e Brasile, seguono a distanza abbastanza ravvicinata, Spagna e Italia. C'è anche la Germania, ma più distante nelle preferenze. Da oggi chissà... Se quasi mezza Cuba calcistica è in crisi, vedremo cosa succederà oggi, nell'altro super scontro America Latina - Europa. nel frattempo consiglierei al Brasile di non organizzare più un mondiale in casa propria, se è vera la regola del...non c'è due senza tre...nel 1950 l'Uruguay di Schiaffino e Ghiggia (poi emigrati in Italia), li sconfisse in una finale tutta sudamericana, ma sempre in casa loro.

Inaridito

INARIDITO: pulirsi il naso senza fazzoletto

martedì 8 luglio 2014

Continua la serie di "morti eccellenti"


In questo scorcio del 2014 c'è stata una vera epidemia di "morti eccellenti". Sono ormai diverse le persone popolari o note per le loro attività pubbliche che ci hanno lasciato. Le ultime di cui ho avuto notizia sono Giorgio Faletti, Alfredo di Stefano, Eduard Shevarnadze e a Cuba, nel suo piccolo, è mancato all'età di 79 anni e vittima di un cancro, l'architetto e urbanista Mario Coyula, fra le altre molteplici attività della sua professione era anche docente all'Università dell'Avana. Molto legato da anni di amicizia col "quartetto italiano", i già scomparsi Roberto Segre e Sergio Baroni e gli ancora presenti Roberto Gottardi e Vittorio Garatti, Coyula era a sua volta di origine italiana, per l'esattezza ligure, il nome originale della famiglia era Coggiola, poi "spagnolizzato".
Me lo aveva raccontato con orgoglio anni fa quando accompagnavamo, con ruoli diversi, una delegazione politico economica composta da amministratori e imprenditori dell'edilizia italiani venuta a Cuba in via esplorativa, su iniziativa dell'Associazione Lombarda di Amicizia Italia-Cuba.

Inalveare

INALVEARE: le api

lunedì 7 luglio 2014

Quello che Kronos non mi ha permesso di aggiungere...


Questo pomeriggio (18.10 ora italiana) sono stato contattato in diretta (con 10 minuti di anticipo sul previsto)dalla trasmissione "Baobab" di Radio 1 RAI. L'argomento era sulla vendita delle auto private a Cuba. Nella manciata di minuti a disposizione non ho potuto ben chiarire alcuni aspetti fondamentali e cioè che la vendita "controllata" di auto nuove avveniva, con la vecchia legislazione, a cittadini cubani che avessero un potere d'acquisto maturato in valuta estera per lavori ufficiali di Stato. Valga come esempio coloro che hanno svolto missioni internazionaliste in qualità di medici o paramedici che accumulavano risparmi nel loro soggiorno, lontano da casa, spesso per poter comprare un'auto al loro rientro in Patria. Altri soggetti erano, sempre ad esempio, marinai o personale viaggiante dell'aeronautica. A queste persone veniva rilasciata una lettera di autorizzazione all'acquisto in base a quanto dichiarato da loro come disponibilità. I prezzi dei veicoli erano decisamente competitivi, almeno rispetto ad altri mercati, dal momento che una vettura Lada, di fabbricazione russa, nuova, (antica 124 fiat) costava dai 7 ai 9 mila dollari, secondo il modello, le altre marche disponibili, costavano in proporzione. Dopo l'approvazione della legge che consentiva a chiunque la possibilità di acquistare un auto nuova, è stato istituito un "coefficiente 8" sui prezzi correnti per cui l'auto da 7 mila viene a costare 56 mila pesos convertibili, al cambio, nelle transazioni bancarie, di 1 a 1 col dollaro. Al contante invece il dollaro "vale" circa 80 centesimi di peso convertibile. La nuova legge dice che i possessori di "vecchie" lettere di autorizzazione avrebbero avuto priorità nell'acquisto. Il "piccolo" problema è che su tali lettere era stata fissata una cifra che era basata sui vecchi prezzi...e chi aveva risparmiato 10 mila dollari e ottenuto la relativa autorizzazione all'acquisto rimanendo all'interno di questa cifra si è trovato impossibilitato a farlo. Non vi è stata nessuna disposizione retroattiva per "sanare" questa lacuna che ha penalizzato migliaia di persone e il mercato di vendita delle auto nuove è praticamente paralizzato. Le case automobilistiche rappresentate a Cuba vendono solo agli organismi statali che pagano il reale prezzo di mercato, mentre i privati sono nella quasi assoluta impossibilità di acquistare, salvo rare eccezioni, a prezzi che se "fuori" sono assurdi, immaginiamoci a Cuba.

Per sentire il testo cliccare sul link:



Altri appunti di don Cándido, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 6/7/14


Si dice che Santiago González Palacios che renderà celebre lo pseudonimo di Don Cándido, fu uno dei migliori reporter della stampa avanera. Quando Rafael Suárez Solís, amante del successo immediato e vertiginoso, fu il capo dell’informazione de Il Diario della Marina, riorganizzò i servizi di tale giornale e incaricò della copertura dei ministeri, allora segretariati: di Stato, Esteri e Salute Pubblica e gli affidò anche quello che si chiamava “la piccola Polizia”, che si occupava delle notizie che generavano liti tra vicine, scivoloni con eccesso di rum e i bisticci di coppia.
Nel 1927 González Palacio passò al giornale El Mundo. Che magnifico cronista! Aveva sulle spalle 4 ministeri, redigeva informazioni speciali, fabbricava interviste di strada, faceva i titoli. Per superare il caldo e la fatica e rischiararevle idee aveva una formula speciale: in un padellino di stagno pieno d’acqua fredda, versava una tazza di caffé bollente; beveraggio che considerava insuperabile.
Erano anni tragici mobilità lavorativa, disoccupazione, pantaloni di sacco di farina, sigaretti da un centesimo, crimini misteriosi e censura implacabile. Al suo fianco, come occorreva a la Marina, lavorava Miguel de Marcos, il futuro autore di Fotuto e Papaíto Mayarí. Il considerevole umorista era incaricato, sotto gli ordini diretti di González Palacio, della sezione dei telegrammi. Era un compito duro. I telegrammi che i corrispondenti inviavano, dall’interno alla Redazione, contenevano testi stringati, abbreviati, cervellotici e De Marcos doveva prima interpretarli e poi rielaborarli, ingrassarli e vestirli prima di inserirli nelle pagine del giornale.
Non sempre risultava facile. Arrivavano dei telegrammi più scarno dell’altro e non era raro che Miguel de Marcos, nonostante l’acqua gelata col caffè che González Palacio divideva generosamente con lui, sudasse inchiostro nelle ore piccole, nel tentativo di dargli forma come questo che spedivano da Yaguaramas: “Treno 22. Kilometro 67. Residui mucca. Corrispondente”.
Davanti a un messaggio così criptico se rendeva imprescindibile che De Marcos si consultasse col suo capo. González Palacio lo ascoltava senza smettere di pestare vertiginosamente sulla sua macchina da scrivere o senza deviare lo sguardo dal titolo a otto colonne, in corpo 72, purificato e perfettamente misurato.
-Una grande informazione- esclamava. E senza sviare l’attenzione da quello che stava facendo aggiungeva: “Questo vuol dire che il treno 22, partito da Camagüey, transitando alle 11.30 di sera dal km. 67, tra Ranchuelo e Yaguaramas, ha investito una mucca che si trovava sui binari. L’animale rimase ucciso e non si sono trovati resti. Questa è una notiziona. Elaborala e suggerisc anche un titolo a tre colonne per la prima pagina in questo modo: “Resti di mucca a Yaguaramas”.
Nonostante che il giornalista genuino sia un individuo dall’indenne gioventù, giunse il momento in cui Santiago González Palacios sentì la stanchezza della notizia e si volse verso il passato, non come storico, ma come cronista. Come si disse la scorsa domenica, fu allora che diede a conoscere nella rivista Carteles, dell’Avana, una colonna col titolo di Lo sapeva lei?, appunti brevi e sppregiudicati che nel 1947 raccolse nel libro che giunse a mano dello scriba grazie alla rinuncia, da parte sua, della lettrice Carmen Cantón e di cui riproduciamo, tali e quali, alcuni dei suoi passi.

Sì, ma no 

La rivista portoricana El Carnaval, nel numero dedicato a Cuba nel luglio del 1902, a due mesi scarsi dall’instaurazione della Repubblica, inserì diversi materiali che elogiavano l’Isola e qualcuno dei suoi uomini. Uno dei prescelti fu il poeta Diego Vicente Tejera.  El carnaval diceva riguardo all’autore de La hamaca:
“Diego Vicente Tejera e un altro portoricano distintissimo, quasi sconosciuto dai suoi compatrioti. È un illustrissimo dottore e scrittore correttissimo, autore della luminosa opera inedita Desde el Zanjón hasta a Baire e fu assiduo collaboratore di Patria”.
Nel leggere l’articolo in cui ci si riferiva alla sua persona, il fondatore del Partito Socialista Cubano e più tardi del Partito Popolare Operaio, che sì collaboro con Patria, il giornale di José Martí, si sentì obbligato a fare le correzioni pertinenti a mezzo stampa. Precisò, quindi, di non essere portoricano, ma di essere nato a Santiago di Cuba. Aggiunse che non era nemmeno dottore e nemmeno diplomato universitario perché lasciò inconclusi gli studi di Diritto e Medicina a cui si era iscritto in altro momento. Precisò che Dedsde el Zanjón hasta a Baire non era un’opera inedita, ma che era stata pubblicata, ma che il suo autore era Luis Estévez y Romero, all’epoca vice presidente della Repubblica.

Ferito per davvero

Il pubblico che, la sera dell’11 agosto del 1902, riempiva la sala del teatro Albisu per la rappresentazione di un’opera intitolata Il giro del Mondo, fu testimone di un fatto di un reale fatto di sangue.
Nell'opera si simulava l’assalto a un treno e uno degli assaltatori era una comparsa soprannominato Pantera. Al momento di realizzare l’attacco, Pantera si avvicinò tanto che uno degli assaltati, l’attore Alejandro Garrido, azionò il fucile che aveva per la propria difesa e sparò quasi toccandolo con la bocca dell’arma, contro l’aggressore. Pantera, quando risuonarono gli spari, alzò le mani al volto e cadde privo di sensi. Fu una scena così perfetta che gli spettatori ebbero l’impressione di aver assistito a un fatto reale.
Sceso il telone, il Pantera non si rialzò. Stupiti, i suoi compagni si avvicinarono e quando ne furono a contatto videro con meraviglia che sul tavolato c’erano macchie di sangue. L’attore era ferito ad un occhio. Una scheggia di cartone della cartuccia a salve del fucile, lo aveva ferito durante l’assalto. Garrido fu arrestato; le autorità non lo ritennero colpevole e venne rimesso in libertà.

Suonò alle 21.30

La sera del 18 settembre del 1902, gli avaneri aspettavano con attenzione il rombo del cannone delle 21, per sincronizzare i loro orologi. Il tempo passava e il botto del cannone non si sentiva. Ma quando già nessuno se lo aspettava e molti si erano ritirati in casa, giunse il botto. Erano le 21.30. Mai nessuno dette una spiegazione in merito a quella irregolarità.

In mancanza di argento

Dovuto alla grande scarsità di argento nella regione orientale dell’Isola, si dispose, da parte del Governo coloniale che si supplisse alla sua mancanza con biglietti, ma siccome venne a mancare anche la carta, fu necessario mettere mano a una partita di carte da gioco francesi che il corsaro José Robert aveva tolto a dei corsari portoghesi.
La nuova moneta non fu del gradimento dei commercianti che la ricevevano a denti stretti. Arrivò il momento che si rifiutarono di accettarla, cosa che spingeva alla fame la popolazione privata di mezzi per comprare gli alimentari.
Nel 1787 si chiese con urgenza al Re la soppressione della moneta di cartone e che se ne inviasse altra di nuovo conio. La richiesta fu accettata e dopo un anno la moneta di cartone veniva ritirata dal mercato.
La moneta in argento circolò a Cuba fino al 17 gennaio del 1781. Erano pezzi di argento con poligonali e senza bordo in rilievo.

La Cabaña, chi offre di più?

La collina dove si sarebbe costruita la fortezza di San Carlos de la Cabaña, nel 1748 aveva scarso valore. In quella data, il suo proprietario la vendette per 500 pesos.
Riferimenti dell’epoca confermano che il 28 febbraio del 1748, il suo proprietario di allora, Miguel de Castro Palomino, vendette ad Agustín Sotolongo, tesioriere delle Sante Crociate le terre di sua appartenenza nella “sierra del Castello e Reale Forza del Morro”. Palomino ereditò il terreno da quella che fu sua moglie, Margarita Franco, che a sua volta lo ereditò dal capitano Juan de Castro, suo primo marito, che il 28 di agosto del 1675, la ottenne come mercede dal municipio avanero.

Il ghiaccio

Ancora, agli inizi del XX secolo, il ghiaccio era un articolo quasi di lusso all’Avana e nel resto dell’Isola.Si disponeva di lui solo nei banchetti, anche se era presente in alcuni caffè e botteghe. Quando si trattava di banchetti, nel menù era segnato: “Per finire: caffè, ghiaccio, sigari”.

Crollo nel Payret

La notte del 12 marzo del 1882 crollò, in seguito ad un acquazzone torrenziale, l’ala di sinistra del teatro Payret, con il saldo di vari morti e feriti.

Incendio nell’isolato di Gómez

Un vorace incendio si sviluppò nella notte del 27 gennaio del 1905 nell’isolato di Gómez, all’Avana. Fu un sinistro che causò perdite considerevoli.  Rimasero distrutti ventiquattro esercizi e se ne salvarono solo 11. Il fuoco cominciò in un negozio chiamato Il Globo.

Solo per bianchi
Un ordine diramato il 9 agosto del 1832, rese obbligatorio che i sovrintendenti delle tenute di Cuba fossero bianchi.

Comunque tu ti metta

Per risoluzione del segretario del Governo – ministro degli Interni -, il 7 luglio del 1905 fu sospeso dalle sue funzioni, come sindaco dell’Avana, il dottor Juan Ramón O’Farril. Gli si aprì un’istruttoria e si formularono 26 accuse contro di lui. Una di queste per aver “insabbiato” per mesi dei documenti e un’altra per aver trattato una pratica con straordinaria celerità.

Reclamo santiaguero

In una comunicazione del 1775 il Municipio di Santiago de Cuba dice al Governatore dell’Isola che detto Municipio notava con disappunto che nei suoi avvisi e documenti ufficiali, detto Governatore desse al municipio dell’Avana il titolo di “Illustre” e non desse alcun titolo al santiaguero, quando Sua Maestà lo riconosce come “Molto illustre e molto leale”. Avverte il funzionario che provveda a compiere quello che con la pietà di Sua Maestà il Re (che Dio lo conservi) lo ha distinto e non lo ometta nelle sue comunicazioni.


Final del formulario
Otros apuntes de Don Cándido
Ciro Bianchi Ross * 
digital@juventudrebelde.cu
5 de Julio del 2014 20:21:36 CDT

Se dice que Santiago González Palacios, que haría célebre el seudónimo
de Don Cándido, fue uno de los mejores reporteros de la prensa
habanera. Cuando Rafael Suárez Solís, amante del suceso fragante y
vertiginoso, fue jefe de Información del Diario de la Marina,
reorganizó los servicios de ese periódico y encargó a González
Palacios de la cobertura de los ministerios, entonces secretarías, de
Estado --Relaciones Exteriores-- y Sanidad, y le confió asimismo lo que
se llamaba la “Policía chiquita”, que atendía las noticias que
generaban las broncas entre vecinas, los resbalones con cáscaras de
ron y los enredos de pareja.
En 1927 González Palacios pasó al periódico El Mundo. ¡Qué estupendo
repórter! Llevaba cuatro ministerios sobre sus hombros, redactaba
informaciones especiales, fabricaba entrevistas callejeras, hacía
títulos. Tenía una fórmula especial para superar el calor y el agobio
y avivar las ideas: en un jarro de estaño lleno de agua fría vertía
una taza de café hirviente; brebaje que consideraba inmejorable.
Eran años trágicos. Época de reajustes laborales, desempleo,
pantalones de sacos de harina, tabaquitos de a “quilo”, crímenes
misteriosos y censura implacable. A su lado, como también ocurriera en
la Marina, laboraba Miguel de Marcos, el futuro autor de Fotuto y
Papaíto Mayarí. El notable humorista estaba encargado, bajo las
órdenes directas de González Palacios, de la sección de Telegramas.
Era un duro menester. Los telegramas que los corresponsales enviaban a
la Redacción desde el interior contenían textos restringidos,
abreviados, elípticos y De Marcos debía, primero, interpretarlos para
después reelaborarlos, engordarlos y vestirlos antes de insertarlos en
las páginas del periódico.
No siempre resultaba fácil. Llegaban telegramas más escuetos que otros
y no era raro que Miguel de Marcos, pese al agua helada con café que
generosamente compartía con él González Palacios, sudara tinta en la
alta noche en su intento de darles forma, como este que remitían desde
Yaguaramas: “Tren 22. Kilómetro 67. Vaca residuos. Corresponsal”.
Ante mensaje tan críptico se hacía imprescindible que De Marcos
consultara con su jefe. González Palacios lo atendía sin dejar de
aporrear vertiginosamente su máquina de escribir o sin desviar la
vista del título que elaboraba a ocho columnas, en 72, sangrado y
perfectamente medido.
--Una gran información --exclamaba. Y sin desviar la atención de lo
suyo, añadía: “Eso quiere decir que el tren 22, que salió da Camagüey
a las 11:30 de la noche, al pasar por el kilómetro 67, entre Ranchuelo
y Yaguaramas, aplastó a una vaca que se encontraba en la vía férrea.
El animal quedó trucidado y no se hallaron sus residuos. Esto es todo
un notición. Elabóralo y de paso hazme la sugerencia de título a tres
columnas para la primera página de esta forma: Residuos de vaca en
Yaguaramas”.
Pese a que el periodista genuino es un individuo de indemne juventud,
llegó el momento en que Santiago González Palacios sintió la fatiga de
la noticia y se volvió hacia el pasado, no como un historiador, sino
como un cronista. Como se dijo el domingo anterior fue entonces que
dio a conocer en la revista Carteles, de La Habana, una columna bajo
el título de ¿Lo sabía usted?, apuntes breves y desembarazados que en
1947 recogió en un libro que se llamó de la misma manera. Hoy volvemos
sobre ese libro que llegó a manos del escribidor gracias al
desprendimiento de la lectora Carmen Cantón, y reproducimos tal cual
algunos de sus pasajes.

Sí; Pero no

La revista puertorriqueña El Carnaval, en un número que dedicó a Cuba
en julio de 1902, a dos meses escasos de la instauración de la
República, insertó varios materiales de elogio para la Isla y algunos
de sus hombres. Uno de los escogidos fue el poeta Diego Vicente
Tejera. Decía El Carnaval sobre el autor de La Hamaca:
“Diego Vicente Tejera es otro puertorriqueño distinguidísimo, casi
desconocido de sus compatriotas. Es un ilustrado doctor y escritor
correctísimo, autor de la luminosa obra inédita Desde el Zanjón hasta
Baire y asiduo colaborador que fue de Patria”.
Al leer el artículo en que se aludía a su persona, el fundador del
Partido Socialista Cubano y más tarde del Partido Popular Obrero, que
sí colaboró en Patria, el periódico de José Martí, se sintió obligado
a hacer las enmiendas pertinentes a través de la prensa. Precisó
entonces que no era puertorriqueño, sino nacido en Santiago de Cuba.
Añadió que tampoco era doctor, ni siquiera licenciado, porque dejó sin
concluir las carreras de Derecho y Medicina que matriculó en su
momento. Apuntó que Desde el Zanjón hasta Baire no era una obra
inédita, sino que ya había sido publicada, pero que su autor era Luis
Estévez y Romero, a la sazón vicepresidente de la República.

Herido de verdad

El público que en la noche del 11 de agosto de 1902 llenaba la sala
del teatro Albisu para presenciar la representación de una obra
titulada La vuelta al mundo fue testigo de un episodio sangriento y
real.
Se simulaba en la obra el asalto a un tren y uno de los asaltantes era
un “comparsa” al que apodaban Pantera. En el instante de realizarse el
ataque, Pantera se aproximó tanto que uno de los asaltados, el actor
Alejandro Garrido, accionó la escopeta que llevaba para su defensa y
disparó casi a boca tocante contra los agresores. Pantera, cuando
sonaron los disparos, se llevó las manos a la cara y cayó desplomado.
Fue algo tan perfecto que los espectadores tuvieron la impresión de
haber visto un suceso verídico.
Cayó el telón y Pantera no se levantó. Extrañados, sus compañeros se
le acercaron y al incorporarlo vieron, con asombro, que sobre el
tablado había un pequeño charco de sangre. El actor estaba herido en
un ojo. Un taco de cartón del cartucho de la escopeta le había herido
durante el asalto. Garrido fue detenido; las autoridades no lo
consideraron culpable y quedó en libertad.

Sonó a las 9:30

La noche del 18 de septiembre de 1902 los habaneros esperaban atentos
el estampido del cañonazo de las 9 para confrontar sus relojes. El
tiempo pasaba y el tronar del cañón no se oía. Y cuando ya nadie lo
esperaba y muchos se habían recogido, llegó el estampido. Eran las
nueve y media. Nunca se dio una explicación oficial por aquella
irregularidad.

A falta de plata

Debido a la gran escasez de plata macuquina en la región oriental de
la Isla, se dispuso por parte del Gobierno colonial que se supliera su
falta con papeletas, pero como el papel también llegó a faltar fue
necesario echar mano a una partida de barajas francesas que quitó a
corsarios portugueses el corsario José Robert.
La nueva moneda no fue del agrado de los comerciantes, que la recibían
a regañadientes. Llegó el momento en que se negaron a aceptarla, lo
que empujaba al hambre a la población, privada de adquirir los
alimentos.
En 1787 se pidió con urgencia al Rey la supresión de la moneda de
cartón y que se enviase otra de nuevo cuño. El ruego fue atendido y un
año más tarde la moneda de cartón era retirada del mercado.
La moneda macuquina circuló en Cuba hasta el 17 de enero de 1781. Eran
piezas de plata esquinadas y sin cordoncillo.
La Cabaña, ¿Quién da más?
La loma donde se construiría la fortaleza de San Carlos de la Cabaña
tenía escaso valor en 1748. En esa fecha su propietario la vendió en
500 pesos.
Referencias de la época confirman que el 28 de febrero de 1748 su
propietario de entonces, Miguel de Castro Palomino, vendió a Agustín
Sotolongo, tesorero de la Santa Cruzada, las tierras de su pertenencia
en la <<sierra del Castillo y Real Fuerza del Morro>>. Palomino heredó
el predio de la que había sido su esposa, Margarita Franco, que las
heredó a su vez del capitán Juan de Castro, su primer marido, que el
28 de agosto de 1675 las obtuvo por merced del cabildo habanero.
El hielo
Todavía a comienzos del siglo XX el hielo era un artículo casi de lujo
en La Habana y en el resto de la Isla. Solo se disponía de él en
banquetes, aunque lo había en algunos cafés y bodegas. Cuando de
banquetes se trataba, en la carta-menú se consignaba: “Postres: café,
hielo, tabacos”.

Derrumbe en el Payret

La noche del 12 de marzo de 1882 se desplomó, a consecuencia de un
aguacero torrencial, el ala izquierda del teatro Payret, con el saldo
de varios muertos y heridos.
Incendio en la Manzana de Gómez
Un voraz incendio se declaró la noche del 27 de enero de 1905 en la
Manzana de Gómez, en La Habana. Fue un siniestro que originó pérdidas
considerables. Veinticuatro establecimientos quedaron destruidos y
solo 11 se salvaron. El fuego comenzó por un comercio denominado El
Globo.

Solo para blancos

Una orden dictada el 9 de agosto de 1832 hizo obligatorio que fueran
blancos los mayorales de las fincas de Cuba.
Como quiera que te pongas
Por resolución del secretario de Gobernación --ministro del Interior--,
el 7 de julio de 1905 fue suspendido en sus funciones como Alcalde de
La Habana el doctor Juan Ramón O'Farrill. Se le instruyó expediente y
se formularon 23 cargos en su contra. Uno de estos, por haber
“engavetado” durante meses unos documentos y otro, por haber tramitado
un asunto con celeridad extraordinaria.

Reclamo santiaguero

En una comunicación de 1775 el Ayuntamiento de Santiago de Cuba dice
al Gobernador de la Isla que dicho Ayuntamiento veía con reparo que en
sus avisos y documentos oficiales ese Gobernador diera al Ayuntamiento
de La Habana el título de <<Ilustre>> y no diera título alguno al
santiaguero, cuando Su Majestad lo tiene por “Muy Ilustre y Muy Leal”.
Lo advierte al funcionario para que se sirva cumplir con lo que la
piedad de Su Majestad el Rey (que Dios guarde) lo ha distinguido y no
lo omita en sus comunicaciones.
       
Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
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http://cbianchiross.blogia.com/



domenica 6 luglio 2014

Imprimatur

IMPRIMATUR: viaggio di piacere in classe d'eccellenza

sabato 5 luglio 2014

Giapponesi all'Avana

Come previsto, alle 9,15 in punto, entrava nel porto dell'Avana la prima delle tre navi da guerra giapponesi in visita di cortesia a Cuba. 23 salve di cannone da bordo e altrettante di risposta dalla fortezza di San Carlos de la Cabaña sono stati lo scambio di saluti tra ospiti e anfitrioni. A poca distanza sono entrate nel canale che conduce alla Baia di Carenas le altre due unità nipponiche. Nel frattempo, la fregata argentina A.R.A. Libertad, veliero scuola proseguiva, alla fonda nel porto, a ricevere a bordo i visitatori cubani interessati a conoscere da vicino le caratteristiche della nave e del suo equipaggio.

Salve di artigleria all'entrata nel porto

Risposta dagli spalti della fortezza








Imprigionamento

IMPRIGIONAMENTO: museruola

venerdì 4 luglio 2014

Impresario

IMPRESARIO: azienda in Brasile

giovedì 3 luglio 2014

USA e immigrazione


Un aneddoto interessante l’ho sentito in  modo informale, senza dovizia di particolari, come si fa durante le cene tra amici, si trattava di questo: durante una manifestazione promossa dal K.K.K., non ho capito se ad Austin o a San Antonio, comunque nel Texas, un gruppo di manifestanti si era riversato nelle strade con cartelli e slogan inneggianti alla repressione dell’immigrazione illegale e all’espulsione dei clandestini. Ad un certo punto, davanti a loro si è presentato un uomo, accompagnato da un bambino. Due figure inermi. Richiamando l’attenzione dei promotori della manifestazione l’uomo, nativo americano o “Indiano d’America”, se si vuole, è riuscito a far udire la sua voce con la quale chiedeva ai manifestanti che diritto avessero loro di giudicare gli altri “illegali”, dal momento che essi stessi discendevano da chi aveva usurpato la sua terra e quella dei suoi antenati senza chiedere permesso a nessuno e usando la violenza. A quel punto, la voce della coscienza è entrata in azione e la manifestazione si è sciolta.

Da quanto mi hanno raccontato, il fatto è stato ripreso e riprodotto da diversi notiziari delle televisioni statunitensi. Non credo mi abbiano raccontato una balla, non ce n’era motivo, ma anche se fosse una leggenda metropolitana, lo trovo un aneddoto curioso e interessante. 

Impomiciare

IMPOMICIARE: non scambiare effusioni spinte

mercoledì 2 luglio 2014

Ritorno a casa, dolce casa











Come previsto, siamo rientrati all.Avana il 1° luglio. Il viaggio di ritorno, via Gran Cayman, la cui pista di atterraggio e decollo finisce praticamente in mare..., è uguale per durata a quello di andata: “solo” 4 ore con sorvolo dell’arcipelago cubano.
I voli per l’area centroamericana e caraibica, così come i charter per gli USA sono raggruppati al terminal 2 dell’aeroporto José Martí, dove i controlli doganali sono relativamente più rigorosi rispetto al 3, dove atterano i voli a lungo raggio.
Siamo usciti con i bagagli, pagando le imposte doganali in moneta nazionale, dal momento che si trattava della prima importazione dell’anno (le eventuali future si pagherebbero in CUC), in tempi e modalità ragionevoli, ma...all’arrivo a casa, dolce casa, ci aspettava la sorpresa di essere senza linea telefonica, dal momento che i tecnici dell’ETECSA stavano lavorando nella zona per rinnovare il cablaggio. Problema superato il giorno 2  nel tardo pomeriggio.
Un’altra “piacevole” sorpresa, anche se prevedibile, è stata quella di trovare la batteria della Polsky completamente scarica, nonostante fosse stata scollegata, ma un mese è stato comunque troppo per il venerando accumulatore.
Il risultato finale è stato di una giornata  casalinga a disposizione di tecnici e caricabatteria, in uno sprazzo di ripristino provvisorio, ho provato a connetermi alla rete e per poco mi viene da piangere...quando ci si abitua bene...Spero tra oggi e domani di riprendere i ritmi (lenti) quotidiani.
Duro anche l’impatto col caldo, lo stesso di Miami, l’estate si comincia a sentire specialmente per l’umidità, con la differenza che là, si vive non “con”, ma nell’Aria condizionata.

Solo 90 miglia al nord è veramente un’altra galassia, ma chi ha voluto la bicicletta deve anche pedalare...






martedì 1 luglio 2014

Impiegatizio

IMPIEGATIZIO: da lavoro a un tale