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mercoledì 28 agosto 2013
martedì 27 agosto 2013
Traduzione della storia perduta del Sans Soucì
Per facilitarne la lettura, ho pubblicato la traduzione della prima parte della storia perduta del Sans Soucì, a breve seguirà anche la seconda parte.
lunedì 26 agosto 2013
Altri uomini della mafia, di Ciro Bianchi Ross (pubblicato su Juventud Rebelde il 25/08/13)
Per facilitare la lettura del testo a chi non conosce lo spagnolo e non costringerlo a ricerche di traduttori, ho pensato di proporlo direttamente tradotto.
Nelle pagine precedenti, nell’affrontare il tema della mafia a Cuba, questo scriba alluse, essenzialmente alle figure di Meyer Lansky e Santo Trafficante. Il primo era il capo dei capi nell’Isola, il numero uno, grazie alle sue relazioni col Governo cubano, nei circoli del gioco d’azzardo all’Avana. Lansky si era messo nel taschino Fulgencio Batista. Trafficante non giungeva a tanto però era, dopo Lansky, il più potente.
Non erano, naturalmente, gli unici: Enrique Cirules nel suo libro L’IMPERO DELL’AVANA, che ha meritato il Premio Casa de las Americas, fa menzione anche ad Amadeo Barletta e Amletto Battisti Lora come capoccia delle rispettive famiglie. Barletta nacque in Calabria, nel sud Italia, nel 1896 e tre anni prima nasceva Battisti a El Salto, Uruguay. Barletta arrivò all’Avana nel 1939. Battisti nel 1936. In una scala che va da 1 a 5, Guillermo Jiménez, nel suo libro LOS PROPRIETARIOS DE CUBA; 1958, assegna a entrambi la categoria 2.
Palmeti vicino all’Almendares
Attorno a Lansky e trafficante si muovevano malavitosi di maggiore o minor calibro, tutti nordamericani. Solevano riunirsi, normalmente una volta alla settimana, i giovedì o i venerdì pomeriggio, nellla casa di Joe Stassi, residenza circondata da una esuberante vegetazione tropicale nella strada sinuosa che corre parallela al fiume Almendares. Stassi presiedeva quegli incontri a cui non partecipavano Barletta né Battisti, e che accentravano le discussioni sulla situazione a Cuba, la marcia degli affari negli Stati uniti e il modo in cui si potessero ripercuotere nelle operazioni nell’Isola.
Nella biblioteca o la terrazza della casa, prendevano posto Meyer Lansky, a volte suo fratello Jake, e Santo Trafficante. Anche i fratelli Dino e Eddy Cellini, nativi dell’Ohio e uomini della massima fiducia di Lansky. Entrambi dirigevano la scuola di croupiers che questi aveva organizzato all’hotel Riviera, e Dino inoltre era socio di Jake nel casinò hotel Nacional. Norman Rothman, del casinò del cabaret Sans Soucì, era a sua volta fra gli abitudinari delle riunioni con Stassi, e lo era anche Wilbur Clark, direttore generale dell’hotel Nacional di Cuba. Era l’uomo che aveva portato avanti, a Las Vegas, la costruzione del famoso hotel casinò Desert Inn, finanziato in parte da Lansky e i suoi soci di Cleveland; tutto un maestro della promozione di esercizi di questo tipo.
Altre figure partecipavano a quegli incontri. Fra loro, Thomas Mc Ginthy, alias Blackjack, vecchio contrabbandiere di liquori e proprietario di uno dei tuguri più celebri di Cleveland, socio di Lansky e proprietario della concessione del gioco nel Nacional. Anche Charles Tourine, conosciuto all’Avana come Charles White, ex proprietario di un club nel New Jersey e vincolato al casinò dell’hotel Capri. Fu l’uomo che nelle prime ore del 1959 trovò Lansky all’hotel Plaza e lo informò sulla fuga di Batista.
In casa di Stassi, inoltre, si riunivano Nicholas di Costanzo, corpulento di quasi due metri di statura, carattere imprevedibile e violento che, nel Capri, ebbe problemi con quasi tutti. Eddie Levinson, della chiamata mafia ebrea, amico di Lansky e gestore del casinò dell’hotel Riviera. Joe Silesi, alias Joe River, chiamato per dirigere i casinò dell’hotel Deauville e Habana Hilton cuando entrambi erano ancora in costruzione. Amico di Trafficante, giunse a essere unoa delle facce più visibili della mafia all’Avana. Partecipava anche William Bischoff, alias Lefty Clark, del casinò San Soucì, que lavorava indifferentemente per Trafficante che per Lansky.
Appare Anastasia
Si supponeva che Stassi fosse neutrale. Una specie di intermediario fra Lansky e il resto del gruppo, in particolara tra l’ebreo newyorkino del Lower East Side e Trafficante, però Stassi rispondeva sotto il tappeto agli interessi di Lansky. Si conoscevano fin da bambini e strinsero legami al tempo del proibizionismo, quando Stassi si distinse nel contrabbando di liquori agli ordini di Longy Zwillman, un malavitoso che faceva parte della banda di Lucky Luciano. Ed è allora (1928) che Stassi arriva la prima volta a Cuba. Anche se col tempo si era spostato verso il lato commerciale del crimine organizzato, fu un sicario temuto, partecipante nei crimini più eclatanti della mafia.
Albert Anastasia - al secolo, Umberto Anastasio – era una preoccupazione crescente per Lansky. Il capo dell’Anonima Assassini – braccio esecutivo della mafia – era insoddisfatto con la suddivisione del bottino dell’Avana; credeva o era sicuro di non ricevere quello che gli spettava, e non nascondeva la sua insoddisfazione. Era in testa alla lista dei mafiosi che potevano creare problemi al capoccia ebreo, cosa che in certo modo inquietava ai principali malavitosi che si riunivano in casa di Stassi. Tutti, meno Trafficante.
Nel maggio 1957 Anastasia si recò in Italia in segreto e si incontrò con Lucky Luciano. La creazione di quello che si chiamò l’impero dell’Avana era stata idea di Luciano, però egli, per decisione del Governo nordamericano, viveva confinato nel suo paese natìo, informato da terzi sullo splendore dell’impresa lontana. Lansky, suo vecchio subordinato, già non gli tributava il rispetto dovuto e lo emarginava sempre più dai progetti ed essenzialmente, dai guadagni. Anastasia conosceva Luciano dal 1931 e aveva partecipato a tutti i vertici della mafia, compreso quello dell’Avana nel 1946, pertanto si considerava un dei fondatori dell’organizzazione. Si suppone che Luciano lo avvelenò nei confronti di Lansky e lo spronò perché insistesse nel suo reclamo.
Ecco quanto fece al suo ritorno a new York. Su sua richiesta, si riunì con i capi della mafia a Cuba y disse che tutti si stavano arricchendo all’Avana, meno lui. Quando gli risposero che riceveva la “fetta” dell’ippodromo Oriental Park di Marianao, Anastasia addusse che i soldi veri venivano dalle sale da gioco e che lui non li vedeva nemmeno passare. L’Habana Hilton – oggi Habana Libre – è tuo, disse Lansky allora sigillando la partita con maestria. Aveva neutralizzato il temibile Anastasia senza ricorrere alla violenza. Dopo alcuni mesi Trafficante, col nome di B. Hill, che utilizzava con frequenza, volò a New York per incontrarsi con Anastasia. Alla riunione parteciparono, fra gli altri, il menzionato Joe Rivers e il cubano Roberto “Chiri” Mendoza, appaltatore di lavori dell’Hilton e socio del presidente Batista. Chiri aveva molte probabilità di avere in subappalto il casinò dell’albergo. La conversazione girò attorno alla concessione del casinò in questione. Per questa, bisognava pagare alla Hilton un milione di dollari e passare, sottobanco, altri due milioni a Batista.
Trafficante sperava che Anastasia apportasse parte del capitale. Vecchia volpe, Anastasia si rese conto delle vere intenzioni del giocatore di dadi di Tampa: voleva lasciare da parte Meyer Lansky.
Quello che Trafficante e Anastasia non sapevano era che Joe Stassi, sotto il falso nome di Joe Rogers, si trovava anche lui a New York. Fece il viaggio perché il suo vecchio amico Meyer richiese i suoi servigi professionali e con lui arrivava alla grande città la lunga mano della mafia dell’Avana. Albert Anastasia non rimase vivo per raccontare la storia. La mattina del 25 ottobre del 1957 entrò a tagliarsi i capelli e in quel barbiere lo crivellarono di colpi. Joe Stassi, si era appartato dal lavoro sporco, ma era rimasto un assassino.
La connessione cubana
Roberto Fernàndez Miranda, il supercognato di Batista, era il legame tra Lansky e il dittatore.
Uno degli ultimi atti esecutivi di Batista prima di abbandonare la presidenza della Repubblica il 10 ottobre del 1944, fu quello di concedere il grado di Capitano della Riserva Militare a Fernàndez Miranda. Uno dei primi atti esecutivi di Grau, ad assumere la prima magistratura, alla data indicata, fu quello di lasciare senza effetto quella promozione e licenziare il beneficiato. Con il colpo di stato del 10 marzo (del 1952 n.d.t.), Batista reintegrò nell’esercito suo cognato, stavolta col grado di colonnello. Lo nominò inoltre Direttore Generale dello Sport. Più avanti, senza perdere questo incarico, Fernàndez Miranda fu asceso a Generale di Brigata e designato come capodel reggimento n° 7 “Màximo Gòmez”, con sede nella Fortezza della Cabaña.
Al margine di queste occupazioni, il cognato assolveva altri compiti, raccoglieva ogni settimana i 10 mila pesos che Martin Fox, proprietario del cabaret Tropicana pagava a Batista per la “protezione” del casinò. Aveva anche il molto lucrativo controllo delle macchinette mangiasoldi installate nella case da gioco, ma anche in bar, postribolie perfino in alcuni negozi di alimentari. Erano importate da Chicago e qui, Fernàndez Miranda le affittava. I benefici erano notevoli e la mafia li divideva metà e metà col supercognato che, per decisione di Batista, si occupava anche degli incassi dei parchimetri.
Un uomo di Mussolini
Amadeo Barletta era proprietario del quotidiano El Mundo e del canale 2 della televisione nazionale oltre a rappresentare e distribuire i veicoli della General Motors. Quindici delle sue aziende avevano un valore stimato di 40 milioni di pesos, equivalenti ai dollari, e si trovavano sotto il controllo della Santo Domingo Motors Company, con sede a Ciudad Trujillo, Repubblica Dominicana, y cui proprietari erano sconosciuti anche al Banco Nacional, che trattò di verificare invano.
Guillermo Jiménez afferma, nel suo citato libro, che capitali italiani mascherati stavano dietro alla Santo Domingo Motors Company, e manifesta che si diceva che Barletta “era rappresentante della mafia italiana per gli affari di facciata legale a Cuba, però non si è mai trovato niente che lo ratificasse”. Fu uomo di fiducia di Mussolini e rappresentante del fascismo italiano nell’area dei Caraibi. Nei giorni della seconda guerra mondiale venne espulso dall’Isola. Tornò a guerra finita. Punto e a capo, gli venne perdonato tutto. Riassunse la rappresentanza della General Motors per la vendita di automobili marca Cadillac, Chevrolet e Oldsmobile e costruì, nel 1949, un edificio di 11 piani a forma triangolare ll’angolo di 23 e Infanta, - sede oggi del Ministero del Commercio Estero – che assieme al Radio centro di 23 entre L y M, dette origine alla “Rampa” avanera. Anteriormente aveva chiesto la licenza per la costruzione dell’edificio del Terminal degli Autobus, inaugurato nel 1951 e che giunse ad amministrare. I suoi molteplici affari, coprivano quelli del commercio di droga e pietre preziose.
Amletto Battisti era il proprietario dell’hotel Sevilla, e come Barletta, aveva la sua propria Banca. In società con Batista, gestiva una lotteria privata con biglietti numerati dall’uno al 999. I suoi interessi si estendevano alla prostituzione e alla droga. Ogni settimana riceveva al Sevilla prostitute nuove, ragazze selezionate che “affittava” a prezzo d’oro come dame di compagnia. Inoltre sempre settimanalmente riceveva pacchetti di cocaina che, in boccette o tubi, si vendeva tra i 15 e i 50 dollari al grammo, secondo la disponibilità della merce. Fu deputato alla Camera tra il 1954 e il 1958.
Lo scrittore potrebbe raccontare molto di più, circa questi personaggi. Ma lo spazio a disposizione è finito. Alla prossima.
Otros hombres de la mafia
Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
24 de Agosto del 2013 19:54:55 CDT
En páginas precedentes, al abordar el tema de la mafia en Cuba, este
escribidor aludió, en lo esencial, a las figuras de Meyer Lansky y
Santo Trafficante. El primero era el capo de los capos en la Isla, el
número uno, gracias a sus relaciones con el Gobierno cubano, en los
círculos del juego de azar en La Habana. Lansky tenía metido en el
bolsillo al dictador Fulgencio Batista. Trafficante no llegaba a
tanto, pero era, después de Lansky, el más poderoso.
No eran, por supuesto, los únicos. Enrique Cirules, en su libro El
imperio de La Habana, que mereció premio Casa de las Américas,
menciona asimismo a Amadeo Barletta y a Amletto Battisti Lora como
cabecillas de sus propias familias. Barletta había nacido en Calabria,
sur de Italia, en 1896, y tres años antes nacía Battisti, en El Salto,
Uruguay. Barletta llegó a La Habana en 1939. Battisti, en 1936. En una
escala que, en orden descendente, va del 1 al 5, Guillermo Jiménez, en
su libro Los propietarios de Cuba; 1958, otorga a ambos sujetos la
categoría 2.
Palmeras junto al Almendares
En torno a Lansky y a Trafficante se movían hampones de mayor o menor
cuantía, todos norteamericanos. Solían reunirse, generalmente una vez
por semana, los jueves o los viernes por la tarde, en el domicilio de
Joe Stassi, residencia rodeada de una vegetación tropical exuberante
en la sinuosa carretera que corre paralela al río Almendares. Stassi
presidía aquellos encuentros, a los que no asistían Barletta ni
Battisti, y que centraban sus discusiones sobre la situación en Cuba,
la marcha de los negocios en Estados Unidos y la forma en que pudieran
repercutir en las operaciones en la Isla.
En la biblioteca o en la terraza de la casa, tomaban asiento Meyer
Lansky y, a veces, su hermano Jake, y Santo Trafficante. También los
hermanos Dino y Eddy Cellini, nativos de Ohio y hombres de toda la
confianza de Lansky. Ambos dirigían la escuela de crupieres que este
organizara en el hotel Riviera, y Dino además, era socio de Jake en el
casino del hotel Nacional. Norman Rothman, del casino del cabaret Sans
Souci, era asimismo de los habituales en las reuniones con Stassi, y
lo era además Wilbur Clark, director general del Hotel Nacional de
Cuba. Era el hombre que había llevado adelante, en Las Vegas, la
construcción del famoso hotel-casino Desert Inn, financiado en parte
por Lansky y sus socios de Cleveland; todo un maestro en la promoción
de establecimientos de ese tipo.
Otras figuras acudían a aquellos encuentros. Entre ellas, Thomas
McGinty, alias Blackjack, antiguo contrabandista de licores y
propietario de uno de los tugurios más célebres de Cleveland, socio de
Lansky y copropietario de la concesión del juego en el Nacional.
También Charles Tourine, conocido en La Habana como Charles White, ex
propietario de un club en New Jersey y vinculado al casino del hotel
Capri. Fue el hombre que en las primeras horas del día de año nuevo de
1959 localizó a Lansky en el hotel Plaza y le informó de la fuga de
Batista.
En casa de Stassi se reunían además Nicholas di Costanzo, corpulento y
de casi dos metros de estatura, carácter imprevisible y violento que,
en el Capri, buscó líos con casi todo el mundo. Eddie Levinson, de la
llamada mafia judía, amigo de Lansky y gerente del casino del hotel
Riviera. Joe Silesi, alias Joe Rivers, llamado para dirigir los
casinos del hotel Deauville y del Havana Hilton, cuando ambos todavía
se hallaban en construcción. Amigo de Trafficante, llegaría a ser uno
de los rostros más visibles de la mafia en La Habana. Acudía además
William Bischoff, alias Lefty Clark, del casino del Sans Souci, que lo
mismo trabajaba para Trafficante que para Lansky.
Aparece anastasia
A Stassi se le suponía neutral. Una especie de intermediario entre
Lansky y el resto del grupo, en específico, entre el judío neoyorquino
del Lower East Side y Trafficante, pero Stassi respondía bajo cuerda a
los intereses de Lansky. Se conocían desde niños y estrecharon
vínculos en los tiempos de la Ley seca, cuando Stassi se destacó en el
contrabando de licores a las órdenes de Longy Zwillman, un hampón que
formaba parte de la pandilla de Lucky Luciano. Es por entonces (1928)
que Stassi viene por primera vez a Cuba. Aunque con el tiempo se
desplazó hacia la vertiente comercial del crimen organizado, fue un
temido sicario, participante en los crímenes más sonados de la mafia.
Albert Anastasia —en realidad, Umberto Anastasio— era una preocupación
creciente para Lansky. El jefe del Murder Inc. —brazo ejecutor de la
mafia— estaba insatisfecho con el reparto del botín de La Habana;
creía o estaba seguro de no recibir lo que le correspondía, y no
ocultaba su descontento. Encabezaba la lista de los mafiosos que
podían crear problemas al cabecilla judío, lo que en cierta forma
inquietaba a los hampones principales que se reunían en la casa de
Stassi. A todos, menos a Trafficante.
En mayo de 1957, Anastasia viajó a Italia en secreto y se entrevistó
con Luciano. La creación de lo que se ha llamado el imperio de La
Habana había sido idea de Luciano, pero él, por decisión del Gobierno
norteamericano, vivía confinado en su país natal, enterándose por
terceros del esplendor del emporio lejano. Lansky, su antiguo
subordinado, no le tributaba ya el respeto que le debía y cada vez lo
marginaba más de los proyectos y, en lo esencial, de las ganancias.
Anastasia conocía a Luciano desde 1931 y había asistido a todas las
cumbres de la mafia, incluida la de La Habana, en 1946, por lo que se
consideraba uno de los fundadores de la organización. Se supone que
Luciano lo envenenó contra Lansky y lo azuzó para que insistiera en su
reclamo.
Eso hizo en cuanto regresó a Nueva York. A pedido suyo, se reunió allí
con los jefes de la mafia en Cuba y les dijo que todo el mundo se
hacía rico en La Habana, menos él. Cuando le respondieron que recibía
la tajada del hipódromo Oriental Park, de Marianao, Anastasia adujo
que la pasta verdadera salía de los casinos y que él no la veía pasar.
El Havana Hilton —hoy Habana Libre— es tuyo, repuso Lansky entonces y
selló la partida de mano maestra. Había neutralizado al temible
Anastasia sin violencia.
Meses después Trafficante, con el nombre de B. Hill, que utilizaba con
frecuencia, voló a Nueva York para encontrarse con Anastasia. En la
reunión participarían, entre otros, el ya mencionado Joe Rivers y el
cubano Roberto, «Chiri», Mendoza, contratista de la obra del Hilton y
socio del presidente Batista. Chiri tenía muchas posibilidades de
obtener en subarriendo el casino del hotel. La conversación giró en
torno a la concesión del mencionado casino. Había que pagar por ella,
a la Hilton, un millón de dólares y, pasar, por debajo del tapete,
otros dos millones a Batista.
Trafficante esperaba que Anastasia aportara parte del dinero. Hueso
viejo, Anastasia se percató de las verdaderas intenciones del bolitero
de Tampa. Quería dejar a un lado a Meyer Lansky.
Lo que Trafficante y Anastasia desconocían era que Joe Stassi, bajo el
nombre de Joe Rogers, estaba también en Nueva York. Había hecho el
viaje porque su viejo amigo Meyer solicitó sus servicios
profesionales, y con él llegaba a la gran ciudad el brazo largo de la
mafia de La Habana. Albert Anastasia no quedaría vivo para contar la
historia. En la mañana del 25 de octubre de 1957 entró a cortarse el
cabello y en aquella barbería lo acribillaron a balazos. Joe Stassi se
había apartado del trabajo sucio, pero seguía siendo un asesino.
El enlace cubano
Roberto Fernández Miranda, el cuñadísimo de Batista, era enlace entre
Lansky y el dictador.
Uno de los últimos actos ejecutivos de Batista antes de abandonar la
presidencia de la República el 10 de octubre de 1944, fue el de
conceder, por el Servicio Militar de Reserva, el grado de capitán a
Fernández Miranda. Uno de los primeros actos ejecutivos de Grau, al
asumir la primera magistratura en la fecha señalada fue el de dejar
sin efecto aquel ascenso y licenciar al beneficiado. Con el cuartelazo
del 10 de marzo, Batista reinsertó en el Ejército a su cuñado, esta
vez con el grado de coronel. Lo nombraría además Director General de
Deportes. Con el tiempo, sin perder ese cargo, Fernández Miranda sería
ascendido a general de brigada y designado jefe del regimiento número
7, Máximo Gómez, con sede en la fortaleza de La Cabaña.
Al margen de esas ocupaciones, el cuñado cumplía otras tareas. Recogía
semana tras semana los diez mil pesos que Martín Fox, propietario del
cabaré Tropicana, pagaba a Batista por la «protección» del casino.
Tenía además el control del muy lucrativo negocio de las máquinas
traganíqueles o tragaperras. Estaban instaladas en las casas de juego,
pero también en bares, prostíbulos, cafés y cabarés y hasta en algunas
bodegas. Se importaban de Chicago y aquí Fernández Miranda las
alquilaba. Los beneficios eran cuantiosos y la mafia los dividía,
mitad por mitad, con el cuñadísimo que, por decisión de Batista, se
beneficiaba también con la recaudación de los parquímetros.
Un hombre de Mussolini
Amadeo Barletta era propietario del periódico El Mundo y del canal 2
de la TV nacional y representaba y distribuía los vehículos de la
General Motors. Quince de sus empresas estaban valoradas en 40
millones de pesos, equivalentes a dólares, y se hallaban bajo el
control de la Santo Domingo Motors Company, radicada en Ciudad
Trujillo, República Dominicana, y cuyos propietarios eran desconocidos
incluso para el Banco Nacional, que en vano trató de averiguarlo.
Guillermo Jiménez afirma en su libro aludido que capitales italianos
enmascarados estaban detrás de la Santo Domingo Motors Company, y
expresa que se decía que Barletta «era representante de la mafia
italiana para los negocios de fachada legal en Cuba, pero no se ha
encontrado nada que lo ratifique». Fue hombre de confianza de Benito
Mussolini y representante del fascismo italiano en el área del Caribe.
En los días de la Segunda Guerra Mundial se le expulsó de la Isla.
Regresó a Cuba finalizada la contienda bélica. Borrón y cuenta nueva.
Todo le fue perdonado. Reasumió la representación de la General Motors
para la venta de automóviles marcas Cadillac, Chevrolet y Oldsmobile y
construyó, en 1949, el edificio de 11 plantas y forma triangular de la
esquina de 23 e Infanta, —sede hoy del Ministerio del Comercio
Exterior— que, junto con Radio Centro, en 23 entre L y M, dio origen a
La Rampa habanera. Antes, había pedido licencia para la construcción
del edificio de la Terminal de Ómnibus, inaugurada en 1951 y que llegó
a administrar. Sus múltiples empresas tapaban sus negocios de tráfico
de drogas y piedras preciosas.
Amletto Battisti era el propietario del hotel Sevilla y, al igual que
Barletta, tenía su propio banco. En sociedad con Batista, mantenía una
lotería particular con bonos numerados entre el uno y el 999. Sus
intereses se extendían a la prostitución y a las drogas. Todas las
semanas recibía en el Sevilla nuevas prostitutas, muchachas escogidas
que alquilaba a precio de oro como damas de compañía. También
semanalmente recibía envíos de cocaína que, en pomos o en tubos, se
vendía entre 15 y 50 dólares el gramo, según la disponibilidad de la
mercancía. Fue representante a la Cámara entre 1954 y 1958.
Mucho más pudiera el escribidor decir acerca de estos personajes. Pero
se acabó el espacio. ¡Chirrín!
Nelle pagine precedenti, nell’affrontare il tema della mafia a Cuba, questo scriba alluse, essenzialmente alle figure di Meyer Lansky e Santo Trafficante. Il primo era il capo dei capi nell’Isola, il numero uno, grazie alle sue relazioni col Governo cubano, nei circoli del gioco d’azzardo all’Avana. Lansky si era messo nel taschino Fulgencio Batista. Trafficante non giungeva a tanto però era, dopo Lansky, il più potente.
Non erano, naturalmente, gli unici: Enrique Cirules nel suo libro L’IMPERO DELL’AVANA, che ha meritato il Premio Casa de las Americas, fa menzione anche ad Amadeo Barletta e Amletto Battisti Lora come capoccia delle rispettive famiglie. Barletta nacque in Calabria, nel sud Italia, nel 1896 e tre anni prima nasceva Battisti a El Salto, Uruguay. Barletta arrivò all’Avana nel 1939. Battisti nel 1936. In una scala che va da 1 a 5, Guillermo Jiménez, nel suo libro LOS PROPRIETARIOS DE CUBA; 1958, assegna a entrambi la categoria 2.
Palmeti vicino all’Almendares
Attorno a Lansky e trafficante si muovevano malavitosi di maggiore o minor calibro, tutti nordamericani. Solevano riunirsi, normalmente una volta alla settimana, i giovedì o i venerdì pomeriggio, nellla casa di Joe Stassi, residenza circondata da una esuberante vegetazione tropicale nella strada sinuosa che corre parallela al fiume Almendares. Stassi presiedeva quegli incontri a cui non partecipavano Barletta né Battisti, e che accentravano le discussioni sulla situazione a Cuba, la marcia degli affari negli Stati uniti e il modo in cui si potessero ripercuotere nelle operazioni nell’Isola.
Nella biblioteca o la terrazza della casa, prendevano posto Meyer Lansky, a volte suo fratello Jake, e Santo Trafficante. Anche i fratelli Dino e Eddy Cellini, nativi dell’Ohio e uomini della massima fiducia di Lansky. Entrambi dirigevano la scuola di croupiers che questi aveva organizzato all’hotel Riviera, e Dino inoltre era socio di Jake nel casinò hotel Nacional. Norman Rothman, del casinò del cabaret Sans Soucì, era a sua volta fra gli abitudinari delle riunioni con Stassi, e lo era anche Wilbur Clark, direttore generale dell’hotel Nacional di Cuba. Era l’uomo che aveva portato avanti, a Las Vegas, la costruzione del famoso hotel casinò Desert Inn, finanziato in parte da Lansky e i suoi soci di Cleveland; tutto un maestro della promozione di esercizi di questo tipo.
Altre figure partecipavano a quegli incontri. Fra loro, Thomas Mc Ginthy, alias Blackjack, vecchio contrabbandiere di liquori e proprietario di uno dei tuguri più celebri di Cleveland, socio di Lansky e proprietario della concessione del gioco nel Nacional. Anche Charles Tourine, conosciuto all’Avana come Charles White, ex proprietario di un club nel New Jersey e vincolato al casinò dell’hotel Capri. Fu l’uomo che nelle prime ore del 1959 trovò Lansky all’hotel Plaza e lo informò sulla fuga di Batista.
In casa di Stassi, inoltre, si riunivano Nicholas di Costanzo, corpulento di quasi due metri di statura, carattere imprevedibile e violento che, nel Capri, ebbe problemi con quasi tutti. Eddie Levinson, della chiamata mafia ebrea, amico di Lansky e gestore del casinò dell’hotel Riviera. Joe Silesi, alias Joe River, chiamato per dirigere i casinò dell’hotel Deauville e Habana Hilton cuando entrambi erano ancora in costruzione. Amico di Trafficante, giunse a essere unoa delle facce più visibili della mafia all’Avana. Partecipava anche William Bischoff, alias Lefty Clark, del casinò San Soucì, que lavorava indifferentemente per Trafficante che per Lansky.
Appare Anastasia
Si supponeva che Stassi fosse neutrale. Una specie di intermediario fra Lansky e il resto del gruppo, in particolara tra l’ebreo newyorkino del Lower East Side e Trafficante, però Stassi rispondeva sotto il tappeto agli interessi di Lansky. Si conoscevano fin da bambini e strinsero legami al tempo del proibizionismo, quando Stassi si distinse nel contrabbando di liquori agli ordini di Longy Zwillman, un malavitoso che faceva parte della banda di Lucky Luciano. Ed è allora (1928) che Stassi arriva la prima volta a Cuba. Anche se col tempo si era spostato verso il lato commerciale del crimine organizzato, fu un sicario temuto, partecipante nei crimini più eclatanti della mafia.
Albert Anastasia - al secolo, Umberto Anastasio – era una preoccupazione crescente per Lansky. Il capo dell’Anonima Assassini – braccio esecutivo della mafia – era insoddisfatto con la suddivisione del bottino dell’Avana; credeva o era sicuro di non ricevere quello che gli spettava, e non nascondeva la sua insoddisfazione. Era in testa alla lista dei mafiosi che potevano creare problemi al capoccia ebreo, cosa che in certo modo inquietava ai principali malavitosi che si riunivano in casa di Stassi. Tutti, meno Trafficante.
Nel maggio 1957 Anastasia si recò in Italia in segreto e si incontrò con Lucky Luciano. La creazione di quello che si chiamò l’impero dell’Avana era stata idea di Luciano, però egli, per decisione del Governo nordamericano, viveva confinato nel suo paese natìo, informato da terzi sullo splendore dell’impresa lontana. Lansky, suo vecchio subordinato, già non gli tributava il rispetto dovuto e lo emarginava sempre più dai progetti ed essenzialmente, dai guadagni. Anastasia conosceva Luciano dal 1931 e aveva partecipato a tutti i vertici della mafia, compreso quello dell’Avana nel 1946, pertanto si considerava un dei fondatori dell’organizzazione. Si suppone che Luciano lo avvelenò nei confronti di Lansky e lo spronò perché insistesse nel suo reclamo.
Ecco quanto fece al suo ritorno a new York. Su sua richiesta, si riunì con i capi della mafia a Cuba y disse che tutti si stavano arricchendo all’Avana, meno lui. Quando gli risposero che riceveva la “fetta” dell’ippodromo Oriental Park di Marianao, Anastasia addusse che i soldi veri venivano dalle sale da gioco e che lui non li vedeva nemmeno passare. L’Habana Hilton – oggi Habana Libre – è tuo, disse Lansky allora sigillando la partita con maestria. Aveva neutralizzato il temibile Anastasia senza ricorrere alla violenza. Dopo alcuni mesi Trafficante, col nome di B. Hill, che utilizzava con frequenza, volò a New York per incontrarsi con Anastasia. Alla riunione parteciparono, fra gli altri, il menzionato Joe Rivers e il cubano Roberto “Chiri” Mendoza, appaltatore di lavori dell’Hilton e socio del presidente Batista. Chiri aveva molte probabilità di avere in subappalto il casinò dell’albergo. La conversazione girò attorno alla concessione del casinò in questione. Per questa, bisognava pagare alla Hilton un milione di dollari e passare, sottobanco, altri due milioni a Batista.
Trafficante sperava che Anastasia apportasse parte del capitale. Vecchia volpe, Anastasia si rese conto delle vere intenzioni del giocatore di dadi di Tampa: voleva lasciare da parte Meyer Lansky.
Quello che Trafficante e Anastasia non sapevano era che Joe Stassi, sotto il falso nome di Joe Rogers, si trovava anche lui a New York. Fece il viaggio perché il suo vecchio amico Meyer richiese i suoi servigi professionali e con lui arrivava alla grande città la lunga mano della mafia dell’Avana. Albert Anastasia non rimase vivo per raccontare la storia. La mattina del 25 ottobre del 1957 entrò a tagliarsi i capelli e in quel barbiere lo crivellarono di colpi. Joe Stassi, si era appartato dal lavoro sporco, ma era rimasto un assassino.
La connessione cubana
Roberto Fernàndez Miranda, il supercognato di Batista, era il legame tra Lansky e il dittatore.
Uno degli ultimi atti esecutivi di Batista prima di abbandonare la presidenza della Repubblica il 10 ottobre del 1944, fu quello di concedere il grado di Capitano della Riserva Militare a Fernàndez Miranda. Uno dei primi atti esecutivi di Grau, ad assumere la prima magistratura, alla data indicata, fu quello di lasciare senza effetto quella promozione e licenziare il beneficiato. Con il colpo di stato del 10 marzo (del 1952 n.d.t.), Batista reintegrò nell’esercito suo cognato, stavolta col grado di colonnello. Lo nominò inoltre Direttore Generale dello Sport. Più avanti, senza perdere questo incarico, Fernàndez Miranda fu asceso a Generale di Brigata e designato come capodel reggimento n° 7 “Màximo Gòmez”, con sede nella Fortezza della Cabaña.
Al margine di queste occupazioni, il cognato assolveva altri compiti, raccoglieva ogni settimana i 10 mila pesos che Martin Fox, proprietario del cabaret Tropicana pagava a Batista per la “protezione” del casinò. Aveva anche il molto lucrativo controllo delle macchinette mangiasoldi installate nella case da gioco, ma anche in bar, postribolie perfino in alcuni negozi di alimentari. Erano importate da Chicago e qui, Fernàndez Miranda le affittava. I benefici erano notevoli e la mafia li divideva metà e metà col supercognato che, per decisione di Batista, si occupava anche degli incassi dei parchimetri.
Un uomo di Mussolini
Amadeo Barletta era proprietario del quotidiano El Mundo e del canale 2 della televisione nazionale oltre a rappresentare e distribuire i veicoli della General Motors. Quindici delle sue aziende avevano un valore stimato di 40 milioni di pesos, equivalenti ai dollari, e si trovavano sotto il controllo della Santo Domingo Motors Company, con sede a Ciudad Trujillo, Repubblica Dominicana, y cui proprietari erano sconosciuti anche al Banco Nacional, che trattò di verificare invano.
Guillermo Jiménez afferma, nel suo citato libro, che capitali italiani mascherati stavano dietro alla Santo Domingo Motors Company, e manifesta che si diceva che Barletta “era rappresentante della mafia italiana per gli affari di facciata legale a Cuba, però non si è mai trovato niente che lo ratificasse”. Fu uomo di fiducia di Mussolini e rappresentante del fascismo italiano nell’area dei Caraibi. Nei giorni della seconda guerra mondiale venne espulso dall’Isola. Tornò a guerra finita. Punto e a capo, gli venne perdonato tutto. Riassunse la rappresentanza della General Motors per la vendita di automobili marca Cadillac, Chevrolet e Oldsmobile e costruì, nel 1949, un edificio di 11 piani a forma triangolare ll’angolo di 23 e Infanta, - sede oggi del Ministero del Commercio Estero – che assieme al Radio centro di 23 entre L y M, dette origine alla “Rampa” avanera. Anteriormente aveva chiesto la licenza per la costruzione dell’edificio del Terminal degli Autobus, inaugurato nel 1951 e che giunse ad amministrare. I suoi molteplici affari, coprivano quelli del commercio di droga e pietre preziose.
Amletto Battisti era il proprietario dell’hotel Sevilla, e come Barletta, aveva la sua propria Banca. In società con Batista, gestiva una lotteria privata con biglietti numerati dall’uno al 999. I suoi interessi si estendevano alla prostituzione e alla droga. Ogni settimana riceveva al Sevilla prostitute nuove, ragazze selezionate che “affittava” a prezzo d’oro come dame di compagnia. Inoltre sempre settimanalmente riceveva pacchetti di cocaina che, in boccette o tubi, si vendeva tra i 15 e i 50 dollari al grammo, secondo la disponibilità della merce. Fu deputato alla Camera tra il 1954 e il 1958.
Lo scrittore potrebbe raccontare molto di più, circa questi personaggi. Ma lo spazio a disposizione è finito. Alla prossima.
Otros hombres de la mafia
Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
24 de Agosto del 2013 19:54:55 CDT
En páginas precedentes, al abordar el tema de la mafia en Cuba, este
escribidor aludió, en lo esencial, a las figuras de Meyer Lansky y
Santo Trafficante. El primero era el capo de los capos en la Isla, el
número uno, gracias a sus relaciones con el Gobierno cubano, en los
círculos del juego de azar en La Habana. Lansky tenía metido en el
bolsillo al dictador Fulgencio Batista. Trafficante no llegaba a
tanto, pero era, después de Lansky, el más poderoso.
No eran, por supuesto, los únicos. Enrique Cirules, en su libro El
imperio de La Habana, que mereció premio Casa de las Américas,
menciona asimismo a Amadeo Barletta y a Amletto Battisti Lora como
cabecillas de sus propias familias. Barletta había nacido en Calabria,
sur de Italia, en 1896, y tres años antes nacía Battisti, en El Salto,
Uruguay. Barletta llegó a La Habana en 1939. Battisti, en 1936. En una
escala que, en orden descendente, va del 1 al 5, Guillermo Jiménez, en
su libro Los propietarios de Cuba; 1958, otorga a ambos sujetos la
categoría 2.
Palmeras junto al Almendares
En torno a Lansky y a Trafficante se movían hampones de mayor o menor
cuantía, todos norteamericanos. Solían reunirse, generalmente una vez
por semana, los jueves o los viernes por la tarde, en el domicilio de
Joe Stassi, residencia rodeada de una vegetación tropical exuberante
en la sinuosa carretera que corre paralela al río Almendares. Stassi
presidía aquellos encuentros, a los que no asistían Barletta ni
Battisti, y que centraban sus discusiones sobre la situación en Cuba,
la marcha de los negocios en Estados Unidos y la forma en que pudieran
repercutir en las operaciones en la Isla.
En la biblioteca o en la terraza de la casa, tomaban asiento Meyer
Lansky y, a veces, su hermano Jake, y Santo Trafficante. También los
hermanos Dino y Eddy Cellini, nativos de Ohio y hombres de toda la
confianza de Lansky. Ambos dirigían la escuela de crupieres que este
organizara en el hotel Riviera, y Dino además, era socio de Jake en el
casino del hotel Nacional. Norman Rothman, del casino del cabaret Sans
Souci, era asimismo de los habituales en las reuniones con Stassi, y
lo era además Wilbur Clark, director general del Hotel Nacional de
Cuba. Era el hombre que había llevado adelante, en Las Vegas, la
construcción del famoso hotel-casino Desert Inn, financiado en parte
por Lansky y sus socios de Cleveland; todo un maestro en la promoción
de establecimientos de ese tipo.
Otras figuras acudían a aquellos encuentros. Entre ellas, Thomas
McGinty, alias Blackjack, antiguo contrabandista de licores y
propietario de uno de los tugurios más célebres de Cleveland, socio de
Lansky y copropietario de la concesión del juego en el Nacional.
También Charles Tourine, conocido en La Habana como Charles White, ex
propietario de un club en New Jersey y vinculado al casino del hotel
Capri. Fue el hombre que en las primeras horas del día de año nuevo de
1959 localizó a Lansky en el hotel Plaza y le informó de la fuga de
Batista.
En casa de Stassi se reunían además Nicholas di Costanzo, corpulento y
de casi dos metros de estatura, carácter imprevisible y violento que,
en el Capri, buscó líos con casi todo el mundo. Eddie Levinson, de la
llamada mafia judía, amigo de Lansky y gerente del casino del hotel
Riviera. Joe Silesi, alias Joe Rivers, llamado para dirigir los
casinos del hotel Deauville y del Havana Hilton, cuando ambos todavía
se hallaban en construcción. Amigo de Trafficante, llegaría a ser uno
de los rostros más visibles de la mafia en La Habana. Acudía además
William Bischoff, alias Lefty Clark, del casino del Sans Souci, que lo
mismo trabajaba para Trafficante que para Lansky.
Aparece anastasia
A Stassi se le suponía neutral. Una especie de intermediario entre
Lansky y el resto del grupo, en específico, entre el judío neoyorquino
del Lower East Side y Trafficante, pero Stassi respondía bajo cuerda a
los intereses de Lansky. Se conocían desde niños y estrecharon
vínculos en los tiempos de la Ley seca, cuando Stassi se destacó en el
contrabando de licores a las órdenes de Longy Zwillman, un hampón que
formaba parte de la pandilla de Lucky Luciano. Es por entonces (1928)
que Stassi viene por primera vez a Cuba. Aunque con el tiempo se
desplazó hacia la vertiente comercial del crimen organizado, fue un
temido sicario, participante en los crímenes más sonados de la mafia.
Albert Anastasia —en realidad, Umberto Anastasio— era una preocupación
creciente para Lansky. El jefe del Murder Inc. —brazo ejecutor de la
mafia— estaba insatisfecho con el reparto del botín de La Habana;
creía o estaba seguro de no recibir lo que le correspondía, y no
ocultaba su descontento. Encabezaba la lista de los mafiosos que
podían crear problemas al cabecilla judío, lo que en cierta forma
inquietaba a los hampones principales que se reunían en la casa de
Stassi. A todos, menos a Trafficante.
En mayo de 1957, Anastasia viajó a Italia en secreto y se entrevistó
con Luciano. La creación de lo que se ha llamado el imperio de La
Habana había sido idea de Luciano, pero él, por decisión del Gobierno
norteamericano, vivía confinado en su país natal, enterándose por
terceros del esplendor del emporio lejano. Lansky, su antiguo
subordinado, no le tributaba ya el respeto que le debía y cada vez lo
marginaba más de los proyectos y, en lo esencial, de las ganancias.
Anastasia conocía a Luciano desde 1931 y había asistido a todas las
cumbres de la mafia, incluida la de La Habana, en 1946, por lo que se
consideraba uno de los fundadores de la organización. Se supone que
Luciano lo envenenó contra Lansky y lo azuzó para que insistiera en su
reclamo.
Eso hizo en cuanto regresó a Nueva York. A pedido suyo, se reunió allí
con los jefes de la mafia en Cuba y les dijo que todo el mundo se
hacía rico en La Habana, menos él. Cuando le respondieron que recibía
la tajada del hipódromo Oriental Park, de Marianao, Anastasia adujo
que la pasta verdadera salía de los casinos y que él no la veía pasar.
El Havana Hilton —hoy Habana Libre— es tuyo, repuso Lansky entonces y
selló la partida de mano maestra. Había neutralizado al temible
Anastasia sin violencia.
Meses después Trafficante, con el nombre de B. Hill, que utilizaba con
frecuencia, voló a Nueva York para encontrarse con Anastasia. En la
reunión participarían, entre otros, el ya mencionado Joe Rivers y el
cubano Roberto, «Chiri», Mendoza, contratista de la obra del Hilton y
socio del presidente Batista. Chiri tenía muchas posibilidades de
obtener en subarriendo el casino del hotel. La conversación giró en
torno a la concesión del mencionado casino. Había que pagar por ella,
a la Hilton, un millón de dólares y, pasar, por debajo del tapete,
otros dos millones a Batista.
Trafficante esperaba que Anastasia aportara parte del dinero. Hueso
viejo, Anastasia se percató de las verdaderas intenciones del bolitero
de Tampa. Quería dejar a un lado a Meyer Lansky.
Lo que Trafficante y Anastasia desconocían era que Joe Stassi, bajo el
nombre de Joe Rogers, estaba también en Nueva York. Había hecho el
viaje porque su viejo amigo Meyer solicitó sus servicios
profesionales, y con él llegaba a la gran ciudad el brazo largo de la
mafia de La Habana. Albert Anastasia no quedaría vivo para contar la
historia. En la mañana del 25 de octubre de 1957 entró a cortarse el
cabello y en aquella barbería lo acribillaron a balazos. Joe Stassi se
había apartado del trabajo sucio, pero seguía siendo un asesino.
El enlace cubano
Roberto Fernández Miranda, el cuñadísimo de Batista, era enlace entre
Lansky y el dictador.
Uno de los últimos actos ejecutivos de Batista antes de abandonar la
presidencia de la República el 10 de octubre de 1944, fue el de
conceder, por el Servicio Militar de Reserva, el grado de capitán a
Fernández Miranda. Uno de los primeros actos ejecutivos de Grau, al
asumir la primera magistratura en la fecha señalada fue el de dejar
sin efecto aquel ascenso y licenciar al beneficiado. Con el cuartelazo
del 10 de marzo, Batista reinsertó en el Ejército a su cuñado, esta
vez con el grado de coronel. Lo nombraría además Director General de
Deportes. Con el tiempo, sin perder ese cargo, Fernández Miranda sería
ascendido a general de brigada y designado jefe del regimiento número
7, Máximo Gómez, con sede en la fortaleza de La Cabaña.
Al margen de esas ocupaciones, el cuñado cumplía otras tareas. Recogía
semana tras semana los diez mil pesos que Martín Fox, propietario del
cabaré Tropicana, pagaba a Batista por la «protección» del casino.
Tenía además el control del muy lucrativo negocio de las máquinas
traganíqueles o tragaperras. Estaban instaladas en las casas de juego,
pero también en bares, prostíbulos, cafés y cabarés y hasta en algunas
bodegas. Se importaban de Chicago y aquí Fernández Miranda las
alquilaba. Los beneficios eran cuantiosos y la mafia los dividía,
mitad por mitad, con el cuñadísimo que, por decisión de Batista, se
beneficiaba también con la recaudación de los parquímetros.
Un hombre de Mussolini
Amadeo Barletta era propietario del periódico El Mundo y del canal 2
de la TV nacional y representaba y distribuía los vehículos de la
General Motors. Quince de sus empresas estaban valoradas en 40
millones de pesos, equivalentes a dólares, y se hallaban bajo el
control de la Santo Domingo Motors Company, radicada en Ciudad
Trujillo, República Dominicana, y cuyos propietarios eran desconocidos
incluso para el Banco Nacional, que en vano trató de averiguarlo.
Guillermo Jiménez afirma en su libro aludido que capitales italianos
enmascarados estaban detrás de la Santo Domingo Motors Company, y
expresa que se decía que Barletta «era representante de la mafia
italiana para los negocios de fachada legal en Cuba, pero no se ha
encontrado nada que lo ratifique». Fue hombre de confianza de Benito
Mussolini y representante del fascismo italiano en el área del Caribe.
En los días de la Segunda Guerra Mundial se le expulsó de la Isla.
Regresó a Cuba finalizada la contienda bélica. Borrón y cuenta nueva.
Todo le fue perdonado. Reasumió la representación de la General Motors
para la venta de automóviles marcas Cadillac, Chevrolet y Oldsmobile y
construyó, en 1949, el edificio de 11 plantas y forma triangular de la
esquina de 23 e Infanta, —sede hoy del Ministerio del Comercio
Exterior— que, junto con Radio Centro, en 23 entre L y M, dio origen a
La Rampa habanera. Antes, había pedido licencia para la construcción
del edificio de la Terminal de Ómnibus, inaugurada en 1951 y que llegó
a administrar. Sus múltiples empresas tapaban sus negocios de tráfico
de drogas y piedras preciosas.
Amletto Battisti era el propietario del hotel Sevilla y, al igual que
Barletta, tenía su propio banco. En sociedad con Batista, mantenía una
lotería particular con bonos numerados entre el uno y el 999. Sus
intereses se extendían a la prostitución y a las drogas. Todas las
semanas recibía en el Sevilla nuevas prostitutas, muchachas escogidas
que alquilaba a precio de oro como damas de compañía. También
semanalmente recibía envíos de cocaína que, en pomos o en tubos, se
vendía entre 15 y 50 dólares el gramo, según la disponibilidad de la
mercancía. Fue representante a la Cámara entre 1954 y 1958.
Mucho más pudiera el escribidor decir acerca de estos personajes. Pero
se acabó el espacio. ¡Chirrín!
domenica 25 agosto 2013
sabato 24 agosto 2013
venerdì 23 agosto 2013
Humour cubano
Una viejecita fue un día al Banco del Comercio "Bancomer" llevando un bolso
lleno hasta el tope de dinero...
Insistía ante la ventanilla, solicitando que quería hablar única y
exclusivamente con el Presidente del Banco para abrir una cuenta de
ahorros, para lo cual decía: "Comprenda Ud., es mucho dinero".
Después de mucho discutir, la llevaron ante el Presidente del Banco,
respetando el concepto de que el cliente tiene siempre la razón.
El Presidente del Banco inquirió: -¿Cuál es la cantidad que Ud. desea
ingresar?
Ella dijo: USD$165.000,00 -y automáticamente vació su bolso encima de la
mesa.
El Presidente, naturalmente, sintió una gran curiosidad por saber de dónde
habría sacado la viejita tanto dinero y le preguntó:
-Señora, me sorprende que lleve tanto dinero encima, realmente es mucha
cantidad... -y acto seguido le preguntó: -¿Cómo lo ha conseguido?
La viejecita contestó: -"Es simple, hago apuestas".
-Apuestas? -preguntó el Presidente- ¿qué tipo de apuestas?
La viejecita contestó: -"Bueno, todo tipo de apuestas; por ejemplo le
apuesto a Ud., USD$25.000,00 a que sus pelotas son cuadradas!"
El Presidente soltó una carcajada y dijo: -"Esa es una apuesta estúpida...
Ud., nunca podrá ganar una apuesta de ese tipo".
La viejecita lo desafió.
-Bueno ya le dije que hago apuestas; está Ud., dispuesto a aceptar mi
apuesta...?
-Por supuesto -respondió el Presidente: -Apuesto USD$25.000,00 a que mis
pelotas no son cuadradas...
La viejecita dijo: -"De acuerdo, pero como hay mucho dinero en juego...,
¿puedo venir mañana a las 10:00 AM con mi abogado para que nos sirva de
testigo?
-Por supuesto -respondió el Presidente, teniendo en cuenta que se apostaba
dinero.
Aquella noche, el Presidente estaba muy nervioso por la apuesta. Pasó largo
tiempo mirándose sus pelotas en el espejo; volviéndose de un lado para
otro, una y otra vez. Se hizo un riguroso examen y quedó absolutamente
convencido de que sus pelotas no eran cuadradas y que ganaría la apuesta.
A la mañana siguiente a las 10:00 en punto, la viejecita apareció con su
Abogado en la Oficina del Presidente. Hizo las pertinentes presentaciones y
repitió la apuesta de USD$25.000,00 a que las pelotas del Presidente son
cuadradas.
El Presidente aceptó nuevamente la apuesta y la viejecita le pidió que se
bajara los pantalones para mostrar sus pelotas.
El Presidente se bajó sus pantalones y la viejita s e acercó y miró sus
pelotas detenidamente y le preguntó tímidamente si las podía tocar;
expresando: -Tenga Ud., en cuenta que es mucho dinero y debo cerciorarme.
-Bien, de acuerdo -dijo el Presidente convencido que USD$25.000,00 es mucho
dinero: -y comprendo que quiera estar absolutamente segura.
La viejita se acercó al Presidente y agarrándole empezó a palpar sus bolas;
paralelo a lo cual el Presidente se dio cuenta de que el Abogado estaba
golpeándose la cabeza contra la pared.
El Presidente preguntó a la viejita: -Y ahora que le pasa a su Abogado?
Ella contestó: -"Nada, sólo que he apostado con él USD$100.000,00 a que hoy
a las 10:00 de la mañana tendría las pelotas del Presidente de Bancomer en
mis manos".
lleno hasta el tope de dinero...
Insistía ante la ventanilla, solicitando que quería hablar única y
exclusivamente con el Presidente del Banco para abrir una cuenta de
ahorros, para lo cual decía: "Comprenda Ud., es mucho dinero".
Después de mucho discutir, la llevaron ante el Presidente del Banco,
respetando el concepto de que el cliente tiene siempre la razón.
El Presidente del Banco inquirió: -¿Cuál es la cantidad que Ud. desea
ingresar?
Ella dijo: USD$165.000,00 -y automáticamente vació su bolso encima de la
mesa.
El Presidente, naturalmente, sintió una gran curiosidad por saber de dónde
habría sacado la viejita tanto dinero y le preguntó:
-Señora, me sorprende que lleve tanto dinero encima, realmente es mucha
cantidad... -y acto seguido le preguntó: -¿Cómo lo ha conseguido?
La viejecita contestó: -"Es simple, hago apuestas".
-Apuestas? -preguntó el Presidente- ¿qué tipo de apuestas?
La viejecita contestó: -"Bueno, todo tipo de apuestas; por ejemplo le
apuesto a Ud., USD$25.000,00 a que sus pelotas son cuadradas!"
El Presidente soltó una carcajada y dijo: -"Esa es una apuesta estúpida...
Ud., nunca podrá ganar una apuesta de ese tipo".
La viejecita lo desafió.
-Bueno ya le dije que hago apuestas; está Ud., dispuesto a aceptar mi
apuesta...?
-Por supuesto -respondió el Presidente: -Apuesto USD$25.000,00 a que mis
pelotas no son cuadradas...
La viejecita dijo: -"De acuerdo, pero como hay mucho dinero en juego...,
¿puedo venir mañana a las 10:00 AM con mi abogado para que nos sirva de
testigo?
-Por supuesto -respondió el Presidente, teniendo en cuenta que se apostaba
dinero.
Aquella noche, el Presidente estaba muy nervioso por la apuesta. Pasó largo
tiempo mirándose sus pelotas en el espejo; volviéndose de un lado para
otro, una y otra vez. Se hizo un riguroso examen y quedó absolutamente
convencido de que sus pelotas no eran cuadradas y que ganaría la apuesta.
A la mañana siguiente a las 10:00 en punto, la viejecita apareció con su
Abogado en la Oficina del Presidente. Hizo las pertinentes presentaciones y
repitió la apuesta de USD$25.000,00 a que las pelotas del Presidente son
cuadradas.
El Presidente aceptó nuevamente la apuesta y la viejecita le pidió que se
bajara los pantalones para mostrar sus pelotas.
El Presidente se bajó sus pantalones y la viejita s e acercó y miró sus
pelotas detenidamente y le preguntó tímidamente si las podía tocar;
expresando: -Tenga Ud., en cuenta que es mucho dinero y debo cerciorarme.
-Bien, de acuerdo -dijo el Presidente convencido que USD$25.000,00 es mucho
dinero: -y comprendo que quiera estar absolutamente segura.
La viejita se acercó al Presidente y agarrándole empezó a palpar sus bolas;
paralelo a lo cual el Presidente se dio cuenta de que el Abogado estaba
golpeándose la cabeza contra la pared.
El Presidente preguntó a la viejita: -Y ahora que le pasa a su Abogado?
Ella contestó: -"Nada, sólo que he apostado con él USD$100.000,00 a que hoy
a las 10:00 de la mañana tendría las pelotas del Presidente de Bancomer en
mis manos".
giovedì 22 agosto 2013
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