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domenica 30 novembre 2014
sabato 29 novembre 2014
Il back stage dell'Amleto cubano: Tomás Milián
Conversando durante la colazione e nelle pause delle riprese con Tomás Milián, sono riuscito a chiarire alcuni aspetti che non avevo ben afferrato durante il suo colloquio col pubblico e la stampa. Il padre era un militare dai tempi della dittatura di Gerardo Machado e quando Batista assunse la sua prima presidenza, lo fece arrestare con altri ufficiali e trasferire alla prigione della Cabaña per un tempo che Tomás non vuole ricordare. Dopo la scarcerazione, le crisi che lo condussero a una casa di cure per malattie mentali, la successiva dimissione e il tragico suicidio. La madre, che aveva comunque rotto da tempo le relazioni coniugali si chiuse in una vedovanza silenziosa e si preoccupò sempre meno del figlio che un tempo viziava. Sono dettagli che aiutano meglio a capire il desiderio di fuga, nato nel giovane che aveva poi trovato parziale appoggio con la zia Carmíta.
Oltre queste precisazioni abbiamo passato alcuni giorni in giro per l’Avana dove il regista Giuseppe Sansonna assieme all’addetto alla fotografia Sergio Grillo e al fonico Enrico Grammaroli, con la preziosa collaborazione logistica di Ángel Mário González Acosta, ha filmato scene legate ai ricordi cubani dell’attore per la realizzazione del documentario autobiografico. Il soggetto è dello stesso Tomás: El Hamleto cubano o The cuban Hamlet e del regista che si erano incontrati a Miami per la stesura di un libro sulla vita attore.
La produzione esecutiva del documentario è della IXCO, in sinergia con la RAI, il cui vice presidente l’architetto Marco Marini è stato contattato del regista ed ha accettato con entusiasmo la proposta assieme all’addetto alle Relazioni Esterne dell’associazione, Stefano Donati che seppur rimanendo a Roma ha svolto un intenso lavoro di tessitura per la riuscita del progetto. Marco Marini anche per conto dell’IXCO mantiene da anni relazioni istituzionali con Enti economici e politici dei due Paesi, si è messo in contatto con il Consigliere di Ambasciata Pietro De Martin che aveva da anni il sogno nel cassetto di portare Tomás Milián a Cuba, ma per ragioni diverse, non ultima quella della resistenza dell’attore che come già detto aveva il desiderio e nel contempo il timore di affrontare il suo passato. Grazie a lunghe conversazioni telefoniche, l’architetto Marini è riuscito a strappare il consenso di Milián, ma fino al’ultimo istante non era sicuro che l’attore avrebbe confermato la sua promessa. Il Consigliere De Martin è così riuscito a realizzare questo suo desiderio che veniva da lontano, proprio negli ultimi giorni del suo mandato a Cuba, dove ha svolto un eccellente lavoro, specialmente nelle relazioni culturali con l’Italia come le organizzazioni di queste Settimane della Cultura Italiana ed altre iniziative collaterali.
Il filmato dovrebbe andare in onda su RAI Movie in una data da destinarsi, ma che dovrebbe essere abbastanza prossima, appena si avrà la conferma, orario compreso, Giuseppe Sansonna mi ha detto che mi comunicherà con precisione i dati sulla messa in onda.
Il giovane regista sembra sapere il fatto suo e sul set ha un rapporto di delicatezza con il protagonista come se stesse filmando col proprio nonno. Inutile dire che la padronanza del mestiere di Tomás non richiede molti sforzi per fargli capire i movimenti e gli atteggiamenti da assumere di volta in volta, in pratica è quasi sempre “buona la prima”.
venerdì 28 novembre 2014
giovedì 27 novembre 2014
mercoledì 26 novembre 2014
Thomas Milian, dopo circa 60 anni torna ad essere Tomás Milián, habanero purosangue
Un ritorno a Cuba pieno di emozione per Thomas Milian, al secolo Tomás Quintín Rodríguez Milián, 60 anni dopo o quasi. Durante il suo incontro col pubblico e la stampa nell’ambito della Settimana della Cultura Italiana ha ripercorso la sua vita dal 5 gennaio 1956, quando ha lasciato Cuba ad oggi. Nella sala del Centro Culturale Fresa y Chocolate, sono intervenute anche alcune persone che lo avevano conosciuto in tenera età e questo gli ha aumentato l’emozione. Alla scontata domanda di come mai non era mai tornato prima d’ora e se ne sentisse il desiderio, ha risposto: “Sì ne avevo molto il desiderio, ma anche paura”. La paura, era quella di incontrare i fantasmi del passato e forse, di pregiudicarsi qualche opportunità di lavoro. Un passato che ha raccontato con schiettezza, dove un ragazzo della buona borghesia cubana, abitante nella calle B tra 21 e 23 nel pieno del Vedado, ha scelto di partire per sfuggire alla tragedia lasciata da suo padre, infermo di mente, che dopo un lungo ricovero e successivo ritorno a casa si è suicidato davanti a lui ancora bambino, accusandolo di essere la causa dei suoi mali. Della figura materna, dopo aver riconosciuto di essere stato molto viziato da lei, non ne ha fatto più accenno, nel prosieguo della tragedia vissuta. Nella disgrazia ebbe la fortuna di avere una zia, Carmen Himenez, coniugata con l’allora Rettore dell’Università dell’Avana, Cadena, di famiglia aristocratica originaria delle canarie, che si occupò di lui e della sua educazione. Già adolescente Tomás si appassionò al cinema “innamorandosi” di James Dean e quando seppe della tragica morte del suo idolo decise che doveva fare l’attore. In un album di foto ingiallite dal tempo che mi ha successivamente mostrato, appare in alcune come autentico sosia di James Dean. Decise che doveva partire per gli Stati uniti ed arrivare a Hollywood. La “santa” zia Carmita si offrì di pagargli il viaggio, ma lo avvertì che il resto avrebbe dovuto essere a carico suo e che doveva imparare a sbarcare il lunario con qualunque mestiere, anche il più umile per conoscere come viveva la maggior parte delle persone. Ormai deciso, partì con prima destinazione New York dove in effetti si dovette prodigare a fare di tutto per sopravvivere, il suo inglese era praticamente inesistente e per poterlo imparare meglio decise di arruolarsi, ma non nell’esercito dove lo avrebbero mandato in battaglioni “latini” e non avrebbe potuto praticare la lingua. Scelse la U.S. Navy, dove sì, l’inglese era la lingua d’obbligo. Bisognava fare degli “esami di ammissione”, il punteggio minimo era di 22 e quello raggiunse. La ferma prevedeva un periodo di 4 anni.
Dopo 6 mesi, avendo appreso a sufficienza la lingua, decise di “ammalarsi” e passava le notti spogliandosi e prendendo pioggia e vento per farsi venire un malanno, ci riuscì, ma dopo le cure del caso gli dissero che sarebbe stato nuovamente abile per servire la U.S. Navy. Durante la degenza, peró, fece amicizia con un’infermiera e gli raccontó delle sue necessità di vita, le confessó di essersi procurato l’infermità e che se non lo congedavano si sarebbe suicidato mandando a casa i 10 mila dollari di risarcimento per la morte in servizio. A quanto pare lei intercesse. Infatti gli dissero che non era obbligato a proseguire nella carriera militare, ma poteva scegliere di essere un libero cittadino. E con un saluto militare, prese quest’ultima via.
Tornò a New York e ai lavori umili e saltuari, ma nel frattempo fece domanda per essere ammesso all’Actor’s Studio. C’erano 3 mila richieste e vennero ammessi in due uomini lui e un’altro, tale Lenny Bradbury che poi si è perso per le strade del mondo senza mai diventare famoso e una donna, di cui non ricorda il nome. Fra i personaggi già famosi o che lo sarebbero diventati successivamente che frequentavano l’Actor’s, c’era Marilyn Monroe, già conosciuta dal grosso pubblico, ma che frequentava lo studio per il suo matrimonio con Henry Miller, uno dei docenti per la drammaturgia. Il primo giorno si sedettero vicini e a un certo punto lei gli chiese di tenerle il posto perché voleva scendere a prendere un caffè. Tomás le disse di non pensarci nemmeno che sarebbe andato lui a prenderglielo e da quel giorno, il caffè per la sua vicina di banco Marilyn, divenne un rito.
Il tempo passava e lui divenne attore professionista, lavorando nei teatri di Broadway. Dagli scenari americani ebbe l’occasione di andare in italia a fare teatro, lo scoprì Mauro Bolognini che gli offrì di lavorare nel suo film “La notte brava”. Da quel momento diventò praticamente italiano e la sua immensa filmografia non è il caso di riproporla qua.
Successo e popolarità non gli hanno mai montato la testa, sa di essere un attore e di lavorare coi testi di altri che li scrivono per lui, anche se in qualche opportunità si è messo al tavolino per scrivere testi e sceneggiature. Un’altra delle sue passioni è diventata la fotografia e durante il soggiorno all’Avana ha portato una mostra di suoi lavori fatti in alcuni Paesi, dove ha ritratto porzioni di muri che gli hanno destato l'attenzione per composizione e il cromatismo.
Milián è reduce dal premio Marco Aurelio, consegnatogli al IX Festival internazionale del Cinema di Roma ed all’Avana verranno esibite 24 delle sue circa 100 pellicole, alcune poste su DVD, con sottotitoli in spagnolo. Oltre a questo omaggio e presentazione al pubblico del suo Paese, dove era praticamente sconosciuto, Milian sta girando un documentario sulla sua vita con la regia di Giuseppe Sansonna per la RAI. Parte del merito di aver portato alla Settimana della Cultura Italiana il grande attore è anche dell’Architetto Marco Marini, già autore di grandi iniziative culturali che hanno unito e uniscono Cuba e Italia e vice presidente della IXCO.
All'arrivo al Centro Culturale Fresa y Chocolate, con l'Architetto Marini e ricevuto dal Direttore della Cinemateca di Cuba, Luciano Castillo
Durante il colloquio, presentato dall'Ambasciatore italiano Carmine Robustelli con il direttore della Cinemateca Luciano Castillo e il Regista Giuseppe Sansonna
Presentando le sue fotografie
martedì 25 novembre 2014
I gendarme del mondo "libero"
Ancora una volta gli Stati Uniti vengono alla ribalta per il loro singolare "senso della giustizia". Infatti il poliziotto, rigorosamente anglosassone, Darren Wilson è stato prosciolto dall'accusa di omicidio nei confronti dell'afroamericano Michael Brown, avvenuta a Ferguson (Missouri) il 9 agosto scorso. Non è stato nemmeno usato l'eufemismo dell'uso sproporzionato delle armi per legittima difesa (!!!!sic). Per la giustizia, in particolare degli stati del sud, è sinonimo di innocenza sparare a una persona disarmata. Ancor più legittimo se la persona è di pelle scura e chi preme il grilletto, magari, è biondo con gli occhi chiari. Mi ricorda qualcuno coi baffetti e il ciuffo sulla fronte...o no?
Intanto, stringendo le morse dell'embargo verso Cuba, oltre al sito Oracle (java), adesso è inaccessibile anche Adobe Flashplayer. Giusto perché si battono per far avere più informazione al popolo cubano...precludono sempre più gli accessi ai loro siti. Anche in questo caso chi ne fa le spese? Non certo i potenti o gli addetti ai lavori che possono aggirare l'ostacolo in infinità di modi, ma l'utente comune che non ha queste possibilità.
Intanto, stringendo le morse dell'embargo verso Cuba, oltre al sito Oracle (java), adesso è inaccessibile anche Adobe Flashplayer. Giusto perché si battono per far avere più informazione al popolo cubano...precludono sempre più gli accessi ai loro siti. Anche in questo caso chi ne fa le spese? Non certo i potenti o gli addetti ai lavori che possono aggirare l'ostacolo in infinità di modi, ma l'utente comune che non ha queste possibilità.
Incontri
Sul mio sito: ho aperto una nuova pagina dedicata agli incontri più significativi fatti tra il 2011 e oggi, tra Cuba e Miami.
Annunciato vaccino contro il colera
Fonte Cubacontemporanea
Cuba anuncia vacuna contra el cólera para 2015
Por
Redacción
24 Nov
2014 - 9:55am
Cuba espera contar en 2015 con una vacuna preventiva contra el cólera y el
neumococo, y otra terapéutica contra la hepatitis B, informó el vicepresidente
del grupo BioCubaFarma, Gustavo Sierra González.
En
declaraciones que publicó el fin de semana el diario Juventud Rebelde, Sierra
González precisó que la vacuna contra el cólera, aún en ensayo clínico, es un
producto altamente novedoso, muy seguro y de gran eficacia, cuyo registro
médico sanitario debe materializarse el próximo año.
“A partir
de 2015 comenzaremos a proteger a toda la población del país y ya nos
preparamos para aumentar su elaboración y exportarla a otras naciones e incluso
entregarla a la Organización Mundial de la Salud”, adelantó.
Entre los
avances de 2014 mencionó, además, la vacuna contra siete tipos de neumococo.
“Realizamos un ensayo clínico en niños de entre uno y cinco años y nos permitió
avizorar buena respuesta, por ello es altamente probable que los pequeños con
esta edad comiencen el año próximo a vacunarse”, explicó el directivo al diario
nacional.
“Nos queda
trabajar fuertemente para en un plazo menos corto lograr resultados y
aplicarlas en bebés lactantes, porque son muy susceptibles, y también en los
más ancianos, quienes tienen altos riesgos de contraer neumonía”, añadió.
Sierra
González se refirió, además, a la futura aplicación de una vacuna nasal contra
la hepatitis B. “Es mejor que los productos antivirales y el interferón para
mejorar la calidad de vida de estas personas y evitar la cirrosis o la muerte”,
destacó.
Según la
publicación, la hepatitis B es un padecimiento prácticamente controlado en Cuba
gracias a la vacuna preventiva, pero todavía hay un grupo de pacientes con la
enfermedad, quienes mejorarán notablemente con este medicamento.
lunedì 24 novembre 2014
Pedro Vargas all'Avana, di Ciro Bianchi Ross
Pubblicato su Juventud Rebelde del 23/11/14
Anche
dall’altra parte
Vargas fue una especie de puente musical entre Cuba y México. A partir
de 1940 visitó la Isla por lo menos una vez al año. Por eso Cristóbal
Díaz Ayala, musicógrafo cubano radicado en Puerto Rico, lo define como
“casi nuestro”. Siempre que se disponía a venir, pedía a Lara y a
otros compositores importantes que le entregasen sus últimas
producciones para estrenarlas en Cuba, e igual pedido hacía a
creadores cubanos al regresar a México. En 1946, el compositor cubano
Bobby Collazo, autor, entre otras melodías, de Tenía que ser así y
Vivir de los recuerdos, está en México y se dispone a viajar a Santo
Domingo. Vargas le pide una canción y Collazo se la escribe a la
carrera. Cuando Collazo llega a su destino ya La última noche es un
éxito. Otro cubano, Fernando Mulens, compositor de esos boleros
emblemáticos que son Qué te pedí y De corazón a corazón, fue su
pianista acompañante durante años.
Cuba, en los años 30 del siglo pasado, fue invadida por el tango.
Conocerá a lo largo de la década siguiente la irrupción de la música
mexicana. La encabeza Jorge Negrete, muy famoso gracias al cine y que
visita la Isla en dos ocasiones. Le siguen y gozan de amplio arraigo
Tito Guizar, Pepe Guizar y sus Caporales, Pedro Infante, Chucho
Martínez Gil, Los Cuate Castilla, Toña la Negra, Amalia Mendoza y
Miguel Aceves Mejía, entre otros muchos. Los Pancho, que generaron una
legión enorme de imitadores, contaban, aún en los 70, con un programa
fijo en la radio nacional y cualquier cubano podía repetir sin la
menor vacilación Noche de ronda, de Agustín Lara, y tararear aquello
del propio compositor de “en tus ojeras se ven las palmeras /
borrachas de sol”. Antes había estado en La Habana José Mojica. Vino
por primera vez en 1931 y volvió al menos tres veces en los años 50.
También del otro lado
Pero si hubo una presencia en Cuba de la música mexicana, la cubana se
hizo sentir del otro lado del golfo. El ya aludido Díaz Ayala analiza
el fenómeno en su libro Cuando salí de La Habana (Puerto Rico, 2001).
El cine mexicano cobró importancia a partir de la cinta El rancho
grande (1936). Explotaba el paisaje y la música del bello país. La
producción cinematográfica azteca se incrementó y extendió su fama por
todo el continente; incluía cantidades generosas de música en cada
película. Filmes que abordaban en su mayoría el tema rural y se valían
de rancheras y corridos. La cosa se complica cuando la temática se
amplía al tema urbano y se da entrada al bolero. En los años 40 se
producen en México casi mil películas. Los compositores del patio eran
prolíferos, pero no daban abasto, más cuando aparte de boleros debían
crear guarachas y rumbas necesarias en cintas que, en su mayoría, se
ambientaban en cabarets.
Cuba, escribe Díaz Ayala, acudió a llenar el vacío. El cine y la
escena mexicana se desbordaron con rumberas cubanas como María
Antonieta Pons, Ninón Sevilla, Lina Salomé, Olga Chaviano, Rosa
Carmina, Amalia Aguilar, las Dolly Sisters y muchas más. Para ellas, y
también para la rumbera mexicana Meche Barba y Tongolele, de origen
tahitiano, se necesitaba la percusión que aportaron los cubanos.
Intérpretes mexicanos como Juan Arvizu y Toña la Negra grabaron discos
con el respaldo de orquestas cubanas. También lo hizo Pedro Vargas,
que utilizó agrupaciones como Casino de la Playa, Riverside y
Cosmopolita para realizar sus discos con la Víctor.
Un artista cubano o de paso por Cuba no se sentía enteramente
consagrado si no se hacía fotografiar por Armand --Armando Hernández
López-- el más famoso retratista cubano de los años 40 y 50 del siglo
pasado, conocido como El fotógrafo de las estrellas. Pedro Vargas, en
una de sus estancias habaneras, no resistió la tentación y visitó al
artista del lente en su estudio de Línea entre H e I, en el Vedado.
Capricho cubano
Las presentaciones iniciales de Vargas en La Habana deben haber tenido
lugar en el viejo Teatro
Neptuno, de Heliodoro García, donde también actuó Agustín Lara. Supone
el escribidor que actuó en la capital cubana por última vez en marzo
de 1959, en el cabaret del hotel Capri. Presentaba ese centro nocturno
la producción Capricho cubano, con las actuaciones de la
puertorriqueña Lucy Fabery y los cubanos Fernando Álvarez y Raquel
Bardisa, y la presencia de Vargas, durante dos semanas, propició allí
un lleno completo.
Entre una presentación y otra, actuó muchas veces en el Teatro
América. Pedro Urbezo, historiador del coliseo de la calle Galiano, en
su libro El teatro América y su entorno mágico (2011) recoge
puntualmente las presentaciones del mexicano.
El América se inauguró el 29 de marzo de 1941. Poco después, en la
semana del 22 de septiembre, el primer espectáculo o variedad musical
que acogió ese teatro estuvo a cargo del famoso tenor, acompañado por
el pianista Pepe Agüero y la orquesta de Alfredo Brito. Hizo, de lunes
a sábado, dos apariciones diarias: una a las 5:30 de la tarde y la
otra a las 9:30 de la noche, y el domingo, además de esas
presentaciones habituales, otra a las dos de la tarde.
Tanto éxito tuvo, dice Urbezo, que pese a sus compromisos con
radioemisoras cubanas volvió al escenario del América para una función
especial, el 3 de octubre de ese año.
Vargas hace una nueva presentación el 23 de enero de 1942, otra vez
acompañado por el pianista Pepe Agüero y la orquesta de Alfredo Brito.
Escribe Urbezo: “Los asiduos al América daban muestras de admiración y
cariño al tenor mexicano con repetidos aplausos”.
En 1945 llega Pedro Vargas de nuevo a Cuba. Está de paso. Pero no
quiere dejar de hacerse presente en el espectáculo de variedades que
artistas de la CMQ presentan, durante una semana, en el América.
Participa en las jornadas del sábado y el domingo. Ese día, en la
función de la noche, se despide del público habanero que, de pie, lo
aplaude a rabiar. La ovación emociona al artista que, con voz
entrecortada, expresa su habitual “muy agradecido, muy agradecido, muy
agradecido”, promete volver en cuanto sus compromisos se lo permitan.
Vuelve realmente. No podía dejar de cumplir su promesa. Lo hace en la
semana del 21 al 27 de enero de 1946. Lo acompañan en la escena
Ignacio Villa (Bola de Nieve), Fernando Mulens y la orquesta
Cosmopolita.
Tiene compromisos ineludibles con el Circuito CMQ y sale de la
cartelera para ser sustituido por Libertad Lamarque. La Novia de
América se despide de su público en la función de las 9:30 de la noche
del domingo 3 de febrero, luego de haber provocado llenos completos en
el teatro. En la semana del 4 al 7 regresa Pedro Vargas. Lo acompaña
el cubano René Cabel y hace con él un dúo ocasional que, escribe
Urbezo en su libro aludido, “arrancó exclamaciones de entusiasmo y
admiración”. Añade: “Retemblaron las paredes del moderno coliseo con
los gritos de entusiasmo y los atronadores aplausos. ¿Estaría
escuchando Enrique Claudín, el Fantasma, desde los sótanos del
teatro?”.
Prosigue Pedro Urbezo:
“Y, para cerrar aquel ciclo memorable, la siguiente semana, del 11 al
17, cantó Pedro Vargas con otra grande de la escena que por primera
vez actuaba en el América: la actriz y cancionera cubana Rita
Montaner. Intervinieron en el show, además, René de Montemar, Fernando
Mulens y la orquesta Cosmopolita con la animación de Rolando Ochoa”.
Su chorro de voz inagotable
Pedro Vargas amó mucho a La Habana. Dejó, con su presencia y sus
canciones, un buen recuerdo en la Isla, en los que tuvieron el
privilegio de escucharlo en vivo, en los que lo conocieron.
Rosa Fornés, que durante siete años consecutivos fue la primera
vedette de México y que dejó de serlo solo cuando la prensa mexicana
la proclamó como la primera vedette de América, compartió con Vargas
el escenario del teatro Tívoli, de la Ciudad de México. Hoy, en su
residencia habanera, la Fornés vive rodeada de sus recuerdos mexicanos
y conserva en uno de sus salones las fotos de mucha de la gente a la
que quiso, entre ellas Cantinflas, que tanto y tan en vano la
pretendió, Jorge Negrete, Pedro Infante y, por supuesto, Pedro Vargas,
fijo aún en la mente de la estrella con “su chorro de voz inagotable”.
Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/
Pedro Vargas e Benny Moré
cantarono in duetto all’Avana. Giorni prima della registrazione, il messicano
fa avera la cubano le partiture dei numeri che interpreteranno col proposito
che le studi. Giunge il giorno dell’incontrone sul punto di cominciare a incidere,
Vargas vuole esaminare la musica col Benny al fine di segnarla e stabilire chi
entra per primo e chi dopo, chi sarà la prima voce in determinati passaggi e
chi la seconda.
Benni Moré, il cosiddetto
Barbaro del Ritmo (Barbaro a Cuba non è dispregiativo, anzi il contrario,
n.d.t.), rifiuta la richiesta del Tenore delle Americhe.
-Maestro, questo per me è
cinese...ino non conosco la musica- dice Benny sorridendo.
-Come canteremo in duetto,
allora, se non conosce la musica? Come saprà, lei, in che momento dovrà
entrare?- Domanda vargas.
-Quando me lo chieda il
cervello, Maestro- risponde Benny, ma gli intenditori sono d’accordo che dette
al messicano una risposta incompleta. Avrebbe dovuto dire: il cervello, il
cuore, il sentimento...fino all’ultima molecola di quell’essere intrinsecamente
musicale che era Benny Moré. Risposta mutilata a parte, il caso è che in
quell’occasione incisero Obsesión y
perdón e raggiunsero con questa due dei migliori duetti della musica
popolare.
Los criba porta a colazione
questo aneddoto con motivo dell’omaggio che Cuba rese, mesi orsono, a Pedro
vargas in occasione del 25° anniversari della sua morte. Lo si ricordò nelle
giornate della XXV edizione del Festival Internazionale Boleros de Oro, alla
presenza di parenti stretti dell’artista, venuti per l’occasione e si dette il
suo nome alla suite dell’Hotel Nacional che occupava abitualmente durante i
suoi soggiorni avaneri, si esibirono alcune delle sue pellicole e un busto del
cantante venne installato nell’Avenida del Puerto, molto vicino alla statua che
ricorda il compositore Agustín Lara, suo grande amico.
Un
messicano quasi nostro
Vargas fu una specie di
ponte musicale fra Cuba e Messico. A partire dal 1940, visitò l’Isola almeno
una volta l’anno. Per questo, Cristobal Ayala, musicologo cubano residente a
Portorico, lo definisce come “quasi nostro”. Sempre, quando si preparava a
venire, chiedeva a Lara e ad altri compositori importanti che gli consegnassero
le loro ultime produzioni per fare la prima esibizione a Cuba. La stessa
richiesta la faceva ai compositori cubani al suo ritorno in Messico. Nel 1946,
il compositore cubano Bobby Collazo autore, fra altre melodie, di Tení que ser así e Vivír de los recuerdos, è in
Messico e si prepara a partire per Santo Domingo. Varegas gli chiede una
canzone e collazo glie la scrive di corsa. Quando Collazo giunge a
destinazione, La última noche è già
un successo. Un altro cubano, Fernando Mulens, compositore di boleri
emblematici quali Qué te pedí e De corazón a corazón, fu il suo accompagnatore
al piano per molti anni.
Cuba, negli anni ’30 del
secolo scorso, fu invasa dal tango. Conoscerà lungo la decade seguente
l’irruzione della musica messicana. La capeggiava Jorge Negrete, molto famoso
grazie al cine e che visita l’Isola in due occasioni. Lo seguono e godono di
grande presa Tito Guizar, Pepe Guizar y sus Caporales, Pedro Infante, Chucho
Martínez Gíl, Los Cuate Castilla, Toña la Negra, Amalia Mendoza e Miguel Aceves
Mejía, fra i molti altri Los Panchos che
generarono un’enorme legione di imitatori contavano, ancora nei ’70, di un
programma fisso alla radio nazionale e qualunque cubano poteva ripetere senza
indugi Noche de ronda e canticchiare
la strofa dello stesso compositore “nelle tue occhiate si vedono i
palmeti/ubriachi di sole”. Prima era venuto all’Avana José Mojíca. Venne per la
prima volta nel 1931 e tornò almeno tre volte negli anni ’50.
Però se ci fu una presenza a
Cuba della musica messicana, la cubana si fece sentire dall’altra parte del
golfo. Il già citato Díaz Ayala analizza il fenomeno nel suo libro Cuando salí de La Habana (Portorico,
2001).
Il cine messicano prese
importanza a partire della pellicola El
rancho grande (1936). Sfruttava il paesaggio e la musica del bel Paese. La
produzione cinematografica azteca si incrementò ed estese la sua fama per tutto
il continente, includeva quantità generose di musica in ogni pellicola. Film che
abbordavano, nella maggior parte, il tema rurale e si valevano di rancheras e corridos (generi musicali tipici, n.d.t.) La cosa si complica
quando si da entrata al tema urbano e si da ingresso al bolero. Negli anni ’40
si producono, in Messico, quasi mille pellicole. I compositori di casa erano
prolifici, ma non erano sufficienti, più quando oltre ai boleri dovenao creare gurachas e rumbas, necessarie in fim che
nella loro magggioranza erano ambientati in cabaret.
Cuba, scrive Díaz Ayala,
accorse a riempire i vuoti. Il cine e la scena messicana traboccavano di rumberas cubane come María Antonieta
Pons, Ninón Sevilla, Lina Salomé, Olga Chaviano, Rosa Carmína, Amalia Aguílar,
las Dolly Sisters e molte altre. Per loro e anche per la rumbera messicana Meche Barba e Tongolele, tahitiana di origine,
c’era bisogno della percussione che apportavano i cubani.
Interpreti messicani come
Juan Arvizu e Toña la Negra, incisero dischi con l’apporto di orchestre cubane.
Lo fece anche Pedro Vargas che utilizzò complessi come Casino de la Playa,
Riverside e Cosmopolita per realizzare i suoi dische con la Victor.
Un artista cubano o di
passaggio da Cuba non si sentiva completamente consacrato se non si faceva
fotografare da Armand – Armando Hernàndez López – il più famoso ritrattista
cubano degli anni ’40 e ’50 del secolo scorso, conosciuto come Il fotografo
delle stelle. Pedro Vargas, in uno dei suoi soggiorni avaneri, non resistette
alla tentazione e visitò l’artista dell’obbiettivo nel suo studio di Linea, fra
H e I, nel Vedado.
Capriccio
cubano
Le rappresentazioni iniziali
di vargas all’Avana devono aver avuto luogo nel vecchio Teatro Neptuno, di
Heliodoro García, dove attuò anche Agustín Lara. Lo scriba suppone che attuò
peer l’ultima volta nella capitale cubana nel marzo del 1959, al cabaret
dell’hotel Capri. Questo centro notturno presentava la produzione Capricho cubano, con l’attuazione della
portoricana Lucy Fabery e dei cubani Fernando Álvarez e Raquel Bardisa. La
presenza di vargas per due settimane, garantì un tutto esaurito.
Fra una presentazione e
l’altra, attuò molte volte nel Teatro América. Pedro Urbezo, storico del
colosseo della calle Galiano, nel suo libro El teatro América y su entorno mágico (2011) raccoglie puntualmente
le rappresentazioni del messicano.
L’América si inaugurò il 29
marzo del 1941. Poco dopo, nella settimana del 22 settembre, il primo
spettacolo o varietà musicale che accolse questo teatro fu a carico del famoso
tenore accompagnato dal pianista Pepe Agüero e l’orchestra di Alfredo Brito, da
lunedí a sabato, due apparizioni al giorno: Una alle 17.30 e l’altra alle 21.30
e la domenica, oltre a queste normali, un’altra alle 14.00.
Ha avuto tanto successo,
dice Urbezo che nonostante i suoi impegni con emittenti radio cubane, tornò al
palco dell’América per una funzione speciale, il 3 ottobre di quell’anno.
Vargas fa una nuova
presentazione il 23 gennaio del 1942, ancora accompagnato dal pianista Pepe
Agüero e l’orchestra di Alfredo Brito. Urbezo scrive: “Gli assidui dell’América
dvano segno di ammirazione e simpatia al tenore messicano con ripetuti
applausi”.
Nel 1945 Pedro Vargas arriva
nuoivamente a Cuba. È di passaggio. Ma non vuole evitare di presentarsi nello
spettacolo di varietà che artisti della CMQ presentano, per una settimana,
nell.América. partecipoa nei giorni di sabato e domenica. Quest’ultimo giorno,
nella funzione serale, si accomiata dal pubblico avanero che, in piedi, lo
applaude furiosamente. L’ovazione emoziona l’artista che con voce rotta esprime
il suo abituale “molt grazie, molte grazie”, promette di tornare quando is uoi
impegni glie lo consentano. Torna veramente. Non poteva non compiere la
promessa. Lo fa nella settimana dal 21 al 27 gennaio del 1946. Lo accompagnano
sulla scena Ignacio Villa (Bola de Nieve), Fernando Mulens e l’orchestra
Cosmopolita.
Ha impegni ineludibili col
circuito CMQ ed esce dalla locandina per essere sostituito da Libertad
Lamarque. La fidanzata d’America si accomiata dal suo pubblico nella funzione
delle 21.30 della domenica 3 di febbraio dopo aver causato il tutto esaurito
nel teatro. Nella settimana dal 4 al 7 torna Pedro Vargas. Lo accompagna il
cubano René Cabel e con lui fa un duetto eccezionale di cui scrive Urbezo nel
suo libro: “strappò accalamazioni d’entusiasmo e ammirazione”. Aggiunge:
“tremavano le pareti del moderno colosseo con le grida d’entusiasmo e gli
applausi scroscianti. Enrique Claudin, sarebbe stato ascoltando il Fantasma,
dai sotterranei del tatro?”.
Prosegue Pedro Urbezo: “E
per chiudere quel ciclo memorabile, la settimana seguente, dall’11 al 17, Pedro
vargas cantò con un’altra grande della scena che per la prima volta attuava
nell’América: l’attrice e cantante cubana Rita Montaner. Intervennero nello
show, inoltre, René de Montemar, Fernando Mulens e l’orchestra Cosmopolita con
l’animazione di Rolando Ochoa.
Il
suo getto inesauribile di voce
Pedro vargas amò molto
l’Avana. Con la sua presenza e le sue canzoni, lasciò un buon ricordo
nell’Isola, in quelli che ebbero il privilegio di acoltarlo dal vivo, in quelli
che lo conobbero.
Rosa Fornés che per sette
anni consecutivi fu la prima vedette del Messico e che smise di esserlo solo
quando la stampa messicana la proclamò come prima vedette d’America, compartí
con Vargas lo scenario del teatro Tivoli, di Città del Messico. Oggi, nella sua
residenza avanera, la Fornés, vive circondata dai suoi ricordi messicani e
conserva in uno dei suoi saloni le foto di molte persone che amò, fra loro
Cantinflas che tanto e tanto vanamente la pretese, Jorge Negrete, Pedro Infante
e, naturalmente, Pedro Vargas, ancora fisso nella mente della stella con il suo
“getto inesauribile di voce”.
Pedro Vargas en La Habana
Ciro Bianchi Ross * digital@juventudrebelde.cu
22 de Noviembre del 2014 19:43:52 CDT
Pedro Vargas y Benny Moré cantarían a dúo en La Habana. Días antes de
la grabación, el mexicano da al cubano las partituras de los números
que interpretarán con el propósito de que las estudie. Llega el día
del encuentro y ya a punto de comenzar a grabar, Vargas quiere
examinar la música con el Benny a fin de marcarla y establecer quién
entrará primero y quién después y quién será voz prima en determinados
pasajes y quién la voz segunda.
Benny Moré, el llamado Bárbaro del Ritmo, rechaza el ofrecimiento del
Tenor de las Américas.
--Maestro, eso es chino para mí... Yo no sé música --dice Benny y sonríe.
--¿Cómo cantaremos a dúo entonces? Si no sabe música, ¿cómo sabrá en
qué momento tiene usted que entrar? --inquiere Vargas.
--Cuando me lo pida el cerebro, Maestro --responde Benny, pero los
entendidos están de acuerdo en que dio al mexicano una respuesta
incompleta. Debió haber dicho el cerebro, el corazón, el sentimiento...
hasta la última partícula de aquel ser intrínsecamente musical que era
Benny Moré. Contestación truncada aparte, el caso es que en aquella
ocasión grabaron Obsesión y Perdón y lograron con estas dos de los
mejores dúos de la música popular.
El escribidor trae a colación esa anécdota con motivo del homenaje
que, meses atrás, rindió Cuba a Pedro Vargas en ocasión del
aniversario 25 de su fallecimiento. Se le recordó en las jornadas de
la XXV edición del Festival Internacional Boleros de Oro. En presencia
de familiares allegados del artista, venidos para la ocasión, se dio
su nombre a la suite del Hotel Nacional en la que se alojaba
generalmente durante sus estancias habaneras, se exhibieron algunas de
sus películas y un busto del cantante quedó emplazado en la Avenida
del Puerto, muy cerca de la estatua que recuerda al compositor Agustín
Lara, su gran amigo.
Un mexicano casi nuestro
Ciro Bianchi Ross * digital@juventudrebelde.cu
22 de Noviembre del 2014 19:43:52 CDT
Pedro Vargas y Benny Moré cantarían a dúo en La Habana. Días antes de
la grabación, el mexicano da al cubano las partituras de los números
que interpretarán con el propósito de que las estudie. Llega el día
del encuentro y ya a punto de comenzar a grabar, Vargas quiere
examinar la música con el Benny a fin de marcarla y establecer quién
entrará primero y quién después y quién será voz prima en determinados
pasajes y quién la voz segunda.
Benny Moré, el llamado Bárbaro del Ritmo, rechaza el ofrecimiento del
Tenor de las Américas.
--Maestro, eso es chino para mí... Yo no sé música --dice Benny y sonríe.
--¿Cómo cantaremos a dúo entonces? Si no sabe música, ¿cómo sabrá en
qué momento tiene usted que entrar? --inquiere Vargas.
--Cuando me lo pida el cerebro, Maestro --responde Benny, pero los
entendidos están de acuerdo en que dio al mexicano una respuesta
incompleta. Debió haber dicho el cerebro, el corazón, el sentimiento...
hasta la última partícula de aquel ser intrínsecamente musical que era
Benny Moré. Contestación truncada aparte, el caso es que en aquella
ocasión grabaron Obsesión y Perdón y lograron con estas dos de los
mejores dúos de la música popular.
El escribidor trae a colación esa anécdota con motivo del homenaje
que, meses atrás, rindió Cuba a Pedro Vargas en ocasión del
aniversario 25 de su fallecimiento. Se le recordó en las jornadas de
la XXV edición del Festival Internacional Boleros de Oro. En presencia
de familiares allegados del artista, venidos para la ocasión, se dio
su nombre a la suite del Hotel Nacional en la que se alojaba
generalmente durante sus estancias habaneras, se exhibieron algunas de
sus películas y un busto del cantante quedó emplazado en la Avenida
del Puerto, muy cerca de la estatua que recuerda al compositor Agustín
Lara, su gran amigo.
Un mexicano casi nuestro
Vargas fue una especie de puente musical entre Cuba y México. A partir
de 1940 visitó la Isla por lo menos una vez al año. Por eso Cristóbal
Díaz Ayala, musicógrafo cubano radicado en Puerto Rico, lo define como
“casi nuestro”. Siempre que se disponía a venir, pedía a Lara y a
otros compositores importantes que le entregasen sus últimas
producciones para estrenarlas en Cuba, e igual pedido hacía a
creadores cubanos al regresar a México. En 1946, el compositor cubano
Bobby Collazo, autor, entre otras melodías, de Tenía que ser así y
Vivir de los recuerdos, está en México y se dispone a viajar a Santo
Domingo. Vargas le pide una canción y Collazo se la escribe a la
carrera. Cuando Collazo llega a su destino ya La última noche es un
éxito. Otro cubano, Fernando Mulens, compositor de esos boleros
emblemáticos que son Qué te pedí y De corazón a corazón, fue su
pianista acompañante durante años.
Cuba, en los años 30 del siglo pasado, fue invadida por el tango.
Conocerá a lo largo de la década siguiente la irrupción de la música
mexicana. La encabeza Jorge Negrete, muy famoso gracias al cine y que
visita la Isla en dos ocasiones. Le siguen y gozan de amplio arraigo
Tito Guizar, Pepe Guizar y sus Caporales, Pedro Infante, Chucho
Martínez Gil, Los Cuate Castilla, Toña la Negra, Amalia Mendoza y
Miguel Aceves Mejía, entre otros muchos. Los Pancho, que generaron una
legión enorme de imitadores, contaban, aún en los 70, con un programa
fijo en la radio nacional y cualquier cubano podía repetir sin la
menor vacilación Noche de ronda, de Agustín Lara, y tararear aquello
del propio compositor de “en tus ojeras se ven las palmeras /
borrachas de sol”. Antes había estado en La Habana José Mojica. Vino
por primera vez en 1931 y volvió al menos tres veces en los años 50.
También del otro lado
Pero si hubo una presencia en Cuba de la música mexicana, la cubana se
hizo sentir del otro lado del golfo. El ya aludido Díaz Ayala analiza
el fenómeno en su libro Cuando salí de La Habana (Puerto Rico, 2001).
El cine mexicano cobró importancia a partir de la cinta El rancho
grande (1936). Explotaba el paisaje y la música del bello país. La
producción cinematográfica azteca se incrementó y extendió su fama por
todo el continente; incluía cantidades generosas de música en cada
película. Filmes que abordaban en su mayoría el tema rural y se valían
de rancheras y corridos. La cosa se complica cuando la temática se
amplía al tema urbano y se da entrada al bolero. En los años 40 se
producen en México casi mil películas. Los compositores del patio eran
prolíferos, pero no daban abasto, más cuando aparte de boleros debían
crear guarachas y rumbas necesarias en cintas que, en su mayoría, se
ambientaban en cabarets.
Cuba, escribe Díaz Ayala, acudió a llenar el vacío. El cine y la
escena mexicana se desbordaron con rumberas cubanas como María
Antonieta Pons, Ninón Sevilla, Lina Salomé, Olga Chaviano, Rosa
Carmina, Amalia Aguilar, las Dolly Sisters y muchas más. Para ellas, y
también para la rumbera mexicana Meche Barba y Tongolele, de origen
tahitiano, se necesitaba la percusión que aportaron los cubanos.
Intérpretes mexicanos como Juan Arvizu y Toña la Negra grabaron discos
con el respaldo de orquestas cubanas. También lo hizo Pedro Vargas,
que utilizó agrupaciones como Casino de la Playa, Riverside y
Cosmopolita para realizar sus discos con la Víctor.
Un artista cubano o de paso por Cuba no se sentía enteramente
consagrado si no se hacía fotografiar por Armand --Armando Hernández
López-- el más famoso retratista cubano de los años 40 y 50 del siglo
pasado, conocido como El fotógrafo de las estrellas. Pedro Vargas, en
una de sus estancias habaneras, no resistió la tentación y visitó al
artista del lente en su estudio de Línea entre H e I, en el Vedado.
Capricho cubano
Las presentaciones iniciales de Vargas en La Habana deben haber tenido
lugar en el viejo Teatro
Neptuno, de Heliodoro García, donde también actuó Agustín Lara. Supone
el escribidor que actuó en la capital cubana por última vez en marzo
de 1959, en el cabaret del hotel Capri. Presentaba ese centro nocturno
la producción Capricho cubano, con las actuaciones de la
puertorriqueña Lucy Fabery y los cubanos Fernando Álvarez y Raquel
Bardisa, y la presencia de Vargas, durante dos semanas, propició allí
un lleno completo.
Entre una presentación y otra, actuó muchas veces en el Teatro
América. Pedro Urbezo, historiador del coliseo de la calle Galiano, en
su libro El teatro América y su entorno mágico (2011) recoge
puntualmente las presentaciones del mexicano.
El América se inauguró el 29 de marzo de 1941. Poco después, en la
semana del 22 de septiembre, el primer espectáculo o variedad musical
que acogió ese teatro estuvo a cargo del famoso tenor, acompañado por
el pianista Pepe Agüero y la orquesta de Alfredo Brito. Hizo, de lunes
a sábado, dos apariciones diarias: una a las 5:30 de la tarde y la
otra a las 9:30 de la noche, y el domingo, además de esas
presentaciones habituales, otra a las dos de la tarde.
Tanto éxito tuvo, dice Urbezo, que pese a sus compromisos con
radioemisoras cubanas volvió al escenario del América para una función
especial, el 3 de octubre de ese año.
Vargas hace una nueva presentación el 23 de enero de 1942, otra vez
acompañado por el pianista Pepe Agüero y la orquesta de Alfredo Brito.
Escribe Urbezo: “Los asiduos al América daban muestras de admiración y
cariño al tenor mexicano con repetidos aplausos”.
En 1945 llega Pedro Vargas de nuevo a Cuba. Está de paso. Pero no
quiere dejar de hacerse presente en el espectáculo de variedades que
artistas de la CMQ presentan, durante una semana, en el América.
Participa en las jornadas del sábado y el domingo. Ese día, en la
función de la noche, se despide del público habanero que, de pie, lo
aplaude a rabiar. La ovación emociona al artista que, con voz
entrecortada, expresa su habitual “muy agradecido, muy agradecido, muy
agradecido”, promete volver en cuanto sus compromisos se lo permitan.
Vuelve realmente. No podía dejar de cumplir su promesa. Lo hace en la
semana del 21 al 27 de enero de 1946. Lo acompañan en la escena
Ignacio Villa (Bola de Nieve), Fernando Mulens y la orquesta
Cosmopolita.
Tiene compromisos ineludibles con el Circuito CMQ y sale de la
cartelera para ser sustituido por Libertad Lamarque. La Novia de
América se despide de su público en la función de las 9:30 de la noche
del domingo 3 de febrero, luego de haber provocado llenos completos en
el teatro. En la semana del 4 al 7 regresa Pedro Vargas. Lo acompaña
el cubano René Cabel y hace con él un dúo ocasional que, escribe
Urbezo en su libro aludido, “arrancó exclamaciones de entusiasmo y
admiración”. Añade: “Retemblaron las paredes del moderno coliseo con
los gritos de entusiasmo y los atronadores aplausos. ¿Estaría
escuchando Enrique Claudín, el Fantasma, desde los sótanos del
teatro?”.
Prosigue Pedro Urbezo:
“Y, para cerrar aquel ciclo memorable, la siguiente semana, del 11 al
17, cantó Pedro Vargas con otra grande de la escena que por primera
vez actuaba en el América: la actriz y cancionera cubana Rita
Montaner. Intervinieron en el show, además, René de Montemar, Fernando
Mulens y la orquesta Cosmopolita con la animación de Rolando Ochoa”.
Su chorro de voz inagotable
Pedro Vargas amó mucho a La Habana. Dejó, con su presencia y sus
canciones, un buen recuerdo en la Isla, en los que tuvieron el
privilegio de escucharlo en vivo, en los que lo conocieron.
Rosa Fornés, que durante siete años consecutivos fue la primera
vedette de México y que dejó de serlo solo cuando la prensa mexicana
la proclamó como la primera vedette de América, compartió con Vargas
el escenario del teatro Tívoli, de la Ciudad de México. Hoy, en su
residencia habanera, la Fornés vive rodeada de sus recuerdos mexicanos
y conserva en uno de sus salones las fotos de mucha de la gente a la
que quiso, entre ellas Cantinflas, que tanto y tan en vano la
pretendió, Jorge Negrete, Pedro Infante y, por supuesto, Pedro Vargas,
fijo aún en la mente de la estrella con “su chorro de voz inagotable”.
Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/
domenica 23 novembre 2014
sabato 22 novembre 2014
venerdì 21 novembre 2014
Prossimo il 42° anniversario de La Nueva Trova Cubana
Pubblicato da Clodoaldo Parada su Face Book
Queridos amigos, el 2 de Diciembre de 1972 fue la
fecha en que se fundó en la ciudad de Manzanillo, el Movimiento de la Nueva
Trova Cubana. Insospechado era entonces pensar que 42 años después, dicho
Movimiento fuera considerado como uno de los hechos artísticos más importantes
dentro de la canción de habla hispana del pasado siglo.
De aquel puñado de jóvenes trovadores, sólo unos pocos lograron traspasar con
sus canciones las fronteras de la isla y llevar, en nombre de todos, aquella
bandera artística en la cual creíamos y en la que todavía hoy algunos creemos.
Es por eso que el próximo sábado 6 de diciembre, ofreceré un recital en Uhlalá Cafe Concert de esta ciudad de Santa Fe, donde interpretaré canciones de los más conocidos trovadores cubanos y de otros que no son conocidos por el público internacional, pero que dejaron canciones fundamentales en el quehacer trovadoresco cubano.
Será también un recuento de vivencias y anécdotas, pues muchos de los interpretados son personas con las que me unen lazos de amistad casi añejos.
Habría mucho para cantar en una noche así, pero yo los espero con sólo un puñado de canciones que creo sean suficientes para describir lo que dejaron como legado a las músicas nuestras, aquel grupo de jóvenes que una vez fundaron lo que fue el Movimiento de la Nueva Trova Cubana.
Nos vemos el sábado 6 de diciembre en Uhlalá.
Un abrazo cubano a todos.
Es por eso que el próximo sábado 6 de diciembre, ofreceré un recital en Uhlalá Cafe Concert de esta ciudad de Santa Fe, donde interpretaré canciones de los más conocidos trovadores cubanos y de otros que no son conocidos por el público internacional, pero que dejaron canciones fundamentales en el quehacer trovadoresco cubano.
Será también un recuento de vivencias y anécdotas, pues muchos de los interpretados son personas con las que me unen lazos de amistad casi añejos.
Habría mucho para cantar en una noche así, pero yo los espero con sólo un puñado de canciones que creo sean suficientes para describir lo que dejaron como legado a las músicas nuestras, aquel grupo de jóvenes que una vez fundaron lo que fue el Movimiento de la Nueva Trova Cubana.
Nos vemos el sábado 6 de diciembre en Uhlalá.
Un abrazo cubano a todos.
Principio del formulario
Corrispondenza col sig. Angelo Colnaghi
Con il consenso del sig. Angelo Colnaghi trascrivo lo scambio epistolare avuto, nel caso l'argomento possa interessare qualche altro lettore.
Egr. SIg. Vecchio,
secondo la sua opinione è ipotizzabile, una volta lì, alll'habana o in cuba, dedicarsi (esclusivamente o non solo) con profitto ad attività intellettuali nell'ambito della comunicazione, dell'educazione e del sociale?
Come si gestiscono i rapporti con la gente o con le autorità per chi straniero è, ma turista non è?
Ringrazio di antemano se ci sarà una risposta (dato che ho letto alcuni suoi commenti dal suo eccellente blog risalenti al 2007 o giù di lì)
Sinceri Saluti
Angelo
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Egregio Signor Angelo,
innanzitutto la ringrazio per la visita e il giudizio positivo al mio blog. Riguardo a quello che mi chiede, secondo me e per l'esperienza acquisita, non credo sia molto facile inserirsi con profitto nel mondo intellettuale dell'Isola se non si hanno delle "credenziali" date da militanza o sostegno alla Revolución...Per svolgere un'attività di tipo giornalistico o simile ci vuole l'autorizzazione del Ministero degli Esteri. Nel mio caso (ed altri) i blog sono, giustamente, considerati attività strettamente personali e fino a che non creano problemi all'interno sono accettati. Non mi è del tutto chiaro il senso di ciò che lei definisce "chi turista non è". Così come non mi è chiaro l'oggetto della sua mail...Se lei ha un permesso di residenza non ha grandi difficoltà, questo sì, a contattare intellettuali e persone pubbliche. Sempre a titolo personale e non per eventuali editrici.
Spero di essere stato chiaro nell'esprimere il mio punto di vista e in caso non fosse così, sono a sua disposizione. Magari aprendo un dibattito sui commenti del blog (con firma anonima o pseudonimo, se lo preferisce) dal momento che potrebbe interessare anche altri lettori.
cordiali saluti. Aldo Abuaf.
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Gentilissimo Sig. Aldo,
mi scuso per la "demora" ma mi trovo in una situazione di stallo, nel senso che ero d'accordo con due amici di qui di fare un viaggio esplorativo a Cuba, con l' obiettivo di massima di imbastire un progetto di vita, ma l'ipotesi appare tramontata. Io vivo a Busto Arsizio, località assai conservatrice, dove tanti vorrebbero andarsene ma nessuno "può" farlo. Non sono mai stato a Cuba, in passato annovero due periodi di vita trascorsi in Sudamerica, anche "exitosi" da un certo punto di vista. Dubito però che la metropoli e il centro commerciale come luogo di incontro siano la mia utopia o il mio habitat ideale. Io ho fame di relazioni, di costruire progetti e, nel frattempo, di sottili e garbate emozioni da vivere, condividere e cose così
Gutierrez l'avevo letto tempo fa, adesso sto leggendo un po' Cuba Libre di Yoani Sanchez e "Adios Fidel" di un giovane cubano che pubblica in Italia. Disegnano una realtà cruda, al quale un po' ci sono avvezzo, ma che sinceramente non vorrei rivivere, o magari vivere con umana compartecipazione ma con il distacco di chi deve necessariamente costruire qualcosa di bello e di utile, per sé e per i propri compagni di ventura o di cordata.
In sintesi sono due le cose che le chiedo, la prima perché non ho avuto una chiara risposta, ovviamente in base alla sua personale esperienza:
come si vive a Cuba?
E la seconda, da navigato ed esperto pescatore e giornalista qual è, come si può costruire dal nulla una rete, fatta di buone maglie, e pescare bene senza essere arpionato o troppo spolpato?
I miei più cordiali saluti
Angelo Colnaghi
ps: Non avendo conoscenza di Cuba, non so cosa possa apportare attualmente al blog, ma in futuro lo farei volentieri
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Egregio Sig. Angelo,
nessun problema per la "demora". Per il suo "progetto", come le dicevo le relazioni interpersonali a carattere privato non sono difficili, quelle a carattere professionale invece hanno regole abbastanza strette.
La letteratura lascia il tempo che trova, secondo chi la scrive. Gutierrez descrive un'Avana più cruda e per certi aspetti reale, ma che riguarda solo una parte marginale dei suoi abitanti. Yoani, non la seguo, la leggevo dall'Italia ai suoi inizi che mi sembravano buoni anche se diceva cose abbastanza ovvie e scontate. In seguito credo sia stata un po' presa dal delirio della "dissidente" a tutti i costi (alti sembra), tanto è vero che l'ha abbandonata anche il suo ex mentore e traduttore ufficiale Gordiano Lupi. L'altro giovane non so chi sia né cosa possa scrivere. Se ha la possibilità di trovarli le consiglio di leggere testi di Leonardo Padura Fuentes e specialmente, Senel Paz che descrivono una Cuba più reale anche con accenni critici, ma non strumentali.
Dire "come si vive a Cuba" è un po' allargarsi...come si vive a busto Arsizio?
Innanzitutto, come detto in altre parti del blog, non è facile ottenere una residenza e senza la stessa i costi lievitano...
La mia personale esperienza è abbastanza atipica perché io frequento Cuba dal 1978 e all'inizio ero animato dalla spinta ideologica che non mi faceva patire le grandi carenze dell'epoca, senza paragone con quelle di oggi. Col tempo mi sono "aplatanado", come si dice qua e oggi faccio buon viso a cattiva sorte avendo una residenza che mi consente di vivere decorosamente con la mia modesta pensione italiana (33 anni e 6 mesi di contributi, su 49 di lavoro).
In sostanza, a Cuba come in ogni parte del mondo, si vive bene o male secondo il proprio metro di misura. Tappandosi un po' il naso e con un reddito nemmeno eccessivamente alto si può anche viverci, se si ha un reddito superiore e quindi la possibilità di muoversi nell'area (USA, Messico, Dominicana eccetera) per procurarsi quello che non si trova qua, se e quando ne valga la pena e unendo l'utile al dilettevole di un po di turismo "fuori casa", ancora meglio.
Tra le difficoltà maggiori per chi è abituato al "mondo esterno" vi è l'uso caro e limitato di internet e l'assoluto divieto di avere un'antenna parabolica in una casa privata (diplomatici a parte).
Tutto ciò viene compensato, per chi ha sensibilità in questa direzione, dal contatto umano che pur non essendo più "quello di una volta" anche qua, è sempre indiscutibilmente superiore a quello a cui si è abituati nel "primo mondo" e anche in molti altri paesi del secondo e terzo...certo, il rischio di cadere nella mani sbagliate esiste. Napoli del dopoguerra docet.
Penso che comunque un viaggio "esplorativo", se non si hanno altre mete, possa valere la pena anche se non ci si può rendere conto di tutto in un tempo limitato. Non ho ancora capito "tutto" nemmeno io dopo oltre 30 anni. E molti cubani dicono lo stesso...
In merito agli apporti al blog, intendevo dire che interventi come questi suoi potrebbero apportare interesse se fatti come commenti o se mi autorizza, visto che nella presente ci sono maggiori dettagli "identificativi", potrei pubblicarla come l'altra, più "anonima". Naturalmente anche con la mia risposta.
Spero, questa volta, di esse stato più esauriente, come lo è stato lei nel formulare le richieste d'informazione.
Sono comunque sempre qua...Cordiali saluti. Aldo Abuaf.
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giovedì 20 novembre 2014
Nuova finestra di chat
Ho dovuto cambiare le finestra di chat perché la precedente funzionava con la piattaforma "java" e con "adobe flashplayer" entrambi i plugin non sono aggiornabili da Cuba e pertanto non si apriva più. Il mancato aggiornamento di questi programmi mi impedisce anche di accedere ad altri siti. Giusto perché il Governo nordamericano voglia facilitare l'accesso alle notizie e far circolare le idee...
mercoledì 19 novembre 2014
martedì 18 novembre 2014
lunedì 17 novembre 2014
Il Bando de Piedad II (fine), di Ciro Bianchi Ross
Pubblicato su Juventud Rebelde del 16/11/14
La notizia la offese e seppe che non poteva rimanere con le braccia incrociate. Non solo doveva ottenere la liberazione dei bambini, venduti a un circo dal loro stesso padre in cambio di 2000 pesos, ma la punizione dei colpevoli, tanto del venditore come di colui che li aveva comprati.
Correva il mese di maggio del 1920 e Jeanette Ryder, una nordamericana arrivata a Cuba dopo la fine della Guerra d’Indipendenza e che nel 1906 fondò all’Avana Il Bando de Piedad per proteggere e aiutare esseri invalidi e indifesi, fossero umani o animali vittimizzati dalla fame, la crudeltà e il maltrattamento, fin dal principio non misurò le difficoltà dell’mpresa che affrontava.. Fino a lì il suo daffare a favore di bambini indifesi, donne, anziani invalidi e anche animali da tiro, cani e gatti randagi, la feceva oggetto di scherzi e sarcasmo. Adesso, nella sua lotta per la liberazione dei bambini, affronterebbe qualcosa di peggio, la prigione.
L’impresario del circoche comprò i bambini si muoveva nell’ombra al fine di uscirne indenne e come venne a sapere di essere oggetto di una richiesta da parte di Jeanette Ryder, curruppe la polizia, il sindaco, il giudice della località avanera di Guara, dove il circo era di stagione. Quando la benefattrice giunse a questa città, fu oggetto di aggressioni verbali che diventarono attacchi fisici prima che la conducessero, come detenuta, al comando locale di Polizia, dove si mantenne in arresto prima di esser inviata al reclusorio di Güines. La giustezza della sua richiesta obbligò a metterla in libertà e successivamente vincerà la battaglia e finalmente i bambini tornarono fra le braccia della madre.
Due settimane dopo il ritorno dei bambini al loro domicilio, la Ryder si impegnava in un’altra battaglia che vincerebbe. Nella tenuta degli Zapotes, alla periferia dell’Avana, si celebravano in segreto corride di tori che si svolgevano con la presenza di alti funzionari pubblici e paludate dame dell’alta società.
Il tema dell protezione degli animali, portato alla Mesa Redonda dello scorso 31 ottobre (programma giornalistico della TV, n.d.t.) portò in primo piano un fatto sensibile che preoccupa sempre più ampi settori della popolazionenencon tale tema il ricordo obbligato di Jeanette Ryder, una donna che, afferma l’investigatore e narratore Jorge Domingo, eccelse per i suoi nobili sentimenti cristiani, la sua estrema sensibilità e la sua ferma volontà di fare del bene.
Originale e pazzoide
L’autore di importanti investigazioni come Españoles en Cuba en el siglo XX e El exilio republicano español en Cuba afferma:
“Dopo poco tempo dal suo arrivo a Cuba, questa donna si dette il compito di offrire aiuto ai numerosi bambini abbandonati che circolavano per la città, nel migliore dei casi si dedicavano a vendere giornali, oppure al furto continuato... Era indignata allo stesso modo davanti al tratamento crudele che ricevevano nelle strade, davanti a tutti, cavalli e altri animali da tiro, bastonati senza pietà dai loro padroni che gli facevano trasportare carichi eccessivi, si confrontò con questa pratica abituale e ricorse alle autorità perche ne ponessero fine. Con lo stesso senso di protezione degli animali, si dedicò a soccorrere con alimenti i numerosi cani e gatti rognosi e si soffermava a fare sermoni agli scugnizzi. Gli scherzi, il sarcasmo le piovvero addosso con forza, ma non la scalfirono nemmeno ne la fecero cambiare di idea. Convinta del giusto e del necessario delle sue azioni, continuò percorrendo ogni giorno la città e mano a mano la sottovalutazione della sua persona cambiò in stupore, rispetto e ammirazione. Alcuni le si avvicinarono per accompagnarla in quella nobile crociata e contando con un numero di seguaci Jeanette Ryder fondò, il 27 di ottobre del 1906 il Bando de Piedad”.
L’impegno non era nuovo, sull’Isola. Ne Los origenes del asociacionismo ambientalista en Cuba – studio sul quale lo scriba promete di tornare – lo storico Reinaldo Funes Monzote dice che i primi riferimenti alla necessità di una società per le attenzioni agli animali datano almeno alla metà del XIX secolobe mette in rilievo che le ordinanze municipali della Colonia contenevano regolamenti detinate alla protezione degli animali. Già nel 1881 il municipio disponeva il peso messimo per il carico delle carrette trainate da buoi e i carrettoni delle mule, penalizzaba l’adulterazione del latte, la contaminazione dell’acqua e le lotte di cani. La Costituzione spagnola del 1876 e la fine della Guerra dei Dieci Anni favorirono la proliferazione, all’Avana, di società di diversa indole, fra questa la Società Cubana Protectora de Animales y Plantas, nel 1882. Il suo fondatore fu lo spagnolo Juan García Villaraza, medico e dentista, fondatore della prima accademia dentistica che esistì a Cuba. Due anni più tardi si creava la Sociedad Protectora de los Niños de la Isla de Cuba. Gli sforzi per consolidare un’associazione dedicata a promuovere la protezione degli animali rinacquero dopo la fine della dominazione spagnola, garantisce Funes Monzote. L’intervento nordamericano e l’instaurazione della Repubblica furono un buon momento per riprendere queste aspirazioni nella Sociedad Humanitaria Cubana Protectora de los Niños y contra la crueldad con los animales (1902). Ebbe sede nell’Accademia delle Scienze e il suo presidente fu l’eminente medico Juan Santos Fernández, presidente anche dell’Accademia.
Cuba lasc iava alle spalle 30 anni di guerra e si imponeva di superare il nefasto lascito della Colonia e la schiavitù. La contesa bellica chideva con numerose perdite di vite umane e di beni materiali, l’analfabetismo elevatissimo era una zavorra per il progresso nazionale. Quindi si imponeva ristrutturare la società e resse un nuovo sistema d’insegnamento’ Il problema sociale del Paese era, senza dubbio, più grave e complesso. Migliaia di reduci dalla guerra si concentravano nei centri abitati, principalmente all’Avana, bambini, anziani, dementi e mutilati, completamente abbandonati, vagavano per le strade e sia il Governo centrale che i municipi facevano poco per loro. Per alleviare le loro disgrazie sorse la Sociedad Protectora de los Niños, Animales y Plantas conosciuta anche come Bando de Piedad che adottò come slogan queste parole: “Noi parliamo per chi non può parlare”.
Un carico eccessivo
Il Bando de Piedad creò un dispensario per prestare assistenza medica gratuita ai minori e stabilì una distribuzione di pane e latte per i mendicanti. Porto la colazione alle donne detenute nelle stazioni di Polizia, combatté il proposito di ristabilire le corride e si operò per la sopressione delle scuole di ballo che in realtà erano veri centri, camuffati, per la prostituzione.
Nonostante, per questa via, non finirebbero mai di risolversi i problemi sociali del Paese, la predica e l’impegno di Jeanette Ryder guadagnarono spazio e seguaci. Il Bando de la Piedad era un’organizzazione con limitate possibilità economiche che si sosteneva, per l’essenziale, grazie alla carità pubblica e che stirava al massimo le sue scarse risorse al fine di beneficiare il maggior numero di persone bisognose. Il cammino umanitario di Jeanette, assecondata sempre in modo attivo da suo marito, il nordamericano Clifford Ryder, permeò anche le sfere ufficiali e nel 1915, il Governo del generale García Menocal cedette al Bando l’edificio di Paula angolo Picota all’Avana Vecchia che serví da rifugioa numerosi bambini orfani. L’organizzazione contò con un a sua propria rivista che ebbe fra i suoi collaboratori il giornalista Félix Soloni e lo scrittore Juan Marinello.
La Ryder aveva 33 anni, al momento del suo arrivo a Cuba. Passò il tempo, ma non per quello diminuirono le sue convinzioni. Però era eccessivo il carico che la sua debole costituzione fisica portava. Nelle prime settimane del 1931 le diagnosticarono una seria malattia polmonare. I tentativi di salvarla furono inutili. Morì, dice Jorge Domingo, l’11 aprile; nell’enciclopedia popolare illustrata Cuba en la mano si afferma il 10.
Vuoto incolmabile
La morte di Jeanette Ryder lasciò un vuoto incolmabile nel Bando de Piedad. I tempi in cui avvenne il decesso non erano dei migliori. Infuriava la lotta contro il dittatore Machado e la crisi economica spingeva alla miseria un numero sempre superiore di famiglie. Di conseguenza le donazioni e lasciti erano sempre minori e sporadici. Per colmo dei mali sorsero litigi fra alcuni dei suoi membri. Per fortuna il Rotay Club intervenne nella faccenda e col suo aiuto economico l’organizzazione poté continuare il suo lavoro.
Nel 1934 il disegnatore Ricardo de la Torriente, il creatore del personaggio di Liborio, lasciò al Bando una tenuta rustica nel Cotorro.
In quello spazio in un edificio moderno, costruito al proposito, entrò in servizio una scuola ostello che accolse numerose bambine. In modo parallelo e senza dioendere dal bando, la poetessa Dulce María Loynaz, premio Cervantes, manteneva senza nessun aiuto, un ospizio canino nella sua tenuta La Misericordia, alla periferia dell’Avana e silenziosamente, creò un paradiso per i cani randagi. Il Bando de la Piedad funzionò fino al 1959, quando lo Stato asunse le sue funzioni. La sua ultima clinica veterinaria, con servizi gratuiti, ebbe sede nella calle Trocadero al numero 413, in Centro Avana. Da anni l’Associazione Cubana per la Protezione degli Animali e le Piante (Aniplan) svolge un lavoro encomiabile, non sempre riconosciuta con tutta la giustizia, nella vaccinazione, desparassitaggio e sterilizzazione degli animali. Lo stesso fa l’Ufficio dell’Historiador de La Habana. La Direzione del Benessere Animale del Ministero dell’Agricoltura, lavora alla terza versione del progetto di legge della protezione degli animali e non mancano le persone che apportano al tema tempo e risorse convinti che, più indifesa si trovi una creatura, più diritto ha che l’uomo la difenda dalla crudeltà dell’uomo.
La lealtà
Jeanette Ryder fu inumata nella necropoli avanera di Colón. La sua cagna Rintisi sdraiò vicino al sepolcro rifiutando acqua e cibo che le portavano gli addetti dal cimitero. Aquando morì una scultura la immortalò ai piedi della sa padrona. È il monumento alla lealtà.
Non so se si tratta di una celebrazione universale, ma il 10 di aprile è la Giornata del Cane. Così lo annuncia l’Associazione Cubana per la Protezione di Animali e Piante. Senza dubbio dovrebbe essere tutto l’anno il giorno del cane, del proprio o dell’altrui e di quello che vagabonda abbandonato alla sorte. Non basta con offrirgli un tetto e cibo sufficiente. È anche importante che li si prenda in considerazione. Captano e condividono i nostri stati d’animo e capiscono tutto quello che gli diaciamo. E sono capaci di risponderci dicendoci quello che vogliono. Provate a prestare attenzione all’abbaiare o al grugnire del vostro compagno. Nono sono mai uguali. Ce n’è uno per ogni occasione. Loro non sono colpevoli se, indifferneti come siamo, non sempre li comprendiamo.
Ciro Bianchi Ross * digital@juventudrebelde.cu
15 de Noviembre del 2014 20:35:27 CDT
La noticia la indignó y supo que no podría permanecer con los brazos
cruzados. No solo debía obtener la liberación de dos niños, vendidos a
un circo por su propio padre a cambio de 2 000 pesos, sino el castigo
de los culpables, tanto del vendedor como del que los había adquirido.
Corría el mes de mayo de 1920 y Jeannette Ryder, una norteamericana
llegada a Cuba tras el cese de la Guerra de Independencia y que en
1906 fundara en La Habana el Bando de Piedad para proteger y ayudar a
seres desvalidos e indefensos, fueran humanos o animales victimizados
por el hambre, la crueldad y el maltrato, no midió de inicio las
dificultades de la empresa que afrontaba. Hasta ahí su quehacer en
favor de niños desamparados y mujeres y ancianos desvalidos y también
bestias de tiro y de perros y de gatos callejeros, la hacía centro de
burlas y sarcasmos. Ahora, en su lucha por la liberación de los niños,
enfrentaría algo peor, la cárcel.
El empresario del circo que compró a los niños se movía en las sombras
a fin de salirse con la suya, y tan pronto supo que sería objeto de
reclamación por parte de Jeannette Ryder, sobornó a la policía, al
alcalde y al juez de la localidad habanera de Guara, donde el circo
estaba de temporada. Cuando arribó la filántropa a esa ciudad, fue
objeto de agresiones verbales que pasaron al ataque físico antes de
que la llevaran en calidad de detenida a la unidad policial, donde se
le mantuvo bajo arresto antes de que la remitieran al vivac de Güines.
Lo justo de su reclamo obligó a ponerla en libertad y a la postre
ganaría la pelea cuando los niños volvieron al lado de su madre.
Dos semanas después del retorno de los niños a su hogar, la Ryder se
enfrascaba en una nueva batalla que también ganaría. En la finca Los
Zapotes, en las afueras de La Habana, se celebraban en secreto
corridas de toros que transcurrían con la presencia de altos
funcionarios públicos y encopetadas damas de la alta sociedad.
El tema de la protección de animales llevado a la Mesa Redonda del
pasado 31 de octubre, trajo a primer plano un asunto sensible que
preocupa cada vez más a amplios sectores de la población y con dicho
tema el recuerdo obligado de Jeannette Ryder, una mujer que, afirma el
investigador y narrador Jorge Domingo, sobresalió por sus nobles
sentimientos cristianos, su sensibilidad extrema y su firme voluntad
de hacer el bien.
Estrafalaria y chiflada
15 de Noviembre del 2014 20:35:27 CDT
La noticia la indignó y supo que no podría permanecer con los brazos
cruzados. No solo debía obtener la liberación de dos niños, vendidos a
un circo por su propio padre a cambio de 2 000 pesos, sino el castigo
de los culpables, tanto del vendedor como del que los había adquirido.
Corría el mes de mayo de 1920 y Jeannette Ryder, una norteamericana
llegada a Cuba tras el cese de la Guerra de Independencia y que en
1906 fundara en La Habana el Bando de Piedad para proteger y ayudar a
seres desvalidos e indefensos, fueran humanos o animales victimizados
por el hambre, la crueldad y el maltrato, no midió de inicio las
dificultades de la empresa que afrontaba. Hasta ahí su quehacer en
favor de niños desamparados y mujeres y ancianos desvalidos y también
bestias de tiro y de perros y de gatos callejeros, la hacía centro de
burlas y sarcasmos. Ahora, en su lucha por la liberación de los niños,
enfrentaría algo peor, la cárcel.
El empresario del circo que compró a los niños se movía en las sombras
a fin de salirse con la suya, y tan pronto supo que sería objeto de
reclamación por parte de Jeannette Ryder, sobornó a la policía, al
alcalde y al juez de la localidad habanera de Guara, donde el circo
estaba de temporada. Cuando arribó la filántropa a esa ciudad, fue
objeto de agresiones verbales que pasaron al ataque físico antes de
que la llevaran en calidad de detenida a la unidad policial, donde se
le mantuvo bajo arresto antes de que la remitieran al vivac de Güines.
Lo justo de su reclamo obligó a ponerla en libertad y a la postre
ganaría la pelea cuando los niños volvieron al lado de su madre.
Dos semanas después del retorno de los niños a su hogar, la Ryder se
enfrascaba en una nueva batalla que también ganaría. En la finca Los
Zapotes, en las afueras de La Habana, se celebraban en secreto
corridas de toros que transcurrían con la presencia de altos
funcionarios públicos y encopetadas damas de la alta sociedad.
El tema de la protección de animales llevado a la Mesa Redonda del
pasado 31 de octubre, trajo a primer plano un asunto sensible que
preocupa cada vez más a amplios sectores de la población y con dicho
tema el recuerdo obligado de Jeannette Ryder, una mujer que, afirma el
investigador y narrador Jorge Domingo, sobresalió por sus nobles
sentimientos cristianos, su sensibilidad extrema y su firme voluntad
de hacer el bien.
Estrafalaria y chiflada
Precisa el autor de importantes investigaciones como Españoles en Cuba
en el siglo XX y El exilio republicano español en Cuba:
“l poco tiempo de su llegada a La Habana esta mujer se inició en la
tarea de ofrecerles ayuda a los numerosos niños desamparados que
recorrían la ciudad, se dedicaban a vender periódicos, en el mejor de
los casos, o al hurto continuado... De igual modo, indignada ante el
trato cruel que recibían en la calle, ante la vista de todos, caballos
y otros animales de tiro, apaleados sin compasión por sus dueños para
que transportasen cargas excesivas, se enfrentó a esta práctica
habitual y recurrió a las autoridades para ponerle fin. En igual
sentido de protección a los animales se dedicó a socorrer con
alimentos a los numerosos perros y gatos abandonados en la ciudad.
Muy pronto se fue extendiendo la noticia de que una estrafalaria y
chiflada mujer norteamericana se enfrentaba a los rudos carretoneros
cuando estos castigaban a sus caballos, cargaba con bolsas de
alimentos para repartirlos entre perros y gatos sarnosos y se detenía
a sermonear a los pilluelos. La burla y el sarcasmo cayeron sobre ella
con saña; pero no lograron causarle el menor daño ni hacerle variar su
actitud. Convencida de lo correcto y de lo necesario de su proceder,
continuó recorriendo cada día la ciudad y paulatinamente el
menosprecio hacia su persona se fue trocando en asombro, en respeto,
en admiración. Algunos se acercaron a ella para acompañarla en aquella
noble cruzada, y al contar entonces con un grupo de seguidores,
Jeannette Ryder fundó el 27 de octubre de 1906 el Bando de Piedad” en la Isla. En su Los orígenes del sociacionismo ambientalista en Cuba --estudio este sobre el que el
escribidor promete volver-- el historiador Reinaldo Funes Monzote dice
que las primeras referencias a la necesidad de una sociedad para el
cuidado de animales datan al menos de mediados del siglo XIX, y pone
de relieve que las ordenanzas municipales de la Colonia contenían
regulaciones destinadas a la protección de los animales. Ya en 1881 el
municipio disponía el peso máximo para las cargas de las carretas
tiradas por bueyes y carretones de mulas, y penalizaba la adulteración
de la leche, la contaminación de las aguas y las peleas de perros.
La Constitución española de 1876 y el fin de la Guerra de los Diez
Años favorecieron la proliferación en La Habana de sociedades de
diversa índole, entre estas la Sociedad Cubana Protectora de Animales
y Plantas, en 1882. Su fundador fue el español Juan García Villarraza,
médico y dentista, fundador de la primera academia dental que existió
en Cuba. Dos años más tarde se creaba la Sociedad Protectora de los
Niños de la Isla de Cuba. Los esfuerzos por consolidar una asociación
dedicada a promover la protección de los animales renacieron tras el
fin de la dominación española, asevera Funes Monzote. La intervención
norteamericana y la instauración de la República fueron un buen
momento para retomar esas aspiraciones en la Sociedad Humanitaria
Cubana Protectora de los Niños y contra la crueldad con los animales
(1902). Radicó en la sede de la Academia de Ciencias y su presidente
fue el eminente médico Juan Santos Fernández, presidente también de la
Academia.
Cuba dejaba atrás 30 años de guerra y se imponía superar el legado
nefasto de la Colonia y la esclavitud. La contienda bélica cerraba con
el saldo de cuantiosas pérdidas humanas y materiales, y el
analfabetismo elevadísimo lastraba el progreso nacional. Se imponía
entonces reestructurar la sociedad y rigió un nuevo sistema de
enseñanza. El problema social del país era, sin embargo, más grave y
complejo. Miles de desplazados por la guerra se concentraban en las
poblaciones, principalmente en La Habana, y niños, ancianos, dementes
y mutilados, en total desamparo, vagaban por las calles, y poco hacían
por ellos el Gobierno central y los municipios. Para paliar su
desgracia surgió la Sociedad Protectora de Niños, Animales y Plantas,
también conocida como Bando de Piedad, que adoptó como lema estas
palabras: “Nosotros hablamos por los que no pueden hablar”.
Una carga excesiva
El Bando de Piedad auspició un dispensario para prestar asistencia
médica gratuita a menores y estableció un reparto de leche y pan para
mendigos. Llevó desayuno a mujeres detenidas en unidades policiales y
combatió el propósito de restablecer en la Isla las corridas de toros
y abogó por la supresión de las academias de baile que eran, en
verdad, centros velados de prostitución.
Aunque por ese camino nunca terminarían de resolverse los problemas
sociales del país, la prédica y el quehacer de Jeannette Ryder ganaron
espacios y seguidores. Era el Bando de Piedad una organización de
limitadas posibilidades económicas, que se sostenía, en lo esencial,
gracias a la caridad pública y que estiraba al máximo sus escasos
recursos a fin de beneficiar a la mayor cantidad de personas
necesitadas. El proceder humanitario de Jeannette, secundada siempre,
de manera activa, por su esposo, el médico norteamericano Clifford
Ryder, permeó también las esferas oficiales y en 1915 el Gobierno del
general García Menocal cedió al Bando el edificio de Paula esquina a
Picota, en La Habana Vieja, que sirvió de albergue a numerosos niños
en estado de orfandad. Tuvo la organización su propia revista, que
contó entre sus colaboradores al periodista Félix Soloni y al escritor
Juan Marinello.
La Ryder tenía 33 años de edad en el momento de su llegada a Cuba.
Pasó el tiempo y no por ello disminuyeron sus convicciones. Pero
resultaba excesiva la carga que soportaba su débil constitución
física. En las primeras semanas de 1931 se le diagnosticó una seria
enfermedad pulmonar. Fueron inútiles los intentos por salvarla.
Falleció, dice Jorge Domingo, el 11 de abril; el 10, se afirma en la
enciclopedia popular ilustrada Cuba en la mano.
Vacío irreparable
médica gratuita a menores y estableció un reparto de leche y pan para
mendigos. Llevó desayuno a mujeres detenidas en unidades policiales y
combatió el propósito de restablecer en la Isla las corridas de toros
y abogó por la supresión de las academias de baile que eran, en
verdad, centros velados de prostitución.
Aunque por ese camino nunca terminarían de resolverse los problemas
sociales del país, la prédica y el quehacer de Jeannette Ryder ganaron
espacios y seguidores. Era el Bando de Piedad una organización de
limitadas posibilidades económicas, que se sostenía, en lo esencial,
gracias a la caridad pública y que estiraba al máximo sus escasos
recursos a fin de beneficiar a la mayor cantidad de personas
necesitadas. El proceder humanitario de Jeannette, secundada siempre,
de manera activa, por su esposo, el médico norteamericano Clifford
Ryder, permeó también las esferas oficiales y en 1915 el Gobierno del
general García Menocal cedió al Bando el edificio de Paula esquina a
Picota, en La Habana Vieja, que sirvió de albergue a numerosos niños
en estado de orfandad. Tuvo la organización su propia revista, que
contó entre sus colaboradores al periodista Félix Soloni y al escritor
Juan Marinello.
La Ryder tenía 33 años de edad en el momento de su llegada a Cuba.
Pasó el tiempo y no por ello disminuyeron sus convicciones. Pero
resultaba excesiva la carga que soportaba su débil constitución
física. En las primeras semanas de 1931 se le diagnosticó una seria
enfermedad pulmonar. Fueron inútiles los intentos por salvarla.
Falleció, dice Jorge Domingo, el 11 de abril; el 10, se afirma en la
enciclopedia popular ilustrada Cuba en la mano.
Vacío irreparable
La muerte de Jeannette Ryder dejó un vacío irreparable en el Bando de
Piedad. Los tiempos en que ocurrió el deceso no eran los mejores.
Arreciaba la lucha contra la dictadura de Machado y la crisis
económica empujaba a la miseria a un número cada vez mayor de
familias. Por consiguiente, las donaciones y legados eran cada vez menores y más esporádicos. Para colmo de males, surgieron pugnas entre
algunos de sus miembros. Por suerte, el Club Rotario intervino en el
asunto y con su apoyo monetario pudo la organización proseguir su
labor.
En 1934, el dibujante Ricardo de la Torriente, el creador del
personaje de Liborio, legó al Bando una finca rústica en el Cotorro.
En dicho predio, en un moderno edificio construido al efecto, entró en
servicio una escuela-albergue que acogió a numerosas niñas. De manera
paralela y sin depender del Bando, la poetisa Dulce María Loynaz,
premio Cervantes, mantenía sin ayuda de nadie un asilo canino en su
finca La Misericordia, en las afueras de La Habana, y calladamente
creó un paraíso para los perros callejeros. El Bando de Piedad
funcionó hasta 1959, cuando el Estado asumió sus funciones. Su última
clínica veterinaria, con servicios gratuitos, radicó en la calle
Trocadero número 413, en Centro Habana. Desde hace años la Asociación
Cubana para la Protección de Animales y Plantas (Aniplan) acomete una
encomiable labor, no siempre reconocida con entera justicia, en la
vacunación, desparasitación y esterilización de animales. Lo mismo
hace la Oficina del Historiador de La Habana. La Dirección de
Bienestar Animal del Ministerio de la Agricultura trabaja en la
tercera versión del proyecto de ley de protección de los animales, y
no faltan personas que aportan al tema tiempo y recursos, convencidos
de que mientras más indefensa se encuentre una criatura más derecho
tiene a que el hombre la defienda de la crueldad del hombre.
La lealtad
Jeannette Ryder fue inhumada en la necrópolis habanera de Colón. Su
perra Rinti se echó entonces junto al sepulcro y rechazó el agua y los
alimentos que le ofrecían los empleados del cementerio. Cuando murió,
una escultura la inmortalizó a los pies de su dueña. Es el monumento a
la lealtad.
Desconozco si se trata de una celebración universal, pero el 10 de
abril es el Día del Perro. Así lo anuncia la Asociación Cubana para la
Protección de Animales y Plantas. Todo el año debía ser, sin embargo,
el día del perro, del propio y del ajeno y de ese que anda por ahí,
abandonado a su suerte. No basta con proporcionarles un techo y
alimento suficiente. También es importante hacerles sentir que son
queridos e importantes, que se les toma en cuenta. Captan y comparten
nuestros estados de ánimo y entienden todo lo que les decimos. Y son
capaces de respondernos y de decirnos lo que quieren. Preste, si no,
atención a los ladridos y gruñidos de su mascota. Nunca son iguales.
Hay uno para cada ocasión. No son ellos culpables de que, lerdos como
somos, no siempre los entendamos.
Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/
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