Translate

Il tempo all'Avana

+28
°
C
H: +28°
L: +23°
L'Avana
Lunedì, 24 Maggio
Vedi le previsioni a 7 giorni
Mar Mer Gio Ven Sab Dom
+28° +29° +29° +28° +29° +29°
+24° +24° +24° +24° +24° +24°

lunedì 10 novembre 2014

Bando de Piedad, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde dell' 8/11/14
Il lettore si immagini la Guerra che stavano dando le zanzare già che a metà del XVI secolo gli avaneri avevano offerto 32 corride di tori a San Cristóbal de La Habana perché le facesse andare via dalla città e, di passo, portassero con loro mosche, cavallette e formiche.
La prima corrida di tori che si celebró a Cuba ebbe luogo a Santiago nel 1538, con motivo dell’arrivo di Hernando de Soto, Governatore dell’Isola e “Avanzato” della Florida, dove cercò invano la fonte dell’ete
Ben presto, il gusto per queste si estese ad altri paesirna giovinezza. Non tarderà a trasferirsi all’Avana dove, per la sua ripercussione, la cronaca lascerà le note contro le zanzare e il saluto all’ascesa al trono del re spagnolo Carlos III.
Ciò nonostante, non si ebbe una vera e propria arena per corride, in questa città, fino al 1769 quando si installò quella di Monte angolo Arsenal in un posto chiamato successivamente l’Immondezzaio. La seconda, nel 1818 si collocò nella calle Aguila, dietro la pensioncina di un tal Cabrera e nel Campo di Marte (attuale Parque de la Fraternidad) si situò la successiva, nel 1825. Molto frequentato fu il rodeo che nel 1842, si fece nella piazza principale di Regla per corride e esordi: gli avaneri travresavano la baia per non perdersi lo spettacolo. Ci fu un’altra arena, a partire dal 1853 nella calle Belazcoain, di fronte all’edificio che occupava la Casa di Beneficenza, spazio dove oggi si erge l’ospedale Hermanos Ameijeiras. L’ultima arena venne situata all’angolo di Carlos III e Infanta, dove oggi si trova il ristorante Las Avenidas. Questo successe nel 1886 e l’anno seguente le tribune di questo cerchio traboccavano per presenziare all’attuazione del celebre Luis Mazzantini che, fra toro e toro, viveva un romanzo rovente con l’attrice francese Sarah Bernhardt, quella donna che a dire di Alessandro Dumás (figlio) aveva viso d’angelo e corpo di scopa.
Arrivarono con Colombo
I combattimenti dei galli vengono – si dice – dall’antica Grecia.
Temistocle, il generale ateniese che vinse i persi a Salamina, infiammava gli animi dei suoi soldati facendoli presenziare a combattimenti fra galli, prima delle battaglie.
Ben presto il gusto per le medesime si estese ad altri Paesi. Ci sono autori che affermano che Colombo godette, a Cuba, di questi spettacoli, ebbene nella sua spedizione aveva portato galli da combattimento. Ciò può essere vero o no, ma la verità è - dice Emilio Roig – che la passione per i galli si manifestò qua in tutte le epoche e circostanze da quando l’Avana non era che il porto di Carenas. Per ogni nuova città fondata, i colonizzatori avevano come primo obiettivo di costruire una chiesa o un edificio che ne facesse le veci e facilitasse le pratiche religiose. Al tempo stesso si costruiva il recinto per i galli. Senza andare tanto lontano, il proprio capitano generale Francisco Dionisio Vives ebbe il suo recinto per galli nel cortile del Castillo de la Fuerza e mise ad occuparsene un connotato assassino di cognome Padrón che fece uscire dal carcere e convertì in suo protetto in virtù della sua abilità nelmaneggio e la cura di galli di razza.
Nonostante la popolarità nelle radici creole, figure dell’Esercito di Liberazione, come finì la Guerra d’Indipendenza nel 1898, cominciarono a prospettare la proibizione di combattimenti fra galli e corride di tori e il generale Brooke, primo intervenzionista nordamericano, sospese le seconde, ma non osò prospettare la proibizione delle lotte fra galli per paura delle reazioni che sarebbero seguite alla sospensione di questi combattimenti. Il suo successore, il generale Wood, invece ascoltò le richieste che molti notabili gli fecero in questo senso e le sospese a partire dal 1° giugno del 1900 ordinando l’imposizione di una multa di 500 pesos ai contravventori della misura.
Già nella Repubblica, il tema dei combattimenti dei galli tornò con veemenza in primo piano. Si convertì in tema di polemiche giornalistiche e motivò manifestazioni pubbliche. Davanti alla grandezza del problema, la rivista avanera El Figaro, nella sua edizione del 16 dicembre del 1902, pubblicò un’inchiesta sulla faccenda. Nella sua risposta, il Generalissimo Máximo Gómez, opposto alla sua restaurazione, disse che “ci distanziamo dalla cultura moderna quando ci divertiamo con scene di sangue” e il generale José Miró Argenter espresse che permetterle ancora equivaleva a un ritorno al passato ed evocò il generale spagnolo José Gutiérrez de la Concha, giustiziere di tanti patrioti, quel funesto governante che si divertiva con i colpi di sperone dei “jabaos” (bianco biondastri, n.d.t.) e dei rossicci, mentre conficcava il suo sperone da soldataccio nelle stesse viscere del Paese.  Manuel Sanguily affermò da parte sua che ristabilire i combattimenti dei galli era come tornare alla Colonia contro la quale “si inalberò la nostra bandiera e si sacrificarono tre generazioni”. Figure dell’Autonomia, come Montoro y Gálvez, si manifestarono a loro volta contro e lo stesso fece don Nicolás Rivero, direttore dell’ultra conservatore Diario de la Marina. Il sentimento, secondo l’inchiesta di El Figaro, sembrava unanima, ma...
Tornano i galli
Il 21 gennaio del 1907, josé Miguel Gómez comparve davanti al giudice correzionale di Marianao. Gli venne imposta una multa di 50 pesos per la sua partecipazione, come spettatore, in un recinto per i galli. Furono multati anche i generali José de Jesús Monteagudo e Faustino “Pino” Guerra e il colonnello Carlos Mendieta, sorpresi nella stessa circostanza; tutti loro erano  liberali miguelisti. Il botto che questo provocò fu di tale grandezza che elementi liberali aggredirono fisicamente Manuel Maria Coronado, direttore de La Discusión, il giornale che fece conoscere il fatto.
La condanna serví affinché i confratelli di José Miguel prendessero il pretesto del ristabilimento dei combattimenti dei galli come questione politica. Organizzarono manifestazioni pubbliche e il 24 di febbraio sfilarono davanti al Palazzo del Governo, nella Plaza de Armas, al fine di sollecitare Charles Magoon – erano i tempi del secondo intervento militare nordamericano – la deroga dell’ordine militare che stabiliva la proibizione. José Miguel Gómez che aveva chiesto e appoggiato la sospensione di questi combattimenti, dopo la fine della Guerra d’indipendenza, si convertì nel suo più appassionato difensore, nei giorni della campagna per la presidenza della Repubblica a capo del Partito Liberale. Di lì che lo stemma di questa organizzazione politica era precisamente l’immagine del gallo e l’aratro.
Nelle elezioni del 1908, i liberali sconfissero i conservatori e si alzarono al potere. José Miguel, una volta alla presidenza, non fu lento nel compiere la sua promessa elettorale di ristabilire i combattimenti. Prese possesso il 28 gennaio del 1909 e già il 1° febbraio si conosceva, alla Camera dei Rappresentanti, il progetto di legge che derogava tutte le disposizioni contrarie ai combattimenti dei galli. Questo corpo legislativo approvò la proposta per 50 voti contro 12. Alcuni giorni dopo la legge era approvata anche dal Senato. Di poco valsero le opinioni contrarie di Salvador Cisneros, marchese di Santa Lucía e di manuel Sanguily. Non senza umore Cisneros espresse che la legge della lotteria, pur non essendo “passata” – ovvero discussa e approvata – era già inclusa nel bilancio della nazione e lo stesso succedeva con quella dei galli che senza essere stata approvata aveva propiziato la creazione di “gallodromi” dappertutto. Sanguily nel suo discorso fu demolitore: “Io dico che questo è un passo sbagliato, che questa è un’imprudenza del più puro e più elementare dei nostri doveri: il dovere di preparare, in vista della miglior moralità politica, la coscienza e il carattere del nostro popolo”.
Comunque fu tutto inutile. La legge fu approvata. Agli atti del Senato, corrispondenti al giorno della votazione, appare un solo voto contrario, quello di Manuel Sanguily.
A punta di sperone
Sempre con la Repubblica ci furono tentativi di ristabilire le corride col pretesto che potevano attrarre il turismo straniero e si giunse perfino a costituire un Comitato Pro Arte Taurina. Tentativi in questo senso si fecero anche dopo la vittoria della Rivoluzione.
Dopo quel divieto alla fine del XIX secolo, le corride sono finite per sempre. I galli, invece, tornarono con forza. Nel 1958 c’erano nell’Isola circa 500 recinti di galli che fra tutti, incassavano più soldi che tutti i cine e teatri del Paese. Nei giorni di combattimento non meno di cento persone si recava in ciscuno di essi. Alcuni erano famosi come il recinto Habana nella piazzetta di Agua Dulce e il recinto Nacional nell’Esquina de Tejas.
Tra il 1913 e 1925 vennero dalla Spagna galli jereziani allevati a Cadice e Jerez de la Frontera. Il jereziano è più forte del creolo, anche se non è altrettanto buono come combattente. Nella decade del ’50 si portarono cornish dall’Inghilterra e si mescolarono coi creoli. Queste covate divennero di moda. Come il jereziano, il cornish è più alto, di petto ampio e più resistente del creolo. Però molti nascono imbastarditi e vigliacchi. Nessuno è coraggioso come il creolo. Solo incrociando varie volte i galli stranieri con i creoli si ottiene un animale alto e forte che allo stesso tempo sia anche un buon combattente. Alcuni allevatori erano contrari a mescolare i loro galli. L’ex presidente Mendieta allevava solo creoli puri, per cui si considerava un allevatore “dei vecchi”. La vergogna che gli causava se uno dei suoi galli fuggisse, lo portva a disfarsi di tutta la covata.
Carlos Mendieta fu uno dei grandi allevatori cubani di galli, famoso per il gallo che porta il suo nome. Anche il generale Monteagudo e Diego Trinidad, fra altri di Las Villas, Camagüey e l’Avana. Nella decade del ’40 si diceva che nessuno superava i cubani nell’allevamento dei galli di razza o da combattimento. Prova ne è che nel 1946 e 1947 il Ministero dell’Agricoltura concesse permesso di esportazione per più di 2.000 galli che nella maggior parte terminarono a Portorico e anche in Messico, Venezuela e Colombia. Fu un primato conquistato – diceva uno specialista – a punta di sperone.
Bambini, animali e piante
Dopo la fine della sovranità spagnola, giungeva all’Avana la nordamericana Jeannette Ryder. Volle poner fine a mai che la sovrastavano e che erano impossibili da affrontare con sicurezza in modo individuale. Curò l’abbandono di bambini invalidi, diede pane e latte ai mendicanti e portava la colazione a donne detenute nelle stazioni di Polizia. Affrontó cocchieri che picchiavano i loro cavalli e soccorse cani e gatti abbandonati. La etichettarono come matta e dovette sopportare maltrattamenti verbali e fisici. Alcuni, in cambio le si avvicinarono per unirsi a lei. Furono loro che la appoggiarono per la fondazione di una cosiddetta Società Protettrice di Bambini, Animali e Piante, conosciuta anche come Bando de la Piedad. Così lo vedremo la settimana prossima.


Bando de Piedad (I)
Ciro Bianchi Ross * 
digital@juventudrebelde.cu
8 de Noviembre del 2014 19:14:59 CDT

Imagine el lector la guerra que estarían dando los mosquitos que, a
mediados del siglo XVI, los habaneros ofrendaron 32 corridas de toros
a San Cristóbal de La Habana para que los sacara de la villa y, de
paso, se llevara con ellos moscas, bibijaguas y hormigas.
La primera corrida de toros que se celebró en Cuba tuvo lugar en
Santiago, en 1538, con motivo de la llegada de Hernando de Soto,
Gobernador de la Isla y Adelantado de la Florida, donde buscaría en
vano la fuente de la eterna juventud. No demoraría en pasar a La
Habana donde, por su repercusión, la crónica dejaría anotadas las ya
aludidas contra los mosquitos y la que saludó el ascenso al trono del
rey español Carlos III.
Con todo, no hubo propiamente una plaza de toros en esta ciudad hasta
1769, cuando se instaló la de Monte esquina a Arsenal, en un sitio
después llamado el Basurero. La segunda, en 1818, se emplazó en la
calle Águila, al fondo de la posada de un tal Cabrera, y en el Campo
de Marte (actual Parque de la Fraternidad) se situó la siguiente, en
1825. Muy concurrido fue el rodeo que, en 1842, se instaló en la plaza
principal de Regla para corridas y novilladas: los habaneros cruzaban
la bahía para no perderse el espectáculo. Hubo otra plaza, a partir de
1853, en la calle Belascoaín, frente a la edificación que ocupaba la
Casa de Beneficencia, espacio donde hoy se erige el hospital Hermanos
Ameijeiras. La última plaza se situó en la esquina de Carlos III e
Infanta, donde hoy se halla el restaurante Las Avenidas. Eso ocurrió
en 1886, y al año siguiente las gradas de este ruedo se desbordaban
para presenciar la actuación del célebre Luis Mazzantini quien, entre
toro y toro, vivía un tórrido romance con la actriz francesa Sarah
Bernhardt, aquella mujer que, al decir de Alejandro Dumas (hijo),
tenía rostro de ángel y cuerpo de escoba.

Llegaron con Colón

Las peleas de gallos vienen--se dice-- desde la antigua Grecia.
Temístocles, el general ateniense que venció a los persas en Salamina,
inflamaba los ánimos de sus soldados haciéndoles presenciar peleas de
gallos antes de los combates.
Bien pronto el gusto por ellas se extendió a otros países. Hay autores
que afirman que Colón disfrutó en Cuba de esos espectáculos, pues
trajo gallos de lidia en su expedición. Esto puede ser cierto o no,
pero la verdad es --dice Emilio Roig-- que la afición por los gallos se
manifestó aquí en todas las épocas y circunstancias desde que La
Habana no era más que el puerto de Carenas. Fundada cada nueva villa,
los colonizadores tenían como primer objetivo construir una iglesia o
una edificación que hiciera las veces de esta y facilitara la práctica
religiosa. Al mismo tiempo se construía la valla de gallos. Sin ir más
lejos, el propio capitán general Francisco Dionisio Vives tuvo su
gallería en el patio del Castillo de la Fuerza y puso al frente de
ella a un asesino alevoso de apellido Padrón, a quien sacó de la
cárcel y convirtió en su protegido en virtud de su habilidad en el
manejo y cuidado de los gallos finos.
Pese a su popularidad y criollismo, figuras del Ejército Libertador,
tan pronto finalizó la Guerra de Independencia en 1898, comenzaron a
gestionar la prohibición de las peleas de gallos y las corridas de
toros, y el general Brooke, primer interventor norteamericano,
suspendió las segundas, pero no se atrevió con los gallos por temor a
la reacción que provocaría la suspensión de estas peleas. Su sucesor,
el general Wood, sin embargo, atendió el pedido que muchos notables le
hicieran en ese sentido, y las suspendió a partir del 1ro. de junio de
1900 y ordenó la imposición de multas de 500 pesos a los
contraventores de la medida.
Ya en la República, el tema de las peleas de gallos volvió a primer
plano con virulencia. Se convirtió en tema de polémicas periodísticas
y motivó manifestaciones públicas. Ante la magnitud del problema, la
revista habanera El Fígaro, en su edición del 16 del diciembre de
1902, publicó una encuesta sobre el asunto. En su respuesta, el
Generalísimo Máximo Gómez, opuesto a su reinstauración, dijo que “nos
distanciamos de la moderna cultura cuando nos deleitamos con escenas
de sangre”, y el general José Miró Argenter expresó que permitirlas
otra vez equivaldría a una vuelta al pasado, y evocó al general
español José Gutiérrez de la Concha, verdugo de tantos patriotas,
aquel funesto gobernante que se deleitaba con los espolazos de los
“jabaos” y los pintos mientras clavaba su espolón de militarote feroz
en las mismas entrañas del país. Manuel Sanguily afirmó por su parte
que restablecer las peleas de gallos era como volver a la Colonia
contra la que “se enarboló nuestra bandera y se sacrificaron tres
generaciones”. Figuras de la Autonomía, como Montoro y Gálvez, se
manifestaron también en contra y lo mismo hizo don Nicolás Rivero,
director del ultraconservador Diario de la Marina. El sentir, según la
encuesta de El Fígaro, parecía ser unánime, pero...

Vuelven los gallos

El 21 de enero de 1907, José Miguel Gómez compareció ante el juez
correccional de Marianao. Se le impuso una multa de 50 pesos por su
participación como espectador en una valla de gallos. También fueron
multados los generales José de Jesús Monteagudo y Faustino “Pino”
Guerra y el coronel Carlos Mendieta, sorprendidos en el mismo acto;
todos ellos liberales miguelistas. El encono que esto provocó fue de
tal magnitud que elementos liberales agredieron físicamente a Manuel
María Coronado, director de La Discusión, el periódico que dio a
conocer el incidente.
La condena sirvió para que los correligionarios de José Miguel tomaran
el tópico del restablecimiento de las lidias de gallos como una
cuestión política. Organizaron manifestaciones públicas y el 24 de
febrero desfilaron ante el Palacio de Gobierno, en la Plaza de Armas,
a fin de solicitar a Charles Magoon --eran los tiempos de la segunda
intervención militar norteamericana-- la derogación de la orden militar
que las prohibía. José Miguel Gómez, que había pedido y apoyado la
suspensión de estas peleas tras el fin de la Guerra de Independencia,
se convirtió en su más apasionado defensor en los días de su campaña
para la presidencia de la República al frente del Partido Liberal. De
ahí que el emblema de esa organización política fuera precisamente la
imagen del gallo y el arado.
En las elecciones de 1908, los liberales derrotaron a los
conservadores y se alzaron con el poder. José Miguel, una vez en la
presidencia, no fue lento ni perezoso en el cumplimiento de su promesa
electoral de restablecer las lidias. Tomó posesión el 28 de enero de
1909 y ya el 1ro. de febrero se conocía en la Cámara de Representantes
el proyecto de ley que derogaba todas las disposiciones contrarias a
las peleas de gallos. Ese cuerpo colegislador aprobó la propuesta por
50 votos contra 12. Días más tarde la ley era también conocida por el
Senado. De poco valieron allí las opiniones adversas de Salvador
Cisneros, marqués de Santa Lucía, y de Manuel Sanguily. No sin humor,
Cisneros expresó que la ley de lotería, aún sin haber “pasado” --esto
es, discutida y aprobada--, estaba ya incluida en el presupuesto de la
nación, y lo mismo sucedía con la de los gallos, que sin haberse
aprobado había propiciado la creación de gallerías en todas partes.
Sanguily fue demoledor en su discurso: “Yo digo que este es un mal
paso, que esta es una imprudencia del más puro y del más elemental de
nuestros deberes: el deber de ir preparando en las vías de la mejor
moralidad política, la conciencia y el carácter de nuestro pueblo”.
Sin embargo, todo fue inútil. La ley fue aprobada. En las actas del
Senado correspondientes al día de la votación, solo aparece un voto en
contra, el de Manuel Sanguily.

A punta de espuela

Ya en la República hubo intentos de restablecer las corridas de toros
con el pretexto del turismo extranjero que podrían atraer, y hasta
llegó a constituirse un Comité Pro Arte Taurino. Esfuerzos en el mismo
sentido se hicieron tras el triunfo de la Revolución.
Después de aquella prohibición de finales del siglo XIX, las corridas
pasaron para siempre. Los gallos, en cambio, volvieron con fuerza. En
1958 había en la Isla unas 500 vallas de gallos que, en conjunto,
recaudaban más dinero que todos los cines y teatros del país. En días
de pelea no menos de cien personas acudían a cada una de ellas.
Algunas eran famosas, como la valla Habana, en la plazoleta de Agua
Dulce, y la valla Nacional, en la Esquina de Tejas.
Entre 1913 y 1925 vinieron de España gallos jerezanos criados en Cádiz
y en Jerez de la Frontera. El jerezano es más fuerte que el criollo,
aunque no tan buen peleador. En la década de 1950 se trajeron cornish
de Inglaterra y se ligaron con criollos. Esas crías se pusieron de
moda. Al igual que el jerezano, el cornish es más alto, ancho de pecho
y resistente que el criollo. Pero muchos salen capirros, cobardes.
Ninguno es de tan buena ley como el criollo. Solo cruzando varias
veces los gallos extranjeros con los criollos se consigue un animal
alto y fuerte, y que sea al mismo tiempo buen peleador. Algunos
criadores eran enemigos de mezclar sus gallos. El ex presidente
Mendieta solo criaba criollos puros, por lo que se le consideraba un
criador “de los viejos”. La vergüenza que le causaba que uno de sus
gallos huyera, lo llevaba a deshacerse de toda la cría.
Carlos Mendieta fue de los grandes criadores cubanos de gallos, famoso
por el gallo que lleva su nombre. También lo fueron el general
Monteagudo y Diego Trinidad, entre otros de Las Villas, Camagüey y La
Habana. Se decía en la década de 1940 que nadie en el mundo superaba a
los cubanos en lo referido a la cría de gallos finos o de pelea.
Prueba de ello es que entre 1946 y 1947 el Ministerio de Agricultura
concedió permisos de exportación para más de 2 000 gallos que, en su
mayoría, fueron a parar a Puerto Rico y también a México, Venezuela y
Colombia. Fue una primacía conquistada --decía un especialista-- a punta
de espuela.

Niños, animales y plantas
Tras el cese de la soberanía española, llegaba a La Habana la
norteamericana Jeannette Ryder. Quiso poner fin a males que la
superaban y que eran imposibles de enfrentar certeramente de manera
individual. Palió el desamparo de niños desvalidos, dio pan y leche a
los mendigos, y llevó desayuno a mujeres detenidas en estaciones de
Policía. Enfrentó a cocheros que apaleaban a sus caballos y socorrió a
gatos y perros abandonados. La tildaron de loca y debió soportar
maltratos verbales y físicos. Algunos, en cambio, se le acercaron para
acompañarla. Fueron ellos los que la apoyaron en la fundación de una
llamada Sociedad Protectora de Niños, Animales y Plantas, también
conocida como Bando de Piedad. Así lo veremos la semana próxima.




Nessun commento:

Posta un commento