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martedì 17 marzo 2015

The Cuban Hamlet su RAI Italia per l'America


Il prossimo 20 marzo alle 23.45 (ora di Cuba) andrà in onda, via satellite su RAI Italia il documentario "The Cuban Hamlet", in cui Tomás "Monnezza" Milián racconta la sua vita.  L'ora è riferita alla sola zona del continente americano. Per gli altri continenti consultare gli orari nel sommario delle trasmissioni.



Precorrente

PRECORRENTE: sacerdote atletico

lunedì 16 marzo 2015

Una tappa obbligata: la Plaza de la Revolución

Qualunque visitatore dell'Avana non può esimersi dalla visita alla Plaza de la Revolución, località ricca di storia recente e dove si svolgono le manifestazioni più importanti a carattere nazionale o internazionale. Se poi viene raggiunta su una decapottabile degli anni '50...il valore aggiunto della visita aumenta...


Preconoscenza

PRECONOSCENZA: cultura ecclesiastica

Machín, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 15/3/15

Solo la morte riuscì a strapparlo agli scenari. L’età non influì sulle sue facoltà vocali nnella sua capacità lavorativa. La sua popolarità si mantenne alta fino alla fine, scrive il suo biografo José Luis Pérez Machado. Anche da vecchio faceva in modo che il pubblico riempisse i teatri e gli piovevano i contratti per i casinò più esclusivi e gli spazi più popolari di radio e televisione.
Giunse così il 7 giugno del 1977. Il suo recital di quella sera in un teatro dell’Anadalusia si svolse nel modo previsto. Dopo aver interpretato gli ultimi due pezzi previsti dal programma, soddisfò le richieste degli spettatori. Scese il telone e il cantante cubano Antonio Machín rimase in attesa di uscire a salutare il pubblico che continuava ad applaudirlo calorosamente. Non gli fu possibile. Una stanchezza imensa lo avvolse al’improvviso e gli impedì di farlo. A partire da lì, la sua salute andò di male in peggio. Solo due mesi più tardi, il 4 agosto, la notizia della sua morte a Madrid occupava spazi da prima pagina nella stampa spagnola e motivava programmi radiofonici e televisivi speciali che risaltavano il significato della sua arte.
“È morto il re del bolero”. “Il bolero è in lutto”, “Addio al grande Machín”, ripetevano i mezzi di comunicazione della Penisola, mentre il suo funerale nella necropoli di San Fernando di Siviglia – luogo scelto dal cantante perché vi riposassero i suoi resti – si convertiva in una manifestazione impressionante di lutto popolare.
Dopo la sua morte, la fama di Machín continuò a spirale, dice il già citato Pérez Machado. Gli si dedicarono molteplici spettacoli musicali, si evocò il suo nome nelle più diverse maniere si affondò in sfaccettature della sua arte e si cercò l’uomo, nelle testimonianze che porsero su di lui familiari e amici. Un omaggio formidabile lo costituì, al Palazzo dello Sport di Barcellona, il concerto dove Juan Manuel Serrat, Moncho, Peret e Jaime Sisa, fra altri cantanti, interpretarono davanti a quattromila spettatori, il repertorio cubano più significativo. L’incasso di questo spettacolo fu destinata ad erigere un monumento ad Antonio Machín, nel cimitero di Siviglia. Una lapide di marmo nero dove si legge il suo nome, copre la sua tomba e su di essa, in un dado, si apprezza l’effigie del cantante. Sopra questo dado si alza la figura di un angelo; sicuramente quello è l’angelo protettore che gli ispirò una delle sue composizioni.
Lì succede qualcosa di significativo. Quando artisti cubani provenienti dall’Isola visitano Siviglia, si recano alla necropoli di San Fernando. Cantano son e boleri vicino alla tomba di Machín e versano grappa su di essa in segno di omaggio fraterno a un esponente imprescindibile della musica cubana.
El manisero
Antonio Abad Lugo Machín. Chi è quest’uomo che nacque a Sagua la Grande, nell’antica provincia di Las Villas, il 17 gennaio del 1903, da madre cubana e padre spagnolo e fece fuori da Cuba la maggior parte della sua carriera?
A parere di Alejo Carpentier, la musiva cubana trovò in Machín un interprete coscienzioso e conoscitore che sapeva eseguire con la stessa sorte una rumba trepidante o un teme pieno di nostalgia. Dopo aver elogiato il suo repertorio, “vasto e diverso”. L’autore de Els siglo de las luces fa risaltare che l’artista, pieno di curiosità e amore per la sua terra,toglieva dal dimenticatoio decime e canzoni antiche il cui ricordo cominciava a cancellarsi, trasferendogli una nuova vita. Fa presente carpentier, infine: “Pieno di gravità e unzione, interpreta le melodie del tropico con un’eloquenza irresistibile. Buona prova del suo talento è che sia riuscito a convincere due pubblici tanto differenti come gli inglesi e i francesi”.
L’erudito Radamés Giro precisa che la carriera di Machín cominciò con il suo ingresso, come clarinettista, nella banda municipale del suo paese natale. Nel 1924 è già all’Avana, dove compose un duo con Miguel Zaballa e come prima voce e suonatore di maracas, fece parte del trio Luna e più tardi del settetto Agabama. Nel 1926 si inserì nell’orchestra  di Don Azpiazu, con cui nel 1930 si recò a New York. Lì incise la sua prima versione de  El manisero, di Moisés Simons, fra altri numeri. Il suo passaggio nella catena di teatri del RKO fece si che il pezzo citato, uno dei primi successi internazionali della musica cubana, diventasse popolare negli Stati Uniti. Prima, con Don Azpiazu aveva lavorato nell’esclusivo Casinò Nazionale del Country Club dell’Avana.
Il musicologo cubano residente a Porto Rico, Cristóbal Ayala asserisce: “Gran parte del successo di Azpiazu si dovette al suo cantante Antonio Machín...Il coraggioso Antonio, sorto in un ambiente molto umile, era arrivato ad essere il primo negro a cantare nel lussuoso Casinò Nazionale...La sua voce e la sua presenza fisica, cantando El manisero erano state decisive a New York. Ma Machín aveva ambizioni. Parallelamente alle incisioni con l’orchestra nel 1930 e 1931, organizzò un quartetto con tre compagni del gruppo di Azpiazu e conseguì che la Victor li facesse incidere. Se Azpiazu era un successo fra i “gringos”, Machín non fu da meno fra gli ispano americani. Già nel 1932 non era più con l’orchestra e fra luglio del 1930 e novembre del 1935, quando si imbarcò definitivamente per l’Europa, aveva inciso oltre 150 numeri col suo quartetto e varie orchestre, per la Victor e altre marche. Probabilmente nemmeno Bing Crosby che era già una stella, negli Stati Uniti, incise tanto in quel periodo che fu precisamente di depressione economica in quel Paese. Non si tratta solo di avere talento, bisogna anche sapersi vendere”.

Angioletti negri

Nel 1935 fece un giro per l’Europa e comiciò, così, una carriera vertiginosa. A Londra convinse il pubblico con la sua interpretazione di Lamento esclavo, di Eliseo Grenet. A Parigi partecipò nella rivista Canto a los trópicos che dirigeva Simons. Poi, con la sua orchestra Habana, percorse Norvegia, Svezia, Danimarca, Olanda, Germania, Romania e Italia, per tornare a Parigi. Nell.aprile 1939, cinque mesi prima che scoppiasse la II Guerra Mondiale, si stabilí in Spagna. Con l’orchestra Los Miura di Sobré, con la quale rimase fino al 1946, incise Angelitos negros, con testo di Andrés Eloy Blanco e musica di Manuel Álvarez Maciste, uno dei suoi grandi successi. Si vendettero migliaia di dischi di quel brano e famosi vocalisti ne fecero la propria versione. Angelitos negros trasformò il cubano in un idolo dentro e fuori dalla Spagna e fece si che ottenesse il soprannome de “Il divo” della canzone.
In quei giorni dichiarò: “Io baso i miei successi su due buoni pilastri: i testi delle mie canzoni e il modo in cui li dico. Tutti li capiscono e vibrano con essi...Un prete rurale argentino ha fatto dipingere nella sua chiesa degli angioletti scuri, dopo aver sentito Angelitos negros”.
Ha successo nel teatro musicale, genere molto gradito in Spagna. Partecipa in non poche pellicole ivi prodotte nelle quali interpreta le sue canzoni e svolge ruoli di caratterista. Si ascolta anche in decine di colonne sonore di film spagnoli. È autore di un centinaio di canzoni.
Si è detto che fu il cantante preferito dal generalissimo Francisco Franco. Il suo biografo José Luis Pérez Machado afferma che Machíin fu un coltivatore della canzone romantica e che la sua arte non fu una rottura col franchismo, ma nemmeno una riaffermazione. Nel suo repertorio esistevano pezzi di contenuto sociale -Negrito de qué, Tabú, Del mismo color, Angelitos negros...-  che denunciavano “vecchie sequele razziali”. Senza dubbio questo cantante mulatto e straniero per giunta,non fu censurato né limitato nel progetto culturale spagnolo. Era arrivato in Spagna pima che finisse la Guerra Civile e aveva condiviso con gli spagnoli i cosiddetti Anni della Fame in un Paese distrutto dalla guerra, divorato dall’incertezza e asfissiato dall’embargo economico.
Pérez Machado scrive; “Apparentemente, Machín fu uno dei ‘capriccetti’ di Franco perché la sua proposta artistica poté coesistere e sopravvivere i 39 anni della dittatura. Il suo repertorio allegro, di temi amorosi, domestici, intimisti e felici non “disturbarono” il dittatore che fece sparire centinaia di creatori, di diverse manifestazioni artistiche, dallo scenario culturale iberico. Machín fu rifugio spirituale per lo sconforto degli spagnoli, perché cantò all’amore, alla speranza, allla fede e anche all’uguaglianza, alla sincerità e la fedeltà. Fu, a detta di molti, un buffetto angelico in quelle guance meste.

Con Cuba

Di Isolina Carrillo interpretò Dos gardenias; di Osvaldo Farrés, Madrecita e Tres palabras; di Julio Brito. Mira que eres linda…Altri compositori cubani presenti nel repertorio di Machín sono Juan Arrondo, Luis Marquetti, René Márquez, Orlando de la Rosa, Adolfo Guzmán, Ignacio Piñeiro. Leopoldo Ulloa e Margarita Lecuona, fra molti altri di cui intrpretò le opere con la sua voce leggera e carezzevole, fatta di zucchero e di mare. Fu quello che introdusse il cha cha cha in Spagna.
Nel 1958 venne a Cuba e condivise con familiari e amici a Sagua la Grande. Anche se venne in visita privata accettò volentieri il riconoscimento che la CMQ, Canale 6 e altre importanti emittenti gli fecero per il suo lavoro di diffusione della musica cubana all’estero.
Nel 1943 si sposò, in Spagna, con una spagnola e lì nacque la sua unica figlia. Si considerò un uomo con due patrie e la sua fedeltà ad entrambe fece che si che lo si qualificasse come “il più spagnolo dei cubani e il più cubano degli spagnoli”.
Nel 1972 riaffermò alla stampa la sua condizione di cubano quando, senza che nessuno se lo aspettasse, si presentò al Padiglione di Cuba della Fiera Internazionale di Barcellona e si presentò col duo Los Compadres. Un anno dopo condivise la scena con una delegazione artistica dell’Isola di cui facevano parte Pacho Alonso e la sua orchestra, Los Papines e l’interprete Ela Calvo che stavano effettuando una tournée in Spagna. Nel febbraio 1977, poco prima della sua morte, si recò a Barcellona per condividere con Carlos Puebla.

Machín diceva che nessuno gli aveva insegnato a cantare. Las sua musica fu sempre cubana e lasciò in Spagna un’immagine artistica permanente. Di lui, dirà il famoso regista spagnolo Pedro Almodóvar: “Fu lui che mi mise il bolero nel sangue”.



Machín
Ciro Bianchi Ross * 
digital@juventudrebelde.cu
14 de Marzo del 2015 21:26:41 CDT

Solo la muerte logró arrancarlo de los escenarios. La edad no melló
sus facultades  vocales ni su capacidad de trabajo, y su popularidad
se mantuvo “arriba” hasta el final, escribe su biógrafo José Luis
Pérez Machado. Viejo ya seguía haciendo que el público abarrotara los
teatros y le llovían los contratos para los casinos más exclusivos y
los más populares espacios de radio y televisión.
Llegó así el 7 de junio de 1977. Su recital de esa noche en un teatro
de Andalucía transcurrió de la manera prevista. Tras interpretar la
última de las piezas contempladas en el programa, complació peticiones
de los espectadores. Cayó el telón y el cantante cubano Antonio Machín
quedó a la espera para salir a saludar al público que seguía
aplaudiéndolo a rabiar. No le fue posible. Un cansancio insuperable lo
invadió de improviso y le imposibilitó hacerlo. A partir de ahí su
salud fue de mal en peor. Apenas dos meses más tarde, el 4 de agosto,
la noticia de su muerte, en Madrid, ocupaba espacios de primera plana
en la prensa española y motivaba programaciones radiales y televisivas
especiales que resaltaban la significación de su quehacer.
“Ha muerto el rey del bolero”, “El bolero está de luto”, “Adiós al
gran Machín”, repetían los medios de comunicación de la Península,
mientras que su entierro en la necrópolis de San Fernando de Sevilla
--sitio escogido por el cantante para que reposaran sus restos-- se
convertía en una manifestación de luto popular impresionante.
Después de su muerte, la fama de Machín siguió en espiral, dice el ya
aludido Pérez Machado. Se le dedicaron múltiples espectáculos
musicales, se evocó su nombre de disímiles maneras, se ahondó en
facetas de su arte y se buscó al hombre en los testimonios que sobre
él brindaron familiares y amigos. Un homenaje formidable lo
constituyó, en el Palacio de los Deportes, de Barcelona,  el concierto
donde Joan Manuel Serrat, Moncho, Peret y Jaime Sisa, entre otros
cantantes, interpretaron, ante cuatro mil espectadores, lo más
representativo del repertorio del cubano.
La recaudación de ese espectáculo se destinó a erigirle un monumento a
Antonio Machín en el cementerio de Sevilla. Una lápida de mármol negro
donde se lee su nombre cubre su tumba, y sobre ella, en un dado, se
aprecia la efigie del cantante. Encima de ese dado se alza la figura
de un ángel; de seguro ese ángel protector que le inspiró una de sus
composiciones.
Ocurre allí algo significativo. Cuando artistas cubanos provenientes
de la Isla visitan Sevilla, acuden a la necrópolis de San Fernando.
Cantan sones y boleros junto a la tumba de Machín y vierten
aguardiente sobre ella en señal de fraterno homenaje a un exponente
imprescindible de la música cubana.

El manisero

Antonio Abad Lugo Machín. ¿Quién es este hombre que nació en Sagua la
Grande, en la antigua provincia de Las Villas, el 17 de enero de 1903,
de madre cubana y padre español, e  hizo fuera de Cuba  la mayor parte
de su carrera?
En opinión de Alejo Carpentier, la música cubana halló en Machín un
intérprete concienzudo y conocedor que sabía acometer con igual
fortuna una rumba trepidante que un tema lleno de nostalgia. Luego de
elogiar su repertorio “vasto y diverso”, el autor de El siglo de las
luces resalta que el artista, pleno de curiosidad y amor por su
tierra, sacaba del olvido décimas y canciones antiguas cuyo recuerdo
empezaba a borrarse, comunicándoles nueva vida. Señala Carpentier
finalmente: “Lleno de gravedad y unción, interpreta las melodías del
trópico con una elocuencia irresistible. Buena prueba de su talento es
que ha logrado convencer sin dificultad a dos públicos tan disímiles
como el inglés y el francés”.
Precisa el erudito Radamés Giro que la carrera de Machín comenzó con
su ingreso como clarinetista en la banda municipal de su región natal.
En 1924 está ya en La Habana, donde hizo dúo con Miguel Zaballa y,
como voz prima y maraquero, formó parte del trío Luna y más tarde del
septeto Agabama. Se sumó, en 1926, a la orquesta de Don Azpiazu, con
la que en 1930 viajó a Nueva York. Allí grabó su primera versión de El
manisero, de Moisés Simons, entre otros números. Su paso por la cadena
de teatros de la RKO hizo que la pieza mencionada, uno de los primeros
éxitos internacionales de la música cubana, se popularizara en Estados
Unidos. Antes, con Don Azpiazu había actuado en el exclusivo Casino
Nacional del reparto Country Club, de La Habana.
Afirma Cristóbal Díaz Ayala, musicógrafo cubano radicado en Puerto Rico:
<<Gran parte del éxito de Azpiazu se debía a su cantante Antonio
Machín... El corajudo Antonio, surgido en un medio muy humilde, había
llegado a ser el primer negro en cantar en el lujoso Casino Nacional...
Su voz y su presencia física cantando El manisero habían sido
decisivas en Nueva York. Pero Machín tenía ambiciones. Paralelo con
las grabaciones de la orquesta en 1930 y 1931, organizó un cuarteto
con tres compañeros del conjunto de Azpiazu y consiguió que la Víctor
le grabara. Si Azpiazu era un éxito entre los gringos, Machín no lo
fue menos entre los hispanoamericanos. Ya para 1932 no estaba con la
orquesta, y entre julio de 1930 y noviembre de 1935, cuando embarca
definitivamente para Europa, grabó más de 150 números con su cuarteto
y varias orquestas para la Víctor y otros sellos. Posiblemente ni Bing
Crosby, que ya era una estrella en los Estados Unidos, grabó tanto en
aquella época, que fue precisamente de depresión económica en ese
país. Y es que no es solo tener talento, sino saber venderse>>.

Angelitos negros
Hizo en 1935 una gira por Europa e inició así una carrera vertiginosa.
En Londres convenció al público con su interpretación de Lamento
esclavo, de Eliseo Grenet. Participó en París en la revista Canto a
los trópicos, que dirigía Simons. Luego, con su orquesta Habana, viajó
por Noruega, Suecia, Dinamarca, Holanda, Alemania, Rumania e Italia,
para volver a París. En abril de 1939, cinco meses antes de que
estallara la II Guerra Mundial, se radicó en España. Con la orquesta
Los Miura, de Sobré, con la que permaneció hasta 1946, grabó Angelitos
negros, con letra de Andrés Eloy Blanco y música de Manuel Álvarez
Maciste, uno de sus grandes éxitos. Se vendieron miles de discos de
esa pieza, y famosos vocalistas hicieron sus propias versiones.
Angelitos negros convirtió al cubano en un ídolo dentro y fuera de
España, e hizo que ganara el sobrenombre de El divo de la canción.
Declaró por aquellos días: “Yo baso mis triunfos sobre dos buenos
pilares: las letras de mis canciones y la forma como las digo. Todo el
mundo las entiende y vibra con ellas... Un cura rural de la Argentina ha
hecho pintar, en su iglesia, unos ángeles morenos después de conocer
Angelitos negros”.
Triunfa en el teatro musical, género muy gustado en España. Interviene
en no pocas películas producidas allí, en las que interpreta sus
canciones y representa personajes de reparto. También se escucha en
las bandas sonoras de decenas de filmes españoles. Es autor de unas
cien canciones.
Se ha dicho que fue el cantante preferido del generalísimo Francisco
Franco. Afirma su biógrafo José Luis Pérez Machado que Machín fue un
cultivador de la canción romántica y que su arte no fue de ruptura con
el franquismo, pero tampoco de reafirmación. En su repertorio existían
piezas de contenido social --Negrito de qué, Tabú, Del mismo color,
Angelitos negros...-- que denunciaban “viejas secuelas raciales”. Sin
embargo, este cantante mulato y extranjero por añadidura no fue
censurado ni limitado en el proyecto cultural español. Había llegado a
España antes de que  finalizara la Guerra Civil y había compartido con
los españoles los llamados Años del Hambre en un país arrasado por la
guerra, devorado por la incertidumbre y asfixiado por el bloqueo
económico.
Escribe Pérez Machado: “Aparentemente, Machín fue uno de los
caprichitos’ de Franco porque su propuesta artística pudo coexistir y
sobrevivir los 39 años de dictadura. Su repertorio alegre, de temas
amorosos, domésticos, intimistas y felices no ‘molestaron’ al
dictador, quien desapareció a cientos de creadores de diversas
manifestaciones artísticas del escenario cultural ibérico. Machín fue
refugio espiritual para el desaliento de los españoles, porque les
cantó al amor, a la esperanza, a la fe, y también a la igualdad, a la
sinceridad y a la fidelidad, fue, al decir de muchos, una salvadora
palmada de ángel en aquellas mejillas apesadumbradas”.

Con Cuba

De Isolina Carrillo interpretó Dos gardenias; de Osvaldo Farrés,
Madrecita y Tres palabras; de Julio Brito, Mira que eres linda...Otros
compositores cubanos presentes en el repertorio de Machín son Juan
Arrondo, Luis Marquetti, René Márquez, Orlando de la Rosa, Adolfo
Guzmán, Ignacio Piñeiro, Leopoldo Ulloa y Margarita Lecuona, entre
otros muchos, cuyas obras interpretó con su voz suave y acariciadora,
hecha de azúcar y de mar. Fue él quien introdujo el chachachá en
España.
En 1958 estuvo en Cuba y compartió en Sagua la Grande con familiares y
amigos. Aunque vino en visita privada aceptó gustoso el reconocimiento
que la CMQ-Canal 6 e importantes radioemisoras le hicieron por su
labor de difusión de la música cubana en el exterior.
En 1943 se casó en España con una española y allí nació su única hija.
Se consideró un hombre con dos patrias y su fidelidad a ambas hizo que
popularmente se le calificara como “el más español de los cubanos y el
más cubano de los españoles”.
En 1972 reafirmó ante la prensa su condición de cubano cuando, sin que
nadie lo esperara, se personó en el Pabellón Cuba de la Feria
Internacional de Barcelona y se presentó con el dúo Los Compadres. Un
año después compartió la escena con una delegación artística de la
Isla que conformaban Pacho Alonso y su orquesta, Los Papines y la
intérprete Ela Calvo, quienes hacían una gira por España. Y en febrero
de 1977, poco antes de su muerte, viajó a Barcelona para departir con
Carlos Puebla.
Machín decía que nadie lo había enseñado a cantar. Su música fue
siempre cubana y dejó en España una imagen artística perdurable. De él
diría el famoso realizador español Pedro Almodóvar: “Él fue quien me
metió el bolero en la sangre”.

Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/


domenica 15 marzo 2015

Precluso

PRECLUSO: sacerdote imprigionato

venerdì 13 marzo 2015

Il Ministro Gentiloni, ricevuto dal Presidente Raúl Castro

Fonte Granma

Recibió Raúl al Canciller de la República Italiana
Durante el encuentro se conversó acerca del desarrollo favorable de las relaciones bilaterales, y constataron la voluntad de ampliar los intercambios económicos y de cooperación entre los dos países
12 de marzo de 2015 19:03:38




El General de Ejército Raúl Castro Ruz, Presidente de los Consejos de Estado y de Ministros, recibió en la tarde de este jueves 12 de marzo al excelentísimo señor Paolo Gentiloni, ministro de Asuntos Exteriores y de Cooperación Internacional de la República Italiana, quien realiza una visita oficial a Cuba.
En el encuentro intercambiaron acerca del desarrollo favorable de las relaciones bilaterales y constataron la voluntad de ampliar los intercambios económicos y de cooperación entre los dos países. Asimismo, dialogaron sobre temas de mutuo interés de la agenda internacional.
Al visitante lo acompañó Mario Giro, subsecretario de Estado. Por la parte cubana estuvo presente Bruno Rodríguez Parrilla, ministro de Relaciones Exteriores.



Inalambrico gratis nel Centro Culturale di Kacho

Cuba: centro cultural ofrece internet gratis e inalámbrico
AP


Adonis Ortiz habla con su padre, que vive en los EEUU, utilizando una red de conexión Wi-Fi gratuita en un centro dirigido por el famoso artista Kcho, en La Habana, Cuba, miércoles, 11 de marzo de 2015. Decenas de jóvenes de toda la ciudad acuden diariamente al centro. La portavoz de Kcho dijo la estatal de telecomunicaciones Etecsa aprobó la medida en un pequeño aflojamiento sin precedentes de las estrictas regulaciones de Internet de Cuba. DESMOND BOYLAN AP


LA HABANA 
Un mes atrás el joven Adonis Ortiz llegó al estudio de un reconocido pintor cubano, colocó la contraseña “aquinoserindenadie” y como por arte de magia su teléfono celular se conectó al Wi-Fi. Desde entonces pudo comunicarse casi diariamente y de manera gratuita con su padre, que vive en Estados Unidos y al que no ve desde hace nueve años.
Con una promoción boca a boca que está sacudiendo a La Habana, el centro cultural que gestiona el artista plástico Alexis Leyva “Kcho” se ha convertido en el primer punto en ofrecer a los cubanos acceso inalámbrico gratuito a internet.
“Vengo cada vez que puedo… este servicio afuera es muy caro”, dijo Ortiz, de 20 años, quien espera entrar al servicio militar próximamente.
Ortiz y su amigo Danilo Rodríguez, un mesero de 26 años, se instalaron de pie en el patio del Kcho Estudio Romerillo Laboratorio para el Arte, el centro cultural que gestiona el artista en un barrio popular y humilde al oeste de la ciudad.



La gente usa una red Wi-Fi gratuita en un centro dirigido por el famoso artista Kcho, en La Habana, Cuba. Decenas de jóvenes de toda la ciudad acuden diariamente al centro. La portavoz de Kcho dijo que la estatal de telecomunicaciones Etecsa aprobó la medida en un pequeño aflojamiento sin precedentes de las estrictas regulaciones de Internet de Cuba. | Desmond Boylan AP

Como ellos, decenas de jóvenes instalados en una explanada con una parte cubierta por una lona de plástico blanca navegaban con sus tabletas o celulares por Yahoo o Google y usaban Facebook, algo complicado en Cuba donde el acceso a internet es limitado y caro.
“Es costoso pero el beneficio es tremendo”, explicó el jueves a The Associated Press el propio “Kcho”, unos de los artistas cubanos más reconocidos internacionalmente. “Tengo algo que es grande, es poderoso. Lo puedo compartir y lo comparto”, dijo.
“Kcho” contó que primero tuvo un par de computadoras conectadas en la biblioteca del centro pero que luego el lugar “quedó chico” por la demanda y se las ingenió para poner una antena.
Como muchos artistas cubanos, “Kcho” posee una cuenta que le entregó el Ministerio de Cultura.
El servicio, explicó el pintor, es una forma de “educar” a las personas en internet.
Según los asistentes técnicos del centro la conexión es de dos megas y funciona las 24 horas toda la semana.
La cuenta que se usa para ofrecer Wi-Fi es la personal de “Kcho” y aunque el artista no quiso revelar cuánto paga por ella, aseguró que es “muy cara”
“El Wi-Fi comenzó hace dos meses”, explicó Leysi Rubio, vocera del centro cultural.
El lugar -de una media manzana- que antiguamente era un taller de autobuses y fue completamente reciclado, abrió sus puertas en enero de 2014 con la presencia del expresidente Fidel Castro, un admirador de la obra del pintor.
Etecsa, la firma estatal cubana y única que suministra el servicio de internet, ha habilitado un centenar de salas de navegación en todo el país y cobra 4,50 pesos convertibles (igual cantidad en dólares) la hora de uso de la red. El mes pasado habilitó una oferta temporal con un 50% de rebaja pero sólo para algunos casos.
“Se inició como un experimento de que este sitio sea un lugar de donde emanen energías a partir del arte para la reanimación y consolidación no sólo de nuestro proyecto socialista, sino además del barrio y los cubanos”, expresó Rubio.
Tanto “Kcho” como Rubio explicaron que el servicio de Wi-Fi contó con la aprobación de Etecsa y que todo el proyecto se hace en conjunto con las autoridades.
El gobierno cubano prioriza las conexiones a través de centros de trabajo y estudio, por lo que muchos isleños acceden por esa vía.


Recente inchiesta rivela favori bipartitici all'eliminazione dell'embargo

Fonte: El Nuevo Herald

Nueva encuesta muestra apoyo bipartidista al acercamiento con Cuba
NORA GÁMEZ TORRES


Gráfico que muestra los resultados de la encuesta de Benenson Strategy Group (BSG) y SKDKnickerbocker CORTESÍA
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Una mayoría de votantes, tanto demócratas como republicanos, apoyaría levantar el embargo a Cuba, según indica una encuesta nacional realizada por las firmas consultoras demócratas Benenson Strategy Group (BSG) y SKDKnickerbocker.
Dos tercios de los 1,032 votantes registrados encuestados (64 por ciento) opinan que el Congreso debe levantar el embargo, entre ellos, el 74 por ciento de los registrados como demócratas, el 51 por ciento de los republicanos, y el 64 por ciento de los independientes.
El reporte destaca que “mientras el embargo puede ser un tema polémico en el Congreso, existe un acuerdo bipartidista más allá de Washington de que el Congreso debe terminar con el embargo”.
La mayoría (72 por ciento) —un 59 por ciento de los republicanos, un 81 por ciento de los demócratas y un 74 por ciento de los independientes— también considera que la actual política de acercamiento a Cuba propuesta por el presidente Barack Obama, a través de la ampliación del comercio, la eliminación de restricciones de viaje y el restablecimiento de relaciones diplomáticas, tiene más posibilidades de mejorar la situación de los derechos humanos en la isla.
El 71 por ciento de los votantes cree además que la nueva política responde al “mejor interés de Estados Unidos y del pueblo cubano” frente a un 29 por ciento que considera que “los cambios de política son una concesión unilateral a la dictadura de Castro”, los dos argumentos que podían seleccionar en una de las preguntas.
El apoyo de los votantes republicanos a la nueva política varía con la edad y el nivel educativo alcanzado. Por ejemplo, el 64 por ciento de los republicanos menores de 50 años opina que la nueva política beneficia a Estados Unidos y al pueblo cubano pero el 49 por ciento de los republicanos mayores de 50 años cree que fue una concesión al gobierno de Raúl Castro.
Las preguntas sobre Cuba forman parte de un estudio más amplio que incluye otras temas de interés para los estadounidenses y cuyos resultados serán divulgados esta semana. Las entrevistas fueron realizadas específicamente por BSG, entre el 26 y el 27 de febrero.
Estas encuestas forman parte de Beyond the Beltway Insights Initiative, un proyecto conjunto financiado por BSG y SKDKnickerbocker “para establecer cómo el público se siente acerca de cuestiones nacionales importantes”, explicó Mike Gehrke, vicepresidente de BSG, en declaraciones a el Nuevo Herald.
Los resultados concuerdan con otras encuestas nacionales realizadas por elAtlantic Council en febrero del 2014 y Washington Post/ABC tras el anuncio del 17 de diciembre. También arroja resultados similares al Cuba Poll realizado por la Universidad Internacional de la Florida (FIU) y publicado en julio del 2014, que encontró por primera vez el apoyo de una mayoría de cubanoamericanos en Miami-Dade al restablecimiento de relaciones diplomáticas con Cuba.
Según Ric Herrero, director ejecutivo de Cubanow, la presente encuesta “refuerza que los cambios sísmicos que hemos presenciado en la comunidad cubanoamericana también son cada vez más evidentes entre los votantes republicanos e independientes de todo el país”.
El sociólogo Guillermo Grenier, profesor de FIU y uno de los autores del Cuba Poll, también consideró que los resultados de la encuesta “al nivel total de la muestra son sólidos” y se alinean con los obtenidos por otros estudios.
No obstante, Grenier llamó la atención hacia dos aspectos de la encuesta de BSG y SKDKnickerbocker. Primero, que los entrevistados no fueron escogidos aleatoriamente, como en la encuesta de FIU, sino a través de un panel online en el que ellos mismos optaban por participar en el estudio. Luego fueron seleccionados de modo que fueran representativos del perfil demográfico y otras características de la población nacional de votantes registrados.
Los propios participantes declararon su afiliación política: 38 por ciento se identificó como demócrata, 33 por ciento como independiente y 29 por ciento como republicano.
Pero el hecho de que los entrevistados sean personas que decidieron voluntariamente participar en el estudio indica que podrían tener opiniones formadas o, por el contrario, total desconocimiento sobre el tema cubano, aspecto a tomar en cuenta a la hora de evaluar los resultados.
En su valoración general de la encuesta, Herrero consideró que esta constituye otro ejemplo de cómo “el debate sobre la política hacia Cuba se ha desplazado de un modo fundamental” por lo que “ya no puede volver al siglo 20”.
Pero la representante republicana Ileana Ros-Lehtinen argumentó en una declaración obtenida por el Nuevo Herald que “nuestro país debe mantenerse firme en oposición al régimen castrista” y que “levantar el embargo solo le prestará nuevas fuerzas al régimen de los Castro y extenderá la pesadilla que el pueblo cubano ha vivido durante los últimos 56 años”.
Y agregó que tenía confianza en que la mayoría de congresistas “apoyarán mantener en vigor el embargo contra el régimen, hasta que el pueblo oprimido de Cuba tenga libertad y democracia.”



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