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lunedì 3 ottobre 2016

Dizionario del mare per lupi di terra

BOMA: tutte le stbade vi ci pobtano, al contrario "amob"

sabato 1 ottobre 2016

Dizionario del mare per lupi di terra

BOLINA: distorsione al femminile di celebre vocabolo ligure

venerdì 30 settembre 2016

Dizionario del mare per lupi di terra

BOLERO: languido ritmo cubano

mercoledì 28 settembre 2016

Dizionario del mare, per lupi di terra (riproviamoci)

BOCCAPORTO: orifizio utile al porto per nutrirsi e parlare

lunedì 26 settembre 2016

Il Reportage, da Cuba

Da domani dovrebbe essere in edicola la rivista trimestrale Il Reportage con una serie di interviste, fatte da Giulio Messina, a personaggi anche di alto profilo con le loro opinioni sull'attuale situazione del Paese. 
C'è anche l'intervista a un non cubano, non di alto profilo, ma il resto è molto interessante.
Un numero certamente da non perdere per i "cubanofili".

venerdì 9 settembre 2016

Torniamo a parlare di Cuba

Come avevo scritto, ho sospeso (temporaneamente) il blog per cause di connettività. Ultimamente ho notato che i momenti in cui si possa entrare in rete, lentamente e col rischio di restare a metà strada, sono leggermente migliorati nonostante, per esempio, l’urgenza che ieri mi ha costretto a servirmi dei “profumati” servigi del Melià (sic!) Habana Libre.
Da un po’ di tempo non faccio i miei personali e discutibili commenti su quanto, vengo a sapere, di ciò che succede a Cuba.
In questi ultimi tempi si stanno concretizzando gli annunciati voli commerciali delle linee nordamericane. Secondo dichiarazioni di un rappresentante dell’American Airlines, i voli potranno essere usufruiti non solo dai cubani e statunitensi in possesso dei requisiti richiesti dal Governo nordamericano, ma anche da cittadini di pesi terzi. In parole povere, per esempio, se un italiano volesse visitare entrambi i Paesi, lo potrebbe fare con relativo visto per Cuba ed ESTA per gli USA. Non solo, ma con un “piano voli” preorganizzato, potrebbe ottenere connessioni con altri Paesi. Direi che dissipato questo dubbio, la notizia non è solo buona, ma ottima.
Sempre restando nel campo “visite”, ma completamente turistiche, si prevede un buon incremento di crociere con base o scalo all’Avana e altri porti cubani. MSC, raddoppia, così come la consociata di Carnival Cruise ed a loro dovrebbero aggiungersi altre compagnie, di cui sembra certo, una tedesca.

In compenso, proprio oggi (venerdì), in un’affollata conferenza stampa, il Ministro degli esteri Bruno Rodriguez Parrilla ha annunciato il contenuto del nuovo ricorso all’Assemblea Generale dell’ONU, sottolinenando che seppure ci sono stati progressi nelle relazioni bilaterali, secondo il punto di vista cubano, il Presidente Obama non ha usato tutte le sue prerogative per “alleggerire” alcuni aspetti dell’embargo che in toto non potrebbe comunque eliminare. Non solo, l’annunciato consenso alle transazioni finanziarie in dollari USA da parte delle banche ed enti commerciali cubani, non è mai diventata effettiva.

lunedì 5 settembre 2016

Ma i vecchi, sono rimbecilliti o saggi?

Da che ho l’età della ragione, i vecchi hanno sempre avuto a che dire su tutto, cominciando dal tempo che “è (sempre) impazzito” i “miei” vecchi, molto prima delle attuali emergenze, davano la colpa alle bombe atomiche che, dopo Hiroshima e Nagasaki, si continuava a far esplodere in atmosfera per provarne i miglioramenti. Qualcuno invece, magari dei più vecchi (saggi) diceva: “El temp l’è cume el cü, el fa semper me voeur lü!”
Per i “vecchi”, la gioventù è sempre stata “perduta”, senza valori, morale, educazione, cultura, musica e chi più ne ha più ne metta. Vuoi al tempo dei “capelloni” che a quello dei “naziskin” pelati, al di la delle differenze socio politiche.
Poi c’erano i dualismi sportivi che partendo da Binda e Guerra, passavano poi a Coppi e Bartali o Moser e Adorni, nel ciclismo, solo per ricordare i più famosi, ma non unici.
Nel calcio ricordo Buffon (Lorenzo) e Giorgio Ghezzi, Pelé con la “meteora” Eusebio, Mazzola (Sandro) e Rivera, Baggio e Del Piero per arrivare oggi a Ronaldo (Cristiano) e Messi.
Nello spettacolo: Corrado Mantoni o Mike Bongiorno, Enzo Tortora o Pippo Baudo? Sempre per citare i più famosi.
Adesso che sono vecchio anch’io vengo portato ai dilemmi della politica che più che sporca mi sembra proprio lurida. Nel nostro stivale è indimenticabile la rivalità, prima tra Monarchia e Repubblica e poi, DC/PCI, questa, portata magistralmente nei libri e poi sugli schermi con Don Camillo  e Peppone.
Tra il dopoguerra e quella “fredda”, ricordo le divergenze tra paesi che dovevano essere “fratelli”: Cina e Urss, per esempio o Albania e URSS o il triangolo Jugoslavia/Albania/URSS. Per non parlare degli arabi che pur essendo dello stesso ceppo etnico avevano profonde differenze, sopratutto religiose, così come nel resto del mondo islamico non arabo.
Adesso, nel 21° secolo, io invece mi chiedo come possono esistere strane alleanze o complicità del tutto contrastanti.
URSS/USA: dopo essere passati dal disgelo del neoliberale Ronald Reagan col comunista Michail Gorbachëv sono tornati ad esser nemici seppure con la Russia non più comunista. Mentre sono culo e camicia con i comunisti cinesi e vietnamiti, che a suo tempo avevano invaso con una guerra dolorosa e perdente. Ma quello che più mi richiama l’attenzione è la situazione medio orientale e i suoi risvolti in altre aree. Tutti sanno che l’Arabia Saudita (modello di Democrazia e Dirirtti Umani, sic!!!!) è l’alleato d’acciaio degli Stati Uniti, mentre è acerrimo nemico dell’altro alleato, di titanio: Israele. La stessa Arabia Saudita è, in questi giorni, stata al centro di progetti di collaborazione con Cuba che nonostante tutto, non è proprio sorella di USA e Israele...La Turchia, altro alleato inossidabile dei nordamericani, pur essendo paese islamico e con il partito religioso al potere, è “amico” di Israele e nemico dell’Arabia Saudita. Il Paese del “popolo eletto”, da parte sua contro tutto e tutti, prosegue la sua politica repressiva contro i palestinesi e costruendo nuove colonie nei territori occupati e non cede un centimetro in favore di concedere uno Stato indipendente in terre nelle quali hanno coabitato per secoli. In più, è notizia recente, ha bombardato postazioni in Siria. Tutti sappiamo che nei momenti di tensione e di guerra tra Islam e Ebraismo, la Siria è stata una dei nemici più acerrimi e irriducibili, ma...se tra i due mali è meglio scegliere il minore, in questo particolare momento storico, non sarebbe meglio (per loro) se non sostenere, almeno non combattere il regime di Assad per far si che non cada in mano del cosiddetto Stato Islamico?
Afganistan, Iraq e Libia, non hanno insegnato proprio niente?
Certo le incongruenze non finiscono qua, nel mondo, ma io non sono certo uno studioso, sono solo un vecchio imbecille, saggio o semplicemente una persona normale? Ai postini l’ardua sentenza. (Perdonami Don Lisander, ma era lui?).

sabato 3 settembre 2016

3 settembre

Oggi sono 27 anni dal tragico incidente...

martedì 5 luglio 2016

Washington versus Madrid: pagine di guerra (III e fine), di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 3/7/16

Washington vs. Madrid: Páginas de la guerra (III y final) Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
2 de Julio del 2016 19:10:44 CDT

La derrota de la escuadra española, barrida total y en toda la línea por la flota norteamericana, no solo elimina la última de las esperanzas de España en su victoria en la guerra con EE.UU., sino que desmoraliza a los defensores de Santiago de Cuba. El Ejército Libertador, por su parte, mantiene cercada la ciudad y con su acerado despliegue impide que le lleguen refuerzos desde otras plazas militares de la provincia oriental, en tanto que en el resto de la Isla los mambises mayorean a sus adversarios.
Los días 10 y 11 de julio, una semana después del desastre naval, las tropas norteamericanas de mar y tierra abren fuego sobre las posiciones españolas en los límites de Santiago, y el general Shafter, jefe del ejército norteamericano en Cuba, amenaza con bombardear la ciudad si no se rinde.
Comienza el éxodo de la población civil atemorizada y hambrienta. Unos buscan amparo en los campamentos norteamericanos, otros se dirigen a las zonas controladas por los mambises. En el campo cubano, el mayor general Calixto García, lugarteniente general del Ejército Libertador, revisa las listas con los nombres de los refugiados. Se topa en una de ellas con el de Federico Capdevila, capitán retirado del ejército español.
Llama de inmediato a su ayudante Luis Rodolfo Miranda de la Rúa y le ordena que localice a Capdevila, le presente, en su nombre, sus respetos, y se entere de lo que quiera o pueda necesitar para él o su familia. Recalca el guerrero:
—Fíjese bien, Comandante, tengo especial interés en que no le ocurra a Capdevila nada desagradable. ¡Cuide a ese hombre que supo serlo cuando muchos no fueron capaces de ello!
Federico Capdevila fue, en 1871, el valiente defensor de los estudiantes de Medicina.

Circula un rumor

El 16 se rinden las tropas españolas que defienden Santiago. Al día siguiente entran en la ciudad los norteamericanos; solo los norteamericanos, pues el general Shafter prohíbe la entrada a las tropas cubanas.
Un hecho digno de tenerse en cuenta ocurre cuando en el Palacio de Gobierno es arriada la bandera española y se iza la de EE. UU.
Indignados y coléricos, los mambises destacados en el fuerte de La Socapa izan, en señal de protesta, la bandera de la estrella solitaria, que es rápidamente retirada para que la sustituya la de las barras y las estrellas.
José de Armas y Cárdenas, uno de los periodistas cubanos más destacados de todos los tiempos y que hizo célebre el seudónimo de Justo de Lara, escribe entonces desde el mismo teatro de operaciones donde asiste como corresponsal de guerra: «Mientras que el general Shafter necesitó del general García, se comunicaba con él, poniéndolo al corriente de todas las operaciones. Una vez que acordó con los españoles la rendición de la plaza, se apartó del general cubano, a quien llegó a ocultar la importante operación que iba a realizar».
Es el mismo Calixto García quien ofrece los elementos de juicio necesarios para comprender lo que pasa, cuando en la carta que dirige a Shafter y que dicta a Justo de Lara, afirma:
«Los importantes actos de la rendición del ejército español y de la toma de posesión de la ciudad por usted tuvieron lugar, y solo llegaron a mi conocimiento por rumores públicos. No fui tampoco honrado con una sola palabra de parte de usted, invitándome a mí, a los demás oficiales de Estado Mayor, para que representáramos al ejército cubano en ocasión tan solemne.
«Sé, por último, que usted ha dejado constituidas en Santiago a las mismas autoridades españolas contra las cuales he luchado tres años como enemigas de la independencia de Cuba. Yo debo informar a usted, que esas autoridades no fueron nunca electas por los habitantes residentes en Santiago de Cuba, sino nombradas por un decreto de la reina de España».
Expresa, por último, el mayor general Calixto García:
«Circula un rumor, que por lo absurdo no es digno de crédito general, de que la orden de impedir a mi ejército su entrada en Santiago ha obedecido al temor de venganza contra los españoles. Permítame usted que proteste contra la más ligera sombra de semejante pensamiento, porque no somos un pueblo de salvajes que desconoce los principios de la guerra civilizada, formamos un ejército pobre y harapiento como lo fue el ejército de sus antepasados en su guerra noble por la independencia de Estados Unidos de América, pero a semejanza de los héroes de Saratoga y Yorktown, respetamos demasiado nuestra causa para mancharla con la barbarie y la cobardía».

Shafter obedece instrucciones

Shafter sin embargo no actuaba por iniciativa propia. Lo deja muy claro en su respuesta a Calixto: «Yo no puedo discutir la política del Gobierno de Estados Unidos, al querer que continúen en sus puestos temporalmente las personas que los ocupaban. Para que usted se entere bien, le remito copia de las instrucciones del Presidente que recibí ayer, las cuales resuelven cualquier dificultad que pueda suscitarse en el Gobierno de este territorio mientras esté ocupado por Estados Unidos».
Cuando Calixto García logra entrar en la ciudad, son apoteósicos el entusiasmo y la alegría de los santiagueros que salen en masa a saludarlo, y lo mismo sucederá a su llegada a La Habana. En carta al mayor general Máximo Gómez presenta su renuncia irrevocable al cargo de Lugarteniente General «por no estar dispuesto a seguir obedeciendo las órdenes y cooperando a los planes del ejército americano». Informa que marcha a Jiguaní, con toda la tropa bajo su mando, en espera de la respuesta del jefe del Ejército Libertador. El 29 de julio ocupa Gibara y presta toda la ayuda posible a heridos y enfermos españoles que abarrotan los hospitales de guerra de esa localidad. Días después, derrota, en las inmediaciones de esa ciudad, a la tropa del general Luque, que intenta recuperar Gibara. No pasa mucho tiempo sin que Shafter sea relevado de su mando y sustituido por el general Lawton.
En Washington se tributaría a Calixto García una acogida que testigos cubanos califican de «grandiosa», si bien no se concedió carácter oficial a su visita.
«Se cometió el error de poner al general Shafter al frente de las tropas que vinieron a Santiago, y su ineptitud tenía que traer, como trajo, la protesta del mayor general García, quien no podía, por la dignidad y prestigio de su ejército, y del suyo propio de soldado, aceptar la preterición de que fuimos objeto, cuando el buen éxito de la campaña de Santiago corresponde en gran parte —como algún día próximo he de demostrar— al ejército cubano de Oriente y a sus valientes generales bajo el mando del propio general García».
Así lo declara a un semanario habanero, el 20 de octubre de 1898, el coronel Cosme de la Torriente, uno de los oficiales del Estado Mayor de Calixto y que andando el tiempo —falleció en 1956— llegaría a ser embajador y canciller de Cuba y presidente de la Asamblea de la Sociedad de Naciones, un distinguido jurista con bufete en Mercaderes número 26, en La Habana Vieja.
Escribe Torriente, el 11 de diciembre de 1899, en ocasión del primer aniversario de la muerte de Calixto:
«Cuando alguno de los que estuvieron con él en el sitio de Santiago de Cuba publique sus recuerdos de esa campaña… entonces, solo entonces se podrán apreciar sus grandes servicios al ejército americano; entonces se podrá conocer la participación principalísima que en tal campaña tuvo el ejército cubano, que tan criticado fue por los que tanto le debieron; entonces se podrán aquilatar el gran tacto y la gran pericia de Calixto García para tratar con aquel general inepto… y entonces se verán también las grandes virtudes de nuestro héroe, su gran patriotismo, su gran respeto a la ley y a la libertad».

Ochenta y seis corresponsales de guerra

Se dice que esta fue la primera guerra moderna. No por el armamento empleado, sino por su impacto mediático. Sucesos que antecedieron al estallido de la contienda fueron enfocados por la prensa norteamericana con un tinte «amarillo» y sensacionalista que en buena medida acondicionó para lo que vendría la mentalidad del norteamericano promedio.
Hubo hechos construidos por la propia prensa, como la fuga de la patriota cubana Evangelina Cossío de la Casa de Recogidas de La Habana, a quien, ya en EE. UU., se le tributó una recepción grandiosa en Madison Square, el Presidente la recibió en la Casa Blanca, la agasajaron en el Congreso y las familias más conspicuas, mientras se fundían en su honor cien mil monedas de plata para hacerle vivir sus 15 minutos de gloria, porque moriría olvidada y en la pobreza.
Para reportar el conflicto —algo insólito en la época— 86 periodistas se acreditaron y viajaron como corresponsales de guerra, entre ellos 20 fotógrafos y seis dibujantes. Con ellos vino el antes aludido Justo de Lara.
El cinematógrafo, recién inventado entonces, no quedó fuera y llegó asimismo para dar testimonio en las principales direcciones en que el cine habría de desarrollarse: la ficción y el documental. Fue entonces cuando se filmaron, por la Vitagraph Company, las primeras imágenes en movimiento de una guerra real. La historia del teniente Rowan, portador del célebre mensaje del Presidente norteamericano, a Calixto García, se ficcionó en una cinta de Hollywood protagonizada por Wallace Beary, uno de los adelantados del entonces incipiente sistema de estrellas.
¿Qué nombre dar a esta guerra? Durante años, mientras se daba al conflicto el nombre de guerra hispano-norteamericana, historiadores cubanos se empeñaron y consiguieron un nuevo nombre: guerra hispano-cubano-americana.
¿Cuál de los dos es más apropiado? El historiador Oscar Loyola se decide por el primero. La guerra que Cuba libró contra España entre 1895 y 1898 —guerra hispano-cubana— fue una clásica guerra anticolonial; la intervención norteamericana no introdujo un tercer elemento en esta guerra, dice Loyola, pues los sujetos sociales implicados se mantuvieron idénticos. Lo que sucedió es que a esa contienda anticolonial se le superpuso otra, la de EE. UU. contra España por el dominio de Cuba; un colonialismo nuevo que daba una batalla, ganada de antemano, por desplazar de la Isla a un viejo colonialismo.
Esa guerra, que debe denominarse hispano-norteamericana, se libra en el mismo escenario geográfico en que transcurría la guerra hispano-cubana. Apunta Loyola: «Los intereses que llevaron a Cuba, a España y a EE. UU. a la guerra eran tremendamente diferentes… Lo que determina el carácter de una guerra es el fin que persigue. A la guerra nacional liberadora del pueblo cubano le fue arrebatada, en los marcos de una guerra entre potencias, la primacía histórica.

Ciro Bianchi Ross


Washington vs. Madrid: Páginas de la guerra (III y final) Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
2 de Julio del 2016 19:10:44 CDT

La derrota de la escuadra española, barrida total y en toda la línea por la flota norteamericana, no solo elimina la última de las esperanzas de España en su victoria en la guerra con EE.UU., sino que desmoraliza a los defensores de Santiago de Cuba. El Ejército Libertador, por su parte, mantiene cercada la ciudad y con su acerado despliegue impide que le lleguen refuerzos desde otras plazas militares de la provincia oriental, en tanto que en el resto de la Isla los mambises mayorean a sus adversarios.
Los días 10 y 11 de julio, una semana después del desastre naval, las tropas norteamericanas de mar y tierra abren fuego sobre las posiciones españolas en los límites de Santiago, y el general Shafter, jefe del ejército norteamericano en Cuba, amenaza con bombardear la ciudad si no se rinde.
Comienza el éxodo de la población civil atemorizada y hambrienta. Unos buscan amparo en los campamentos norteamericanos, otros se dirigen a las zonas controladas por los mambises. En el campo cubano, el mayor general Calixto García, lugarteniente general del Ejército Libertador, revisa las listas con los nombres de los refugiados. Se topa en una de ellas con el de Federico Capdevila, capitán retirado del ejército español.
Llama de inmediato a su ayudante Luis Rodolfo Miranda de la Rúa y le ordena que localice a Capdevila, le presente, en su nombre, sus respetos, y se entere de lo que quiera o pueda necesitar para él o su familia. Recalca el guerrero:
—Fíjese bien, Comandante, tengo especial interés en que no le ocurra a Capdevila nada desagradable. ¡Cuide a ese hombre que supo serlo cuando muchos no fueron capaces de ello!
Federico Capdevila fue, en 1871, el valiente defensor de los estudiantes de Medicina.

Circula un rumor

El 16 se rinden las tropas españolas que defienden Santiago. Al día siguiente entran en la ciudad los norteamericanos; solo los norteamericanos, pues el general Shafter prohíbe la entrada a las tropas cubanas.
Un hecho digno de tenerse en cuenta ocurre cuando en el Palacio de Gobierno es arriada la bandera española y se iza la de EE. UU.
Indignados y coléricos, los mambises destacados en el fuerte de La Socapa izan, en señal de protesta, la bandera de la estrella solitaria, que es rápidamente retirada para que la sustituya la de las barras y las estrellas.
José de Armas y Cárdenas, uno de los periodistas cubanos más destacados de todos los tiempos y que hizo célebre el seudónimo de Justo de Lara, escribe entonces desde el mismo teatro de operaciones donde asiste como corresponsal de guerra: «Mientras que el general Shafter necesitó del general García, se comunicaba con él, poniéndolo al corriente de todas las operaciones. Una vez que acordó con los españoles la rendición de la plaza, se apartó del general cubano, a quien llegó a ocultar la importante operación que iba a realizar».
Es el mismo Calixto García quien ofrece los elementos de juicio necesarios para comprender lo que pasa, cuando en la carta que dirige a Shafter y que dicta a Justo de Lara, afirma:
«Los importantes actos de la rendición del ejército español y de la toma de posesión de la ciudad por usted tuvieron lugar, y solo llegaron a mi conocimiento por rumores públicos. No fui tampoco honrado con una sola palabra de parte de usted, invitándome a mí, a los demás oficiales de Estado Mayor, para que representáramos al ejército cubano en ocasión tan solemne.
«Sé, por último, que usted ha dejado constituidas en Santiago a las mismas autoridades españolas contra las cuales he luchado tres años como enemigas de la independencia de Cuba. Yo debo informar a usted, que esas autoridades no fueron nunca electas por los habitantes residentes en Santiago de Cuba, sino nombradas por un decreto de la reina de España».
Expresa, por último, el mayor general Calixto García:
«Circula un rumor, que por lo absurdo no es digno de crédito general, de que la orden de impedir a mi ejército su entrada en Santiago ha obedecido al temor de venganza contra los españoles. Permítame usted que proteste contra la más ligera sombra de semejante pensamiento, porque no somos un pueblo de salvajes que desconoce los principios de la guerra civilizada, formamos un ejército pobre y harapiento como lo fue el ejército de sus antepasados en su guerra noble por la independencia de Estados Unidos de América, pero a semejanza de los héroes de Saratoga y Yorktown, respetamos demasiado nuestra causa para mancharla con la barbarie y la cobardía».

Shafter obedece instrucciones

Shafter sin embargo no actuaba por iniciativa propia. Lo deja muy claro en su respuesta a Calixto: «Yo no puedo discutir la política del Gobierno de Estados Unidos, al querer que continúen en sus puestos temporalmente las personas que los ocupaban. Para que usted se entere bien, le remito copia de las instrucciones del Presidente que recibí ayer, las cuales resuelven cualquier dificultad que pueda suscitarse en el Gobierno de este territorio mientras esté ocupado por Estados Unidos».
Cuando Calixto García logra entrar en la ciudad, son apoteósicos el entusiasmo y la alegría de los santiagueros que salen en masa a saludarlo, y lo mismo sucederá a su llegada a La Habana. En carta al mayor general Máximo Gómez presenta su renuncia irrevocable al cargo de Lugarteniente General «por no estar dispuesto a seguir obedeciendo las órdenes y cooperando a los planes del ejército americano». Informa que marcha a Jiguaní, con toda la tropa bajo su mando, en espera de la respuesta del jefe del Ejército Libertador. El 29 de julio ocupa Gibara y presta toda la ayuda posible a heridos y enfermos españoles que abarrotan los hospitales de guerra de esa localidad. Días después, derrota, en las inmediaciones de esa ciudad, a la tropa del general Luque, que intenta recuperar Gibara. No pasa mucho tiempo sin que Shafter sea relevado de su mando y sustituido por el general Lawton.
En Washington se tributaría a Calixto García una acogida que testigos cubanos califican de «grandiosa», si bien no se concedió carácter oficial a su visita.
«Se cometió el error de poner al general Shafter al frente de las tropas que vinieron a Santiago, y su ineptitud tenía que traer, como trajo, la protesta del mayor general García, quien no podía, por la dignidad y prestigio de su ejército, y del suyo propio de soldado, aceptar la preterición de que fuimos objeto, cuando el buen éxito de la campaña de Santiago corresponde en gran parte —como algún día próximo he de demostrar— al ejército cubano de Oriente y a sus valientes generales bajo el mando del propio general García».
Así lo declara a un semanario habanero, el 20 de octubre de 1898, el coronel Cosme de la Torriente, uno de los oficiales del Estado Mayor de Calixto y que andando el tiempo —falleció en 1956— llegaría a ser embajador y canciller de Cuba y presidente de la Asamblea de la Sociedad de Naciones, un distinguido jurista con bufete en Mercaderes número 26, en La Habana Vieja.
Escribe Torriente, el 11 de diciembre de 1899, en ocasión del primer aniversario de la muerte de Calixto:
«Cuando alguno de los que estuvieron con él en el sitio de Santiago de Cuba publique sus recuerdos de esa campaña… entonces, solo entonces se podrán apreciar sus grandes servicios al ejército americano; entonces se podrá conocer la participación principalísima que en tal campaña tuvo el ejército cubano, que tan criticado fue por los que tanto le debieron; entonces se podrán aquilatar el gran tacto y la gran pericia de Calixto García para tratar con aquel general inepto… y entonces se verán también las grandes virtudes de nuestro héroe, su gran patriotismo, su gran respeto a la ley y a la libertad».

Ochenta y seis corresponsales de guerra

Se dice que esta fue la primera guerra moderna. No por el armamento empleado, sino por su impacto mediático. Sucesos que antecedieron al estallido de la contienda fueron enfocados por la prensa norteamericana con un tinte «amarillo» y sensacionalista que en buena medida acondicionó para lo que vendría la mentalidad del norteamericano promedio.
Hubo hechos construidos por la propia prensa, como la fuga de la patriota cubana Evangelina Cossío de la Casa de Recogidas de La Habana, a quien, ya en EE. UU., se le tributó una recepción grandiosa en Madison Square, el Presidente la recibió en la Casa Blanca, la agasajaron en el Congreso y las familias más conspicuas, mientras se fundían en su honor cien mil monedas de plata para hacerle vivir sus 15 minutos de gloria, porque moriría olvidada y en la pobreza.
Para reportar el conflicto —algo insólito en la época— 86 periodistas se acreditaron y viajaron como corresponsales de guerra, entre ellos 20 fotógrafos y seis dibujantes. Con ellos vino el antes aludido Justo de Lara.
El cinematógrafo, recién inventado entonces, no quedó fuera y llegó asimismo para dar testimonio en las principales direcciones en que el cine habría de desarrollarse: la ficción y el documental. Fue entonces cuando se filmaron, por la Vitagraph Company, las primeras imágenes en movimiento de una guerra real. La historia del teniente Rowan, portador del célebre mensaje del Presidente norteamericano, a Calixto García, se ficcionó en una cinta de Hollywood protagonizada por Wallace Beary, uno de los adelantados del entonces incipiente sistema de estrellas.
¿Qué nombre dar a esta guerra? Durante años, mientras se daba al conflicto el nombre de guerra hispano-norteamericana, historiadores cubanos se empeñaron y consiguieron un nuevo nombre: guerra hispano-cubano-americana.
¿Cuál de los dos es más apropiado? El historiador Oscar Loyola se decide por el primero. La guerra que Cuba libró contra España entre 1895 y 1898 —guerra hispano-cubana— fue una clásica guerra anticolonial; la intervención norteamericana no introdujo un tercer elemento en esta guerra, dice Loyola, pues los sujetos sociales implicados se mantuvieron idénticos. Lo que sucedió es que a esa contienda anticolonial se le superpuso otra, la de EE. UU. contra España por el dominio de Cuba; un colonialismo nuevo que daba una batalla, ganada de antemano, por desplazar de la Isla a un viejo colonialismo.
Esa guerra, que debe denominarse hispano-norteamericana, se libra en el mismo escenario geográfico en que transcurría la guerra hispano-cubana. Apunta Loyola: «Los intereses que llevaron a Cuba, a España y a EE. UU. a la guerra eran tremendamente diferentes… Lo que determina el carácter de una guerra es el fin que persigue. A la guerra nacional liberadora del pueblo cubano le fue arrebatada, en los marcos de una guerra entre potencias, la primacía histórica.

Ciro Bianchi Ross



lunedì 4 luglio 2016

Dizionario del mare per lupi di terra

BOCCA DI RANCIO: cavità orale dei militari