Ogni tanto ricevo ancora qualche
richiesta di suggerimento per trasferirsi a Cuba a scopo di lavoro. Qualche
anno fa avevo pubblicato alcuni chiarimenti in merito che ritengo opportuno
riassumere per ricordare i problemi esistenti in questo campo.
In primo luogo, un trasferimento a
Cuba per motivi di lavoro comporta l’apertura di un’attività, ritenuta utile al
Paese, con conseguente investimento che comporta somme notevoli. In
questo caso l’imprenditore può inviare a Cuba in sua rappresentanza personale amministrativo o operativo di sua fiducia. Pertanto è possibile,
avendo conoscenza e fortuna, farsi assumere in Italia (o altro Paese estero)
dall’imprenditore per lavorare a Cuba. Questo “status” da diritto alla residenza
temporanea che ha la durata del contratto di lavoro e che è prorogata ogni
anno. Per avere una residenza permanente che da la possibilità (molto
teorica) di lavorare in un’azienda cubana o svolgere lavori per conto proprio,
normalmente bisogna avere un coniuge a Cuba o se si fosse divorziati, anche uno
o più figli di madre o padre cubano e residenti nel Paese. Esistono anche altre
possibilità per “ragioni umanitarie” che vengono valutate, caso per caso e che
non credo facciano parte della casistica di persone in età lavorativa, almeno
generalmente.
Bisogna tener presente che lavorare a Cuba, come residente permanente,
comporta un tenore di vita sensibilmente inferiore a quello che si ha nei Paesi
industrializzati e comporta limitazioni materiali di cui il turista non ne
risente, a meno che non si abbia un’altra fonte di reddito esterno o si apporti
un capitale per avviare un lavoro autonomo che abbia un buon ritorno economico.