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venerdì 1 agosto 2014

Informazione

INFORMAZIONE: compagnia, plotone o squadra allineata e coperta

giovedì 31 luglio 2014

I sogni nel cassetto. Esperienze.

Fonte: nuke.mollotutto.com

TRASFERIRSI A VIVERE E LAVORARE A CUBA
Martina dalla provincia di Venezia ai ritmi cubani:
“Il futuro? Me ne preoccuperò quando diverrà presente”

Di Emiliana Pistillo 15/05/2013                                                
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Martina è una ragazza piena di vita, di sogni e magnificamente determinata, originaria della provincia di Venezia. Già da piccola si rende conto di vivere in una cittadina che le sta troppo stretta e allora comincia a guardare lontano, comincia a sognare una terra magica. Per dieci anni ha avuto un sogno, Cuba, che con grinta e volontà è riuscita a raggiungere senza mai perdersi d’animo. Ora lavora presso il distributore di auto KIA Motors e materiali per l'industria, Finauto International e sta cercando un dottorato a Cuba per non abbandonare il percorso accademico e formativo portato avanti fino ad ora. 









“…Scoprii la vera Cuba, dotata di enormi contraddizioni ma, forse proprio per questo, sempre in grado di stupirmi: povertà ma sanità e istruzione gratuite, città e campagna, generosità e avidità, due valute (CUC ed MN), stranieri e cubani, con o contro il governo, le differenze sociali, etc. Insomma, dopo 30 giorni ritornai con più domande che risposte…”

Dal natio borgo selvaggio
Mi chiamo Martina e sono nata a San Donà di Piave, una cittadina in provincia di Venezia che per molte ragioni non ho mai esitato a considerare il mio "natio borgo selvaggio".  Fin da piccola ho sempre bruciato le tappe, imparando a leggere a soli 3 anni e a scrivere il mio primo racconto breve a 9. Coi miei coetanei sandonatesi non mi sono mai trovata bene, e ricordo le litigate coi compagni di asilo e di scuola come se fosse ieri. Di persone care del paesello potrei soltanto citare mio fratello Riccardo e la mia migliore amica Simona.
 Io , Mao e i ritmi cubani
Vivo all'Avana, nel Vedado, ex quartiere della mafia e dei night ed ora sede della movida avanera: ristoranti, cinema, cabaret e universitari a passeggio. Vivo con 100 CUC al mese (circa 80 euro), ovvero come una cubana benestante.. cioè bene ma senza eccessi. La discoteca è cara, idem i locali, ma a me non piacciono; in compenso, le mie vere passioni sono reperibili a basso costo: lbri, teatro, balletto classico, cinema e opera lirica. Di recente ho visto i balletti Coppelia e Schiaccianoci, nonché la Boheme di Puccini, tutti spettacoli di ottimo livello e il cui costo non superava 1 CUC (0,80 centesimi di euro). I cubani adorano i cani, ma io ho di recente preso in adozione un gatto, Mao (Tse-Tung), un diavoletto di tre mesi che rallegra le mattine e i rientri serali dal lavoro. Quando non lavoro, guardo la Tv, assisto a più eventi pubblici, politici e culturali possibile, faccio pubbliche relazioni e, ovviamente, bado alla casa e faccio le spese. Qui i ritmi sono lenti, molto più lenti dell'Italia, ma a una persona ansiosa come me non possono che giovare.

L’amore per Cuba
Nelle mie solitudini adolescenziali, cominciai a interessarmi, per caso, dell'America latina e soprattutto del "caso cubano", tanto che me ne innamorai. Iniziai a studiare tutto quel che trovavo sull'argomento Cuba:  cultura, storia, stile di vita e addirittura imparai lo spagnolo da privatista fino ad arrivare al livello C2. Tuttavia, dato lo scarso appoggio dei miei genitori alla causa, la giovane età e la mancanza cronica di denaro, non potevo, all'epoca, effettuare il tanto agognato viaggio verso la Isla Grande.
La svolta alla mia esistenza ribelle arrivò con l'università, vincendo il concorso della Scuola Galileiana di Studi Superiori (www.scuolagalileiana.unipd.it) dell'Ateneo di Padova, una scuola di eccellenza aperta a tutti i folli studiosi come me. In quei cinque anni trascorsi al Collegio Morgagni ho stretto buone amicizie e frequentato un ambiente ben più stimolante di quello della mia città natale.
Il concorso di ammissione alla Galileiana mi fece conoscere il mio primo e attuale ragazzo, Andrea, che entrò poi alla Normale di Pisa, costringendo entrambi a una rocambolesca storia a distanza Padova-Pisa. Grazie ad Andrea imparai a viaggiare, sia in Italia che all'estero, nonché a riordinare i miei pensieri in una forma più sistematica, al di là delle simpatie istintive.

La prima volta a Cuba
Proprio con Andrea partii alla volta di Cuba, nel luglio del 2009, tre giorni dopo il conseguimento della Laurea Triennale in Lettere Moderne. Fu un viaggio di due settimane, fondamentalmente turistico ma non troppo, alla scoperta dei luoghi storici e naturalistici dell'isola, nonché delle sue principali città: La Habana, la capitale; Santa Clara, la città del Che Guevara; Trinidad e Camaguey, gioielli coloniali; Bayamo, città simbolo del Risorgimento cubano dell'Ottocento, contro gli spagnoli; la Sierra Maestra, in cui si rifugiarono Fidel Castro e i suoi guerriglieri per dare inizio alla Rivoluzione cubana; Santiago di Cuba, seconda città del paese, a 900km dalla capitale e, infine, la Baia dei Porci, luogo che vide lo sbarco delle truppe statunitensi nel '61 e il loro annientamento in sole 72 ore. Tour impegnativo, forse troppo per la prima volta, ma che riuscimmo, tra peripezie e litigate, a portare a termine.

La seconda volta: la Vera Cuba
Il secondo viaggio, effettuato a novembre 2010, durò un mese e lo feci da sola, con uno zaino di 20kg sulle spalle e uno zainetto di 5kg davanti, utilizzando treni, camion, autostop, autobus locali per muovermi. Gli stessi cubani, soprattutto i miei "nonni" che mi affittavano la stanza, mi aiutarono a scegliere le soluzioni meno turistiche e più economiche. In questo modo scoprii la Vera Cuba, dotata di enormi contraddizioni ma, forse proprio per questo, sempre in grado di stupirmi: povertà ma sanità e istruzione gratuite, città e campagna, generosità e avidità, due valute (CUC ed MN), stranieri e cubani, con o contro il governo, le differenze sociali, etc.
Insomma, dopo 30 giorni ritornai con più domande che risposte, ma ben presto la "Cubanite", malattia di chi ha nostalgia della maggiore delle Antille, bussò di nuovo alla porta, e nel mezzo della crisi di nervi mi resi conto che la mia vita futura poteva prendere due strade: 1) Fare carriera in Italia e usare tutte le ferie e i risparmi per andare a Cuba; 2) Cercare di vivere e lavorare li', per acquietare definitivamente la cubanite. E, poiché "tentar non nuoce, ma i rimpianti si'", optai per la seconda soluzione, dato che per mettere in pratica la prima c'è sempre tempo.



Vivere e lavorare a Cuba,
come?


Quel che non avevo ben capito all'inizio fu che mi aspettava un anno di inferno, prima di riuscire a vedere i frutti della mia piccola follia: a Cuba la burocrazia è atroce, e se non si hanno agganci la strada rischia di trasformarsi in un vicolo chiuso, per la semplice ragione che le aziende straniere, fra cui molte italiane, presenti sul territorio cubano difficilmente sono in cerca di personale, e, al contrario, sono sommerse di richieste da parte di persone che vorrebbero trasferirsi a vivere sull'isola.
Vivere e lavorare, lavorare e vivere. Le due cose sono connesse, perché chi trova lavoro a Cuba ha diritto a risiedere nel paese per tutta la durata del contratto di lavoro, che va rinnovato ogni anno. Altre soluzioni per poter ottenere la residenza sono: iscriversi a una Università cubana o sposarsi con cubano/a. Quest'ultima possibilità permette di accedere alla residenza permanente e, di conseguenza, a tutti i diritti/doveri dei cubani.
Nonostante queste reali difficoltà, sono riuscita a trovare lavoro, al primo tentativo, presso il distributore di auto KIA Motors e materiali per l'industria, Finauto International (www.finautointernational.com), azienda con Casa Madre in Liechtenstein ma con una dirigenza tutta italiana; e cosi', dopo 10 anni di sogni e con 26 anni sulle spalle, sono finalmente Residente Temporal a Cuba, come pure dimostra la mia Carta di Identità Cubana. Nel frattempo, mi sono laureata alla Magistrale in Linguistica e ho conseguito il Diploma della Scuola Galileiana con una tesi sull'unico italiano che partecipò alla rivoluzione. 




Trasferirsi a CUBA Martina

E l’Italia?

Sinceramente dell'Italia non mi manca niente, fatta eccezione quando mi lamento per l'alto prezzo dell'olio d'oliva e del cibo in scatola.. ma risolvo tutto grazie ad amici italiani che, venendo a Cuba, mi portano questi alimenti voluttuari. Amo i cubani, ma mi fido di pochissimi: le truffe allo straniero sono sempre dietro l'angolo e anche chi vive da anni qui continua a cascarci; tuttavia ho conosciuto persone splendide che mi hanno offerto sostegno morale e materiale fin dall'inizio, appoggiando i miei sogni e i miei progetti. L'Italia è un paese molto amato dal popolo cubano, soprattutto per la moda e il cibo. 


Trasferirsi a CUBA Martina

Sono tornata in Italia a marzo 2013, dopo un anno di assenza dall'Italia, per discutere la tesi della Scuola Galileiana, e ci ritornerò ogni qual volta sia necessario. Non odio l'Italia, semplicemente sto meglio qui, per ora.. e vorrei che il mio fidanzato Andrea mi raggiungesse per metter su famiglia e crescere a Cuba i nostri figli. Può darsi che decida tornare, ma se ciò accadrà sarà soltanto frutto di una decisione meditata a lungo, e soprattutto, non influenzata da genitori, amici o relazioni sentimentali.
Al momento sto cercando un dottorato a Cuba che faccia al caso mio, per non abbandonare il percorso accademico e formativo portato avanti fino ad ora.

Il futuro? 
Me ne preoccuperò quando diverrà presente.




Di Emiliana Pistillo 15/05/2013



Infamato

INFAMATO: privo di appetito

mercoledì 30 luglio 2014

Infamante

INFAMANTE: amante di cui vergognarsi

martedì 29 luglio 2014

Café Corner: ¿otra esquina habanera que se pondrá de moda?
Fonte:  Cuba contemporanea
Por Yizzet Bermello
Fotos Alvite
26 Julio, 2014 - 09:06
Dice el diccionario, el de papel en nuestros estantes y luego la auxiliadora Wikipedia, que las esquinas “son puntos de encuentro, de confluencia”; casi siempre con decoración llamativa cuando hablamos de las ciudades y con ángulos perfectos que incitan al intercambio. No por gusto tantos negocios famosos del mundo se han robado el protagonismo en una esquina donde chocan dos grandes avenidas o dos calles importantes.
Es evidente que conoce bien esta definición el propietario de un snack café abierto hace apenas unos días en la convergencia de 27 y 4, en pleno corazón del habanero barrio de El Vedado, tomando el recodo izquierdo de una de esas casonas majestuosas a las que uno no puede dejar de mirar cuando se pasa por cualquiera de las aceras colindantes.
“El nombre de Café Corner viene por la coincidencia entre un antiguo apellido familiar y la ubicación de este proyecto”, nos cuenta Luis Enrique Alfonso, el titular, en tanto tratamos de adivinar la geografía exacta a la que pertenecen otras esquinas de relieve mundial que se recrean en los enormes posters colgados en las paredes, o en imágenes casi difuminadas que acompañan el diseño de sus cartas-menú.
Pero lo que más llama la atención en la novedosa propuesta de este emprendedor habanero y su equipo de trabajo no es precisamente esa imagen que apenas comienzan a perfilar, y que sin dudas irá tomando forma y acabado en la misma medida en que logren encaminar sus propósitos.
“Abogamos por defender un concepto diferente al de muchos espacios de este tipo que existen hoy en la ciudad, o al que tenía incluso la iniciativa anterior que se desarrolló en este mismo local: nuestra idea fue hacer un café de tapas, pinchos y bocados, además de algunos platos selectos y coctelería muy actualizada, que permitan conformar un momento de placer integral, complementado con un ambiente propicio para disfrutar de buena música, conversar y compartir con allegados y conocidos”, explica Alfonso.
Refiere que este proyecto llega muy ligado con la nostalgia que existe en su generación y la nuestra por aquellas tardes de reuniones que en otros tiempos realizábamos con asiduidad, en la terraza propia o la de los amigos, y ahora postergamos bastante por las crecientes obligaciones laborales, los hijos que espigan y los insondables huecos que nos ha dejado la emigración. “Queremos seguir siendo aquí el anfitrión que éramos en esas terrazas”, enfatiza.
Reclama igualmente el propietario del Café Corner la necesidad de propiciar el resurgimiento de lugares que brinden un entorno favorable de tranquilidad y servicio para la realización en las tardes de pequeñas reuniones y almuerzos de negocios o sencillas celebraciones familiares, para luego en las noches abrirse a quienes gustan de opciones ligeras de comida y alguna bebida y alejar un poco el estrés, mientras se disfruta de una atmósfera de intimidad y absoluto confort.
“También eso pretendemos ser, y sin distinciones de edades, porque contrario a lo que suele decirse, existen muchos jóvenes buscando alternativas con este corte. Nos gustaría atraer, por ejemplo, a los que salen de los conciertos, a las personas que tras el teatro o un espectáculo quieren sentarse a debatir sobre lo que vieron, o a esos bohemios más sanos que hacen vida nocturna y gustan de recorrer varios sitios de su preferencia, con el único objetivo de coincidir con otros amigos”, puntualiza nuestro interlocutor.     
Menciona ese último nicho potencial de clientes y casi nos vemos obligados a hablar de un fenómeno que se da mucho en España y otros países europeos: el de la llamada “marcha”, un fenómeno que en algún momento se desarrollará también en Cuba y llevará a la creación de circuitos de establecimientos que se verán obligados a colaborar entre sí. “Son tendencias muy extendidas para las que hay que estar preparados”, dice Alfonso y considera que se requerirá de un cambio completo de mentalidad en tal dirección.
Aclara, no obstante, que en el Café Corner no quieren públicos transgresores y poco respetuosos, de esos que prefieren la música alta, el bullicio y defienden su diversión a cualquier costo. “Desgraciadamente han trazado patrones de moda, pero no haremos concesiones al respecto”, asegura.
En relación con los planes a corto y mediano plazo, habla de sus aspiraciones inmediatas de sumar a la carta, que muestra hoy opciones diversas de coctelería, tapas y entrantes, tacos, platos principales, postres y bebidas, más de 20 recetas de cafés calientes y fríos que le ayudarán a completar después otra iniciativa: la de ubicar en áreas exteriores del establecimiento una alternativa de terraza con sombrillas que funcione como desayunador.      
“Queremos tener oportunidades para todos los interesados en disfrutar de un ocio sano, pero definitivamente no nos interesa un lugar abarrotado de personas. El sueño que impulsamos tiene que ver con un sitio diferente, interesante, donde el visitante sea bien atendido a toda hora y sobre todo se sienta siempre a gusto”, concluye el propietario.
Con esas metas bajo la manga, un equipo de trabajadores jóvenes que parecen muy dispuestos a colaborar para que el nuevo negocio florezca, más su estratégica locación, Café Corner luce destinado a convertirse en otra de las esquinas habaneras que se pondrá de moda… Creo que solo le resta algo de tiempo y suerte.




Inespresso

INESPRESSO: nel caffè

lunedì 28 luglio 2014

El Barrio Chino, tra Centro Avana e Avana Vecchia









Appunti d'estate, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 27/7/14

Il primo ricettario cubano di cocktails, si pubblicò all’Avana nel 1930. Sei anni dopo, tra il 16 e il 24 di novembre del 1936, la prima gara nella preparazione dei cocktails celebrata nell’Isola, evidenziava la maturità dei baristi cubani. Fu un incontro che si estese per sette giorni in quanto in ogni giornata si concorreva con una bevanda base diversa: vermouth, rum, cognac, gin, eccetera. Per ciascuna di esse il concorrente doveva elaborare sette cocktails affinché una giuria, non professionista, scegliesse i migliori.
Tanto la pubblicazione del foglietto, come la gara, furono auspiciate dal Club dei Baristi della Repubblica di Cuba, reinscritto ufficialmente nel 1998 come associazione dei baristi. Dalla sua costituzione ufficiale, il 27 giugno del 1924, questa entità si impegnò nel rendere degna la professione dei suoi membri e nel loro perfezionamento. Fino a ben entrata la decade del ’20, tutti i baristi che prestavano servizio nel Casinò Nazionale e nel Country Club dell’Avana – attuale quartiere Cubanacan – erano nordamericani. Ancora nel 1933 e 1934 circa 600 statunitensi si dismpegnavano come baristi nella capitale cubana, si capisce, nei migliori bar. José Cuervo fu il primo cubano che ebbe impiego come barista nel lussuoso ed esclusivo centro citato. Molto cambiò nella realtà a partire da lì. Il martedì 30 dicembre del 1930, alle 21,30, quando si inaugurò l’Hotel Nacional, tutti i baristi di quel complesso alberghiero erano cubani e José Cuervo, il suo capo cantiniere.
Cuervo lavorò anche nel Biltmore, nell’Avana Yacht Club e anche all’Hotel Presidente. Presiedette il Club dei Baristi e creò una scuola tecnico-professionale per i suoi membri con corsi teorici e pratici di 90 giorni con lezioni di inglese. Offrì, negli Stati Uniti, lezioni e dimostrazioni sui cocktails cubani a base di rum e dotò il club del primo Manuale del Barman. Morì nel 1942 a Santiago de Cuba, dove si disimpegnava come rappresentante della birra Polar.

Il Cabaret Regalías

Cristóbal Díaz Ayala, ricorda nel suo libro Musica cubana, dall’areíto al rap cubano – che conta fin dove lo scriba è al corrente, di quattro edizioni a Portorico – che nella categoria dei musicali, il programma più popolare della televisione cubana nella decade del 1950, fu Cabaret Regalías, trasmesso dalla CMQ, canale 6. Lo conduceva, crede di ricordare colui che scrive, l’attore Rolando Ochoa ed era patrocinato dalle sigarette Regalías el Cuño. Quando questa marca tabacchiera cessò di pagare lo spazio, nel 1954, il programma allora sponosrizzato dalle sigarette Edén, cominciò a chiamarsi Casino de la Alegría e continuò a godere dei favori del pubblico. Niente gli strappava la teleaudienza, né la Escuela de Televisión, di Gaspar Pumarejo che andava in onda la sera attraverso Tele Mundo-Canal 2, né il baseball teletrasmesso. Díaz Ayala scrive che i mercoledì, che era quando si trasmetteva il programma, le entrate alle sale cinematografiche scendevano di un 40 per cento e, all’interno del Paese, gli abitanti che non avevano servizio di elettricità si spostavano dove c’era per non perderlo.
A questo stava alle calcagna, in quanto a popolarità, un altro musicale: Jueves de Partagás, pure trasmesso dal 6 ed era animato dl grande attore Enrique Santiesteban. Nel suo libro Televisión: ángel o demonio, Josefa Bracero espone che nel 1952, nella prima inchiesta seria della TV cubana, Cabaret Regalías si pose com eil programma più visto con più del 64 per cento di teleaudienza. Solo una volta Jueves de Partagás lo superò e con poco margine.
Ancora nel 1959, il Casino de la Alegría con un 55,6 per cento capitanava la lista dei 25 programmi di maggior teleaudienza. Lo seguiva Jueves de Partagás col 46,5 per cento. Seguivano Aquí todos hacen de todo, sponsorizzato dal detersivo Ace, animato da German Pinelli; gli umoristici Garrido y Piñero e El show de Pepe Biondi. Martes Miercoles y domingos de amor Palmolive raggiungeva un 34,5 per cento e il Noticiero CMQ della sera appariva al numero 20 delle preferenze.
Allora, le serie nordamericane preferite erano, nell’ordine, Rin-Tin-Tin, Patrulla de caminos, La ley del revólver e El llanero solitario.
Casino de la Alegría, cessò di uscire nel 1961. Josefa Bracero afferma che il 22 febbraio di quell’anno il circuito CMQ e le sue imprese, previa consultazione popolare, cominciarono a ritirare i loro annunci commerciali e che il 27 marzo successivo ci furono i funerali della radio e televisione commerciale in tutto il Paese.

Il tempo in onda di Crusellas

Il Circuito Nazionale Cubano con le sue 12 emittenti nazionali, fu espropriato il 12 gennaio del 1959; la quasi totalità delle sue azioni erano a nome di Fulgencio Batista.
Non tardò a passare in mano alla nazione il canale 12, che pure era proprietà di Batista anche se apparentemente apparteneva a Gaspar Pumarejo. Il 23 febbraio del 1960 era il turno di Tele Munado-Canal 2 e al Canal 10, entrambi di proprietà di Amadeo Barletta. Il 2 aveva una programmazione regolare, non così il 10 che manteneva solo occupata la frequenza. Il 25 marzo dello stesso anno, l’esproprio giungeva alle porte dei canali 4 e 7 dove, come nel Canal 2, si amnifestavano acuti contrasti tra i lavoratori e la proprietà.
Josefa Bracero dice nel citato libro che il Paese, in risposta ad aggressioni esterne, dispose l’esproprio di imprese nordamericane come modo di difendere la propria sovranità. Fra di esse passarono a sovranità nazionale imprese promotrici di pubblicità come Sabatés y Crucellas che rappresentavano grandi monopoli nordamericani come la Procter and Gamble, Colgate Palmolive e Peet. Queste, assieme alla Publicitaria Siboney, i cui proprietari uscirono dal Paese, mantenevano le maggiori percentuali di annunci commerciali in CMQ Radio e TV.
Bracero commenta che questi espropri ripercossero nella radio e televisione, specialmente nell’impresa maggiore, il Circuito CMQ, dovuto a che il salario del personale proveniva dagli annunci commerciali e le maggiori entrate per questo concetto derivava dalle pubblicitarie espropriate. Solo Crusellas manteneva il 60 per cento del tempo in onda della CMQ.
Goar Mestre, il proprietario principale della CMQ, era fuori dal Paese e la direttiva del Circuito si negava a dare risposta alle esigenze del personale. È in queste circostanze che il Governo Rivoluzionario decide l’esproprio. Nel settembre 1960 vengono espropriate la CMQ e le sue imprese. In questo giro, Mestre era proprietario dei canali 6 e 7 della TV, delle emittenti radio CMQ, Radio Reloj, Radio Universal e la CMBF Radio Musical.
In realtà possedeva altre 20 aziende che andavano da un canale TV in Argentina, la Publicitaria Mestre Conill e fabbriche produttrici di cioccolato, succhi e conserve di frutta, medicinali, cosmetici e negozi dedicati alla vendita di elettrodomestici e automobili. Per non lasciar perdere, era proprietario anche di una fabbrica di candele. In totale aveva 23 aziende, valutate 15 milioni di pesos, equivalenti a dollari. Era, dice Guíllermo Jiménez ne Los propietarios de Cuba; 1958, “uno degli imprenditori di maggior successo, con maggior iniziativa e capacità di gestione”.

Settanta Cuba Libre al secondo

Nei giorni del proibizionismo negli Stati Uniti (1920-1935), il cocktail cubano visse la sua epoca d’oro. Ma da allora molte miscele di bevande rimasero per strada e oggi non sono che meri riferimenti.
Nonostante i gusti cambiano da un bevitore all’altro, i dieci migliori cocktails cubani, i classici. Sono Mary Pickford, Havana Special, Mojito, Isla de Pinos, Presidente, Cuba Libre, Saoco, Mulata, Ron Collins e Daiquirí. Di tutti loro, solo il Daiquirí figura tra i dieci grandi cocktails del mondo, assieme al Old fashioned, il Wisky sour e il Manhattan. Anche così il coktail cubano più conosciuto e sollecitato è il Cuba Libre. Si calcola che nel mondo si bevono 70 Cuba Libre al secondo.
Il bar cubano più famoso è sempre stato il Floridita. Altre cantine notevoli furono, nel loro momento, quelle degli hotel Plaza e Inglaterra e quella del ristorante El Patio, in Prado angolo Genios. Fino agli anni ’50 del secolo scorso, il bar dalle maggiori vendite era lo Sloppy Joe’s. Il turismo nordamericano lo preferiva, ma il nordamericano residente a Cuba si decideva per Mes Ames, in 7ma e 42, Miramar. Il bar della spiaggia La Concha fu celebre negli anni ’30 dello scorso secolo per il suo mojito frullato; cocktail che poi passa al bar dell’ Hotel Florida, in Obispo e Cuba, prima di vincere il riconoscimento della cittadinananza internazionale ne La Bodeguita del Medio. Panamerican, in Bernaza n. 1 angolo O’Reilly, fu il primo bar avanero che dispose della meraviglia dell’aria condizionata. Il Floridita, a meno di cento metri, si sentì minacciato e il suo proprietario terminò install’ando anch’egli una condizionatore d’aria.
Tra il 1957 e il 1958 i cabaret di lusso dell’Avana sperimentarono un autentico periodo di splendore. In poco tempo, davanti allo sguardo attonito degli avaneri si edificarono, nel Vedado, gli alberghi Habana Riviera, Capri e Habana Hilton, tre grandi e sontuose strutture provvisti dei rispettivi cabaret, bar e sale da gioco. In Galiano e Malecón, il Deauville aprì le sue porte il 17 luglio del 1958 e contemporaneamente, nella città di Santa Clara,avveniva l’aperura del cabaret Venecia col suo elegante casinò.
Nel febbraio del 1959, Nat Kahn, gerente dell’hotel Riviera dichiarava: “Tre nuovi hotel di lusso all’Avana che si inaugurarono l’anno scorso, furono fattori decisivi per strappare la clientela a la Florida”. Con il gioco legalizzato come attrazione principale, l’Avana ebbe la sua miglior stagione turistica tra il 1957 e il 1958.
Esistevano bar e cabaret di seconda e terza categoria e perfino di quarta. Quasi tutte le botteghe possedevano un bancone di mescita. Il servizio di bar nella bottega era fino alle sette di sera. Se si prolungava, il proprietario doveva pagare le tasse, non come bottega, ma come bar che erano più elevate. Lo stesso succedeva coi caffè. Da lì che, con attenzione ai tributi dovuti al fisco, ci fossero caffè senza alcol.
Tanto nei bar come nelle semplici botteghe era abituale lo stuzzichino. Formaggio a fette o in cubetti, olive, ciccioli di maiale o una fetta di prosciutto...stimolavano il cliente a che continuasse a bere. Molto buone erano le gallette preparate che offrivano ne La Princesa di Concepción e 16, in Lawton, con prosciutto, formaggio, cetriolino sottaceto e zampa di maiale che si arrostiva al momento.
Nei bar e botteghe , sopratutto in queste, era frequente il gioco dei dadi. Quello che perdeva pagava il giro successivo.

Apuntes de verano
Ciro Bianchi Ross * digital@juventudrebelde.cu
26 de Julio del 2014 21:39:23 CDT

El primer recetario cubano de cocteles se publicó en La Habana en
1930. Seis años después, entre el 16 y el 24 de noviembre de 1936, la
primera competencia de coctelería celebrada en la Isla evidenciaba la
madurez de los cantineros cubanos. Fue un encuentro que se extendió a
lo largo de siete días, porque en cada jornada se concursó con una
bebida base distinta: vermut, ron, coñac, ginebra, etc. Y por cada una
de ellas cada concursante debía elaborar siete cocteles, para que un
jurado no profesional escogiera los mejores.
Tanto la publicación del folleto como la competencia fueron
auspiciadas por el Club de Cantineros de la República de Cuba,
reinscrito oficialmente en 1998 como Asociación de Cantineros. Desde
su constitución oficial el 27 de junio de 1924, esa entidad se empeñó
en dignificar la profesión de sus miembros y en su superación. Hasta
bien entrada la década del 20, todos los cantineros que prestaban
servicio en el Casino Nacional, en el Country Club de La Habana
--actual reparto Cubanacán--, eran norteamericanos. Todavía entre 1933 y
1934 unos 600 estadounidenses se desempeñaban como bármanes en la
capital cubana, entiéndase en los mejores bares. José Cuervo fue el
primer cubano que consiguió empleo como cantinero en el lujoso y
exclusivo centro aludido. Mucho cambió la realidad a partir de ahí. El
martes 30 de diciembre de 1930, a las 9 y 30 de la noche, cuando se
inauguró el Hotel Nacional, eran cubanos todos los cantineros de ese
establecimiento hotelero y José Cuervo, su jefe de cantina.
Cuervo laboró asimismo en el Biltmore, en el Havana Yacht Club, y
también en el Hotel Presidente. Presidió el Club de Cantineros y creó
una escuela técnico profesional para sus miembros, con cursos
teórico-prácticos de 90 días y clases de inglés. Brindó en Estados
Unidos clases y demostraciones sobre cocteles cubanos con ron y dotó
al Club del primer Manual del Cantinero. Falleció en 1942, en Santiago
de Cuba, donde se desempeñaba como representante de la cerveza Polar.

El cabaret Regalías

Recuerda Cristóbal Díaz Ayala en su libro Música cubana, del areíto al
rap cubano --que cuenta, hasta donde sabe el escribidor, con cuatro
ediciones en Puerto Rico-- que, en la categoría de musicales, el
programa más popular de la televisión cubana en la década de 1950 fue
el Cabaret Regalías, que transmitía CMQ-Canal 6. Lo conducía, cree
recordar quien esto escribe, el actor Rolando Ochoa y lo patrocinaban
los cigarros Regalías el Cuño.
Cuando esa marca cigarrera dejó de pagar el espacio, en 1954, el
programa, patrocinado entonces por los cigarros Edén, empezó a
llamarse Casino de la alegría y siguió gozando del favor del público.
Nada le arrebataba la teleaudiencia, ni la Escuela de Televisión, de
Gaspar Pumarejo, que salía al aire por las noches a través de Tele
Mundo-Canal 2, ni el béisbol televisado. Escribe Díaz Ayala que los
miércoles, que era cuando se transmitía el programa, las entradas de
las salas cinematográficas bajaban en un 40 por ciento, y en el
interior del país, los pobladores que carecían de electricidad se
movían hacia donde la hubiera para no perdérselo.
A este le pisaba los talones en cuanto a popularidad otro musical,
Jueves de Partagás, que salía también por el 6 y animaba el gran actor
Enrique Santiesteban. En su libro Televisión: ángel o demonio, Josefa
Bracero expresa que en marzo de 1952, en la primera encuesta seria de
la TV cubana, Cabaret Regalías se situó como el programa más visto,
con más de 64 por ciento de teleaudiencia. Solo una vez Jueves de
Partagás se le fue arriba y por poco margen.
Todavía en 1959, el Casino de la Alegría, con un 55,6 por ciento,
encabezaba la lista de los 25 programas de mayor teleaudiencia. Le
seguía Jueves de Partagás, con 46,5 por ciento. Venían detrás Aquí
todos hacen de todo, que patrocinaba el detergente Ace y animaba
Germán Pinelli; y los humorísticos Garrido y Piñero y El show de Pepe
Biondi. Martes, miércoles y domingos de amor Palmolive alcanzaba un
34,5 por ciento, y el Noticiero CMQ de la noche aparecía en el número
20 de las preferencias.
Entonces las series norteamericanas preferidas eran, en este orden,
Rin-Tin-Tin, Patrulla de caminos, La ley del revólver y El llanero
solitario.
Casino de la Alegría dejó de salir en 1961. Afirma Josefa Bracero que
el 22 de febrero de ese año el Circuito CMQ y sus empresas, previa
consulta popular, comenzaron a retirar sus anuncios comerciales y que
el 27 de marzo siguiente fueron los funerales de la radio y la TV
comercial en todo el país.

El tiempo al aire de Crusellas

El Circuito Nacional Cubano, con sus 12 emisoras nacionales, fue
intervenido el 12 de enero de 1959; casi la totalidad de sus acciones
estaba a nombre de Fulgencio Batista.
No demoró en pasar a manos de la nación el Canal 12, que también era
propiedad de Batista, aunque en apariencia pertenecía a Gaspar
Pumarejo. El 23 de febrero de 1960 tocaba el turno a Tele Mundo-Canal
2 y al Canal 10, propiedad ambos de Amadeo Barletta. El 2 tenía una
programación establecida, no así el 10, que solo mantenía ocupada la
frecuencia. El 25 de marzo del mismo año, la intervención llegaba a
las puertas de los canales 4 y 7, donde, al igual que en el Canal 2,
se manifestaban agudos conflictos entre los trabajadores y la
patronal.
Dice Josefa Bracero en el libro aludido que el país, en respuesta a
agresiones foráneas, dispuso la intervención de empresas
norteamericanas como un modo de defender su soberanía. Entre ellas
pasaron a la nación empresas promotoras de publicidad como Sabatés y
Crusellas que representaban a grandes monopolios norteamericanos, como
la Procter and Gamble y Colgate, Palmolive, Peet. Estas, junto con la
Publicitaria Siboney, cuyos dueños salieron del país, mantenían los
mayores porcentajes de anuncios comerciales en CMQ Radio y TV.
Comenta Bracero que esas intervenciones repercutieron en la radio y la
televisión y, en especial, en la empresa mayor, el Circuito CMQ,
debido a que el salario del personal procedía de los anuncios
comerciales y las mayores entradas por este concepto provenían de las
publicitarias intervenidas. Solo Crusellas mantenía el 60 por ciento
del tiempo al aire de la CMQ.
Ya Goar Mestre, el propietario principal de la CMQ, estaba fuera del
país, y la directiva del Circuito se negaba a dar repuesta al reclamo
del personal. Es en esas circunstancias cuando el Gobierno
Revolucionario decide la intervención. En septiembre de 1960 quedan
confiscadas la CMQ y sus empresas. En este giro, Mestre era
propietario de los canales 6 y 7 de la TV, de las radioemisoras CMQ,
Radio Reloj, Radio Universal y la CMBF Radio Musical.
Poseía en verdad otras 20 empresas más, que iban desde un canal de TV
en Argentina, la publicitaria Mestre Conill y fábricas productoras de
chocolates, jugos y conservas de frutas, medicamentos, cosméticos y
negocios dedicados a la venta de electrodomésticos y automóviles. Por
no dejar de tener, era propietario de una fábrica de velas. En total
tenía 23 firmas, valoradas en unos 15 millones de pesos equivalentes a
dólares.
Era, dice Guillermo Jiménez en Los propietarios de Cuba; 1958, <>.

Setenta Cuba Libres por segundo

En los días de la Ley seca en Estados Unidos (1920-1935), el coctel
cubano vivió su época de oro. Pero desde entonces muchas mezclas de
bebidas quedaron en el camino y no son hoy más que meras referencias.
Aunque los gustos cambian de un bebedor a otro, los diez mejores
cocteles cubanos, los clásicos, son Mary Pickfords, Havana Special,
Mojito, Isla de Pinos, Presidente, Cuba Libre, Saoco, Mulata, Ron
Collins y Daiquirí. De todos ellos, solo el Daiquirí figura entre los
diez grandes cocteles del mundo, junto al Old fashioned, el Whisky sur
y el Manhattan. Aun así, el coctel cubano más extendido y solicitado
es el Cuba Libre. Se calcula que se beben en el mundo 70 Cuba Libres
por segundo.
El bar cubano más famoso ha sido siempre el Floridita. Otras cantinas
notables fueron en su momento las de los hoteles Plaza e Inglaterra, y
la del restaurante El Patio, en Prado esquina a Genios. Hasta los años
50 del pasado siglo, el bar de mayores ventas era el Sloppy Joe's. El
turismo norteamericano lo prefería, pero el norteamericano residente
en Cuba se decidía por Mes Ames, en 7ma. y 42, Miramar. El bar del
balneario de La Concha fue célebre en los años 30 del siglo pasado por
su mojito batido; coctel que pasa luego a la cantina del Hotel
Florida, en Obispo y Cuba, antes de ganar carta de ciudadanía
internacional en La Bodeguita del Medio. Panamerican, en Bernaza
número 1 esquina a O'Reilly, fue el primer bar habanero que dispuso de
la maravilla del aire acondicionado. El Floridita, a menos de cien
metros, se sintió amenazado, y su propietario terminó instalando
asimismo un acondicionador de aire.
Entre 1957 y 1958 los cabarets de lujo habaneros experimentaron un
auténtico momento de esplendor. En corto tiempo y ante la atónita
mirada de los habaneros, se edificaron en el Vedado los hoteles Habana
Riviera, Capri y Habana Hilton, tres grandes y suntuosos
establecimientos provistos de sus respectivos cabarets, bares y salas
de juego. En Galiano y Malecón, el Deauville abrió sus puertas el 17
de julio de 1958, y otro tanto acontecía en la ciudad de Santa Clara
con la apertura en enero del 57, del cabaret Venecia y su elegante
casino.
En febrero de 1959, declaraba a la revista Bohemia Nat Kahn, gerente
del hotel Riviera: <>. Con el juego legalizado como atracción
principal, La Habana tuvo su mejor temporada turística entre 1957 y
1958.
Existían bares y cabarets de segunda y tercera categorías y hasta de
cuarta. Casi todas las bodegas disponían de barra. El servicio de bar
en la bodega era hasta las siete de la noche. Si se extendía, el
propietario debía pagar impuestos no como bodega, sino como bar, que
eran más elevados. Lo mismo sucedía con los cafés. De ahí que, en
atención a sus tributos al fisco, hubiera cafés con y sin alcohol.
Tanto en los bares como en las simples bodegas era habitual el
saladito. Queso en lascas o en dados, aceitunas, chicharrones o una
lasca de jamón... estimulaban al cliente a que siguiera bebiendo. Muy
sabrosas eran las galletitas preparadas que obsequiaban en La
Princesa, de Concepción y 16, en Lawton, con jamón, queso, pepinillo
encurtido y pierna de cerdo, que se asaba allí mismo.
En bares y bodegas, sobre todo en estas, era frecuente el juego de
cubilete. Y el que perdía pagaba la ronda siguiente.

Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
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INDUTTORE: laureato e insegnante indiano

domenica 27 luglio 2014

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INDUTTIVO: indiano alacre