Translate

Il tempo all'Avana

+28
°
C
H: +28°
L: +23°
L'Avana
Lunedì, 24 Maggio
Vedi le previsioni a 7 giorni
Mar Mer Gio Ven Sab Dom
+28° +29° +29° +28° +29° +29°
+24° +24° +24° +24° +24° +24°

mercoledì 15 luglio 2015

Investire a Cuba: una chiara indicazione

Finalmente, dopo la visita della delegazione parlamentare e imprenditoriale italiana si parla seriamente e chiaramente delle possibilità di investimento a Cuba, da parte delle aziende straniere. Senza alimentare false aspettative.

Fonte: La Repubblica


ECONOMIA ITALIANa
Cuba, una buena vista per l’Italia tra sigari, design e infrastrutture
Paola Jadeluca

 L’APERTURA AL MERCATO DELL’ISOLA È UNA NUOVA OPPORTUNITÀ PER LE IMPRESE ITALIANE PERCHÈ L’AVANA PUNTA SU UN MODELLO DI SVILUPPO CHE METTA AL CENTRO LA TRADIZIONE CULTURALE, LE PMI E IL TURISMO

Roma

Ottanta aziende, una decina tra le maggiori associazioni imprenditoriali di categoria, banche e istituzioni: è avvenuto in forze lo sbarco italiano a Cuba la scorsa settimana. L’isola è al giro di boa: dopo oltre 50 anni di embargo da parte degli Usa spalanca ora le porte agli investimenti esteri. E l’Italia è in prima fila. «E’ stata la più grande missione di un paese estero», racconta con entusiasmo Carlo Calenda, viceministro per lo Sviluppo economico, che ha guidato insieme al sottosegretario agli Esteri Mario Giro la folta delegazione che ha animato questo Forum economico bilaterale organizzato insieme a Confindu-stria, Ice, Abi, Alleanza delle cooperative e Unioncamere. Si dice Cuba e si pensa al rhum e ai sigari, i due asset oggi più rilevanti per il paese guidato da Raul Castro. E già qui l’Italia parte col piede giusto. Siamo tra i primi al mondo nel settore dei macchinari per le bevande abbiamo anche materia prima e know how d’eccellenza nei sigari. Ma è su tutto il resto, quello che ai cubani manca che si aprono le nuove rotte del business. «Dalla filiera per l’allevamento e la lavorazione delle carni alla produzione di scarpe, dal turismo alle infrastrutture fino all’ambito culturale, sono le direttrici su cui possiamo costruire progetti di lunga durata», racconta Calenda. La collaborazione tra i due paesi può già contare su un plafond di 80 milioni, il fondo rotativo nato dall’accordo tra Intesa San Paolo e Sace per supportare i contratti commerciali del valore massimo di 5 milioni. E’ solo il primo passo, ma l’interscambio commerciale tra Italia e Cuba, oggi a 300 milioni di euro, è destinato a salire vertiginosamente. Il mercato cubano ha bisogno di scarpe, vestiti, farmaci, case, mobili, cucine. Tutto quanto rientra nelle eccellenze del Made in Italy. «Ma non vogliamo sviluppare puri accordi di vendita, guardiamo a progetti di sviluppo di ampio respiro con imprese che hanno risorse e know how per installarsi a Cuba e lavorare in tandem con i cubani», sottolinea Calenda. Multinazionali tascabili o giganti internazionali: non è tanto la dimensione in sé che conta quanto la capacità strategica di trasferire competenze e guidare altri imprenditori a sviluppare nuove vocazioni. Proprio quello che ha finora fatto la storia del Made in Italy. In particolare, ci unisce la similitudine di modello di sviluppo, capace di innestare l’innovazione sulla tradizione, l’ispirazione artigianale sulle grandi industrie. «Cuba è una società in transizione ma animata dall’intenzione di non perdere la propria identità», spiega Calenda. Insomma, niente boom tipo Russia o Cina, niente capitalismo rapace. «Hanno ribadito l’intenzione di voler continuare sulla strada della actualizacion del modelo socialista», racconta Calenda. Strade, ferrovie, treni, centrali energetiche. Un paese povero deve far leva sulle infrastrutture per crescere. E in prima fila troviamo Trevi, Astaldi e le altre big delle tecnologie per le infrastrutture e delle costruzioni. A ottobre, con l’arrivo del premier Matteo Renzi, dovrebbe concludersi l’accordo per un parco eolico che dovrebbe essere realizzato da Enel Green Power. Ma con i consumi di massa pronti a esplodere, c’è spazio per tutti. Anche per gli agricoltori e i produttori di macchinari agricoli: si contano oltre 6,3 milioni di ettari di terreno agricolo dei quali solo 2,6 già coltivati, per un mercato interno potenziale vicino ai 2 miliardi di dollari Usa. Sotto la guida di Raul Castro è partito il progetto di riforme che a marzo ha varato la Ley de Inversion Extrajera, piano per promuovere l’ingresso di capitali stranieri a colpi di incentivi fiscali e l’approvazione di un pacchetto di 240 progetti di investimento specifici, la cosiddetta cartera de oportunidades per un valore di 8,7 miliardi d dollari. E’ prevista anche una Zona Economica speciale, a 50 chilometri dall’Avana, al porto di Mariel. «Sono già 14 le proposte di investimento produttivo avanzate da imprese italiane - racconta Calenda in quest’area si svilupperanno diversi comparti, dal fotovoltaico alla lavorazione dell’alluminio, dal packaging ai tubi per costruzioni ». La modernizzazione di Cuba fa perno su infrastrutture e business, ma il cuore del modello di sviluppo resta lo spirito del paese, la cultura, unica al mondo. Un esempio, il restauro dell’Avana antica: «Non stanno aprendo la strada agli hotel, nelle abitazioni torneranno a vivere gli abitanti di oggi», racconta Calenda. Sotto la sapiente regia de L’Oficina dell’Historiador, l’organo culturale più importante di Cuba rinascono abitazioni e botteghe, si popola il cantiere culturale a cielo aperto dove convive il barrio di Buena vista social club con i turisti, sempre più numerosi, che dovrebbero diventare presto 5 milioni dai 3 attuali. Di questi 2 si stima dovrebbero arrivare dagli Usa, sulla scia di un progetto che punta a fare dell’Avana uno dei più grandi hub culturali dell Centro e Sud America, In questo scenario di transizione “umanistica” si inseriscono anche i piani di cooperazione culturale con l’Italia, che fanno perno su design e restauro, due punti di forza del nostro paese. «Porteremo restauratori e architetti italiani, c’è molto da fare su questo fronte», ha ribadito Calenda. L’Italia ha già avviato un progetto del valore di 670 mila euro, finanziato dalla cooperazione internazionale, per ristrutturare alcuni edifici storici a Santiago de Cuba. E durante il Forum è stato siglato un accordo per 20 borse di studio che consentiranno a giovani cubani di venire a studiare nelle scuole di restauro italiane.

(13 luglio 2015)

Supporre

SUPPORRE: medicazione via anale

martedì 14 luglio 2015

Amarcord....Alberto Juantorena, "el caballo"


Sudario

SUDARIO: sopra Dario

lunedì 13 luglio 2015

Nuovo programma MSC nei Caraibi

Fonte: Zadig Viaggi - Milano

Mariana: 200 anni, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 12/7/15

Antonio Maceo torna in Costa Rica proveniente da Cuba entrando col passaporto di Ramón Cabrales, suo cognato, muovendosi sempre in modo clandestino, subito lo informano che Mariana è morta in Giamaica. Ancora sotto l’effetto della terribile notizia, gli arriva un esemplare del giornale Patria che è diretto, a New York, da José Martí e nelle sue pagine trova l’articolo dove il suo amico rende omaggio “alla cara vecchietta”. Legge il testo in un lampo e torna a rileggerlo per soffermarsi in quei paragrafi che evocano i giorni della guerra:
“E amava, come i migliori della sua vita, i tempi di fame e sete nei quali ogni uomo che giungeva alla sua porta di frasche poteva portarle la notizia della morte di uno dei suoi figli”.
Inoltre giunge una lettera di Martí. Anche lì parla della madre morta e dice: “Ho visto due volte l’anziana, mi ha acarezzato e guardato come un figlio, la ricorderò con amore per tutta la vita”.
Quando Maceo è rianimato, scrive a Martì:
“Ah che tre fatti! Mio padre, il Patto del Zanjón e mia madre che voi, per mia fortuna, venite a calmarmi con la vostra lettera consolatrice. Magari possiate voi, col vostro lavoro rialzarmi la testa e togliere dal mio viso la vergogna dell’espatrio dei cubani e la sottomissione al governo coloniale”.

Se la formica nasce libera

Mariana Grajales ebbe un primo matrimonio con Fructuoso Regüeyferos. Si sposarono nel 1831. Lei aveva 16 anni d’età e lui 30. Rimasero assieme fino alla morte del marito, nove anni dopo. Da questa unione, rimasero quattro figli.
Quando si unisce a Marcos Maceo non è un’adolescente inesperta. Ha un carattere vigoroso, ha già sofferto i dolori della vedovanza e sa cosa significa assumere da sola la cura di quattro ragazzi, cosa che la obbliga a tornare a casa dei suoi genitori.
Da questa nuova unione nascono altri dieci figli. I primi cinque di loro, compreso Antonio de la Caridad, quello successivamente chiamato Titano di Bronzo, furono battezzati col cognome di Grajales, come figli naturali di Mariana. La situazione di coppia cambia quando muore la moglie di Marcos, dalla quale era separato, così Marcos e Mariana possono contrarre matrimonio.
Mariana sarà per Marcos un formidabile aiuto nello sviluppo della tenuta di sua proprietà. Inclinerà i figli a cooperare nel lavoro agricolo, inculcandogli un profondo senso di rispetto e obbedienza al padre. Ognuno di loro, secondo l’età, aveva prevista la sua occupazione nel luogo, mentre Mariana consolidava, poco a poco, una posizione reggente nel focolare, anche se non tralasciava di consultare con Marcos tutti i problemi al fine di pronunciarsi di comune accordo su di essi. Quelli che li conobbero ricordavano la coppia “consultandosi nelle difficoltà, felici dell’espansione del focolare, uniti nel dolore e la felicità”.
I suoi biografi la descrivono come una madre tenera e bonaria, ma anche inflessibile in quello che riguardava la disciplina. Era una casa in cui si mangiava e si dormiva a ore fisse e dalle quali nessuno poteva rimanere fuori oltre le dieci di sera. Una casa ordinata e pulita della quale Mariana vigilava la pulcritudine nei vestiti di chi l’abitava.
Figlia di mulatti liberi, Mariana deve aver ricevuto qualche istruzione dov’era possibile nella Cuba coloniale per persone nela sua condizione, con indipendenza e della sua posizione economica: la cosiddetta istruzione primaria. È evidente che ebbe dai suoi genitori una formazione etica rigorosa che seppe trasmettere ai suoi figli. Una formazione che si complementerà con la lettura ad alta voce che al tramonto, dopo la cena, faceva una delle figlie per tutti quelli della casa, di quei libri che Marcos mandava a comprare a Santiago de Cuba nei quali si parlava di Bolívar y Louverture e fra i quali non mancavano i romanzi di Dumas.
Le canzoni con le quali avvolgeva i suoi figli erano impregnate di cubanía che a quel tempo equivaleva a un vero anti spagnolismo. Cinquant’anni dopo, Antonio Maceo ricorderà una delle decime con le quali Mariana cullava il suo sonno. Forse Il Titano, dice lo scrittore Raúl Aparicio nella sua Hombradía de Antonio Maceo, per il tempo trascorso, tergiversava un poco il testo.
Se la formica nasce libera,
la cavalletta e il grillo,
senza questioni di tasca
ne spagnolo che li perseguiti,
nessuna legge li obbliga
ad andare alla scrivania
a comprae la libertà,
e io con la mia dignità
non sarò libera un giorno?

Liberare la patria o morire per essa

Il 10 di ottobre del 1868, Carlos Manuel de Céspedes si alza in armi contro la Spagna. Due giorni dopo, Marcos Maceo manda suo figlio Miguel a una tenda vicina dove si è concentrata una truppa insorta. Il suo capo è un vecchio amico dei Maceo Grajales e all’incontrarsi con Marcos e Mariana, riceve dalla famiglia una generosa dotazione di armi, cavalli e denaro indirizzate alla lotta appena iniziata. Il capo della truppa inoltre domandò quale dei figli di Marcos e Mariana sarebbe stato disposto a marciare per la guerra.
Senza pensarci due volte fecero un passo avanti Antonio, José e Justo. Mariana allora chiede ai suoi figli che si inginocchino davanti a un’immagine di Cristo e gli fa giurare che libereranno la Patria o moriranno per essa.
Alla fine andranno tutti alla macchia. Mariana che superava già i 50 anni, va in guerra e porta con se i figli più piccoli. Presta servizi improvvisati in ospedali e in essi si prodiga nella cure e l’affetto ai mambises feriti. “Quella santa donna suppliva una madre assente”, sciveva il patriota Fernando Figueredo e aggiungeva che comminava a María Cabrales, la sposa di Maceo che occupava in quegli ospedali “il luogo che la distanza impediva fosse occupato da una sorella”.
Sono numerosi i passaggi della sua vita che illustrano il patriottismo di questa donna, di cui celebriamo il bicentenario della su nascita. È il 7 di agosto del 1877 e suo figlio Antonio risulta gravemente ferito nel combattimento del Potrero de Mejia. Nell’ospedale del sangue, un gruppo di donne si lamentano e piangono per lo stato del ferito. Mariana dice:”Fuori, fuori di qua le sottane. Non sopporto le lacrime!”
E prima, quando Antonio ricevette la sua prima ferita di guerra nel combattimento di Armonia, il 20 maggio del 1869, dice a Marcos, il più piccolo della prole: “E tu cresci, perché possa anche tu combattere per la tua patria”.
Solo quattro dei suoi figli videro la fine della dominazione coloniale spagnola.

L’esilio

Spraggiunge il patto del Zanjón (1878) che mette fine alla Guerra dei Dieci Anni e Mariana deve uscire da Cuba. Antonio sa quanto potrebbe essere preziosa sua madre come trofeo di guerra per gli spagnoli e prepara cautamente la sua partenza. Assieme a María Cabrales partí dall’Isola con destinazione Giamaica, in maggio, a bordo di una nave francese. Non tornerà mai più a Cuba.
Martí che la visitò a Kingston, si riferì alle sue “mani da bambina per accarezzare che le parlasse della patria” e la ricordò sempre vestita di nero, ma era “come se la vestisse la bandiera”. La descriveva “con un fazzoletto da anziana in testa, con gli occhi di madre amorosa per il cubano sconosciuto, con un fuoco inestinguibile nello sguardo e sul viso, quando si parlava delle glorie di ieri e le speranze di oggi”.
Mariana è già molto anziana e Antonio vuole che vada a vivere con lui in Costa Rica. L’anziana si rifiuta. Suo figlio Marcos l’accompagna e si è adattata alla Giamaica, nonostante avervi sofferto i sussulti della povertà e la vigilanza costante dello spionaggio spagnolo.
È malata. Soffre di quello che a quel tempo era conosciuto come il Male di Bright, termine già in disuso che indicava una malattia renale e che equivarrebbe a una nefrite degenerativa,  caratterizzata da dolori, febbre e vomito.
Questa sofferenza si complicò con una congestione polmonare. Morì il 27 novembre del 1893 a 78 anni d’età.
Chiese, negli ultimi istanti, che quando Cuba fosse libera i suoi resti si portassero sull’Isola.

Il ritorno

Trent’anni dopo la morte di Mariana Grajales, il 15 marzo 1923, José Palomino, vice presidente del Municipio di Santiago di Cuba, propose alla Camera Municipale il trasferimento dei resti della madre dei Maceo. La mozione fu approvata e il 18 aprile salpava verso la Giamaica la cannoniera Baire, della Marina da Guerra cubana.  Per prendere i preziosi resti c’era a bordo una commissione integrata da veterani dell’indipendenza e personalità santiaguere. Viaggiavano inoltre, il citato Palomino e Dominga Maceo Grajales, figlia di Mariana.
La mattina del 22 aprile si esumavano i resti nel cimitero cattolico di Saint Andrews di Kingston. Questo stesso giorno, alle 4 del pomeriggio, il Baire ripartiva con destinazione Santiago portando le preziose reliquie. Una forte vento durò circa otto ore sferzando l’imbarcazione all’attraversare il Paso de los Vientos.
Già in terra cubana, le ceneri furono esposte, in una urna, nel Municipio, dove ricevettero gli omaggi della popolazione, prima di essere depositate in una nicchia provvisoria. Fu, si dice, la maggior dimostrazione di dolore che si abbia tributato a qualunque patriota in questa città. Attualmente i resti riposano nel cortile D del cimitero di Santa Ifigenia, vicino a quelli di Dominga Maceo e María Cabrales.
“È la donna che più ha commosso il mio cuore”, scrisse Martí quando seppe della sua morte. Di Antonio aveva detto: “Dalla madre, più che dal padre, viene il figlio...Maceo fu felice perché venne da leone e leonessa”.


Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
11 de Julio del 2015 20:31:58 CDT
Regresa Antonio Maceo a Costa Rica procedente de Cuba, donde entró con el pasaporte de Ramón Cabrales, su cuñado, y se movió siempre de manera clandestina, y enseguida le informan que Mariana ha muerto en Jamaica. Aún bajo el efecto de la terrible noticia le llega un ejemplar del periódico Patria, que en Nueva York dirige José Martí, y halla en sus páginas el artículo donde su amigo rinde homenaje a la «viejecita querida». Lee el texto de un tirón y vuelve luego sobre lo leído para detenerse en aquellos párrafos que evocan los días de la guerra:
«Y amaba, como los mejores de su vida, los tiempos de hambre y sed, en los que cada hombre que llegaba a su puerta de yaguas podía traerle la noticia de la muerte de uno de sus hijos».
Llega además una carta de Martí. Habla también sobre la madre muerta y dice: «Vi a la anciana dos veces y me acarició y me miró como a un hijo, y la recordaré con amor toda mi vida».
Cuando Maceo tiene ánimo, escribe a Martí:
«¡Ah, qué tres cosas! Mi padre, el Pacto del Zanjón y mi madre que usted, por suerte mía, viene a calmar un tanto con su consoladora carta. Ojalá pueda usted con sus trabajos levantar mi cabeza y quitar de mi rostro la vergüenza de la expatriación de los cubanos y de la sumisión al gobierno colonial».

Si nace libre la hormiga

Tuvo Mariana Grajales un primer matrimonio con Fructuoso Regüeyferos. Se casaron en 1831. Ella tenía 16 años de edad, y él 30. Permanecieron juntos hasta la muerte del marido, nueve años después. De esa unión quedaron cuatro hijos.
Cuando se une a Marcos Maceo no era una adolescente inexperta. Tiene un carácter vigoroso, ha sufrido ya los dolores de la viudez y sabe lo que significa asumir sola el cuidado de cuatro muchachos, lo que la obligó a volver a la casa de sus padres.
De esa nueva unión nacen otros diez hijos. Los primeros cinco de ellos, incluido Antonio de la Caridad, el después llamado Titán de Bronce, fueron bautizados con el apellido Grajales y como hijos naturales de Mariana. La situación de la pareja cambia cuando muere la esposa de Marcos, de la que se encontraba separado, y pueden Marcos y Mariana contraer matrimonio.
Mariana sería para Marcos una formidable ayuda en el fomento de la finca de su propiedad. Inclinará a los hijos a cooperar con el trabajo agrícola, inculcándoles un profundo sentido de respeto y de obediencia al padre. Cada uno de ellos, según la edad, tenía señalada su ocupación en el predio, mientras que Mariana, poco a poco, consolidaba una posición rectora en el hogar, aunque no dejaba de consultar con Marcos todos los problemas a fin de pronunciarse sobre ellos de mutuo acuerdo. Los que los conocieron recordarían a la pareja «consultándose las dificultades, felices en expansión hogareña, juntos sobre el dolor y la felicidad».
Sus biógrafos la describen como una madre tierna y bondadosa, pero también inflexible en todo lo relativo a la disciplina. Era una casa en la que se comía y se dormía a horas fijas y de la que nadie podía estar fuera pasadas las diez de la noche. Una casa ordenada y limpia en la que Mariana vigilaba la pulcritud en la vestimenta de los que la vivían.
Hija de mulatos libres, Mariana debe haber recibido alguna instrucción hasta donde era posible en la Cuba colonial para seres de su condición, con independencia de su posición económica: las llamadas primeras letras. Es evidente que tuvo de sus padres una rigurosa formación ética que supo transmitir a sus hijos. Una formación que se complementaría con la lectura en voz alta que en el atardecer, después de las comidas, hacía una de las hijas, para todos los de la casa, de aquellos libros que Marcos mandaba a comprar en Santiago de Cuba y en los que se hablaba de Bolívar y Louverture, y entre los que no faltaban las novelas de Dumas.
Las canciones con que ella arrullaba a sus hijos estaban impregnadas de cubanía, que equivalía en ese tiempo a un verdadero antiespañolismo. Cincuenta años después, Antonio Maceo recordaría una de las décimas con las que Mariana mecía su sueño. Tal vez el Titán, dice el escritor Raúl Aparicio en su Hombradía de Antonio Maceo, por el tiempo transcurrido, tergiversara un poco la letra.
Si nace libre la hormiga,
La bibijagua y el grillo,
Sin cuestiones de bolsillo
Ni español que los persiga,
Ninguna ley los obliga
A ir a la escribanía
A comprar la libertad,
Y yo con mi dignidad
¿No seré libre algún día?

Liberar a la patria o morir por ella

El 10 de octubre de 1868, Carlos Manuel de Céspedes se alza en armas contra España. Dos días más tarde, Marcos Maceo manda a su hijo Miguel a una tienda cercana donde se ha concentrado una tropa insurrecta. Su jefe es un viejo amigo de los Maceo Grajales y al encontrarse con Marcos y Mariana recibe de la familia una valiosa donación en armas, caballos y dinero con destino a la contienda recién iniciada. Preguntó entonces el jefe de la tropa cuál de los hijos de Marcos y Mariana estaría dispuesto a marchar a la guerra.
Sin pensarlo dos veces dieron el paso al frente Antonio, José y Justo. Mariana pide entonces a sus hijos que se arrodillen ante una imagen de Cristo y les hace jurar que liberarán a la Patria o morirán por ella.
Al fin se irían todos a la manigua. Mariana, que pasaba ya de los 50 años, se va a la guerra y lleva con ella a sus hijos más pequeños. Presta servicio en improvisados hospitales y prodiga en ellos cuidados y cariños a los mambises heridos. «Aquella santa mujer suplía el puesto de una madre ausente», escribía el patriota Fernando Figueredo, y añadía que conminaba a María Cabrales, la esposa de Maceo, a que ocupara en aquellos hospitales «el lugar que la distancia impedía fuera ocupado por una hermana».
Son numerosos los pasajes de su vida que ilustran el patriotismo de esta mujer, de quien celebramos el bicentenario de su natalicio. Es el 7 de agosto de 1877 y su hijo Antonio resulta gravemente herido en el combate del Potrero de Mejía. En el hospital de sangre, un grupo de mujeres se lamentan y lloran por el estado del herido. Dice Mariana: «Fuera, fuera faldas de aquí. ¡No aguanto lágrimas!».
Y antes, a raíz de recibir Antonio su primera herida de guerra en el combate de Armonía, el 20 de mayo de 1869, dice a Marcos, el más pequeño de la prole: «Y tú, empínate para que también puedas pelear por tu patria».
Solo cuatro de sus hijos vieron el fin de la dominación colonial española.

El exilio

Sobreviene el Pacto del Zanjón (1878), que pone fin a la Guerra de los Diez Años, y Mariana debe salir de Cuba. Sabe Antonio cuán valiosa podía ser su madre como trofeo de guerra para los españoles y prepara cuidadosamente su salida. Junto con María Cabrales salió de la Isla, con destino a Jamaica, en mayo, a bordo de un barco francés. Nunca más volvería a Cuba.
Martí, que la visitó en Kingston, se refirió a sus «manos de niña para acariciar a quien le hable de la patria», y la evocó vestida siempre de negro, pero era «como si la bandera la vistiese». La describía «con un pañuelo de anciana a la cabeza, con los ojos de madre amorosa para el cubano desconocido, con fuego inextinguible en la mirada y en el rostro, cuando se hablaba de las glorias de ayer y las esperanzas de hoy».
Está Mariana ya muy mayor y quiere Antonio que se vaya a vivir con él a Costa Rica. La anciana se niega. Su hijo Marcos la acompaña y se ha adaptado a Jamaica, pese a haber sufrido allí los sobresaltos de la pobreza y la vigilancia constante del espionaje español. Está enferma. Sufre de lo que en la época se conocía como Mal de Bright, término ya en desuso que designaba a una enfermedad renal y que equivaldría a una nefritis degenerativa, caracterizada por dolores, fiebre y vómitos. Ese padecimiento se complicó con una congestión pulmonar. Murió el 27 de noviembre de 1893, a los 78 años de edad.
Pidió, en los momentos postreros, que cuando Cuba fuese libre sus restos se llevaran a la Isla.

El regreso

Treinta años después de la muerte de Mariana Grajales, el 15 de marzo de 1923, José Palomino, vicepresidente del Ayuntamiento de Santiago de Cuba, propuso a la Cámara Municipal el traslado de los restos de la madre de los Maceo. La moción fue aprobada y el 18 de abril salía rumbo a Jamaica el cañonero Baire, de la Marina de Guerra cubana. En busca de los preciados restos iba a bordo una comisión que integraban veteranos de la independencia y personalidades santiagueras. Viajaban además el ya aludido Palomino y Dominga Maceo Grajales, hija de Mariana.
En la mañana del 22 de abril se exhumaban los restos en el cementerio católico de Saint Andrew’s, de Kingston. Ese mismo día, a las 4 de la tarde, partía el Baire con destino a Santiago llevando las preciadas reliquias. Una fuerte ventolera que duró unas ocho horas azotó la embarcación al atravesar el Paso de los Vientos.
Ya en tierra cubana, las cenizas en una urna fueron expuestas en el Ayuntamiento, donde recibieron el homenaje de la población, antes de que fueran depositadas en una bóveda provisional. Fue, se dice, la mayor demostración de dolor que se le haya tributado a patriota alguno en esa ciudad. Actualmente los restos descansan en el patio D del cementerio de Santa Ifigenia, junto a los de Dominga Maceo y María Cabrales.
«Es la mujer que más ha conmovido mi corazón», escribió Martí cuando supo de su muerte. De Antonio había dicho: «De la madre más que del padre viene el hijo… Maceo fue feliz porque vino de león y de leona».


La prima volta di Johnny Ventura all'Avana

Dopo le performances avute a Santiago de Cuba durante l'ultima edizione della Fiesta del Fuego, il cantante dominicano si è presentato al pubblico della capitale e dire che è stato "un grande successo" vuol dire rimanere corti.
Non vorrei usare "apoteosi" o "trionfo", ma con le dovute proporzioni penso che ne sarebbe il caso. Standing avacion alla sua apparizione sul palco, grida, cori, ma sopratutto l'accompagnamento a passo di danza, di tutto il pubblico presente ai suoi merengues travolgenti. Ripetuti passaggi in platea del cantante per ricevere il travolgente omaggio "fisico" dei presenti. Con i suoi 75 anni magnificamente portati e che non gli impediscono di ballare e cantare come un tempo, si è capito perché nel suo Paese, ma non solo, è considerato un mito. Non sono un particolare ammiratore del merengue, ma quello del complesso di Ventura ha una sonorità diversa, meno ripetitiva. Forse dovuta al fatto che il ritmo viene mantenuto dalle percussioni in primo luogo e dalla tastiera. I fiati sono di appoggio e contorno alla melodia principale. Con lui si sono presentati allo scenario il figlio Harry e i cantautori cubani Tony Ávila e Elain che ha aperto la serata col suo gruppo che presenta una rara trombonista, di sesso femminile con un'altrettanto bella, anche se meno rara tastierista. Molto brava, oltre che bella. La chiusura è avvenuta in gruppo. Ventura ha ricevuto, sul palco del Carlos Marx il premio Egrem dalle mani del maestro Pancho Amat ed ha confermato di essere al lavoro per incidere un disco con i due musicisti cubani che si sono esibiti con lui. Da non sottovalutare il fatto che per la prima volta, dal 1959 è stato reso un omaggio pubblico alla grande interprete della salsa cubana Celia Crúz, scomparsa da qualche anno col rimpianto di non aver potuto cantare nella sua Cuba natale.



Strafatto

STRAFATTO: in overdose

domenica 12 luglio 2015

Storione

STORIONE: questo quartiere (Roma) v. anche: epopea

venerdì 10 luglio 2015

Le "scoperte" del...: Vitiligine e Melagenina oltre trent'anni dopo

Questa mattina, aprendo il mio account di Facebook ho visto riportata questa "primizia" di una scoperta che ha oltre 30 anni di vita. Ho guardato la data del sito che la riporta e dice proprio 8 luglio 2015, sono rimasto allibito.
Già agli inizi degli anni '80 venivano pazienti, specialmente dal Terzo Mondo al Centro de Histoterapia Placentaria dell'Avana diretto dal Dottor Manuel Miyares Cáo, nonché scopritore del farmaco che ha chiamato "Melagenina", come tutte le grandi scoperte, successa per caso, mentre faceva esperimenti su ratti di laboratorio con placenta ricavata da puerpere. Ho potuto vedere personalmente i miglioramenti su soggetti che venivano a sottoporsi al trattamento, tanto che nel 1984 venne un medico di Carpi che lavorava presso la Clinica Esperia di Modena ed era cognato di un notissimo imprenditore di origine toscana, ma con residenza e attività in Carpi. Venne indirizzato a me dall'Associazione di Amicizia Italia-Cuba per la possibilità di un contratto con la Maison e la Industria Lígera per la confezione di capi da commercializzare in Italia con il marchio del cognato. Durante il soggiorno, data la sua professione mi domandò sullo stato della medicina a Cuba e si stupì molto dell'incipiente polo scientifico per la ricerca: CIGB, Inmunoensayo, CNIC, Centro Neurológico, Cardiologia, eccetera. Lo misi in contatto con chi si occupava della possibile commercializzazione medica e dopo lunghe trattative, il contratto per le confezioni non si fece, per inadempienze della parte cubana che perse un lordo di 5 milioni di dollari, ma si fece il contratto, molto più modesto, per importare la Melagenina a San Marino, che doveva poi essere un ponte per l'Europa, il medio Oriente e il Nord Africa. Ebbero il beneplacito dopo un colloquio di qualche ora col Presidente Fidel Castro.
Il dottore, avendo immediatamente capito l'importanza della scoperta aveva fatto di tutto per poterla importare in Italia legalmente. Ciò non fu possibile per i vincoli giuridici e tecnici per la registrazione dei farmaci in Italia. Si trovò quindi lo stratagemma per importare il prodotto come "cosmetico" a San Marino dove venne aperto un consultorio con relativo Day Hospital condotto da due medici del luogo che erano venuti a passare uno stage all'Avana per poter diagnosticare, prima e applicare, poi, le dosi di Melagenina indicate caso per caso. In quel periodo ero un collaboratore in loco ed ebbi anche l'occasione di andare a visitare il centro di San Marino. Per i casi della vita, i miei contatti con i sopraindicati cessarono e non so come, quando e perché l'attività italo-san marinese cessò. Il Centro dell'Avana comunque continuò e continua la sua attività che col tempo si è notevolmente ampliata ed è venuta a conoscenza di questo sito spagnolo "solo" dopo oltre trent'anni. Meglio tardi che mai.


wednesday, july 8, 2015

El Mundo entero celebra esta noticia: Médicos cubanos logran la cura para el vitíligo


El Vitiligo o Leucoderma es una enfermedad en la que se pierde progresivamente el color de la piel, afecta el 1% de la población mundial sin distinción de sexo, edad, raza o latitud geográfica. Se caracteriza por la aparición de áreas de despigmentación situadas principalmente en el rostro, las extremidades y la región genital de los individuos que la padecen.
La enfermedad puede mantenerse localizada en estos sitios durante largo tiempo o extenderse rápidamente por todo el cuerpo hasta despigmentarlo completamente. La enfermedad se debe a la destrucción de un tipo de célula llamada melanocito que son las encargadas de producir el pigmento que colorea la piel (melanina).
Información sobre el tratamiento para curar el Vitiligo desarrollado en nuestro Centro.
Para iniciar el mismo es necesario ser consultado en nuestro Servicio Clínico Internacional y permanecer durante un mínimo de 3 días en Cuba.
Las consultas se desarrollan por el personal médico especializado de lunes a viernes de cada semana en el horario de 8:30 am a 4:00 pm, con un precio de 120.00 C.U.C (Pesos Cubanos Convertibles). Si no trae resultado de biopsia de piel, la misma se le practicará en nuestro Centro por un valor de 150.00 C.U.C.
Las sesiones de entrenamiento en el método de tratamiento [3] tienen un valor de 40.00 C.U.C cada una. El paciente no es ingresado, sino que se hospeda en los hoteles de la capital, ya que el tratamiento es ambulatorio.
No es necesario efectuar reservación previa de turno pues los pacientes son atendidos por orden de llegada en nuestros servicios clínicos del Centro de Histoterapia Placentaria situados en Calle 18 No. 4302 esquina a 43. Miramar, Playa, La Habana, Cuba.
Para continuar el tratamiento en su país, al paciente se le indicará en consulta la cantidad adecuada de medicamento a llevar, de acuerdo con el grado de extensión de su superficie corporal afectada por la enfermedad. El valor de un frasco de Melagenina Plus (235 ml) es de 36.00 C.U.C.
NOTA: El medicamento Melagenina Plus no se vende libremente, sólo previa evaluación y prescripción médica en nuestro Centro, que incluye la consulta y las tres sesiones de tratamiento.
MELAGENINA PLUS

La Melagenina Plus ( Melagenina + Cloruro de Calcio ) es un extracto alcohólico de placenta humana, producto farmacéutico que tiene la propiedad de incrementar la reproducción de los melanocitos, así como de acelerar el proceso de producción de la melanina dentro de éste, por lo que resulta un medicamento de elección para el tratamiento del Vitiligo al acelerar la reproducción de los melanocitos remanentes en el borde o zona interior de las regiones acrónicas del enfermo.






La inocuidad del tratamiento con MELAGENINA PLUS permite su empleo tanto en niños como en adultos, incluidas personas de edad avanzada, gestantes y mujeres durante el período menstrual. Es compatible con cualquier tipo de alimento o bebida, así como con otros grupos de medicamentos, con
excepción de los psoralenos, corticoides y citostáticos, con los que manifiesta antagonismo. 

Fuente:http://www.histoterapia-placentaria.cu/