Fonte: La Repubblica
ECONOMIA ITALIANa
Cuba, una buena vista per
l’Italia tra sigari, design e infrastrutture
Paola Jadeluca
L’APERTURA AL
MERCATO DELL’ISOLA È UNA NUOVA OPPORTUNITÀ PER LE IMPRESE ITALIANE PERCHÈ
L’AVANA PUNTA SU UN MODELLO DI SVILUPPO CHE METTA AL CENTRO LA TRADIZIONE
CULTURALE, LE PMI E IL TURISMO
Roma
Ottanta aziende, una
decina tra le maggiori associazioni imprenditoriali di categoria, banche e
istituzioni: è avvenuto in forze lo sbarco italiano a Cuba la scorsa settimana.
L’isola è al giro di boa: dopo oltre 50 anni di embargo da parte degli Usa
spalanca ora le porte agli investimenti esteri. E l’Italia è in prima fila. «E’
stata la più grande missione di un paese estero», racconta con entusiasmo Carlo
Calenda, viceministro per lo Sviluppo economico, che ha guidato insieme al
sottosegretario agli Esteri Mario Giro la folta delegazione che ha animato questo
Forum economico bilaterale organizzato insieme a Confindu-stria, Ice, Abi,
Alleanza delle cooperative e Unioncamere. Si dice Cuba e si pensa al rhum e ai
sigari, i due asset oggi più rilevanti per il paese guidato da Raul Castro. E
già qui l’Italia parte col piede giusto. Siamo tra i primi al mondo nel settore
dei macchinari per le bevande abbiamo anche materia prima e know how
d’eccellenza nei sigari. Ma è su tutto il resto, quello che ai cubani manca che
si aprono le nuove rotte del business. «Dalla filiera per l’allevamento e la
lavorazione delle carni alla produzione di scarpe, dal turismo alle
infrastrutture fino all’ambito culturale, sono le direttrici su cui possiamo
costruire progetti di lunga durata», racconta Calenda. La collaborazione tra i
due paesi può già contare su un plafond di 80 milioni, il fondo rotativo nato
dall’accordo tra Intesa San Paolo e Sace per supportare i contratti commerciali
del valore massimo di 5 milioni. E’ solo il primo passo, ma l’interscambio
commerciale tra Italia e Cuba, oggi a 300 milioni di euro, è destinato a salire
vertiginosamente. Il mercato cubano ha bisogno di scarpe, vestiti, farmaci,
case, mobili, cucine. Tutto quanto rientra nelle eccellenze del Made in Italy.
«Ma non vogliamo sviluppare puri accordi di vendita, guardiamo a progetti di
sviluppo di ampio respiro con imprese che hanno risorse e know how per
installarsi a Cuba e lavorare in tandem con i cubani», sottolinea Calenda.
Multinazionali tascabili o giganti internazionali: non è tanto la dimensione in
sé che conta quanto la capacità strategica di trasferire competenze e guidare
altri imprenditori a sviluppare nuove vocazioni. Proprio quello che ha finora
fatto la storia del Made in Italy. In particolare, ci unisce la similitudine di
modello di sviluppo, capace di innestare l’innovazione sulla tradizione,
l’ispirazione artigianale sulle grandi industrie. «Cuba è una società in transizione
ma animata dall’intenzione di non perdere la propria identità», spiega Calenda.
Insomma, niente boom tipo Russia o Cina, niente capitalismo rapace. «Hanno
ribadito l’intenzione di voler continuare sulla strada della actualizacion del
modelo socialista», racconta Calenda. Strade, ferrovie, treni, centrali
energetiche. Un paese povero deve far leva sulle infrastrutture per crescere. E
in prima fila troviamo Trevi, Astaldi e le altre big delle tecnologie per le
infrastrutture e delle costruzioni. A ottobre, con l’arrivo del premier Matteo
Renzi, dovrebbe concludersi l’accordo per un parco eolico che dovrebbe essere
realizzato da Enel Green Power. Ma con i consumi di massa pronti a esplodere,
c’è spazio per tutti. Anche per gli agricoltori e i produttori di macchinari
agricoli: si contano oltre 6,3 milioni di ettari di terreno agricolo dei quali
solo 2,6 già coltivati, per un mercato interno potenziale vicino ai 2 miliardi
di dollari Usa. Sotto la guida di Raul Castro è partito il progetto di riforme che
a marzo ha varato la Ley de Inversion Extrajera, piano per promuovere
l’ingresso di capitali stranieri a colpi di incentivi fiscali e l’approvazione
di un pacchetto di 240 progetti di investimento specifici, la cosiddetta
cartera de oportunidades per un valore di 8,7 miliardi d dollari. E’ prevista
anche una Zona Economica speciale, a 50 chilometri dall’Avana, al porto di
Mariel. «Sono già 14 le proposte di investimento produttivo avanzate da imprese
italiane - racconta Calenda in quest’area si svilupperanno diversi comparti,
dal fotovoltaico alla lavorazione dell’alluminio, dal packaging ai tubi per
costruzioni ». La modernizzazione di Cuba fa perno su infrastrutture e
business, ma il cuore del modello di sviluppo resta lo spirito del paese, la
cultura, unica al mondo. Un esempio, il restauro dell’Avana antica: «Non stanno
aprendo la strada agli hotel, nelle abitazioni torneranno a vivere gli abitanti
di oggi», racconta Calenda. Sotto la sapiente regia de L’Oficina
dell’Historiador, l’organo culturale più importante di Cuba rinascono
abitazioni e botteghe, si popola il cantiere culturale a cielo aperto dove
convive il barrio di Buena vista social club con i turisti, sempre più
numerosi, che dovrebbero diventare presto 5 milioni dai 3 attuali. Di questi 2 si
stima dovrebbero arrivare dagli Usa, sulla scia di un progetto che punta a fare
dell’Avana uno dei più grandi hub culturali dell Centro e Sud America, In
questo scenario di transizione “umanistica” si inseriscono anche i piani di
cooperazione culturale con l’Italia, che fanno perno su design e restauro, due
punti di forza del nostro paese. «Porteremo restauratori e architetti italiani,
c’è molto da fare su questo fronte», ha ribadito Calenda. L’Italia ha già
avviato un progetto del valore di 670 mila euro, finanziato dalla cooperazione
internazionale, per ristrutturare alcuni edifici storici a Santiago de Cuba. E
durante il Forum è stato siglato un accordo per 20 borse di studio che
consentiranno a giovani cubani di venire a studiare nelle scuole di restauro
italiane.
(13 luglio 2015)
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