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giovedì 2 luglio 2015

2 luglio 1961

Un giorno come oggi, di 54 anni or sono, Ernest Hemingway si toglieva la vita  nella sua residenza dell'Ilinois. Ha voluto morire com'era vissuto con un colpo di fucile da caccia di cui si era introdotto in bocca la canna.
Anni dopo, a Cojimar, parlando con l'ormai anziano skipper della sua barca "Pilar", il canario naturalizzato cubano Gregorio Fuentes, fedelissimo amico dello scrittore, fra le storie di cui ricordava, mi parlò di una lettera che gli scrisse Hemingway poco tempo prima del fattaccio, in cui si diceva fortemente abbattuto per aver saputo di essere affetto da un male incurabile che oltre alle sofferenze quotidiane, gli avrebbe impedito di scrivere, cosa che per lui era la vita stessa e senza poterlo fare, diceva, non aveva senso continuare a stare al mondo.
Non sono un particolare ammiratore dell'opera omnia dello scrittore nordamericano, lo trovo prolisso e abbastanza noioso nelle sue pedanti descrizioni. Mi piacciono però i suoi romanzi brevi o racconti lunghi dove c'è azione e "colore", in modo particolare quelli scritti o ispirati a Cuba. Specialmente "Avere e non avere" e naturalmente, "Il vecchio e il mare" a cui ho "usurpato" il nickname. Questo libro fece ottenere a Hemingway i premi Pulitzer e Nobel, rispettivamente nel 1953 e '54.
Del primo venne girato un film, con Humphrey Bogart che fu ambientato in Messico, forse perché girato in tempi in cui a Cuba non era possibile per i moti rivoluzionari. Il secondo, invece, fu girato nei luoghi descritti con un grande Spencer Tracy nelle vesti del pescatore Santiago e dal piccolo Manolo che poi divenne chéf del ristorante La Terraza di Cojimar. Luogo abitualmente frequentato, ai tempi, dallo scrittore e per lungo tempo dopo, da Gregorio.





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