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domenica 19 giugno 2016

Ricevo da Luca Lombroso: Clima è allarme!

Una mia intervista "leggera" con, in anteprima, il titolo del mio nuovo libro


Clima: è allarme! (2016 Giugno 17) - E’ troppo presto per dire che tempo farà quest’estate ma a preoccupare sono i cambiamenti climatici: “ci dobbiamo abituare a vivere in un ambiente più estremo, e anche mediamente più caldo” sostiene Luca Lombroso dell’Osservatorio Geofisico dell’Università di Modena e Reggio Emilia. In base alle sue simulazioni, senza azioni virtuose di limitazione delle emissioni serra, il riscaldamento aumenterebbe  di quattro gradi e in quel caso il mare potrebbe arrivare fino a Ravenna e Ferrara. Sarà un’estate pazzerella? Altro ci deve preoccupare... E’ bastato un inizio di giugno variabile per scatenare l’inevitabile ridda di previsioni catastrofiche sull’estate alle porte. A riportare tutti all’ordine è Luca Lombroso: “è  impossibile fare previsioni sul meteo dei prossimi mesi” puntualizza sottolineando ancora una volta il vero grande problema: l’emergenza ambientale. Lombroso ha partecipato a Parigi alla Conferenza delle Parti (COP 21) delle Nazioni Unite per il Clima, l’evento dedicato al clima e al riscaldamento globale ed è in uscita il suo ultimo libro

Ciao Fossili,
 Cambiamenti climatici resilienza e futuro nell’era post carbon Edizioni Artestampa

dedicato al tema della transizione, appunto, al futuro post combustibili fossili alla luce di due importanti novità, l’enciciclica Laudato Si di Papa Francesco e i risultati di COP 21 di Parigi. Lombroso, la variabilità di questo inizio di giugno potrebbe caratterizzare l’intera estate? “E’ troppo presto per dirlo. Le previsioni si possono formulare fino a cinque/sette giorni, tendenze indicative possono arrivare fino a otto/dieci giorni e quindi  è impossibile fare una previsione precisa di come sarà la restante parte dell’estate. Negli ultimi anni abbiamo assistito a grandissimi estremi in un verso e nell’altro, con la prevalenza sempre del caldo. Non mi stupirei però di questa situazione di variabilità: è capitato in anni recenti che si siano verificate situazioni di caldo precoce ma il mese di maggio appena trascorso non è stato così anomalo come sembra”. Ci dobbiamo abituare a un clima generalmente più caldo? “Ci dobbiamo abituare a vivere in un ambiente più estremo, e anche mediamente più caldo. Negli ultimi anni ci siamo un po’ assuefatti al caldo e consideriamo normale che ci siano 27 gradi già a maggio e a inizio giugno, che però non sono periodi caldi. L’estate meteorologica, lo ricordiamo, inizia il 1° giugno, quella astronomica il 21. Il mese di maggio con 30 gradi fino al 2000 era l’eccezione, non la norma come è stato spesso invece dal 2001 in poi, con anni come il 2006 e il 2009  quando il caldo è stato esagerato e duraturo come nel 2003. Negli ultimi anni, nel mese di maggio non ci sono state particolari ondate di caldo precoce e basta andare solo a  tre anni fa per trovare un mese di maggio più fresco di quello appena trascorso. Certo se guardiamo l’andamento dall’inizio del 2016, qui all’Osservatorio Geofisico del Dipartimento di Ingegneria dell’Università, vediamo che ci sono stati molti momenti caldi, anche lunghi e precoci: addirittura la giornata dell’11 gennaio è stata più calda di alcune di maggio. Si tratta di sbalzi a cui la natura e il corpo umano non rispondono bene”. In pochi anni ci sono stati cambiamenti climatici evidenti? “Siamo di fronte a un problema planetario, lo dimostra la recente conferenza di Parigi a cui ho partecipato, ma anche epocale perché è causato dall’uomo e perché il cambiamento avviene in poco tempo. Dobbiamo immaginare che, in linea con i cambiamenti che ci sono stati a livello globale, già dagli Anni Novanta  nel nostro territorio è come se fosse scattata una molla. Siamo entrati in una nuova normalità fatta di temperature mediamente più alte e con un conseguente problema che ormai è vistoso e indiscutibile: l’aumento di frequenza e intensità dell’ondata di caldo estivo e l’andamento anomalo delle piogge per cui  si alternano precipitazioni anche intense a periodi in cui la pioggia manca completamente. Basta andare allo scorso dicembre quando praticamente non è piovuto e poi fra gennaio e febbraio è caduta tutta la pioggia mancata nei mesi precedenti. Quest’estremizzazione (è già un dato di fatto) si ripercuote naturalmente sull’uomo e sulle sue attività ma naturalmente anche sulla flora, sulla fauna, sull’agricoltura e sull’economia perché il turismo vorrebbe situazioni di meteo stabile. Già accetta difficilmente la normale variabilità figuriamoci questi eccessi sempre più frequenti. E’ un po’ per questo che poi si va a cercare come colpevole (che poi colpevole non è) il meteorologo e le previsioni se mancano i turisti nei fine settimana sulle spiagge o sulle piste da sci durante l’inverno. Non è il meteorologo il problema! E non dimentichiamoci che con questi fenomeni estremi non si scherza: si rischia la vita. Lo dimostra ciò che è successo recentemente a Chioggia Sottomarina con un tornado vero e proprio che ha devastato le spiagge”. Rispetto ai cambiamenti climatici, quanto dobbiamo essere preoccupati da uno a dieci? “Io direi dieci. E’ positiva la decisione della Conferenza di Parigi ma ora si tratta di attuarla e non solo a livello globale. COP 21 chiede un impegno agli Stati ma anche a livello subnazionale, alle realtà e alle amministrazioni locali. Cito, tra gli esempi, quello che stiamo facendo a Carpi e a Campogalliano come Movimento di Città di Transizione (https://campogallianotransizione.wordpress.comhttps://carpitransizione.wordpress.com), cioè come cittadini che stanno cercando di passare a un’era post carbon, caratterizzata da comunità resilienti”. Che cosa significa? “Le concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera sono oltre 400 parti per milione ed è un fatto nuovo nell’intera storia dell’evoluzione umana. Le conseguenze non sono ben chiare e solitamente si pensa che sia qualcosa di lontano da noi, un problema di orsi polari. Con il ritiro dei ghiacci del Polo Nord (in queste settimane sono ai minimi storici e addirittura c’è il rischio che questa sia la prima estate che vede il Polo Nord libero da ghiacci) oltre ad aprirsi contenziosi internazionali, per esempio, sulle nuove rotte marine e nelle esplorazioni petrolifere, si verifica un’alterazione della circolazione generale dell’atmosfera. E’ possibile che, in conseguenza della mancanza di ghiaccio al Polo Nord, ci ritroviamo con climi più estremi: inverni anche più brutali e gran caldo improvviso. Tutto ciò perché la mancanza di ghiaccio sostanzialmente va a cambiare la circolazione generale dell’atmosfera. Di fronte a questi rischi, ci sono gruppi di cittadini che dal basso hanno pensato di agire perché i grandi potenti arrivano tardi  e l’azione dei singoli è troppo limitata: nel mezzo ci sono le comunità  che possono affrontare questi problemi di resilienza, cioè la capacità di convivere con un clima più brutale, e sanno come comportarsi quando c’è un’alluvione, un’allerta meteo o un temporale forte. Allo stesso tempo avviano piani di decrescita energetica e di conversione a fonti rinnovabili”. Questo presuppone però una grande consapevolezza del problema… “E’ ovvio la consapevolezza è il primo dei problemi e il tempo stringe. C’è da lavorare molto nelle scuole per le giovani generazioni perché sono quelle che vengono coinvolte dalla Conferenza di Parigi: se tali decisioni saranno attuate, traghetteranno la società a qualcosa di diverso e, credo, migliore. Ma allo stesso tempo non dobbiamo illuderci che basti agire nelle scuole perché l’educazione ambientale deve coinvolgere i consigli regionali, comunali, il parlamento e anche i consiglieri d’amministrazione delle aziende”. E se non faremo nulla a cosa andremo incontro? “Se nel corso di questo secolo (quindi è una cosa che riguarda i nostri bambini),  non si fa niente si va verso un riscaldamento del pianeta oltre i 4/5 gradi e la Banca Mondiale ritiene questo scenario incompatibile con la civiltà globale interconnessa. Di fatto vaste zone andrebbero incontro al collasso e, come sono crollati l’Impero romano e quello dei maya nell’America centrale, a causa anche di cambiamenti ambientali, così potrebbe capitare anche a noi. Città come New York, Londra e non solo le coste del Bangladesh o piccole isole come le Maldive sarebbero sommerse dall’acqua scatenando ondate migratorie. Sul nostro territorio avevo provato a fare alcune simulazioni: se conteniamo il riscaldamento entro i due gradi di temperatura (meglio ancora 1,5) diciamo che avrebbero dei grossi problemi Venezia (che è quasi condannata) ma anche le zone costiere della riviera, però i danni sarebbero di entità tutto sommato accettabile e potremmo conviverci con resilienza. Se il riscaldamento arrivasse a quattro gradi il mare potrebbe arrivare fino a Ravenna e Ferrara”. Sara Gelli

Luca LOMBROSO


sabato 18 giugno 2016

Dizionario del mare per lupi di terra

BITTONE: zerpende dalla belle preggiata

venerdì 17 giugno 2016

Dizionario del mare per lupi di terra

BITTA: Paolo, comico genovese

giovedì 16 giugno 2016

Dizionario del mare per lupi di terra

BISCIA: rettile

mercoledì 15 giugno 2016

Dizionario del mare per lupi di terra

BISCAGLINA: abitante del nord ovest della Spagna

lunedì 13 giugno 2016

Dizionario del mare per lupi di terra

BIG BOY: anglicismo, ragazzone

Lettere con andata e ritorno, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 12/6/16


Lo scriba vuole dedicare la pagina di oggi a dare risposta, fino dov’è possibile, a parte dell’abbondante corrispondenza ricevuta.
Un lettore che si firma solo col nome – Emiliano – nel suo messaggio si lamenta dello stato deplorevole in cui si trova la fortezza matanzera El Morrillo, dove cadde in combattimento Antonio Guiteras, mentre Arlan Sánchez inquisisce sul numero di presidenti in carica che hanno visitato Cuba, prima della vittoria della Rivoluzione. José Horacio Rodríguez formula una strana domanda sulle scarpe a due toni, sulle quali non ho niente da dire. Guillermo Ramírez di Holguin, mi chiede che scriva sul giornalista Mario Kuchilán. Lo compiacerò prossimamente.
María Elena Menéndez a nome, dice, di un gruppo di persone, esprime il suo disaccordo con la possibile vendita della tomba in cui riposano i resti di Alberto Yarini che secondo lei, ha nei piani la vedova di un discendente del famoso prosseneta Yarini “appartenente al nostro patrimonio di cubanìa e identità”, dice María Elena e aggiunge che la tomba è curata da devoti “che la abbelliscono e adornano ebbene, Yarini, come Amelia (Goyri), concede miracoli”.
Altri tre lettori sembrano essersi messi d’accordo con le loro richieste. Queste ruotano attorno a edifici coloniali. Yamilé Cándales vorrebbe dettagli sul Palazzo de Balboa mentre sul Palazzo de Pedroso, sede del Palazzo dell’Artigianato, si interessa il suo amministratore, José Enrique Hernández, mentre Gustavo Rodríguez chiede i precedenti dell’edificio che ospita la Società Rosalía de Castro, sito in Egido e Monte all’Avana. Dice: “ Conversando con un amico che fa parte del personale di sicurezza dell’immobile, mi raccontava le curiose e assurde storie che lì raccontano agli stranieri che lo visitano, le guide turistiche che lavorano in proprio”.

Visita al Morrillo

Il lettore Emiliano racconta che in compagnia di suo figlio di dieci anni, ha visitato El Morrillo. Aveva questo debito con se stesso. È situato allo sbocco del río Canímar e prossimo all’autostrada Matanzas-Varadero. Fu una batteria di cannoni che l’ingegner Francisco Baldenoche eresse nel 1807, nello stesso luogo dove c'era una torre dal XVIII secolo. L’installazione acquisì significato storico per essere stata scenario storico della morte di Guiteras e del suo compagno, il venezuelano Carlos Aponte.
Lì riposano i resti dei due combattenti. Emiliano si sentì emozionato e volle trasmettere il sentimento a suo figlio, a cui spiegò chi era Guiteras e il suo significato rivoluzionario. Però la delusione non tardò a colpirlo. Non poteva spiegarsi l’abbandono che avvertì nel luogo che gli dissero, è in restauro da due anni e non si sa quando si finisce. I custodi sono ansiosi che termini il restauro del museo, “se così si può chiamare un posto dove c’è solo una foto di Guiteras e un’altra di Aponte”.
Emiliano termina il suo messaggio: “Per mantenera la memoria storica della nostra Patria, dobbiamo influire, in un modo o nell’altro perché si concludano le opere di restauro a El Morrillo. Non importa quali siano le difficoltà o carenze. Fra l’altro, è inglobato in un bel posto, un posto che perciò può risultare attraente anche per il turismo”.

Presidenti a Cuba

In questi giorni, in occasione del Vertice del Caribe, si è rivelato che solo nel trascorso dell’anno passato sono venuti a Cuba oltre 30 capi di Stato. Non so cosa rispondere al lettore Anlan Sánchez. Prima della vittoria della Rivoluzione furono molto pochi i presidenti in carica che sono venuti. Lo scriba si spreme la memoria e ne ricorda solo due: Calvin Coolidge, degli Stati Uniti e Romulo Gallegos del Venezuela che i militari abbatterono ed espulsero dal Paese, ma non poterono obbligarlo a dimettersi. Da lì che arrivasse a Cuba come presidente del grande Paese sudamericano. Di sovrani detronizzati ne vennero vari e si ospitarono tutti all’Hotel Nacional. Venne anche il principe Baldovino che giunse ad essere re del Belgio e don Juan de Borbón di Spagna, un re che non fu mai.
Nemmeno i presidenti cubani viaggiavano tanto mentre restavano al potere. Gerardo Machado visitò gli Stati Uniti come presidente eletto e vi tornò essendo già in carica, anche Ramón Grau fu a washington come presidente eletto e come tale carlos Prío andò in Messico. Già nell’esercizio della sua carica Prío ando in Guatemala di nascosto, senza l’autorizzazione del Congresso, al fine di dare il suo appoggio al Governo guatemalteco minacciato dall’aggressione nordamericana istigata dalla United Fruit. Fulgencio Batista fu presente al Vertice Panamericano di Panama, nel 1956 e almeno una volta, essendo presidente, si recò a Daytona Beach in Florida, dove aveva una casa, per celebrare il cosiddetto “Giorno di Batista”.
Per certo, sulla visita di Prío in Messico c’è un aneddoto delizioso. Già in esilio, Max Lesnick, direttore dil pi Radio Miami e delegato dell’Alleanza Martiana – ex presidente della Gioventù Ortodossa – una volta chiese a Prío, suo vecchio nemico, quale fu il momento più imbarazzante della sua vita e Prío gli rispose che fu in Messico in occasione della sua visita come presidente eletto.
Il politico cubano visitò Il Presidente del Messico nella sua residenza ufficiale e questi, alla fine lo invitò a un giro per la capitale messicana. A quei tempi il protocollo non era tanto stretto come quello di oggi e ai presidenti aztechi piacevano quelli che il giornalista Luis Suárez chiamava “bagni di popolo”. Uscirono dal Palazzo in un auto decapottabile: Prío e sua moglie, Mary Tarrero e il presidente Manuel Ávila Camacho con la sua. L’auto si fermò a un semaforo e un messicano qualunque si rivolse al presidente del suo Paese: -Senta don Manuel, lasci quella vechia e si cerchi una donna carina come doña Mary che è molto bella.
Mary Tarrero era di certo molto bella e lo fu fino alla fine quando, già con la mente ferita, manteneva intatta la sua bellezza. Ma in quel momento, così confessò a Max Lesnik, Carlos Prío non seppe dove nascondere la faccia.
In quanto alla vendita della tomba di Yarini, lo scriba pensa che non ci sia niente da fare se la presunta discendente ne ha titolo di proprietà. Però varrebbe la pena di dare battaglia.

La reliquia più bella

Lo storico Emilio Roig considera come una delle reliquie più belle dell’architettura coloniale, il Palazzo de Pedroso nella calle Cuba tra Cuarteles e Peña Pobre. Fu costruito nel 1780 da don Mateo Pedroso, reggente e sindaco ordinario dell’Avana. Consta di quattro piani compreso l’interrato e sulla sua facciata monumentale e sobria allo stesso tempo, mostra un balcone lungo, di legno, di tipo moresco. Nel 1840 la magione fu affittata a don Juan Montalvo y O’ Farril, zio della famosa Contessa di Merlin che visse in questa casa durante il suo soggiorno all’Avana, nel 1844. Dieci anni dopo, fu sede della Pretura, sloggiata dal Palazzo dei Capitani Generali e che poi passerà al carcere di Tacón, alla fine del Paseo del Prado. Nel 1898, lì si installò il comando di Polizia della città e torno nelle mani di un discendente della famiglia dei proprietari d’origine negli anni ’30 dello scorso secolo. Fu allora che Joaquín Weiss vi fece un ammirevole lavoro di restauro.
Il Palazzo de Balboa, del quale si interessa Yamilé Cándales, fu costruito dai marchesi con questo nome e si trova nell’isolato compreso tra le clles Egido, Zulueta, Gloria e Apdaca. Il già citato Emilio Roig gli celebra, innanzitutto, il suo stile architettonico. Edificato nel 1871, vale a dire nel pieno splendore dello stile neoclassico, si separa quasi completamente dalle line di questa tendenza. Pedro Tomé Verecruisse, l’architetto che lo progettò sembra che si sia ispirato, nell’erigerlo, nelle belle palazzine d’influenza francese che erano di oda allora nel Paseo de la Castellana di Madrid, alcune delle quali forse, furono proprio opera dello stesso Tomé Verecruisse.
Si distingue anche per essere il primo edificio, di carattere privato che si progettò dentro alla città per occupare un intero isolato, tutto circondato da giardini e con facciate ai quattro lati, seppure nessuna col portico.
Lì visse e da lì uscì per sposarsi Amelia Goyri. Era nipote della Marchesa e passò alla posterità come La Milagrosa. Si tratta di una santa e per questo la sua tomba, nel cimitero di Colón è piena di offerte e messsaggi di gratitudine di coloro che in un momento di sconforto implorarono il suo aiuto e lei concesse ciò che le chiedevano, quasi sempre il ritrovamento della persona amata e il ristabilimento della relazione amorosa. Il suo è il sepolcro più visitato della necropoli di Colón.
L’attuale Museo della Rivoluzione si cominciò a costruire come sede del Governo Provinciale dell’Avana. Mariana seba, figlia del maggior generale Mario García Menocal, presidente della Repubblica, si innamorò dell’edificio e riuscì a far si che suo marito lo confiscasse e pagasse al governo Avanero. Fu allora che l’edificio al numero uno della calle Refugio divenne il Palazzo Presidenziale, studio e residenza ufficiale dei presidenti cubani e il Governo Provinciale si installò nel Palazzo de Balboa. All’inizio della decade del 1960, questa forma di governo e l’immobile accoglie la Giunta di Coordinamento, Esecuzione e Ispezione della provincia, fino a che da ingresso al Comitato Statale della Scienza, Tecnica e Medio Ambiente. Successivamente accoglie la direzione di un’impresa commerciale.

Per finire parleremo del palazzo dei conti di Casa Moré, poi chiamato palazzo dei marchesi di Villalba. Sito di fronte alla piazzetta delle Orsoline che occupa un’area di 2.000 metri quadrati. Fu costruito nel 1872 ed è opera dell’ingegner Eugenio Rayneri. In questo edificio ebbe sede il Senato del Governo Autonomo. Successivamente lì ci fu la sede dell’impresa inglese dell’Unione Ferroviaria e oggi ospita la Società Culturale Spagnola.


Cartas de ida y vuelta
·        
·         Ciro Bianchi Ross •
11 de Junio del 2016 19:53:45 CDT

Quiere el escribidor dedicar la página de hoy a dar respuesta, hasta donde es posible, a parte de la abundante correspondencia recibida.
Un lector que firma solo con su nombre de pila —Emiliano— se queja en su mensaje electrónico del lamentable estado en que se encuentra la fortaleza matancera de El Morrillo, donde cayó en combate Antonio Guiteras, mientras que Anlan Sánchez inquiere sobre el número de mandatarios en ejercicio que visitaron Cuba antes del triunfo de la Revolución. Y José Horacio Rodríguez formula una extraña pregunta sobre los zapatos de dos tonos, de los que no tengo nada que decir. Guillermo Ramírez, de Holguín, me pide que escriba sobre el periodista Mario Kuchilán. Lo complaceré próximamente.
María Elena Menéndez, a nombre, dice, de un grupo de personas, expresa su inconformidad con la probable venta de la tumba donde reposan los restos de Alberto Yarini que, según ella, tiene en planes la viuda de un descendiente del famoso proxeneta. Yarini «pertenece a nuestro patrimonio por su cubanía e identidad», dice María Elena y añade que su tumba es atendida por devotos «que la embellecen y adornan, pues Yarini al igual que Amelia (Goyri) concede milagros».
Otros tres lectores parecen haberse puesto de acuerdo en sus peticiones. Estas giran en torno a edificios coloniales. Yamilé Cándales precisa detalles sobre el Palacio de Balboa; y sobre el Palacio de Pedroso, sede del Palacio de la Artesanía, se interesa el administrador de este, José Enrique Hernández, en tanto que Gustavo Rodríguez requiere los antecedentes del edificio que alberga a la sociedad Rosalía de Castro, sita en Egido y Monte, en La Habana. Dice: «Conversando con un amigo que forma parte del cuerpo de seguridad del inmueble, me contaba las curiosas y absurdas historias que allí cuentan a los extranjeros que lo visitan los guías turísticos por cuenta propia».

Visita al morrillo

Relata el lector Emiliano que en compañía de su hijo de diez años visitó El Morrillo. Tenía esa deuda consigo mismo. Está situado a la entrada del río Canímar y próximo a la Autopista Matanzas-Varadero. Fue una batería de cañones que el ingeniero Francisco Baldenoche erigió en 1807 en el mismo lugar donde hubo un torreón desde el siglo XVIII.
La instalación adquirió significación histórica por haber sino escenario de la muerte de Guiteras y de su compañero, el venezolano Carlos Aponte.
Reposan allí los restos de los dos combatientes. Emiliano se sintió emocionado y quiso transmitir el sentimiento a su hijo, a quien explicó quién era Guiteras y su significación revolucionaria. La decepción empero no tardó en embargarlo. No podía explicarse el abandono que advirtió en el lugar que, le dijeron, lleva dos años en una restauración que no tiene para cuándo acabar. Las veladoras están ansiosas porque concluya la restauración del museo, «si así se puede llamar a un lugar donde solo hay una foto de Guiteras y otra de Aponte».
Finaliza Emiliano su mensaje: «Para mantener la memoria histórica de nuestra patria, debemos influir de una forma u otra para que se concluyan las obras de restauración en El Morrillo. No importa cuáles sean las dificultades y carencias. Está enclavado, por otra parte, en un bello paraje; un sitio que por eso puede también resultar atractivo para el turismo».

Presidentes en Cuba

En estos días, en ocasión de la Cumbre del Caribe, se reveló que solo en el transcurso del último año vinieron a Cuba más de 30 jefes de Estado. No sé qué responder al lector Anlan Sánchez. Antes del triunfo de la Revolución fueron muy pocos los mandatarios en ejercicio que vinieron. El escribidor se estruja la memoria y solo recuerda a dos: Calvin Coolidge, de EE.UU., y Rómulo Gallegos, de Venezuela, a quien los militares derrocaron y sacaron del país, pero no pudieron obligar a renunciar. De ahí que llegara a Cuba como Presidente del gran país sudamericano. Monarcas destronados vinieron varios, y se alojaron todos en el Hotel Nacional. Vino también el príncipe Balduino, que llegaría a ser rey de Bélgica, y don Juan de Borbón, de España, un rey que nunca llegó a serlo.
Tampoco los presidentes cubanos viajaban mucho mientras permanecían en el poder. Gerardo Machado visitó EE. UU. como presidente electo y volvió otra vez, siéndolo ya en ejercicio. Ramón Grau también viajó a Washington como presidente electo, y como tal fue Carlos Prío a México. Ya en el ejercicio de su cargo, Prío viajó a Guatemala, oculto y sin autorización del Congreso, a fin de dar su apoyo al Gobierno guatemalteco amenazado por la agresión militar norteamericana instigada por la United Fruit. Fulgencio Batista estuvo presente en la Cumbre Panamericana de Panamá, en 1956, y por lo menos una vez, siendo presidente, viajó a Daytona Beach, en Florida, donde tenía una casa, a celebrar el llamado «Día de Batista».
Por cierto, de la visita de Prío a México en 1948 hay una anécdota deliciosa. Ya en el exilio, Max Lesnik, director de Radio Miami y delegado de la Alianza Martiana —expresidente de la Juventud Ortodoxa— preguntó una vez a Prío, su antiguo enemigo, cuál era el momento más embarazoso de su vida, y Prío le respondió que en México, en ocasión de su visita como presidente electo.
Visitó el político cubano en su residencia oficial al Presidente de México y este al final lo invitó a un paseo por la capital mexicana. Cuando aquello el protocolo no era tan estricto como el de hoy, y los mandatarios aztecas gustaban de lo que el periodista Luis Suárez llamaba «esos baños de pueblo». En un auto descapotable salieron de Palacio Prío y su esposa, Mary Tarrero, y el presidente Manuel Ávila Camacho con la suya. Se detuvo el convertible ante un semáforo, y un mexicano de a pie espetó al mandatario de su país:
—Oiga, don Manuel, deje a esa vieja y búsquese a una mujer tan bonita como doña Mary, que esa sí que es linda.
Era ciertamente muy linda Mary Tarrero y lo siguió siendo hasta el final cuando, ya con la mente herida, mantenía intacta su belleza. Pero en aquel momento, y así se lo confesó a Max Lesnik, Carlos Prío no supo dónde meter la cara.
En cuanto a la venta de la tumba de Alberto Yarini, piensa el escribidor que no hay nada que hacer si la presunta descendiente tiene el título de propiedad. Pero bien valdría la pena dar la pelea.

La más bella reliquia

El historiador Emilio Roig considera como una de las más bellas reliquias de la arquitectura colonial el Palacio de Pedroso, en la calle Cuba entre Cuarteles y Peña Pobre. Fue construido en 1780 por don Mateo Pedroso, regidor y alcalde ordinario de La Habana. Consta de cuatro pisos, incluyendo el entresuelo, y su fachada, monumental y sobria a la vez, luce un balcón corrido, de madera, de tipo morisco. En 1840 la mansión fue alquilada a don Juan Montalvo y O’Farrill, tío de la famosa Condesa de Merlin, que vivió en esa casa durante su viaje a La Habana, en 1844. Diez años más tarde fue sede de la Audiencia Pretorial, desalojada del Palacio de los Capitanes Generales y que pasaría luego a la Cárcel de Tacón, al final de Paseo del Prado. En 1898 se instaló allí la jefatura de Policía de la ciudad, y volvió a manos de un descendiente de la familia de los propietarios originales en los años 30 del siglo pasado. Fue por entonces que Joaquín Weiss hizo allí un admirable trabajo de restauración.
El Palacio de Balboa, por el que se interesa Yamilé Cándales, fue construido por los marqueses de ese nombre y se ubica en la manzana enmarcada por las calles Egido, Zulueta, Gloria y Apodaca. El ya citado Emilio Roig le celebra, en primer término, su estilo arquitectónico. Edificado en 1871, es decir en pleno esplendor del estilo neoclásico, se aparta casi totalmente de las líneas de esa tendencia. Pedro Tomé Verecruisse, el arquitecto que lo proyectó, se inspiró al parecer para erigirlo en los bellos palacetes con marcada influencia francesa que entonces estaban de moda en el Paseo de la Castellana, de Madrid, algunos de los cuales quizá fueran obra del propio Tomé Verecruisse.
Se distingue asimismo por ser el primer edificio de carácter particular que, dentro de la ciudad, se proyectó para que ocupara por entero una manzana, todo rodeado de jardines y con fachadas por los cuatro costados, aunque sin portal en ninguna.
Allí vivió y de allí salió para casarse Amelia Goyri. Era sobrina de la Marquesa y pasó a la posteridad como La Milagrosa. Se trata casi de una santa y por eso su tumba, en el cementerio de Colón, está llena de ofrendas y mensajes de agradecimiento de aquellos que en un momento de angustia imploraron su ayuda y ella les concedió lo que le pidieron, casi siempre el rencuentro con la persona amada y el restablecimiento de la relación amorosa. Es el suyo el panteón más visitado de la necrópolis de Colón.
El actual Museo de la Revolución empezó a construirse como sede del Gobierno Provincial de La Habana. Mariana Seba, esposa del mayor general Mario García Menocal, presidente de la República, se enamoró del edificio y logró que su esposo lo confiscara y pagara al Gobierno habanero. Fue entonces que el edificio de la calle Refugio número 1 pasó a ser Palacio Presidencial, despacho y residencia oficial de los mandatarios cubanos, y el Gobierno Provincial se instaló en el Palacio de Balboa. A comienzos de la década de 1960 se extingue esa forma de gobierno y el inmueble acoge a la Junta de Coordinación, Ejecución e Inspección de la provincia, hasta que da cabida al Comité Estatal de Ciencia, Técnica y Medio Ambiente. Acoge después a la dirección de una empresa comercial.
Hablaremos por último del palacio de los condes de Casa Moré, luego llamado palacio de los marqueses de Villalba. Situado frente a la plazuela de las Ursulinas, ocupa un área de 2 000 metros cuadrados. Fue construido en 1872 y es obra del ingeniero Eugenio Rayneri. Funcionó en este edificio el Senado del Gobierno Autonómico. Luego estuvo allí la empresa inglesa de los Ferrocarriles Unidos y hoy da albergue a la Sociedad Cultural Española.

domenica 12 giugno 2016

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giovedì 9 giugno 2016

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BETTOLINA: piccola osteria

martedì 7 giugno 2016

L'Avana, da oggi, ufficialmente fra le 7 città "Meraviglia del Mondo

Oggi l’Avana ha ricevuto ufficialmente l’insegna di una delle 7 Città Meraviglia del Mondo dall’associazione svizzera che ha patrocinato il referendum su scala mondiale attraverso sondaggi. Feste e serate di gala proseguono fino al giorno 11. Qua resta sempre il mistero sulle altre sei...