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mercoledì 28 settembre 2016
Dizionario del mare, per lupi di terra (riproviamoci)
BOCCAPORTO: orifizio utile al porto per nutrirsi e parlare
lunedì 26 settembre 2016
Il Reportage, da Cuba
Da domani dovrebbe essere in edicola la rivista trimestrale Il Reportage con una serie di interviste, fatte da Giulio Messina, a personaggi anche di alto profilo con le loro opinioni sull'attuale situazione del Paese.
C'è anche l'intervista a un non cubano, non di alto profilo, ma il resto è molto interessante.
Un numero certamente da non perdere per i "cubanofili".
C'è anche l'intervista a un non cubano, non di alto profilo, ma il resto è molto interessante.
Un numero certamente da non perdere per i "cubanofili".
venerdì 9 settembre 2016
Torniamo a parlare di Cuba
Come avevo scritto, ho sospeso (temporaneamente) il blog
per cause di connettività. Ultimamente ho notato che i momenti in cui si possa
entrare in rete, lentamente e col rischio di restare a metà strada, sono
leggermente migliorati nonostante, per esempio, l’urgenza che ieri mi ha
costretto a servirmi dei “profumati” servigi del Melià (sic!) Habana Libre.
Da un po’ di tempo non faccio i miei personali e
discutibili commenti su quanto, vengo a sapere, di ciò che succede a Cuba.
In questi ultimi tempi si stanno concretizzando gli
annunciati voli commerciali delle linee nordamericane. Secondo dichiarazioni di
un rappresentante dell’American Airlines, i voli potranno essere usufruiti non
solo dai cubani e statunitensi in possesso dei requisiti richiesti dal Governo
nordamericano, ma anche da cittadini di pesi terzi. In parole povere, per
esempio, se un italiano volesse visitare entrambi i Paesi, lo potrebbe fare con
relativo visto per Cuba ed ESTA per gli USA. Non solo, ma con un “piano voli”
preorganizzato, potrebbe ottenere connessioni con altri Paesi. Direi che
dissipato questo dubbio, la notizia non è solo buona, ma ottima.
Sempre restando nel campo “visite”, ma completamente
turistiche, si prevede un buon incremento di crociere con base o scalo
all’Avana e altri porti cubani. MSC, raddoppia, così come la consociata di
Carnival Cruise ed a loro dovrebbero aggiungersi altre compagnie, di cui sembra
certo, una tedesca.
In compenso, proprio oggi (venerdì), in un’affollata
conferenza stampa, il Ministro degli esteri Bruno Rodriguez Parrilla ha
annunciato il contenuto del nuovo ricorso all’Assemblea Generale dell’ONU,
sottolinenando che seppure ci sono stati progressi nelle relazioni bilaterali,
secondo il punto di vista cubano, il Presidente Obama non ha usato tutte le sue
prerogative per “alleggerire” alcuni aspetti dell’embargo che in toto non
potrebbe comunque eliminare. Non solo, l’annunciato consenso alle transazioni
finanziarie in dollari USA da parte delle banche ed enti commerciali cubani,
non è mai diventata effettiva.
lunedì 5 settembre 2016
Ma i vecchi, sono rimbecilliti o saggi?
Da che ho l’età della ragione, i vecchi hanno sempre
avuto a che dire su tutto, cominciando dal tempo che “è (sempre) impazzito” i
“miei” vecchi, molto prima delle attuali emergenze, davano la colpa alle bombe
atomiche che, dopo Hiroshima e Nagasaki, si continuava a far esplodere in
atmosfera per provarne i miglioramenti. Qualcuno invece, magari dei più vecchi
(saggi) diceva: “El temp l’è cume el cü,
el fa semper me voeur lü!”
Per i “vecchi”, la gioventù è sempre stata “perduta”,
senza valori, morale, educazione, cultura, musica e chi più ne ha più ne metta. Vuoi al
tempo dei “capelloni” che a quello dei “naziskin” pelati, al di la delle
differenze socio politiche.
Poi c’erano i dualismi sportivi che partendo da Binda e
Guerra, passavano poi a Coppi e Bartali o Moser e Adorni, nel ciclismo, solo
per ricordare i più famosi, ma non unici.
Nel calcio ricordo Buffon (Lorenzo) e Giorgio Ghezzi, Pelé
con la “meteora” Eusebio, Mazzola (Sandro) e Rivera, Baggio e Del Piero per
arrivare oggi a Ronaldo (Cristiano) e Messi.
Nello spettacolo: Corrado Mantoni o Mike Bongiorno, Enzo
Tortora o Pippo Baudo? Sempre per citare i più famosi.
Adesso che sono vecchio anch’io vengo portato ai dilemmi
della politica che più che sporca mi sembra proprio lurida. Nel nostro stivale
è indimenticabile la rivalità, prima tra Monarchia e Repubblica e poi, DC/PCI, questa, portata magistralmente nei libri e poi
sugli schermi con Don Camillo e Peppone.
Tra il dopoguerra e quella “fredda”, ricordo le
divergenze tra paesi che dovevano essere “fratelli”: Cina e Urss, per esempio o
Albania e URSS o il triangolo Jugoslavia/Albania/URSS. Per non parlare degli
arabi che pur essendo dello stesso ceppo etnico avevano profonde differenze,
sopratutto religiose, così come nel resto del mondo islamico non arabo.
Adesso, nel 21° secolo, io invece mi chiedo come possono
esistere strane alleanze o complicità del tutto contrastanti.
URSS/USA: dopo essere passati dal disgelo del neoliberale
Ronald Reagan col comunista Michail Gorbachëv sono tornati ad esser nemici
seppure con la Russia non più comunista. Mentre sono culo e camicia con i
comunisti cinesi e vietnamiti, che a suo tempo avevano invaso con una guerra
dolorosa e perdente. Ma quello che più mi richiama l’attenzione è la situazione
medio orientale e i suoi risvolti in altre aree. Tutti sanno che l’Arabia
Saudita (modello di Democrazia e Dirirtti Umani, sic!!!!) è l’alleato d’acciaio
degli Stati Uniti, mentre è acerrimo nemico dell’altro alleato, di titanio: Israele.
La stessa Arabia Saudita è, in questi giorni, stata al centro di progetti di
collaborazione con Cuba che nonostante tutto, non è proprio sorella di USA e
Israele...La Turchia, altro alleato inossidabile dei nordamericani, pur essendo
paese islamico e con il partito religioso al potere, è “amico” di Israele e
nemico dell’Arabia Saudita. Il Paese del “popolo eletto”, da parte sua contro
tutto e tutti, prosegue la sua politica repressiva contro i palestinesi e
costruendo nuove colonie nei territori occupati e non cede un centimetro in
favore di concedere uno Stato indipendente in terre nelle quali hanno coabitato
per secoli. In più, è notizia recente, ha bombardato postazioni in Siria. Tutti
sappiamo che nei momenti di tensione e di guerra tra Islam e Ebraismo, la Siria
è stata una dei nemici più acerrimi e irriducibili, ma...se tra i due mali è meglio
scegliere il minore, in questo particolare momento storico, non sarebbe meglio
(per loro) se non sostenere, almeno non combattere il regime di Assad per far
si che non cada in mano del cosiddetto Stato Islamico?
Afganistan, Iraq e Libia, non hanno insegnato proprio niente?
Certo le incongruenze non finiscono qua, nel mondo, ma io
non sono certo uno studioso, sono solo un vecchio imbecille, saggio o
semplicemente una persona normale? Ai postini l’ardua sentenza. (Perdonami Don
Lisander, ma era lui?).
sabato 3 settembre 2016
martedì 5 luglio 2016
Washington versus Madrid: pagine di guerra (III e fine), di Ciro Bianchi Ross
Pubblicato su Juventud Rebelde del 3/7/16
Washington vs. Madrid: Páginas de la guerra (III y final) Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
Washington vs. Madrid: Páginas de la guerra (III y final) Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
2 de Julio del 2016 19:10:44 CDT
La derrota de la escuadra española,
barrida total y en toda la línea por la flota norteamericana, no solo elimina
la última de las esperanzas de España en su victoria en la guerra con EE.UU.,
sino que desmoraliza a los defensores de Santiago de Cuba. El Ejército
Libertador, por su parte, mantiene cercada la ciudad y con su acerado
despliegue impide que le lleguen refuerzos desde otras plazas militares de la
provincia oriental, en tanto que en el resto de la Isla los mambises mayorean a
sus adversarios.
Los días 10 y 11 de julio, una
semana después del desastre naval, las tropas norteamericanas de mar y tierra
abren fuego sobre las posiciones españolas en los límites de Santiago, y el
general Shafter, jefe del ejército norteamericano en Cuba, amenaza con bombardear
la ciudad si no se rinde.
Comienza el éxodo de la población
civil atemorizada y hambrienta. Unos buscan amparo en los campamentos
norteamericanos, otros se dirigen a las zonas controladas por los mambises. En
el campo cubano, el mayor general Calixto García, lugarteniente general del
Ejército Libertador, revisa las listas con los nombres de los refugiados. Se
topa en una de ellas con el de Federico Capdevila, capitán retirado del
ejército español.
Llama de inmediato a su ayudante
Luis Rodolfo Miranda de la Rúa y le ordena que localice a Capdevila, le
presente, en su nombre, sus respetos, y se entere de lo que quiera o pueda
necesitar para él o su familia. Recalca el guerrero:
—Fíjese bien, Comandante, tengo
especial interés en que no le ocurra a Capdevila nada desagradable. ¡Cuide a
ese hombre que supo serlo cuando muchos no fueron capaces de ello!
Federico Capdevila fue, en 1871, el
valiente defensor de los estudiantes de Medicina.
Circula un rumor
El 16 se rinden las tropas españolas
que defienden Santiago. Al día siguiente entran en la ciudad los
norteamericanos; solo los norteamericanos, pues el general Shafter prohíbe la
entrada a las tropas cubanas.
Un hecho digno de tenerse en cuenta
ocurre cuando en el Palacio de Gobierno es arriada la bandera española y se iza
la de EE. UU.
Indignados y coléricos, los mambises
destacados en el fuerte de La Socapa izan, en señal de protesta, la bandera de
la estrella solitaria, que es rápidamente retirada para que la sustituya la de
las barras y las estrellas.
José de Armas y Cárdenas, uno de los
periodistas cubanos más destacados de todos los tiempos y que hizo célebre el
seudónimo de Justo de Lara, escribe entonces desde el mismo teatro de
operaciones donde asiste como corresponsal de guerra: «Mientras que el general
Shafter necesitó del general García, se comunicaba con él, poniéndolo al
corriente de todas las operaciones. Una vez que acordó con los españoles la
rendición de la plaza, se apartó del general cubano, a quien llegó a ocultar la
importante operación que iba a realizar».
Es el mismo Calixto García quien
ofrece los elementos de juicio necesarios para comprender lo que pasa, cuando
en la carta que dirige a Shafter y que dicta a Justo de Lara, afirma:
«Los importantes actos de la
rendición del ejército español y de la toma de posesión de la ciudad por usted
tuvieron lugar, y solo llegaron a mi conocimiento por rumores públicos. No fui
tampoco honrado con una sola palabra de parte de usted, invitándome a mí, a los
demás oficiales de Estado Mayor, para que representáramos al ejército cubano en
ocasión tan solemne.
«Sé, por último, que usted ha dejado
constituidas en Santiago a las mismas autoridades españolas contra las cuales
he luchado tres años como enemigas de la independencia de Cuba. Yo debo
informar a usted, que esas autoridades no fueron nunca electas por los
habitantes residentes en Santiago de Cuba, sino nombradas por un decreto de la
reina de España».
Expresa, por último, el mayor
general Calixto García:
«Circula un rumor, que por lo
absurdo no es digno de crédito general, de que la orden de impedir a mi
ejército su entrada en Santiago ha obedecido al temor de venganza contra los
españoles. Permítame usted que proteste contra la más ligera sombra de
semejante pensamiento, porque no somos un pueblo de salvajes que desconoce los
principios de la guerra civilizada, formamos un ejército pobre y harapiento
como lo fue el ejército de sus antepasados en su guerra noble por la
independencia de Estados Unidos de América, pero a semejanza de los héroes de Saratoga
y Yorktown, respetamos demasiado nuestra causa para mancharla con la barbarie y
la cobardía».
Shafter obedece instrucciones
Shafter sin embargo no actuaba por
iniciativa propia. Lo deja muy claro en su respuesta a Calixto: «Yo no puedo
discutir la política del Gobierno de Estados Unidos, al querer que continúen en
sus puestos temporalmente las personas que los ocupaban. Para que usted se
entere bien, le remito copia de las instrucciones del Presidente que recibí
ayer, las cuales resuelven cualquier dificultad que pueda suscitarse en el
Gobierno de este territorio mientras esté ocupado por Estados Unidos».
Cuando Calixto García logra entrar
en la ciudad, son apoteósicos el entusiasmo y la alegría de los santiagueros
que salen en masa a saludarlo, y lo mismo sucederá a su llegada a La Habana. En
carta al mayor general Máximo Gómez presenta su renuncia irrevocable al cargo
de Lugarteniente General «por no estar dispuesto a seguir obedeciendo las
órdenes y cooperando a los planes del ejército americano». Informa que marcha a
Jiguaní, con toda la tropa bajo su mando, en espera de la respuesta del jefe
del Ejército Libertador. El 29 de julio ocupa Gibara y presta toda la ayuda
posible a heridos y enfermos españoles que abarrotan los hospitales de guerra
de esa localidad. Días después, derrota, en las inmediaciones de esa ciudad, a
la tropa del general Luque, que intenta recuperar Gibara. No pasa mucho tiempo
sin que Shafter sea relevado de su mando y sustituido por el general Lawton.
En Washington se tributaría a
Calixto García una acogida que testigos cubanos califican de «grandiosa», si
bien no se concedió carácter oficial a su visita.
«Se cometió el error de poner al
general Shafter al frente de las tropas que vinieron a Santiago, y su ineptitud
tenía que traer, como trajo, la protesta del mayor general García, quien no
podía, por la dignidad y prestigio de su ejército, y del suyo propio de
soldado, aceptar la preterición de que fuimos objeto, cuando el buen éxito de
la campaña de Santiago corresponde en gran parte —como algún día próximo he de
demostrar— al ejército cubano de Oriente y a sus valientes generales bajo el
mando del propio general García».
Así lo declara a un semanario
habanero, el 20 de octubre de 1898, el coronel Cosme de la Torriente, uno de los
oficiales del Estado Mayor de Calixto y que andando el tiempo —falleció en
1956— llegaría a ser embajador y canciller de Cuba y presidente de la Asamblea
de la Sociedad de Naciones, un distinguido jurista con bufete en Mercaderes
número 26, en La Habana Vieja.
Escribe Torriente, el 11 de
diciembre de 1899, en ocasión del primer aniversario de la muerte de Calixto:
«Cuando alguno de los que estuvieron
con él en el sitio de Santiago de Cuba publique sus recuerdos de esa campaña…
entonces, solo entonces se podrán apreciar sus grandes servicios al ejército
americano; entonces se podrá conocer la participación principalísima que en tal
campaña tuvo el ejército cubano, que tan criticado fue por los que tanto le
debieron; entonces se podrán aquilatar el gran tacto y la gran pericia de
Calixto García para tratar con aquel general inepto… y entonces se verán
también las grandes virtudes de nuestro héroe, su gran patriotismo, su gran
respeto a la ley y a la libertad».
Ochenta y seis corresponsales de guerra
Se dice que esta fue la primera
guerra moderna. No por el armamento empleado, sino por su impacto mediático.
Sucesos que antecedieron al estallido de la contienda fueron enfocados por la
prensa norteamericana con un tinte «amarillo» y sensacionalista que en buena
medida acondicionó para lo que vendría la mentalidad del norteamericano
promedio.
Hubo hechos construidos por la
propia prensa, como la fuga de la patriota cubana Evangelina Cossío de la Casa
de Recogidas de La Habana, a quien, ya en EE. UU., se le tributó una recepción
grandiosa en Madison Square, el Presidente la recibió en la Casa Blanca, la
agasajaron en el Congreso y las familias más conspicuas, mientras se fundían en
su honor cien mil monedas de plata para hacerle vivir sus 15 minutos de gloria,
porque moriría olvidada y en la pobreza.
Para reportar el conflicto —algo
insólito en la época— 86 periodistas se acreditaron y viajaron como
corresponsales de guerra, entre ellos 20 fotógrafos y seis dibujantes. Con
ellos vino el antes aludido Justo de Lara.
El cinematógrafo, recién inventado
entonces, no quedó fuera y llegó asimismo para dar testimonio en las
principales direcciones en que el cine habría de desarrollarse: la ficción y el
documental. Fue entonces cuando se filmaron, por la Vitagraph Company, las
primeras imágenes en movimiento de una guerra real. La historia del teniente
Rowan, portador del célebre mensaje del Presidente norteamericano, a Calixto
García, se ficcionó en una cinta de Hollywood protagonizada por Wallace Beary,
uno de los adelantados del entonces incipiente sistema de estrellas.
¿Qué nombre dar a esta guerra?
Durante años, mientras se daba al conflicto el nombre de guerra
hispano-norteamericana, historiadores cubanos se empeñaron y consiguieron un
nuevo nombre: guerra hispano-cubano-americana.
¿Cuál de los dos es más apropiado?
El historiador Oscar Loyola se decide por el primero. La guerra que Cuba libró
contra España entre 1895 y 1898 —guerra hispano-cubana— fue una clásica guerra
anticolonial; la intervención norteamericana no introdujo un tercer elemento en
esta guerra, dice Loyola, pues los sujetos sociales implicados se mantuvieron
idénticos. Lo que sucedió es que a esa contienda anticolonial se le superpuso
otra, la de EE. UU. contra España por el dominio de Cuba; un colonialismo nuevo
que daba una batalla, ganada de antemano, por desplazar de la Isla a un viejo
colonialismo.
Esa guerra, que debe denominarse
hispano-norteamericana, se libra en el mismo escenario geográfico en que
transcurría la guerra hispano-cubana. Apunta Loyola: «Los intereses que
llevaron a Cuba, a España y a EE. UU. a la guerra eran tremendamente diferentes…
Lo que determina el carácter de una guerra es el fin que persigue. A la guerra
nacional liberadora del pueblo cubano le fue arrebatada, en los marcos de una
guerra entre potencias, la primacía histórica.
Ciro Bianchi
Ross
Washington vs. Madrid: Páginas de la guerra (III y final) Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
2 de Julio del 2016 19:10:44 CDT
La derrota de la escuadra española,
barrida total y en toda la línea por la flota norteamericana, no solo elimina
la última de las esperanzas de España en su victoria en la guerra con EE.UU.,
sino que desmoraliza a los defensores de Santiago de Cuba. El Ejército
Libertador, por su parte, mantiene cercada la ciudad y con su acerado
despliegue impide que le lleguen refuerzos desde otras plazas militares de la
provincia oriental, en tanto que en el resto de la Isla los mambises mayorean a
sus adversarios.
Los días 10 y 11 de julio, una
semana después del desastre naval, las tropas norteamericanas de mar y tierra
abren fuego sobre las posiciones españolas en los límites de Santiago, y el
general Shafter, jefe del ejército norteamericano en Cuba, amenaza con bombardear
la ciudad si no se rinde.
Comienza el éxodo de la población
civil atemorizada y hambrienta. Unos buscan amparo en los campamentos
norteamericanos, otros se dirigen a las zonas controladas por los mambises. En
el campo cubano, el mayor general Calixto García, lugarteniente general del
Ejército Libertador, revisa las listas con los nombres de los refugiados. Se
topa en una de ellas con el de Federico Capdevila, capitán retirado del
ejército español.
Llama de inmediato a su ayudante
Luis Rodolfo Miranda de la Rúa y le ordena que localice a Capdevila, le
presente, en su nombre, sus respetos, y se entere de lo que quiera o pueda
necesitar para él o su familia. Recalca el guerrero:
—Fíjese bien, Comandante, tengo
especial interés en que no le ocurra a Capdevila nada desagradable. ¡Cuide a
ese hombre que supo serlo cuando muchos no fueron capaces de ello!
Federico Capdevila fue, en 1871, el
valiente defensor de los estudiantes de Medicina.
Circula un rumor
El 16 se rinden las tropas españolas
que defienden Santiago. Al día siguiente entran en la ciudad los
norteamericanos; solo los norteamericanos, pues el general Shafter prohíbe la
entrada a las tropas cubanas.
Un hecho digno de tenerse en cuenta
ocurre cuando en el Palacio de Gobierno es arriada la bandera española y se iza
la de EE. UU.
Indignados y coléricos, los mambises
destacados en el fuerte de La Socapa izan, en señal de protesta, la bandera de
la estrella solitaria, que es rápidamente retirada para que la sustituya la de
las barras y las estrellas.
José de Armas y Cárdenas, uno de los
periodistas cubanos más destacados de todos los tiempos y que hizo célebre el
seudónimo de Justo de Lara, escribe entonces desde el mismo teatro de
operaciones donde asiste como corresponsal de guerra: «Mientras que el general
Shafter necesitó del general García, se comunicaba con él, poniéndolo al
corriente de todas las operaciones. Una vez que acordó con los españoles la
rendición de la plaza, se apartó del general cubano, a quien llegó a ocultar la
importante operación que iba a realizar».
Es el mismo Calixto García quien
ofrece los elementos de juicio necesarios para comprender lo que pasa, cuando
en la carta que dirige a Shafter y que dicta a Justo de Lara, afirma:
«Los importantes actos de la
rendición del ejército español y de la toma de posesión de la ciudad por usted
tuvieron lugar, y solo llegaron a mi conocimiento por rumores públicos. No fui
tampoco honrado con una sola palabra de parte de usted, invitándome a mí, a los
demás oficiales de Estado Mayor, para que representáramos al ejército cubano en
ocasión tan solemne.
«Sé, por último, que usted ha dejado
constituidas en Santiago a las mismas autoridades españolas contra las cuales
he luchado tres años como enemigas de la independencia de Cuba. Yo debo
informar a usted, que esas autoridades no fueron nunca electas por los
habitantes residentes en Santiago de Cuba, sino nombradas por un decreto de la
reina de España».
Expresa, por último, el mayor
general Calixto García:
«Circula un rumor, que por lo
absurdo no es digno de crédito general, de que la orden de impedir a mi
ejército su entrada en Santiago ha obedecido al temor de venganza contra los
españoles. Permítame usted que proteste contra la más ligera sombra de
semejante pensamiento, porque no somos un pueblo de salvajes que desconoce los
principios de la guerra civilizada, formamos un ejército pobre y harapiento
como lo fue el ejército de sus antepasados en su guerra noble por la
independencia de Estados Unidos de América, pero a semejanza de los héroes de Saratoga
y Yorktown, respetamos demasiado nuestra causa para mancharla con la barbarie y
la cobardía».
Shafter obedece instrucciones
Shafter sin embargo no actuaba por
iniciativa propia. Lo deja muy claro en su respuesta a Calixto: «Yo no puedo
discutir la política del Gobierno de Estados Unidos, al querer que continúen en
sus puestos temporalmente las personas que los ocupaban. Para que usted se
entere bien, le remito copia de las instrucciones del Presidente que recibí
ayer, las cuales resuelven cualquier dificultad que pueda suscitarse en el
Gobierno de este territorio mientras esté ocupado por Estados Unidos».
Cuando Calixto García logra entrar
en la ciudad, son apoteósicos el entusiasmo y la alegría de los santiagueros
que salen en masa a saludarlo, y lo mismo sucederá a su llegada a La Habana. En
carta al mayor general Máximo Gómez presenta su renuncia irrevocable al cargo
de Lugarteniente General «por no estar dispuesto a seguir obedeciendo las
órdenes y cooperando a los planes del ejército americano». Informa que marcha a
Jiguaní, con toda la tropa bajo su mando, en espera de la respuesta del jefe
del Ejército Libertador. El 29 de julio ocupa Gibara y presta toda la ayuda
posible a heridos y enfermos españoles que abarrotan los hospitales de guerra
de esa localidad. Días después, derrota, en las inmediaciones de esa ciudad, a
la tropa del general Luque, que intenta recuperar Gibara. No pasa mucho tiempo
sin que Shafter sea relevado de su mando y sustituido por el general Lawton.
En Washington se tributaría a
Calixto García una acogida que testigos cubanos califican de «grandiosa», si
bien no se concedió carácter oficial a su visita.
«Se cometió el error de poner al
general Shafter al frente de las tropas que vinieron a Santiago, y su ineptitud
tenía que traer, como trajo, la protesta del mayor general García, quien no
podía, por la dignidad y prestigio de su ejército, y del suyo propio de
soldado, aceptar la preterición de que fuimos objeto, cuando el buen éxito de
la campaña de Santiago corresponde en gran parte —como algún día próximo he de
demostrar— al ejército cubano de Oriente y a sus valientes generales bajo el
mando del propio general García».
Así lo declara a un semanario
habanero, el 20 de octubre de 1898, el coronel Cosme de la Torriente, uno de los
oficiales del Estado Mayor de Calixto y que andando el tiempo —falleció en
1956— llegaría a ser embajador y canciller de Cuba y presidente de la Asamblea
de la Sociedad de Naciones, un distinguido jurista con bufete en Mercaderes
número 26, en La Habana Vieja.
Escribe Torriente, el 11 de
diciembre de 1899, en ocasión del primer aniversario de la muerte de Calixto:
«Cuando alguno de los que estuvieron
con él en el sitio de Santiago de Cuba publique sus recuerdos de esa campaña…
entonces, solo entonces se podrán apreciar sus grandes servicios al ejército
americano; entonces se podrá conocer la participación principalísima que en tal
campaña tuvo el ejército cubano, que tan criticado fue por los que tanto le
debieron; entonces se podrán aquilatar el gran tacto y la gran pericia de
Calixto García para tratar con aquel general inepto… y entonces se verán
también las grandes virtudes de nuestro héroe, su gran patriotismo, su gran
respeto a la ley y a la libertad».
Ochenta y seis corresponsales de guerra
Se dice que esta fue la primera
guerra moderna. No por el armamento empleado, sino por su impacto mediático.
Sucesos que antecedieron al estallido de la contienda fueron enfocados por la
prensa norteamericana con un tinte «amarillo» y sensacionalista que en buena
medida acondicionó para lo que vendría la mentalidad del norteamericano
promedio.
Hubo hechos construidos por la
propia prensa, como la fuga de la patriota cubana Evangelina Cossío de la Casa
de Recogidas de La Habana, a quien, ya en EE. UU., se le tributó una recepción
grandiosa en Madison Square, el Presidente la recibió en la Casa Blanca, la
agasajaron en el Congreso y las familias más conspicuas, mientras se fundían en
su honor cien mil monedas de plata para hacerle vivir sus 15 minutos de gloria,
porque moriría olvidada y en la pobreza.
Para reportar el conflicto —algo
insólito en la época— 86 periodistas se acreditaron y viajaron como
corresponsales de guerra, entre ellos 20 fotógrafos y seis dibujantes. Con
ellos vino el antes aludido Justo de Lara.
El cinematógrafo, recién inventado
entonces, no quedó fuera y llegó asimismo para dar testimonio en las
principales direcciones en que el cine habría de desarrollarse: la ficción y el
documental. Fue entonces cuando se filmaron, por la Vitagraph Company, las
primeras imágenes en movimiento de una guerra real. La historia del teniente
Rowan, portador del célebre mensaje del Presidente norteamericano, a Calixto
García, se ficcionó en una cinta de Hollywood protagonizada por Wallace Beary,
uno de los adelantados del entonces incipiente sistema de estrellas.
¿Qué nombre dar a esta guerra?
Durante años, mientras se daba al conflicto el nombre de guerra
hispano-norteamericana, historiadores cubanos se empeñaron y consiguieron un
nuevo nombre: guerra hispano-cubano-americana.
¿Cuál de los dos es más apropiado?
El historiador Oscar Loyola se decide por el primero. La guerra que Cuba libró
contra España entre 1895 y 1898 —guerra hispano-cubana— fue una clásica guerra
anticolonial; la intervención norteamericana no introdujo un tercer elemento en
esta guerra, dice Loyola, pues los sujetos sociales implicados se mantuvieron
idénticos. Lo que sucedió es que a esa contienda anticolonial se le superpuso
otra, la de EE. UU. contra España por el dominio de Cuba; un colonialismo nuevo
que daba una batalla, ganada de antemano, por desplazar de la Isla a un viejo
colonialismo.
Esa guerra, que debe denominarse
hispano-norteamericana, se libra en el mismo escenario geográfico en que
transcurría la guerra hispano-cubana. Apunta Loyola: «Los intereses que
llevaron a Cuba, a España y a EE. UU. a la guerra eran tremendamente diferentes…
Lo que determina el carácter de una guerra es el fin que persigue. A la guerra
nacional liberadora del pueblo cubano le fue arrebatada, en los marcos de una
guerra entre potencias, la primacía histórica.
Ciro Bianchi
Ross
lunedì 4 luglio 2016
giovedì 30 giugno 2016
I primi investimenti nordamericani dopo oltre un cinquantennio
Completamente
ristrutturato, è stato riaperto l’ex Hotel Quinta Avenida, dell’impresa cubana
Gaviota, con il nuovo nome di Four Points by Sheraton, è il primo caso di
investimento nordamericano a Cuba dopo il 1959. Evidentemente tra le pieghe dei
“decreti Obama”, una delle più grandi catene alberghiere del mondo, di
proprietà statunitense è riuscita a realizzare questo investimento in qualità
di gestore. Prossimo obbiettivo della Starwood Hotels and Resorts Worldwide è
il centralissimo Hotel Inglaterra che aprirà in agosto col nuovo nome di Luxury
Collection by Starwood.
mercoledì 29 giugno 2016
Ricordando Bud Spencer e la sua città preferita (dopo Napoli)
Mi è giunta la notizia della scomparsa di Bud
Spencer, al secolo Carlo Pedersoli da Napoli, ex campione e primatista italiano di nuoto
che fu componente della nostra squadra olimpica negli anni ’50 del secolo
scorso. Il “gigante buono” del cinema di cassetta, protagonista di improbabili
quanto divertenti, risse e scazzottate contro miriadi di “cattivi” condotte da
solo o spesso in compagnia di Terence Hill, al secolo Mario Girotti che hanno
fatto divertire giovani e meno giovani.
Carlo o
Bud, a seconda di come si preferisce ricordarlo, era un grande frequentatore
della Florida, in particolare di Miami, dove ha girato diversi film e serie
televisive rendendo ‘popolari’ diversi scorci di questa località. Ci mancherà,
come mancherà a Miami.
Pur
senza avere elementi culturali di spicco, Miami, è indubbiamente una città che
attira sempre più gli italiani. Particolarmente Miami Beach che è municipio
indipendente e non fa parte amministrativa di Miami City.
Nei
tempi che si stanno avvicinando potrebbe aumentare il suo traffico turistico
con la possibilità di trasferimenti da o per l’Avana in settembre, infatti,
dovrebbero iniziare i voli commerciali tra gli Stati Uniti e Cuba aperti a
chiunque. Per il momento i voli diretti sono solo per cittadini in possesso di
passaporto cubano o statunitensi autorizzati, compresi in dodici categorie
previste da un recente decreto del presidente Obama.
Oggi
per gli stranieri il viaggio non è dei più agevoli, ma non impossibile. Le due
località sono unite da voli (con scalo) da Copa Airlines (Panama), Interjet e
Cubana de Aviaciòn (Messico), Bahamas Air (Nassau) o Air Cayman. Per esperienza
personale quest’ultima è la combinazione migliore per qualità/prezzo. Purtroppo
il volo che se fosse diretto durerebbe circa 40 minuti diventa di 3 ore da
Miami all’Avana e di 4 in senso inverso, per via della sosta a Gran Cayman.
Se la
città in sé non offre molte attrattive se non il clima e la spiaggia, bisogna
ricordare che è la capitale delle crociere per i Caraibi a cui si è aggiunta
anche quella, quindicinale che tocca anche Cuba, dopo oltre 50 anni di divieto
imposto dalle autorità degli U.S.A. oltre a questa attrattiva si possono
raggiungere località suggestive come le Everglades, territori in gran parte
sede delle riserve “indiane” dei Mikkosukee e dei Seminole con la loro
incredibile ricchezza di fauna, oppure la caratteristica Key West, ultima delle isolette da cui parte la mitica U.S.1 che raggiunge il confine canadese, lungo la
costa est degli U.S.A e punto più
meridionale degli Stati Uniti continentali a solo 160 chilometri da Cuba e in
cui, fra le altre attrattive si trova una delle case caraibiche che furono di
proprietà dello scrittore Ernest Hemingway, molto simile, come caratteristiche,
a quella che ebbe all’Avana. Entrambe oggi musei riguardanti la vita e le opere
di Hemingway.
Per chi
volesse avere maggiori informazioni su Miami e le sue possibilità può trovarle
sul blog www.italianiamiami.it redatto in modo
scanzonato da due ragazze italiane che come Paolo Maldini e il compianto Bud,
fra gli altri, sono o furono amanti di questa località.
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