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sabato 31 agosto 2013

Dizionario demenziale

BARONETTO: cerco di creare un gioco più "pulito"

venerdì 30 agosto 2013

Dizionario demenziale

BARONE: grande imbroglione al gioco

Linee elettriche e misteri di posa

Leggo nell'ultma pagina del Granma di ieri sull'epica posa di una linea elettrica nella provincia di Guantanamo che dovrebbe migliorare l'erogazione in diverse località. Benissimo, ci mancherebbe. Quello che mi domando e dico, guardando anche le foto...ma è possibile che in località dove non esiste niente di costruito, non ci sono strade o marciapiedi da rompere, gli addetti ai lavori non abbiano previsto di sotterrare la linea, dal momento che (credo) ci sono i seguenti vantaggi: economia, rispetto dell'ambiente e paesaggio, ma specialmente il riparo di danni conseguenti a cicloni, uragani e tormente elettriche che sono tanto frequenti a Cuba. Nei 5 km. in cui si sta lavorando verranno utilizzati 50 piloni che vanno da circa 15 a circa 18 metri di altezza. Costano meno che dei tubi in pvc da interrare coi cavi? O ci sono altre ragioni che fanno evitare questa soluzione? Misteri dell'elettricità e le sue linee...

giovedì 29 agosto 2013

Dizionario demenziale

BAROCCO: ritrovo di Rocco

mercoledì 28 agosto 2013

Voli complicati e disavventure abbastanza insolite

Tra le notizie di agenzia di "spalla" leggo che un noto commercialista di Treviso è stato trattenuto a Cuba per 5 giorni in quanto non c'erano posti su nessun volo, nonostante avesse la prenotazione per il ritorno. Il malcapitato viaggiatore, secondo la notizia, è riuscito a partire per la Giamaica e da li per l'Italia, via Germania. Lo stesso si è dichiarato meravigliato che "nonostante la crisi" i voli fossero pieni. Considerando che siamo in agosto, che le frequenze dei voli su Cuba sono state drasticamente ridotte, è abbastanza comprensibile che i voli siano pieni. E' comunque incomprensibile che una compagnia aerea, sulla quale era prenotato (assieme alla moglie) non lo abbia "riprotetto" per ben 5 giorni e lo abbia costretto a ricorrere ad un volo alternativo di quel genere...sarebbe bello conoscere la compagnia aerea...giusto per evitarla, se i fatti sono proprio andati così...

Dizionario demenziale

BARLUME: lampada per locali pubblici

martedì 27 agosto 2013

Traduzione della storia perduta del Sans Soucì

Per facilitarne la lettura, ho pubblicato la traduzione della prima parte della storia perduta del Sans Soucì, a breve seguirà anche la seconda parte.

Dizionario demenziale

BARITONO: ritrovo per musicisti

lunedì 26 agosto 2013

Dizionaro demenziale

BARISFERA: ritrovo a forma di globo

Altri uomini della mafia, di Ciro Bianchi Ross (pubblicato su Juventud Rebelde il 25/08/13)

Per facilitare la lettura del testo a chi non conosce lo spagnolo e non costringerlo a ricerche di traduttori, ho pensato di proporlo direttamente tradotto.



Nelle pagine precedenti, nell’affrontare il tema della mafia a Cuba, questo scriba alluse, essenzialmente alle figure di Meyer Lansky e Santo Trafficante. Il primo era il capo dei capi nell’Isola, il numero uno, grazie alle sue relazioni col Governo cubano, nei circoli del gioco d’azzardo all’Avana. Lansky si era messo nel taschino Fulgencio Batista. Trafficante non giungeva a tanto però era, dopo Lansky, il più potente.
Non erano, naturalmente, gli unici: Enrique Cirules nel suo libro L’IMPERO DELL’AVANA, che ha meritato il Premio Casa de las Americas, fa menzione anche ad Amadeo Barletta e Amletto Battisti Lora come capoccia delle rispettive famiglie. Barletta nacque in Calabria, nel sud Italia, nel 1896 e tre anni prima nasceva Battisti a El Salto, Uruguay. Barletta arrivò all’Avana nel 1939. Battisti nel 1936. In una scala che va da 1 a 5, Guillermo Jiménez, nel suo libro LOS PROPRIETARIOS DE CUBA; 1958, assegna a entrambi la categoria 2.

Palmeti vicino all’Almendares
Attorno a Lansky e trafficante si muovevano malavitosi di maggiore o minor calibro, tutti nordamericani. Solevano riunirsi, normalmente una volta alla settimana, i giovedì o i venerdì pomeriggio, nellla casa di Joe Stassi, residenza circondata da una esuberante vegetazione tropicale nella strada sinuosa che corre parallela al fiume Almendares. Stassi presiedeva quegli incontri a cui non partecipavano Barletta né Battisti, e che accentravano le discussioni sulla situazione a Cuba, la marcia degli affari negli Stati uniti e il modo in cui si potessero ripercuotere nelle operazioni nell’Isola.
Nella biblioteca o la terrazza della casa, prendevano posto Meyer Lansky, a volte suo fratello Jake, e Santo Trafficante. Anche i fratelli Dino e Eddy Cellini, nativi dell’Ohio e uomini della massima fiducia di Lansky. Entrambi dirigevano la scuola di croupiers che questi aveva organizzato all’hotel Riviera, e Dino inoltre era socio di Jake nel casinò hotel Nacional. Norman Rothman, del casinò del cabaret Sans Soucì, era a sua volta fra gli abitudinari delle riunioni con Stassi, e lo era anche Wilbur Clark, direttore generale dell’hotel Nacional di Cuba. Era l’uomo che aveva portato avanti, a Las Vegas, la costruzione del famoso hotel casinò Desert Inn, finanziato in parte da Lansky e i suoi soci di Cleveland; tutto un maestro della promozione di esercizi di questo tipo.
Altre figure partecipavano a quegli incontri. Fra loro, Thomas Mc Ginthy, alias Blackjack, vecchio contrabbandiere di liquori e proprietario di uno dei tuguri più celebri di Cleveland, socio di Lansky e proprietario della concessione del gioco nel Nacional. Anche Charles Tourine, conosciuto all’Avana come Charles White, ex proprietario di un club nel New Jersey e vincolato al casinò dell’hotel Capri. Fu l’uomo che nelle prime ore del 1959 trovò Lansky all’hotel Plaza e lo informò sulla fuga di Batista.
In casa di Stassi, inoltre, si riunivano Nicholas di Costanzo, corpulento di quasi due metri di statura, carattere imprevedibile e violento che, nel Capri, ebbe problemi con quasi tutti. Eddie Levinson, della chiamata mafia ebrea, amico di Lansky e gestore del casinò dell’hotel Riviera. Joe Silesi, alias Joe River, chiamato per dirigere i casinò dell’hotel Deauville e Habana Hilton cuando entrambi erano ancora in costruzione. Amico di Trafficante, giunse a essere unoa delle facce più visibili della mafia all’Avana. Partecipava anche William Bischoff, alias Lefty Clark, del casinò San Soucì, que lavorava indifferentemente per Trafficante che per Lansky.

Appare Anastasia
Si supponeva che Stassi fosse neutrale. Una specie di intermediario fra Lansky e il resto del gruppo, in particolara tra l’ebreo newyorkino del Lower East Side e Trafficante, però Stassi rispondeva sotto il tappeto agli interessi di Lansky. Si conoscevano fin da bambini e strinsero legami al tempo del proibizionismo, quando Stassi si distinse nel contrabbando di liquori agli ordini di Longy Zwillman, un malavitoso che faceva parte della banda di Lucky Luciano. Ed è allora (1928) che Stassi arriva la prima volta a Cuba. Anche se col tempo si era spostato verso il lato commerciale del crimine organizzato, fu un sicario temuto, partecipante nei crimini più eclatanti della mafia.
Albert Anastasia - al secolo, Umberto Anastasio – era una preoccupazione crescente per Lansky. Il capo dell’Anonima Assassini – braccio esecutivo della mafia – era insoddisfatto con la suddivisione del bottino dell’Avana; credeva o era sicuro di non ricevere quello che gli spettava, e non nascondeva la sua insoddisfazione. Era in testa alla lista dei mafiosi che potevano creare problemi al capoccia ebreo, cosa che in certo modo inquietava ai principali malavitosi che si riunivano in casa di Stassi. Tutti, meno Trafficante.
Nel maggio 1957 Anastasia si recò in Italia in segreto e si incontrò con Lucky Luciano. La creazione di quello che si chiamò l’impero dell’Avana era stata idea di Luciano, però egli, per decisione del Governo nordamericano, viveva confinato nel suo paese natìo, informato da terzi sullo splendore dell’impresa lontana. Lansky, suo vecchio subordinato, già non gli tributava il rispetto dovuto e lo emarginava sempre più dai progetti ed essenzialmente, dai guadagni. Anastasia conosceva Luciano dal 1931 e aveva partecipato a tutti i vertici della mafia, compreso quello dell’Avana nel 1946, pertanto si considerava un dei fondatori dell’organizzazione. Si suppone che Luciano lo avvelenò nei confronti di Lansky e lo spronò perché insistesse nel suo reclamo.
Ecco quanto fece al suo ritorno a new York. Su sua richiesta, si riunì con i capi della mafia a Cuba y disse che tutti si stavano arricchendo all’Avana, meno lui. Quando gli risposero che riceveva la “fetta” dell’ippodromo Oriental Park di Marianao, Anastasia addusse che i soldi veri venivano dalle sale da gioco e che lui non li vedeva nemmeno passare. L’Habana Hilton – oggi Habana Libre – è tuo, disse Lansky allora sigillando la partita con maestria. Aveva neutralizzato il temibile Anastasia senza ricorrere alla violenza. Dopo alcuni mesi Trafficante, col nome di B. Hill, che utilizzava con frequenza, volò a New York per incontrarsi con Anastasia. Alla riunione parteciparono, fra gli altri, il menzionato Joe Rivers e il cubano Roberto “Chiri” Mendoza, appaltatore di lavori dell’Hilton e socio del presidente Batista. Chiri aveva molte probabilità di avere in subappalto il casinò dell’albergo. La conversazione girò attorno alla concessione del casinò in questione. Per questa, bisognava pagare alla Hilton un milione di dollari e passare, sottobanco, altri due milioni a Batista.
Trafficante sperava che Anastasia apportasse parte del capitale. Vecchia volpe, Anastasia si rese conto delle vere intenzioni del giocatore di dadi di Tampa: voleva lasciare da parte Meyer Lansky.
Quello che Trafficante e Anastasia non sapevano era che Joe Stassi, sotto il falso nome di Joe Rogers, si trovava anche lui a New York. Fece il viaggio perché il suo vecchio amico Meyer richiese i suoi servigi professionali e con lui arrivava alla grande città la lunga mano della mafia dell’Avana. Albert Anastasia non rimase vivo per raccontare la storia. La mattina del 25 ottobre del 1957 entrò a tagliarsi i capelli e in quel barbiere lo crivellarono di colpi. Joe Stassi, si era appartato dal lavoro sporco, ma era rimasto un assassino.

La connessione cubana
Roberto Fernàndez Miranda, il supercognato di Batista, era il legame tra Lansky e il dittatore.
Uno degli ultimi atti esecutivi di Batista prima di abbandonare la presidenza della Repubblica il 10 ottobre del 1944, fu quello di concedere il grado di Capitano della Riserva Militare a Fernàndez Miranda. Uno dei primi atti esecutivi di Grau, ad assumere la prima magistratura, alla data indicata, fu quello di lasciare senza effetto quella promozione e licenziare il beneficiato. Con il colpo di stato del 10 marzo (del 1952 n.d.t.), Batista reintegrò nell’esercito suo cognato, stavolta col grado di colonnello. Lo nominò inoltre Direttore Generale dello Sport. Più avanti, senza perdere questo incarico, Fernàndez Miranda fu asceso a Generale di Brigata e designato come capodel reggimento n° 7 “Màximo Gòmez”, con sede nella Fortezza della Cabaña.
Al margine di queste occupazioni, il cognato assolveva altri compiti, raccoglieva ogni settimana i 10 mila pesos che Martin Fox, proprietario del cabaret Tropicana pagava a Batista per la “protezione” del casinò. Aveva anche il molto lucrativo controllo delle macchinette mangiasoldi installate nella case da gioco, ma anche in bar, postribolie perfino in alcuni negozi di alimentari. Erano importate da Chicago e qui, Fernàndez Miranda le affittava. I benefici erano notevoli e la mafia li divideva metà e metà col supercognato che, per decisione di Batista, si occupava anche degli incassi dei parchimetri.

Un uomo di Mussolini
Amadeo Barletta era proprietario del quotidiano El Mundo e del canale 2 della televisione nazionale oltre a rappresentare e distribuire i veicoli della General Motors. Quindici delle sue aziende avevano un valore stimato di 40 milioni di pesos, equivalenti ai dollari, e si trovavano sotto il controllo della Santo Domingo Motors Company, con sede a Ciudad Trujillo, Repubblica Dominicana, y cui proprietari erano sconosciuti anche al Banco Nacional, che trattò di verificare invano.
Guillermo Jiménez afferma, nel suo citato libro, che capitali italiani mascherati stavano dietro alla Santo Domingo Motors Company, e manifesta che si diceva che Barletta “era rappresentante della mafia italiana per gli affari di facciata legale a Cuba, però non si è mai trovato niente che lo ratificasse”. Fu uomo di fiducia di Mussolini e rappresentante del fascismo italiano nell’area dei Caraibi. Nei giorni della seconda guerra mondiale venne espulso dall’Isola. Tornò a guerra finita. Punto e a capo, gli venne perdonato tutto. Riassunse la rappresentanza della General Motors per la vendita di automobili marca Cadillac, Chevrolet e Oldsmobile e costruì, nel 1949, un edificio di 11 piani a forma triangolare ll’angolo di 23 e Infanta, - sede oggi del Ministero del Commercio Estero – che assieme al Radio centro di 23 entre L y M, dette origine alla “Rampa” avanera. Anteriormente aveva chiesto la licenza per la costruzione dell’edificio del Terminal degli Autobus, inaugurato nel 1951 e che giunse ad amministrare. I suoi molteplici affari, coprivano quelli del commercio di droga e pietre preziose.
Amletto Battisti era il proprietario dell’hotel Sevilla, e come Barletta, aveva la sua propria Banca. In società con Batista, gestiva una lotteria privata con biglietti numerati dall’uno al 999. I suoi interessi si estendevano alla prostituzione e alla droga. Ogni settimana riceveva al Sevilla prostitute nuove, ragazze selezionate che “affittava” a prezzo d’oro come dame di compagnia. Inoltre sempre settimanalmente riceveva pacchetti di cocaina che, in boccette o tubi, si vendeva tra i 15 e i 50 dollari al grammo, secondo la disponibilità della merce. Fu deputato alla Camera tra il 1954 e il 1958.
Lo scrittore potrebbe raccontare molto di più, circa questi personaggi. Ma lo spazio a disposizione è finito. Alla prossima.


Otros hombres de la mafia

Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
24 de Agosto del 2013 19:54:55 CDT

En páginas precedentes, al abordar el tema de la mafia en Cuba, este
escribidor aludió, en lo esencial, a las figuras de Meyer Lansky y
Santo Trafficante. El primero era el capo de los capos en la Isla, el
número uno, gracias a sus relaciones con el Gobierno cubano, en los
círculos del juego de azar en La Habana. Lansky tenía metido en el
bolsillo al dictador Fulgencio Batista. Trafficante no llegaba a
tanto, pero era, después de Lansky, el más poderoso.
No eran, por supuesto, los únicos. Enrique Cirules, en su libro El
imperio de La Habana, que mereció premio Casa de las Américas,
menciona asimismo a Amadeo Barletta y a Amletto Battisti Lora como
cabecillas de sus propias familias. Barletta había nacido en Calabria,
sur de Italia, en 1896, y tres años antes nacía Battisti, en El Salto,
Uruguay. Barletta llegó a La Habana en 1939. Battisti, en 1936. En una
escala que, en orden descendente, va del 1 al 5, Guillermo Jiménez, en
su libro Los propietarios de Cuba; 1958, otorga a ambos sujetos la
categoría 2.

Palmeras junto al Almendares
En torno a Lansky y a Trafficante se movían hampones de mayor o menor
cuantía, todos norteamericanos. Solían reunirse, generalmente una vez
por semana, los jueves o los viernes por la tarde, en el domicilio de
Joe Stassi, residencia rodeada de una vegetación tropical exuberante
en la sinuosa carretera que corre paralela al río Almendares. Stassi
presidía aquellos encuentros, a los que no asistían Barletta ni
Battisti, y que centraban sus discusiones sobre la situación en Cuba,
la marcha de los negocios en Estados Unidos y la forma en que pudieran
repercutir en las operaciones en la Isla.
En la biblioteca o en la terraza de la casa, tomaban asiento Meyer
Lansky y, a veces, su hermano Jake, y Santo Trafficante. También los
hermanos Dino y Eddy Cellini, nativos de Ohio y hombres de toda la
confianza de Lansky. Ambos dirigían la escuela de crupieres que este
organizara en el hotel Riviera, y Dino además, era socio de Jake en el
casino del hotel Nacional. Norman Rothman, del casino del cabaret Sans
Souci, era asimismo de los habituales en las reuniones con Stassi, y
lo era además Wilbur Clark, director general del Hotel Nacional de
Cuba. Era el hombre que había llevado adelante, en Las Vegas, la
construcción del famoso hotel-casino Desert Inn, financiado en parte
por Lansky y sus socios de Cleveland; todo un maestro en la promoción
de establecimientos de ese tipo.
Otras figuras acudían a aquellos encuentros. Entre ellas, Thomas
McGinty, alias Blackjack, antiguo contrabandista de licores y
propietario de uno de los tugurios más célebres de Cleveland, socio de
Lansky y copropietario de la concesión del juego en el Nacional.
También Charles Tourine, conocido en La Habana como Charles White, ex
propietario de un club en New Jersey y vinculado al casino del hotel
Capri. Fue el hombre que en las primeras horas del día de año nuevo de
1959 localizó a Lansky en el hotel Plaza y le informó de la fuga de
Batista.
En casa de Stassi se reunían además Nicholas di Costanzo, corpulento y
de casi dos metros de estatura, carácter imprevisible y violento que,
en el Capri, buscó líos con casi todo el mundo. Eddie Levinson, de la
llamada mafia judía, amigo de Lansky y gerente del casino del hotel
Riviera. Joe Silesi, alias Joe Rivers, llamado para dirigir los
casinos del hotel Deauville y del Havana Hilton, cuando ambos todavía
se hallaban en construcción. Amigo de Trafficante, llegaría a ser uno
de los rostros más visibles de la mafia en La Habana. Acudía además
William Bischoff, alias Lefty Clark, del casino del Sans Souci, que lo
mismo trabajaba para Trafficante que para Lansky.

Aparece anastasia
A Stassi se le suponía neutral. Una especie de intermediario entre
Lansky y el resto del grupo, en específico, entre el judío neoyorquino
del Lower East Side y Trafficante, pero Stassi respondía bajo cuerda a
los intereses de Lansky. Se conocían desde niños y estrecharon
vínculos en los tiempos de la Ley seca, cuando Stassi se destacó en el
contrabando de licores a las órdenes de Longy Zwillman, un hampón que
formaba parte de la pandilla de Lucky Luciano. Es por entonces (1928)
que Stassi viene por primera vez a Cuba. Aunque con el tiempo se
desplazó hacia la vertiente comercial del crimen organizado, fue un
temido sicario, participante en los crímenes más sonados de la mafia.
Albert Anastasia —en realidad, Umberto Anastasio— era una preocupación
creciente para Lansky. El jefe del Murder Inc. —brazo ejecutor de la
mafia— estaba insatisfecho con el reparto del botín de La Habana;
creía o estaba seguro de no recibir lo que le correspondía, y no
ocultaba su descontento. Encabezaba la lista de los mafiosos que
podían crear problemas al cabecilla judío, lo que en cierta forma
inquietaba a los hampones principales que se reunían en la casa de
Stassi. A todos, menos a Trafficante.
En mayo de 1957, Anastasia viajó a Italia en secreto y se entrevistó
con Luciano. La creación de lo que se ha llamado el imperio de La
Habana había sido idea de Luciano, pero él, por decisión del Gobierno
norteamericano, vivía confinado en su país natal, enterándose por
terceros del esplendor del emporio lejano. Lansky, su antiguo
subordinado, no le tributaba ya el respeto que le debía y cada vez lo
marginaba más de los proyectos y, en lo esencial, de las ganancias.
Anastasia conocía a Luciano desde 1931 y había asistido a todas las
cumbres de la mafia, incluida la de La Habana, en 1946, por lo que se
consideraba uno de los fundadores de la organización. Se supone que
Luciano lo envenenó contra Lansky y lo azuzó para que insistiera en su
reclamo.
Eso hizo en cuanto regresó a Nueva York. A pedido suyo, se reunió allí
con los jefes de la mafia en Cuba y les dijo que todo el mundo se
hacía rico en La Habana, menos él. Cuando le respondieron que recibía
la tajada del hipódromo Oriental Park, de Marianao, Anastasia adujo
que la pasta verdadera salía de los casinos y que él no la veía pasar.
El Havana Hilton —hoy Habana Libre— es tuyo, repuso Lansky entonces y
selló la partida de mano maestra. Había neutralizado al temible
Anastasia sin violencia.
Meses después Trafficante, con el nombre de B. Hill, que utilizaba con
frecuencia, voló a Nueva York para encontrarse con Anastasia. En la
reunión participarían, entre otros, el ya mencionado Joe Rivers y el
cubano Roberto, «Chiri», Mendoza, contratista de la obra del Hilton y
socio del presidente Batista. Chiri tenía muchas posibilidades de
obtener en subarriendo el casino del hotel. La conversación giró en
torno a la concesión del mencionado casino. Había que pagar por ella,
a la Hilton, un millón de dólares y, pasar, por debajo del tapete,
otros dos millones a Batista.
Trafficante esperaba que Anastasia aportara parte del dinero. Hueso
viejo, Anastasia se percató de las verdaderas intenciones del bolitero
de Tampa. Quería dejar a un lado a Meyer Lansky.
Lo que Trafficante y Anastasia desconocían era que Joe Stassi, bajo el
nombre de Joe Rogers, estaba también en Nueva York. Había hecho el
viaje porque su viejo amigo Meyer solicitó sus servicios
profesionales, y con él llegaba a la gran ciudad el brazo largo de la
mafia de La Habana. Albert Anastasia no quedaría vivo para contar la
historia. En la mañana del 25 de octubre de 1957 entró a cortarse el
cabello y en aquella barbería lo acribillaron a balazos. Joe Stassi se
había apartado del trabajo sucio, pero seguía siendo un asesino.

El enlace cubano
Roberto Fernández Miranda, el cuñadísimo de Batista, era enlace entre
Lansky y el dictador.
Uno de los últimos actos ejecutivos de Batista antes de abandonar la
presidencia de la República el 10 de octubre de 1944, fue el de
conceder, por el Servicio Militar de Reserva, el grado de capitán a
Fernández Miranda. Uno de los primeros actos ejecutivos de Grau, al
asumir la primera magistratura en la fecha señalada fue el de dejar
sin efecto aquel ascenso y licenciar al beneficiado. Con el cuartelazo
del 10 de marzo, Batista reinsertó en el Ejército a su cuñado, esta
vez con el grado de coronel. Lo nombraría además Director General de
Deportes. Con el tiempo, sin perder ese cargo, Fernández Miranda sería
ascendido a general de brigada y designado jefe del regimiento número
7, Máximo Gómez, con sede en la fortaleza de La Cabaña.
Al margen de esas ocupaciones, el cuñado cumplía otras tareas. Recogía
semana tras semana los diez mil pesos que Martín Fox, propietario del
cabaré Tropicana, pagaba a Batista por la «protección» del casino.
Tenía además el control del muy lucrativo negocio de las máquinas
traganíqueles o tragaperras. Estaban instaladas en las casas de juego,
pero también en bares, prostíbulos, cafés y cabarés y hasta en algunas
bodegas. Se importaban de Chicago y aquí Fernández Miranda las
alquilaba. Los beneficios eran cuantiosos y la mafia los dividía,
mitad por mitad, con el cuñadísimo que, por decisión de Batista, se
beneficiaba también con la recaudación de los parquímetros.

Un hombre de Mussolini
Amadeo Barletta era propietario del periódico El Mundo y del canal 2
de la TV nacional y representaba y distribuía los vehículos de la
General Motors. Quince de sus empresas estaban valoradas en 40
millones de pesos, equivalentes a dólares, y se hallaban bajo el
control de la Santo Domingo Motors Company, radicada en Ciudad
Trujillo, República Dominicana, y cuyos propietarios eran desconocidos
incluso para el Banco Nacional, que en vano trató de averiguarlo.
Guillermo Jiménez afirma en su libro aludido que capitales italianos
enmascarados estaban detrás de la Santo Domingo Motors Company, y
expresa que se decía que Barletta «era representante de la mafia
italiana para los negocios de fachada legal en Cuba, pero no se ha
encontrado nada que lo ratifique». Fue hombre de confianza de Benito
Mussolini y representante del fascismo italiano en el área del Caribe.
En los días de la Segunda Guerra Mundial se le expulsó de la Isla.
Regresó a Cuba finalizada la contienda bélica. Borrón y cuenta nueva.
Todo le fue perdonado. Reasumió la representación de la General Motors
para la venta de automóviles marcas Cadillac, Chevrolet y Oldsmobile y
construyó, en 1949, el edificio de 11 plantas y forma triangular de la
esquina de 23 e Infanta, —sede hoy del Ministerio del Comercio
Exterior— que, junto con Radio Centro, en 23 entre L y M, dio origen a
La Rampa habanera. Antes, había pedido licencia para la construcción
del edificio de la Terminal de Ómnibus, inaugurada en 1951 y que llegó
a administrar. Sus múltiples empresas tapaban sus negocios de tráfico
de drogas y piedras preciosas.
Amletto Battisti era el propietario del hotel Sevilla y, al igual que
Barletta, tenía su propio banco. En sociedad con Batista, mantenía una
lotería particular con bonos numerados entre el uno y el 999. Sus
intereses se extendían a la prostitución y a las drogas. Todas las
semanas recibía en el Sevilla nuevas prostitutas, muchachas escogidas
que alquilaba a precio de oro como damas de compañía. También
semanalmente recibía envíos de cocaína que, en pomos o en tubos, se
vendía entre 15 y 50 dólares el gramo, según la disponibilidad de la
mercancía. Fue representante a la Cámara entre 1954 y 1958.
Mucho más pudiera el escribidor decir acerca de estos personajes. Pero
se acabó el espacio. ¡Chirrín!



domenica 25 agosto 2013

Dizionario demenziale

BARIO: elementio che imbroglia al giochio

sabato 24 agosto 2013

Dizionario demenziale

BARICENTRO: nucleo del capoluogo pugliese

venerdì 23 agosto 2013

Humour cubano

Una viejecita fue un día al Banco del Comercio "Bancomer" llevando un bolso
lleno hasta el tope de dinero...

Insistía ante la ventanilla, solicitando que quería hablar única y
exclusivamente con el Presidente del Banco para abrir una cuenta de
ahorros, para lo cual decía: "Comprenda Ud., es mucho dinero".

Después de mucho discutir, la llevaron ante el Presidente del Banco,
respetando el concepto de que el cliente tiene siempre la razón.

El Presidente del Banco inquirió: -¿Cuál es la cantidad que Ud. desea
ingresar?

Ella dijo: USD$165.000,00 -y automáticamente vació su bolso encima de la
mesa.

El Presidente, naturalmente, sintió una gran curiosidad por saber de dónde
habría sacado la viejita tanto dinero y le preguntó:
-Señora, me sorprende que lleve tanto dinero encima, realmente es mucha
cantidad... -y acto seguido le preguntó: -¿Cómo lo ha conseguido?

La viejecita contestó: -"Es simple, hago apuestas".

-Apuestas? -preguntó el Presidente- ¿qué tipo de apuestas?

La viejecita contestó: -"Bueno, todo tipo de apuestas; por ejemplo le
apuesto a Ud., USD$25.000,00 a que sus pelotas son cuadradas!"

El Presidente soltó una carcajada y dijo: -"Esa es una apuesta estúpida...
Ud., nunca podrá ganar una apuesta de ese tipo".

La viejecita lo desafió.

-Bueno ya le dije que hago apuestas; está Ud., dispuesto a aceptar mi
apuesta...?

-Por supuesto -respondió el Presidente: -Apuesto USD$25.000,00 a que mis
pelotas no son cuadradas...

La viejecita dijo: -"De acuerdo, pero como hay mucho dinero en juego...,
¿puedo venir mañana a las 10:00 AM con mi abogado para que nos sirva de
testigo?

-Por supuesto -respondió el Presidente, teniendo en cuenta que se apostaba
dinero.

Aquella noche, el Presidente estaba muy nervioso por la apuesta. Pasó largo
tiempo mirándose sus pelotas en el espejo; volviéndose de un lado para
otro, una y otra vez. Se hizo un riguroso examen y quedó absolutamente
convencido de que sus pelotas no eran cuadradas y que ganaría la apuesta.

A la mañana siguiente a las 10:00 en punto, la viejecita apareció con su
Abogado en la Oficina del Presidente. Hizo las pertinentes presentaciones y
repitió la apuesta de USD$25.000,00 a que las pelotas del Presidente son
cuadradas.

El Presidente aceptó nuevamente la apuesta y la viejecita le pidió que se
bajara los pantalones para mostrar sus pelotas.

El Presidente se bajó sus pantalones y la viejita s e acercó y miró sus
pelotas detenidamente y le preguntó tímidamente si las podía tocar;
expresando: -Tenga Ud., en cuenta que es mucho dinero y debo cerciorarme.

-Bien, de acuerdo -dijo el Presidente convencido que USD$25.000,00 es mucho
dinero: -y comprendo que quiera estar absolutamente segura.

La viejita se acercó al Presidente y agarrándole empezó a palpar sus bolas;
paralelo a lo cual el Presidente se dio cuenta de que el Abogado estaba
golpeándose la cabeza contra la pared.

El Presidente preguntó a la viejita: -Y ahora que le pasa a su Abogado?

Ella contestó: -"Nada, sólo que he apostado con él USD$100.000,00 a que hoy
a las 10:00 de la mañana tendría las pelotas del Presidente de Bancomer en
mis manos".

Dizionario demenziale

BARGIGLIO: locale dei tifosi viola

giovedì 22 agosto 2013

Dizionario demenziale

BARELLA: locale pubblico dove ci si tratta con molto rispetto

mercoledì 21 agosto 2013

Dizionario demenziale

BARDOTTO: studioso ed esperto in locali pubblici

lunedì 19 agosto 2013

Dizionario demenziale

BARDATURA: modo di camminare di chi esce alticcio da un locale pubblico

Sans Souci, seconda e ultima parte

Historia perdida del Sans Souci (II y final)

Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
17 de Agosto del 2013 20:48:55 CDT

Tan desfavorable fue para el cabaré la propaganda que se hizo con
motivo del razzle-dazzle —aquel extraño y apenas comprensible juego de
ocho dados en el que los incautos creían tener asegurado el triunfo
siempre que no dejaran de doblar la apuesta—, que en 1953 su nuevo
administrador pensó en cambiar el nombre del establecimiento.
«Copahabana» pareció en un primer momento un buen término, pero al
final se decidió que el nightclub-casino siguiera llamándose como
hasta entonces, pues su nombre era un hito bien consolidado en la vida
nocturna habanera y una referencia más allá de los límites de la Isla.
El cambio sería más profundo. De entrada, la clientela debía
convencerse de que el establecimiento ofrecía un juego «limpio».
Corría el año de 1955 cuando la administración dispuso la ampliación y
reconstrucción del lugar. Dos años después concluirían las obras, que
contemplaron la remodelación del casino y la instalación de nuevas
máquinas tragamonedas —las llamadas «ladronas de un solo brazo»— y la
construcción de un salón provisto de techo de cristal para que en
noches de lluvia pudiera disfrutarse tranquilamente del espectáculo
que de manera habitual se ofrecía a cielo abierto. Mil cien visitantes
pudieron sentarse entonces de una vez en las áreas de Sans Souci, que
reservó un espacio privado para grandes apostadores quienes, sin
límite de horario, jugaban contra ellos mismos y no contra la casa,
que recaudaba al final un porcentaje de las ganancias. El Nevada
Cocktail Lounge regalaba, en el casino, agradables momentos musicales
independientes de los del espectáculo que se brindaba fuera.
Fue en ese bar donde Santo Trafficante cogió delirio con Tú, mi
delirio, contó a este cronista, en el año 2001, César Portillo de la
Luz, autor del mencionado bolero. El compositor formaba parte de un
grupo musical en el que también figuraba Frank Domínguez, que
amenizaba la noche en el Nevada. Recordó Portillo en aquella
entrevista que, siempre que llegaba al bar, el cabecilla mafioso que
ya para entonces controlaba el cabaré-casino, decía a un cantinero al
que apodaban el Guajiro, y que después trabajó en El Mandarín, que
pidiera al grupo que interpretara Tú, mi delirio para él. Después, en
agradecimiento, les hacía llegar por la misma vía una botella de
champán o un billete de cien dólares que los músicos se repartían a
partes iguales.

El gorrión de París.

El consumo mínimo en el cabaré pasó de tres pesos con cincuenta
centavos a cinco pesos, sin que fuera necesario abonar cantidad alguna
para acceder al casino. Había una cocina de altura en Sans Souci y su
carta-menú era de las más completas entre los centros nocturnos. Los
espectáculos contaban con la participación de un coro de 14 voces,
algo inédito en establecimientos de ese tipo.
Tras su reinauguración, en diciembre de 1957, grandes figuras
internacionales alternaron en su pista con los mejores valores
locales. Vino, entre otros muchos artistas, Edith Piaf, el llamado
gorrión de París. La prensa la presentaba como una grande de Francia,
pero los productores del Sans Souci, luego de contratarla, no estaban
seguros del todo de cómo la acogería un público que, entre whiskys y
caderas en ebullición, apenas tenía otra pretensión que la de pasar el
rato y divertirse. Dio la Piaf instrucciones a los luminotécnicos de
cómo manejar las luces durante su actuación y rechazó el pedido de que
saliera a escena vistiendo un modelo de Patou o de Dior. Lo haría con
su sencillo vestido negro de siempre, una ropa que, por su color
—decía— resaltaba mejor sus gestos y los movimientos de las manos.
Llegó la noche del debut y había de todo entre los espectadores. Desde
admiradores legítimos hasta los que auguraban un fracaso rotundo a la
cancionera, pasando por los que, sin conocerla, agradecían la
posibilidad de poder valorarla de cerca. Fue todo un éxito. Abrió la
Piaf con La vida en rosa y, con su voz raída, continuó sus
interpretaciones para meterse al público en el bolsillo.
Dos grandes producciones presentadas en la pista de Sans Souci
consigna la crónica. Sun Sun Babae, de Rodney, e Iroko Bamba Bamba, de
Alberto Alonso, que se tiene como el espectáculo «más grande y
costoso» que se presentara en un cabaré habanero. Contó con cien
participantes.
En la primera, un grupo de bailarines negros desciende del escenario,
seguido por los reflectores, y se acerca a la mesa ocupada por una
muchacha rubia que no puede apartar los ojos de los hombres
semidesnudos que la rodean y que la atraen y la asustan al mismo
tiempo. Terminan ellos levantándola de su asiento y llevándola al
escenario, donde la muchacha se embriaga con el sonido de los tambores
y los cantos cada vez más fuertes, mientras que el público,
hipnotizado y confundido, no sabe bien si aquello forma parte o no del
espectáculo.
De pronto, la rubia, enloquecida, se arranca el vestido y cubierta
apenas por su ropa interior, mínima y provocativa, comienza a bailar.
Sus movimientos se vuelven cada vez más frenéticos y lascivos y los
hombres la alzan y pasa ella de unos brazos a otros hasta que, en
medio de una música in crescendo, sale de su trance, profiere un grito
de turbación y recoge apresuradamente su ropa. Todavía semidesnuda
huye del escenario y atraviesa el salón para salir por una puerta
trasera.
A esa altura, confirman ya los espectadores que la muchacha rubia —en
realidad la bailarina norteamericana Skippy, de Nueva Jersey— no es
una clienta más del cabaré, sino que está incluida en el libreto de la
producción de Rodney y, sorprendidos en su ingenuidad, ríen
discretamente primero y enseguida aplauden a rabiar.
Tiene el cabaré en su elenco a bailarinas del calibre de Sonia Calero
y otra que se hace llamar Cara Melo, a quien la crítica define como la
danza hecha mujer y que personifica como pocas —se dice también— el
espíritu de Sans Souci. En ella tienen puestos los ojos productores de
Broadway.
El Chori no tuvo suerte en Sans Souci y no fue culpable de ello la
gerencia del lugar. El famoso percusionista se presentaba en cabarés
de mala muerte de la Playa de Marianao, en la Quinta Avenida, frente
al Coney Island, cuando lo contrataron para que actuara en Sans Souci
junto a Miguelito Valdés. Cuenta el narrador Leonardo Padura que
además de la paga respetable, el centro nocturno garantizaba al
artista la ropa adecuada, una habitación en el hotel Plaza y un auto
con chofer. Pero aquel hechizo duró poco. Chori no era miembro de la
Asociación de Músicos y eso lo invalidaba para actuar en lugares de
aquella categoría. Si no obedecía, le aplicaban la Ley de Estaca. Es
decir, lo apaleaban al final de las funciones. Y Chori volvió a la
Playa, a su vieja existencia pacífica de rones baratos y noches de
música despreocupada.
Sans Souci parecía no escatimar recursos en el empeño de írsele por
arriba a Tropicana y al cabaré Montmartre, del Vedado. Solo que, como
afirmó el maestro Portillo de la Luz en la entrevista aludida, «cuando
Sans Souci comenzó a despegar en grande, ya el prestigio de Tropicana
estaba consolidado».
Además de Edith Piaf, en la temporada 1957-1958 desfilaron por su
pista Denis Darcel, Ilona Massey y Cab Calloway, Dorothy Dandridge,
Joanne Gilbert y Tony Martin, entre otras figuras del mundo del
espectáculo norteamericano y europeo. Y para la temporada siguiente
pensaba la gerencia del cabaré contratar a Marlene Dietrich, Liberace
y Susan Hayward como animadores de sus noches.
Por otra parte, el cabaré ofreció a Rocky Marciano, campeón mundial de
boxeo de los pesos completos que se había retirado invicto, 350 000
dólares si aceptaba enfrentarse, en la propia instalación, al Niño
Valdés, su antiguo retador cubano. Pero Marciano no aceptó la
propuesta. El hecho podría dar pie a una sabrosa crónica. Sucedió que,
durante un entrenamiento, el Niño, con intención o sin ella, propinó
un puñetazo al campeón del mundo que lo envió a la lona. De más está
decir que hasta ahí llegó el cubano como esparring del campeón, pero
se convirtió en su retador. Marciano nunca le dio la pelea.

La última noche.

El año de 1957 fue bueno para Santo Trafficante. El 12 de marzo pidió
permiso de residencia permanente en Cuba a fin de vigilar de cerca sus
intereses en La Habana. A esa altura, además de Sans Souci, controlaba
una agencia de contratación de artistas y, se asegura, llegaría a ser
propietario o tendría intereses mayoritarios en el hotel Deauville, un
edificio de 140 habitaciones situado en la esquina de Galiano y
Malecón, y era completamente suya la concesión del juego en esa
instalación. Controlaba asimismo el hotel Comodoro, con su casino, y
tenía una participación en la concesión del juego en Tropicana. Sus
intereses se extendían también —se dice—, al casino del hotel Capri.
Frank Ragano, que fue abogado de Trafficante durante la estancia del
gánster en Cuba, y después, dijo en un libro que publicó tras la
muerte de su jefe y en el que reveló no pocos de sus peores delitos,
que una noche Trafficante lo hizo pasar a través de uno de los
servicios sanitarios para caballeros de Sans Souci a una habitación
que permanecía cerrada con llave. La pared del fondo estaba llena de
cajas de seguridad. En esas cajas, explicó Trafficante a su abogado,
cubanos ricos guardaban cocaína para consumo propio.
Llegó así el 31 de diciembre de 1958. El último día de ese año no
parecía que sería distinto a los demás, pese a que el Ejército Rebelde
tendía un cerco elástico en torno a la ciudad de Santiago de Cuba, y
Santa Clara estaba a punto de caer en manos de la guerrilla, mientras
que la dictadura de Batista ahogaba a La Habana en un mar de sangre.
Esa noche actuaban en el Sans Souci el cuarteto D’Aida y se presentaba
Sabor y souvenir de Haití, producción del coreógrafo Víctor Álvarez,
con Martha Jean-Claude, Míriam Barrera, Nancy Álvarez y los bailarines
Ana Gloria y Ferrán.
Había concluido ya el show cuando Meyer Lansky llegó a la instalación.
Se enteró en el hotel Plaza de la huida de Batista y al igual que lo
había hecho ya en otros casinos, recomendó a Trafficante que recogiera
todo el dinero y cerrara el local. Trafficante sacó el dinero, pero
demoró en cerrar el establecimiento. A la vuelta de pocas horas el
casino de Sans Souci, invadido por el pueblo, estaba destrozado.
¿También destrozó la multitud el cabaré? Viejos trabajadores
gastronómicos contaron a este escribidor que en la madrugada del 1ro.
de enero grupos airados quisieron penetrar en Tropicana y que los
empleados del lugar lo impidieron, lo que no sucedió en Sans Souci,
que quedó totalmente destruido, por lo que también el cabaré, y no
solo el casino, cerró sus puertas a partir de entonces. Sin embargo,
la prensa inserta los anuncios de los espectáculos que allí se
exhibieron en los dos meses iniciales de 1959. Tangolandia, en enero,
con Rolando Laserie, Nancy Álvarez y Ana Gloria, y Sabor, en febrero,
también con Nancy Álvarez. ¿Se presentaron allí esos espectáculos o se
trata de anuncios pagados de antemano y que no respondían ya a la
realidad? Otro punto oscuro en la historia de este famoso centro
nocturno habanero.

Ciro Bianchi Ross
ciro@jrebelde.cip.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/


Storia perduta del Sans Soucì (II parte e fine)


Fu tanto sfavorevole la propaganda che si fece al cabaret con mira al “razzle-dazzle” - quello strano e incomprensibile gioco con otto dadi nel quale gli ingenui credevano da ever assicurato il successo sempre che raddoppiassero la posta – che nel 1953 il nuovo amministratore pensò di cambiare nome al locale. “Copahabana” sembrava all'inizio una buona scelta, ma alla fine si decise che il night club-casinò continuasse a chiamarsi come prima, il suo nome era un fatto ben consolidato nella vita notturna avanera e un riferimento che andava oltre i limiti dell'Isola. Il cambio sarebbe stato più profondo. D'acchito la clientela doveva essere convinta che il locale offriva un gioco “pulito”. Correva l'anno 1955, quando l'amministrazione dispose l'ampliamento e ristrutturazione del luogo. Due anni dopo si conclusero i lavori che contemplavano il rinnovamento del casinò e l'installazione di nuove macchinette mangiasoldi – le cosiddette “ladre con un solo braccio” - e la costruzione di un salone provvisto di tetto di vetro perché nelle serate di pioggia si potesse godere tranquillamente dello spettacolo che normalmente si svolgeva all'aperto. Mille e cento visitatori potevano, quindi sedersi contemporaneamente nel Sans Soucì, que aveva riservato uno spazio privato per i grandi giocatori che, senza limite di orario, giocavano fra di loro e non contro la casa che incassava, alla fine, una percentuale sui guadagni. Il Nevada Cocktail Lounge regalava, nel casinò, gradevoli momenti musicali indipendenti dallo spettacolo che si offriva fuori. Fu in questo bar dove Santo Trafficante si innamoro di “Tú mi delirio”, raccontò a questo cronista nell'anno 2001, César Portillo de la Luz, autore del citato bolero. Il compositore faceva parte di un gruppo musicale nel quale figurava anche Frank Domínguez, che amenizzava la sera nel Nevada. Portillo, ricordò, in quell'intervista, che quando arrivava al bar il capoccia mafioso che già da allora controllava il cabaret-casinò, diceva a un barista che chiamavano el guajiro, che poi lavorò nel Mandarín, che chiedesse al gruppo di interpretare “Tú mi delirio” per lui. Dopo, come ringraziamento, gli faceva arrivare per la stessa via una bottiglia di champagne o un biglietto da cento dollari che i musicisti si dividevano in parti uguali.

L'usignolo di Parigi.

La consumazione minima dl cabaret passò da tre pesos e cinquanta centesimi a cinque pesos, senza che fosse necessario lasciare altro per accedere al casinò. C'era un'alta cucina nel Sans Soucì e il suo menù era fra i più completi dei centri notturni. Gli spettacoli contavano con la partecipazione di un coro di 14 voci, qualcosa di inedito in locali di questo tipo.
Dopo la sua inaugurazione, nel dicembre 1957, garndi figure internazionali si alternarono nel suo palco con i migliori artisti locali. Venne, tra molti altri artisti Edith Piaf, soprannominata l'usignolo di Parigi. La stampa la presentò come una grande di Francia, ma i produttori del Sans Soucì, dopo averla contrattata non erano del tutto sicuri di come l'avrebbe accolta un pubblico che, tra whisky e anche traboccanti, aveva solo la pretesa di passare il tempo e divertirsi un po'. La Piaf diede istruzioni ai tecnici delle luci di come manovrare i riflettori durante il suo numero e respinse la richiesta di entrare in scena vestendo un abito di Patou o di Dior. Lo fece col suo vestito nero di sempre, un capo che – diceva – risaltava meglio i suoi gesti e i movimenti delle mani. Giunse la sera del debutto e tra il pubblico c'era di tutto. Da ammiratori legittimi a coloro che auguravano un fiasco alla cantante, passando per quelli che senza conoscerla, ringraziavano la possibilità di poterla valutare da vicino. Fu un grande successo. La Piaf aprì con “La vie en rose” e con la sua voce roca, continuò le sue interpretazioni per mettersi in tasca il pubblico.
La cronaca segnala altre due grandi produzioni presentate sul palco del Sans Soucì. Sun Sun Babae, di Rodney, e Iroko Bamba Bamba di Alberto Alonso che si tennero come lo “spettacolo più grande e costoso” che si presentasse in un cabaret avanero e contavano con cento partecipanti in scena.
Nella prima, un gruppo di ballerini negri scende dallo scenario, seguito dai riflettori e si avvicina al tavolo occupato da una ragazza bionda che non riesce a distogliere lo sguardo dagli uomini seminudi che la circondano, la attraggono e la spaventano allo stesso tempo. Poi terminano sollevandola dalla sua sedia e portandola sullo scenario, dove la ragazza si ubriaca col ritmo dei tamburi e i canti sempre più forti, mentre il pubblico, ipnotizzato e confuso, non sa bene se quello fa parte dello spettacolo o no.
Improvvisamente la bionda, impazzita si strappa il vestito e coperta solo con l'intimo, ridotto al minimo e provocante, comincia a ballare. I suoi movimenti diventano sempre più frenetici e lascivi, gli uomini la sollevano e lei passa da un abbraccio all'altro finoa che in mezzo a un crescendo di musica, esce dalla trance, lancia un grido di perturbazione e raccoglie in fretta la sua roba. Ancora seminuda fugge dallo scenario e attraversa il salone per uscire da una porta posteriore.
A questo punto, gli spettatori hanno la conferma che la ragazza bionda – in realtà la ballerina nordamericana Skippy, del New jersey – non è una cliente del cabaret, ma fa parte della coreografia della produzione di Rodney e sorpresi per la propria ingenuità, dapprima ridono discretamente per poi prorompere in un applauso frenetico.
Il cabaret aveva nel suo cast un elenco di ballerine del calibro di Sonia Calero
e un'altra che si faceva chiamare Cara Melo (cara mella n.d.t.) che la critica definiva come la danza fatta donna e che impersona come poche – si dice anche – lo spirito del sans Soucì. In lei sono posti gli occhi dei produttori di Broadway.
El Chori non ebbe fortuna nel Sans Soucì e di questo non ebe colpa la gestione del luogo. Il famoso percussionista si presentava in cabaret di quart'ordine della playa di Marianao, nella Quinta Avenida, di fronte al Coney Island, quando lo contrattarono perché attuasse al Sans Soucì assieme a Miguelito Valdés. Il narratore Leonardo Padura racconta che oltre a un compenso rispettabile, il centro notturno garantiva all'artista i vestiti adeguati, una camera all'hotel Plaza e un'auto con autista. Però quell'incantesimo durò poco. Chori non era membro dell'Associazione dei Musicisti e questo gli vietava di lavorare in locali di quella categoria. Se non avesse obbedito gli avrebbero applicato la Legge del Bastone. Ovvero lo avrebbero bastonato alla fine degli spettacoli. Così Chori tornò alla Playa, alla sua vecchia esistenza tranquilla di rum economico e serate di musica senza pensieri.
Sans Soucì sembrava non risparmiare risorse nell'impegno di superare il Tropicana e il cabaret Montmartre del Vedado. Solo che, come affermò il maestro Portillo de la Luz nella citata intervista, “quando Sans Soucì cominciò a decollare alla grande, il prestigio del Tropicana era già consolidato”.
Oltre a Edith Piaf, nella stagione 1957-1958, sono passati per il suo palco Denis Darcel, Ilona Massey e Cab calloway, Dorothy Dandridge, Joanne Gilbert e Tony Martin, far le altre figure del mondo dello spettacolo nordamericano e europeo. Per la stagione seguente la gerenza del cabaret pensava di contrattare Marlene Dietrich, Liberace e Susan Hayward come animatori delle serate.
Inoltre il cabaret offrì a Rocky Marciano, campione mondiale dei pesi massimi che si era ritirato imbattuto, 350.000 dollari se accettava incontrare, in quella installazione, il Niño Valdés, suo antico sfidante cubano. Marciano però non accettò la proposta. Il fatto poteva dar piede a una cronaca saporita. Successe che durante un allenamento, il Niño, con intenzione o senza, dette un cazzotto al campione del mondo che lo mise al tappeto. Inutile dire che terminò li la carriera del cubano come sparring partner del campione, però si convertì nel suo sfidante. Marciano non accettò mai l'incontro.

L'ultima notte.

L'anno 1957 fu buono per Santo Trafficante. Il 12 marzo chiese il permesso di residenza permanente a Cuba al fine di sorvegliare da vicino i suoi interessi all'Avana. A questo punto,oltre a Sans Soucì, controllava un'agenzia di contrattazione di artisti e, si dava per certo, sarebbe giunto a essere proprietario o avere la maggioranza nell'hotel Deauville, un edificio di 140 camere sito all'angolo di Galiano e Malecón ed era completamente sua la concessione del gioco in questa installazione. Controllava anche l'hotel Comodoro, col suo casinò e aveva una partecipazione nel gioco al Tropicana. I suoi interssi si estendevano anche – si dice – al casinò dell'hotel Capri.
Frank ragano, che fu avvocato di Trafficante durante il soggiorno del gangster a Cuba, e anche dopo, in un libro che scrisse e pubblicò dopo la morte del suo capo e nel quale rivelò non pochi dei suoi peggiori delitti, che una sera Trafficante lo fece passare attraverso uno dei servizi sanitari per uomini del Sans Soucì a una stanza che rimaneva chiusa a chiave. La parete di fondo era piena di cassette di sicurezza. In queste cassette, spiegò Trafficante, al suo avvocato, alcuni cubani ricchi tenevano la cocaina per proprio uso.
Giunse così il 31 dicembre del 1958. L'ultimo giorno di quell'anno non sembrava diverso agli altri, nonostante l'Esercito Rebelde tendese un cerchio elastico attorno alle città di Santiago de Cuba, e Santa Clara stesse per cadere in mano alla guerriglia, mentre la dittatura di Batista affogava l'Avana in un mare di sangue. Quella sera era di scena al Sans Soucì il quartetto D'Aida e si presentava Sapore e souvenir di Haiti, produzione del coreografo Victor Álvarez, con Martha Jean-Claude, Miriam Barrera, Nancy Álvarez e i ballerini Ana Gloria e Ferrán.
Lo spettacolo si era già concluso quando Meyer lansky giunse al locale. Aveva saputo all'hotel Plaza della fuga di Batista e allo stesso modo che aveva fatto in altri casinò, raccomandò a Trafficante di raccogliere tutti i soldi e chiudere il locale. Trafficante prese i soldi, ma ritardò nella chiusura del locale. Nel giro di poche ore il casinò del Sans Soucì, invaso dal popolo venne distrutto. La moltitudine distrusse anche il cabaret? Vecchi lavoratori del settore raccontarono a questo scriba che all'alba del 1° gennaio, gruppi agitati vollero penetrare nel Tropicana e che i lavoratori del posto lo impedirono, cosa che non successe al Sans Soucì che rimase completamente distrutto, pertanto non solo il casinò, ma anche il cabaret chiuse le sue porte da allora. Senza dubbio, la stampa includeva gli annunci degli spettacoli che si tenevano li anche nei due mesi iniziali del 1959. “Tangolandia” in gennaio, con Rolando Laserie, Nancy, Álvarez e Ana Gloria, e “Sabor” in febbraio anche questo con Nancy Álvarez. Si presentarono questi spettacoli o si trattava di annunci pagati in precedenza e che in realtà non si tennero? Altro punto oscuro di questo famoso centro notturno avanero.

(Nota del Traduttore: immagino che se il locale venne distrutto, non si poterono tenere gli spettacoli, ma io non c'ero...)

domenica 18 agosto 2013

Dizionario demenziale

BARCOLLARE: lo usano i cani San Bernardo

sabato 17 agosto 2013

La mia vita con Umberto Veronesi, di Sultana Razon

E' uscita la autobiografia, annunciata (in famiglia) da anni, di mia cugina Sultana (Susy) Razon, dove racconta la sua vita con riferimento alla deportazione nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, di cui porta ancora il numero tatuato sull'avambraccio, (alla faccia dei negazionisti) i suoi studi da pediatra e il suo lungo matrimonio con il professor Umberto Veronesi che come tutte le storie, è iniziata con un grande amore che è comunque rimasto e poi è proseguita con i suoi alti e bassi, costellata però da due brillanti carriere e sei stupendi figli partoriti, tutti, pur avendo un rene solo.