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giovedì 26 settembre 2013

Lecciones cubanas

È in commercio l'edizione in spagnolo del romanzo "Lezioni cubane" di luca Tognaccini. "Lecciones cubanas" delle Edizioni Sandron di Firenze è disponibile sia in e-book che in formato tradizionale e si aggiunge all'originale in lingua italiana. Buona lettura.

Dizionario demenziale

CACCIUCCO: allontana l'ubriaco

mercoledì 25 settembre 2013

Il Decreto sulla Zona Speciale del Mariel

Ho dato una rapida scorsa ai decreti riguardanti questo provvedimento che entrerà in vigore dal prossimo 1° novembre. Non sono un tecnico né un esperto in Legge, per cui quasi 240 pagine di "burocratichese" sono abbastanza indigeste. Per quello che ho potuto vedere le novità importanti sono: che la concessione per l'investimento ha una durata di 50 anni prorogabili e non è soggetta alla "Legge 50" per cui la gestione può essere anche straniera al 100% e gli eventuali utili possono essere riesportati nella valuta convertibile preferita dal titolare del convegno che può essere "persona fisica" o "persona giuridica". In questa ottica, il titolare della concessione potrà avere agevolazioni migratorie per gestire l'azienda o potrà avvalersi di personale straniero, non residente, di sua fiducia e che avrà a sua volta agevolazioni migratorie per lo svolgimento del suo lavoro. La mano d'opera comune, invece è soggetta, come assunzione; alle "vecchie" norme per cui è soggetta all'ufficio di collocamento locale. Altre agevolazioni sono previste per le importazioni delle merci (Dogana) e i trasporti aerei, navali, su strada o per ferrovia. Questo per sommi capi il contenuto che naturalmente deve poi essere valutato da esperti per i dettagli. In sostanza la futura Zona Speciale sarà un'area prettamente industriale, dove anche la mano d'opera locale formata da cittadini cubani o residenti permanenti avrà a sua volta benefici salariali e contrattuali rispetto alla media del Paese.

Dizionario demenziale

CACCIARE: manda via il sovrano

martedì 24 settembre 2013

Pubblicate le norme di attuazione della Zona del Mariel

Il Granma di oggi informa che è uscita la Gazzetta Ufficiale n° 26 contenente le norme di attuazione della Zona Speciale del Mariel con le specificazioni per l'attuazione, il funzionamento e tutto ciò che concerne gli investimenti, proprietà, trattamento del personale, norme doganali eccetera. Decreto Legge n. 313 e 316. http://www.gacetaoficial.cu

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BURRONE: grosso panetto di condimento latteo

lunedì 23 settembre 2013

El Mayoral di Ciro Bianchi Ross, pubblicato su Juventud Rebelde del 22/09/13

EL MAYORAL

(Specie di sovrintendente che si dedicava in particolare alla “cura” dei lavoratori e degli schiavi nelle tenute agricole e campi da canna da zucchero. n.d.t)

Al contrario di quello che pensavano in molti vedendolo in fotografia, non era né alto né prestante. La giornalista Loló de la Torriente, che lo conobbe, ricordava che ciò che colpiva del maggior generale Mario García Menocal y Deop, terzo Presidente della Repubblica di Cuba, era il suo viso enigmatico, misterioso dalla barba ispida e occhi accesi come tizzoni.
Questo “condottiero rurale”, come lo chiamava un'altro giornalista: Ramón Vasconcelos, prese il potere il 20 maggio del 1913 dopo aver sconfitto il dottor Alfredo Zayas y Alfonso nelle elezioni dell'anno prima. Doveva poi lasciarlo il 20 maggio del 1917, ma sempre nelle liste del Partito Conservatore, decise di presentarsi a quelle del 1916 e sconfisse ancora, stavolta in modo fraudolento, il suo antico rivale. Nonostante la rielezione del Presidente fosse un diritto consacrato dalla Costituzione del 1901 – non più così in quella del 1940, che lo proibì -, il suo antecedente fu nefasto. L'ostinazione di Tomás Estrada Palma di prolungare la presidenza fece scoppiare la “piccola guerra” di agosto nel 1906 ed ebbe come conseguenza il secondo intervento militare nordamericano. Si dice che Menocal, al principio, non era intenzionato a ricandidarsi, ma cedette alle pressioni della combriccola e l'assemblea nazionale del suo partito lo nominò candidato presidenziale con 92 voti contro 71. Con le risorse del potere a sua disposizione, i conservatori consideravano sicuro il suo successo contro un Partito Liberale disgregato che senza dubbio si era messo d'accordo per ricandidare Zayas. Così come la rielezione di Estrada Palma causò la “piccola guerra” di agosto, quella di Menocal provocò nel febbraio 1917, la cosiddetta rivoluzione del Lecca lecca, quando i liberali, guidati dal maggior generale José Miguel Gómez, si sollevarono in armi contro il Governo di Menocal.

Senza busto e senza giardino

Oggi lo scriba, torna su questa figura del passato su suggerimento del lettore Noel Barrera che si impegna a costruire la presenza del capoccia nella località matanzera di Jagüey Grande. L'autore di questa pagina vorrebbe dire qualcosa innanzitutto. Se Zayas e Estrada Palma ebbero i loro rispettivi monumenti nell'Avana di prima del 1959, e José Miguel conserva il suo, fastoso nell'Avenida dei Presidenti, Menocal il massimo che raggiunse fu un busto, modesto, eretto a sua memoria nel giardino compreso fra le calles 17 e 19, 6 e 8, nel quartiere del Vedado. Ormai nemmeno quello. Il busto è sparito e John Lennon occupa tranquillamente una delle panchine del giardino che un giorno portò il nome dell'ex Presidente.
Qualcosa in più. Nonostante debba aver fatto qualcosa nei suoi 8 anni di gestione presidenziale, lo scrittore non ricorda una sola, sua, opera pubblica. Il vecchio Palazzo Presidenziale fu “cosa” sua fino a un certo punto. Né a Menocal né a sua moglie, Mariana Seba, piaceva il Palazzo dei Capitani Generali come sede del Governo. Da li le loro stagioni nel Palazzo di Durañona nella Calzada Real - Avenida 51 – di Marianao, che figurava come una specie di residenza estiva presidenziale. Doña Mariana si innamorò dell'edificio che il generale Ernesto Asbert, governatore dell'Avana, stava costruendo per il Governo provinciale e pensò che sarebbe stata l'ideale come ufficio e residenza dei presidenti cubani. Menocal volle compiacere sua moglie e, per decreto, confiscò e pagò al Governo dell'Avana il suo palazzo. L'Edificio della calle Rafugio n°1 fu inaugurato come uffici e residenza dell'Esecutivo il 31 dicembre del 1920 e il ballo con cui si aprì la cerimonia fu uno degli avvenimenti più importanti e di grido dell'Avana. La celebre Casa Tiffany, di New York, fu incaricata della decorazione dell'immobile e nei suoi mobili e ornamenti si investirono oltre un milione e mezzo di dollari. Oro, avorio e marmo risaltano il suo stile. Il vasellame, preziosissimo, aveva inciso lo scudo della Repubblica su ogni suo pezzo. Fra i mandatari cubani Menocal fu, probabilmente, quello dalle mani più bucate. Loló de la Torriente affermava: “Dopo otto anni di imposizione, lasciava la Repubblica, esauusta e senza protezione, ma lui, salvando i suoi beni, consegnava il potere andando all'estero per risvegliare, a Parigi, l'ammirazione e l'entusiasmo dei francesi abituati ai potentati generosi e splendidi. In quel senso, il generale cubano, ex presidente di una repubblica di banane, imitava la generosità più sorprendente dei gradi reami”.
Lo chiamarono “El Mayoral”, sia per la mano dura da governante che per esserlo stato realmente nell'azienda zuccheriera Chaparra, di proprietà nordamericana, nell'antica provincia di Oriente. Per la campagna elettorale del 1924, questa volta contro il liberale Gerardo Machado, il Re di Spagna Alfonso XIII, inviò per regalo a Menocal un cavallo. I liberali allora si lanciarono per le strade al grido. “A piedi, a piedi, a piedi/ son finiti i cavalli./ A piedi, a piedi, a piedi, non mi fanno male i calli”. Quando Machado, vincendo in cinque delle sei province cubane di allora, lo sconfisse su tutta la linea, i versi divennero infamanti per il militare e politico cubano. I liberali cantavano: “Il Re di Spagna ha mandato un messaggio,/ il Re di Spagna ha mandato un messaggio/ dicendo a Menocal: restituiscimi il cavallo che tu non sai montare”.

La biografia

Mario García Menocal nacque il 17 dicembre del 1866 nel Central Australia, Jagüey Grande, Matanzas. Suo padre, dopo l'inzio della Guerra dei Dieci Anni, si sollevò contro la Spagna e questa circostanza obbligò la famiglia ad uscire da Cuba. Fece i suoi primi studi negli Stati Uniti e, sempre in quel Paese, l'Università di Cornell, dove eccelse come studente, diplomandosi ingegnere civile nel 1888 Successivamente lavorò in Nicaragua e nel 1895, a Cuba, dirigeva gli studi per il tracciato della ferrovia Camagüey-Santa Cruz del Sur. Specialisti del Centro di Studi Militari del Minfar hanno costanza che Menocal si sollevò a Jagüey Grande, il 26 febbraio del 1895 che sarebbe stato due giorni dopo l'inizio della Guerra d'Indipendenza nella quale prese parte nell'azione dell'allevamento equino de La Yuca, comandata dal colonnello Martín Marrero. Nonostante questo, il suo ingresso ufficiale nell'Esercito di Liberazione è registrato il 13 di giugno dello stesso anno, a Santa Cruz. I suoi fratelli, Pedro Pablo e Tomás si incorporarono anch'essi alla lotta raggiungendo il grado di colonnello. Anche suo cugino il pittore Armando G. Menocal, lo fece, arrivando ad essere comandante. Da principio e con l'idea di trarre il maggior beneficio dalla conoscenza del giovane ingegnere, Máximo Gómez gli affidò la missione di distruggere, nel territorio camagüeyano, le strade ferrate ed il sistema di fognature, compito che svolse con il maggior successo con la distruzione della linea di Nuevitas. Il capitano Menocal si dedicò a ciò tra agosto e ottobre del 1895. Il mese seguente, assieme ad integranti del Governo in armi – lo nominarono Sottosegretario alla Guerra - accompagnò la colonna d'invasione comandata da Maceo da Mangos de Baraguá fino a Colmenar, quasi all'entrata di Las Villas. A Bayamo e Manzanillo effettuò compiti di organizzazione che gli aveva incaricato il Governo. Nel 1896 combatté in Los Moscones, Yerba de Guinea, La Piedra, La Aguada, Belleza, La Gloria, Loma de Hierro, Alto de Conchita, Lugones, Tuabeque, Barrancas e Jucaibama. In quell'anno ascese da ufficiale inferiore a comandante, tenente colonnello, colonnello e generale di brigata, gardo che riceve su proposta di Gómez per a sua attuazione nel combattimento e presa del paese di Guáimaro, che pianificò e diresse.
Nel marzo del '97 è nell'attacco a Jiguaní e nel combattimento de La Ratonera e appoggia nella rada di Jucaro, a Banes, il terzo viaggio del vapore Laurada, che arrivò al comando del generale polacco Carlos Roloff. Tra il 28 e il 30 di agosto si distingue nell'attacco di Las Tunas, dove risultò gravemente ferito e perciò fu promosso generale di divisione. Suo nipote, il monsignor Carlos Manuel de Céspedes e García Menocal, conserva come suo maggior tesoro la bandiera cubana che suo zio portava in quell'azione. Nel maggio del 1898 riceve l'ordine di formare una colonna e marciare verso l'Avana al fine di assumere il comando del 5to Corpo d'Armata. Così passò una volta di più la linea difensiva posta tra Júcaro e Morón, arrivando all'accampamento del generale Mayía Rodríguez, comandante della zona occidentale, il 14 di agosto, due giorni dopo che la Spagna e gli Stati Uniti firmarono la pace. Fu promosso allora a maggior generale. Si congedò il 24 di agosto.

Prigioniero in Rio Verde

Una volta all'Avana, si accampò con le sue truppe nella spiaggia di Marianao e stabilì il suo quartier generale nell'edificio dell'Avana Yacht Club. Fu uno dei nove generali cubani che, invitati dal comando dell'esercito nordamericano, assistettero, il 1° gennaio 1899, all'atto di cessazione della sovranità spagnola a Cuba che ebbe luogo nel Salone del Trono del Palazzo dei Capitani Generali. Organizzò un corpo di polizia avanera, fu ispettore generale delle Opere Pubbliche e successivamente capo della Commissione dei Fari, prima di dedicarsi allo sviluppo del Central Chaparra. Per sua iniziativa si creò l'Associazione Nazionale dei Veterani dell'Esercito di Liberazione, che lo designò per mediare tra le parti in conflitto durante la “piccola guerra” di agosto, gestione che fallì per l'intransigenza del Presidente Estrada Palma. Nei giorni del secondo intervento nordamericano, organizzò il Partito Conservatore.
Alla sua uscita dal potere, nel 1921, viaggiò per l'Europa. Si oppose a Machado e nell'agosto del 1931 guidò una sollevamento contro di lui. Fu ftto prigioniero in Rio Verde, Pínar del Río e fu poi internato, dapprima alla Cabaña e poi al Presidio Modelo. Una volta liberato, fu ancora oggetto di persecuzioni che lo obbligarono a lasciare il Paese. Tornò dagli Stati Uniti alla caduta della dittatura di Machado e tornò a inserirsi nella politica nazionale. Nel 1936, per l'ultima volta, fu sconfitto da Miguel Mariano Gómez, il figlio di José Miguel, suo vecchio avversario.
Si oppose anche al colonnello Batista, che reggeva i destini del Paese dal campo Columbia e organizzò l'Unità Nazionale Cubana, con la quale pretendeva radunare le forze, disperse, dei conservatori i cui delegati parteciparono come oppositori alla convenzione che avrebbe elaborato la Costituzione del 1940. Però batista , desideroso di assicurarsi la presidenza nelle prossime elezioni generali, offrì ai “menocalisti”, se appoggiavano la sua candidatura, la vice presidenza della Repubblica, il posto di sindaco dell'Avana, tre governi provinciali e 12 collegi senatoriali. Menocal virò la sua rotta, accettò la proposta e i suoi delegati all'Assemblea Costituente passarono a formar parte delle fila del Governo perché, diceva il vecchio timoniere ai suoi colleghi di partito che giudicavano troppo amaro il calice di patteggio: “propiziare a Batista una via di uscita costituzionale al fine di liberare Cuba dal dominio militare che impersona, è fare un piacere al paese”.
Mario García Menocal morì all'Avana il 7 settembre del 1941. Lasciò il suo nome a una ricatta di fagioli neri “alla Menocal” e due dei cocktail cubani emblematici: il Presidente e il Chaparra.



El Mayoral

Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
21 de Septiembre del 2013 18:57:32 CDT

Contrario a lo que muchos suponen al verlo en fotografías, no era alto
ni fornido. La periodista Loló de la Torriente, que lo conoció,
recordaba que la órbita de atracción del mayor general Mario García
Menocal y Deop, tercer presidente de la República de Cuba, era su
rostro algo enigmático, misterioso, de barba rala y ojos encendidos
como fulgores.
Este «hidalgo rural», como le llamaba el también periodista Ramón
Vasconcelos, ocupó el poder el 20 de mayo de 1913 tras derrotar al
licenciado Alfredo Zayas y Alfonso en las elecciones del año anterior.
Debía abandonarlo el 20 de mayo de 1917 pero, siempre en la boleta del
Partido Conservador, decidió presentarse en los comicios de 1916 y
volvió a derrotar, esta vez de manera fraudulenta, a su antiguo rival.
Aunque la reelección del Presidente era un derecho consagrado por la
Constitución de 1901 —no así en la de 1940, que la prohibió—, su
antecedente había sido funesto. La tozudez de Tomás Estrada Palma de
prorrogarse en la presidencia desató la guerrita de agosto de 1906 y
trajo como consecuencia la segunda intervención militar
norteamericana. Se dice que Menocal, en un inicio, no se mostró
decidido a reelegirse, pero cedió a las presiones de la camarilla
áulica y la asamblea nacional de su partido lo nominó como candidato
presidencial por 92 votos contra 71. Con los recursos del poder a su
alcance, los conservadores consideraron seguro su triunfo contra un
Partido Liberal atomizado que, sin embargo, se puso de acuerdo para
postular a Zayas. Así como la reelección de Estrada Palma dio pie a la
guerrita de agosto, la de Menocal provocó, en febrero de 1917, la
llamada revolución de La Chambelona, cuando los liberales,
acaudillados por el mayor general José Miguel Gómez, se alzaron en
armas contra el Gobierno de Menocal.

Sin busto y sin parque

Vuelve hoy el escribidor sobre esta figura del pasado a sugerencia del
lector Noel Barrera, que se empeña en reconstruir en Jagüey Grande la
presencia del caudillo conservador en esa localidad matancera.
Algo quiere decir de inicio el autor de esta página. Si Zayas y
Estrada Palma tuvieron sus respectivos monumentos en La Habana de
antes de 1959, y José Miguel conserva el suyo, fastuoso, en la Avenida
de los Presidentes, Menocal lo más que alcanzó fue el busto modesto
erigido a su memoria en el parque que enmarcan las calles 17 y 19, 6 y
8, en la barriada del Vedado. Ya ni eso. El busto desapareció, y John
Lennon ocupa tranquilamente uno de los bancos del parque que un día
llevó el nombre del ex mandatario.
Algo más. Aunque algo debió hacer durante sus ocho años de gestión
presidencial, no recuerda quien esto escribe una sola de sus obras
públicas. El viejo Palacio Presidencial fue cosa suya. Hasta cierto
punto. Ni a Menocal ni a su esposa, Mariana Seba, les gustaba el
Palacio de los Capitanes Generales como casa de Gobierno. De ahí sus
temporadas en el Palacio de Durañona, en la Calzada Real —Avenida 51—
de Marianao, que oficiaba como una especie de mansión presidencial de
verano. Doña Mariana se enamoró del edificio que el general Ernesto
Asbert, gobernador de La Habana, construía para el Gobierno Provincial
y pensó que resultaría ideal como residencia y despacho de los
mandatarios cubanos. Quiso Menocal complacer a su esposa y, por
decreto, confiscó y pagó al Gobierno habanero su palacio. El edificio
de Refugio No. 1 fue inaugurado como oficinas y residencia del
Ejecutivo el 31 de diciembre de 1920 y el baile con que se abrió es
uno de los acontecimientos sociales más importantes y sonados de La
Habana. La conocida Casa Tiffany, de Nueva York, tuvo a su cargo la
decoración del inmueble y en su mobiliario y adornos se invirtieron
más de millón y medio de dólares. Oro, marfil y mármol resaltan su
estilo. La vajilla, valiosísima, tenía grabado el escudo de la
República en cada una de sus piezas.
Porque entre los mandatarios cubanos, Menocal fue quizá el más
manirroto. Loló de la Torriente afirmaba: «Después de ocho años de
imposición dejaba la República exhausta y desamparada, pero él,
salvando sus reductos, entregaba el poder y salía al extranjero listo
para despertar en París la admiración y el entusiasmo de los franceses
acostumbrados a los potentados dadivosos y espléndidos. En tal sentido
el general cubano, ex presidente de una república agrícola, iba a
emular las generosidades más sorprendentes de los grandes rajaes».
Le llamaron El Mayoral, tanto por su mano dura de gobernante como por
haberlo sido realmente en el central azucarero Chaparra, de propiedad
norteamericana, en la antigua provincia de Oriente. Para la campaña
electoral de 1924, cuando aspiró a la presidencia, esta vez contra el
liberal Gerardo Machado, el rey de España, Alfonso XIII, envió a
Menocal un caballo de regalo. Los liberales entonces se lanzaron a la
calle y al grito de «A pie» cantaban: «A pie, a pie, a pie / se
acabaron los caballos. / A pie, a pie, a pie / no me duelen ni los
callos». Cuando Machado, al ganar cinco de las seis provincias cubanas
de entonces, lo derrotó en toda la línea, los versos se tornaron
infamantes para el militar y político cubano. Coreaban los liberales:
«El rey de España mandó un mensaje, / el rey de España mandó un
mensaje / diciéndole a Menocal: devuélveme mi caballo que tú no sabes
montar».

La biografía

Mario García Menocal nació el 17 de diciembre de 1866 en el central
Australia, Jagüey Grande, Matanzas. Su padre, ya iniciada la Guerra de
los Diez Años, se alzó en armas contra España y esa circunstancia
obligó a la familia a salir de Cuba. Cursó sus primeros estudios en
Estados Unidos y en ese país, en la Universidad de Cornell, donde
sobresalió como estudiante, se diplomó como ingeniero civil en 1888.
Trabajó entonces en Nicaragua y en 1895 dirigía en Cuba los estudios
para el trazado del ferrocarril Camagüey-Santa Cruz del Sur.
Especialistas del Centro de Estudios Militares del Minfar tienen
referencias de que Menocal se alzó en Jagüey Grande, el 26 de febrero
de 1895, esto es, dos días después de iniciada la Guerra de
Independencia y que participó en la acción del potrero de La Yuca,
mandada por el coronel Martín Marrero. No obstante, su ingreso oficial
al Ejército Libertador se registra el 13 de junio del mismo año, en
Santa Cruz. Sus hermanos Pedro Pablo y Tomás se incorporaron asimismo
a la lucha y alcanzaron el grado de coronel. También lo hizo su primo,
el pintor Armando G. Menocal, que llegó a comandante.
De inicio, y con el propósito de sacar el mayor partido a los
conocimientos del joven ingeniero, Máximo Gómez le confió la misión de
destruir en territorio camagüeyano las vías férreas y su sistema de
alcantarillas, tarea en la que alcanzó su mayor éxito con la
destrucción de las líneas del ferrocarril de Nuevitas. En eso estuvo
el capitán Menocal entre agosto y octubre del 95. Al mes siguiente,
junto con integrantes del Gobierno en armas —lo nombraron
subsecretario de Guerra— acompañó a la columna invasora mandada por
Maceo desde Mangos de Baraguá hasta Colmenar, casi a la entrada de Las
Villas. Cumplió en Bayamo y Manzanillo tareas de organización que le
encomendó el Gobierno. Durante 1896 combatió en Los Moscones, Yerba de
Guinea, La Piedra, La Aguada, Belleza, La Gloria, Loma de Hierro, Alto
de Conchita, Lugones, Tuabeque, Barrancas y Jucaibama. En ese año
asciende de pegueta a comandante, teniente coronel, coronel y general
de brigada, grado este que recibe, a propuesta de Gómez, por su
actuación en el ataque y toma del poblado de Guáimaro, que planeó y
dirigió.
En marzo del 97 está en el ataque a Jiguaní y en el combate de La
Ratonera y apoya, en el estero de Júcaro, en Banes, el tercer viaje
del vapor Laurada, que llega bajo el mando del general polaco Carlos
Roloff. Entre el 28 y el 30 de agosto sobresale en el ataque a Las
Tunas, donde resultó herido de gravedad y por el que fue ascendido a
general de división. Su sobrino, monseñor Carlos Manuel de Céspedes y
García Menocal, conserva como su mayor tesoro la bandera cubana que su
tío llevara en esa acción. En mayo de 1898 recibe la orden de formar
una columna y marchar hacia La Habana a fin de asumir la jefatura del
5to. Cuerpo de Ejército. Así, pasó una vez más la trocha de Júcaro a
Morón y llegó al campamento del mayor general Mayía Rodríguez, jefe
del Departamento Occidental, el 14 de agosto, dos días después de que
España y Estados Unidos firmaran la paz. Fue ascendido entonces a
mayor general. Se licenció el 24 de agosto.

Prisionero en Río Verde

Ya en La Habana, acampó con sus tropas en la playa de Marianao y
estableció su cuartel general en el edificio del Havana Yacht Club.
Fue uno de los nueve generales cubanos que, invitado por el mando del
ejército norteamericano, asistió el 1ro. de enero de 1899 al acto por
el cese de la soberanía española en Cuba que tuvo lugar en el Salón
del Trono del Palacio de los Capitanes Generales. Organizó el cuerpo
de la Policía habanera, fue inspector general de Obras Públicas y
luego jefe de la Comisión de Faros, antes de dedicarse al fomento del
central Chaparra. Por iniciativa suya se creó la Asociación Nacional
de Veteranos del Ejército Libertador, que lo designó para mediar entre
las partes en conflicto durante la guerrita de agosto, gestión que
fracasó por la intransigencia del presidente Estrada Palma. Organizó,
en los días de la segunda intervención norteamericana, el Partido
Conservador.
A su salida del poder, en 1921, viajó por Europa. Se opuso a Machado y
en agosto de 1931 lideró una sublevación en su contra. Fue hecho
prisionero en Río Verde, Pinar del Río, e internado primero en La
Cabaña y luego en el Presidio Modelo. Liberado, fue de nuevo objeto de
persecuciones que lo obligaron a abandonar el país. Regresó de Estados
Unidos a la caída de la dictadura machadista y volvió a insertarse en
la política nacional. En 1936 aspiró a la presidencia por última vez y
fue derrotado por Miguel Mariano Gómez, el hijo de José Miguel, su
viejo adversario.
Se opuso asimismo al coronel Batista, que regía los destinos del país
desde el campamento de Columbia, y organizó el Conjunto Nacional
Cubano, con el que pretendía nuclear las dispersas fuerzas
conservadoras y cuyos delegados concurrieron en calidad de
oposicionistas a la convención que elaboraría la Constitución de 1940.
Pero Batista, deseoso de asegurarse la presidencia en los comicios
generales que venían, ofreció a los menocalistas, si apoyaban su
aspiración, la vicepresidencia de la República, la alcaldía de La
Habana, tres gobiernos provinciales y 12 senadurías. Menocal se viró
con fichas, aceptó la propuesta y sus delegados en la Asamblea
Constituyente pasaron a formar parte de las filas del Gobierno porque,
decía el viejo caudillo a sus partidarios que juzgaban demasiado
amargo el brebaje pactista, «es hacerle un servicio al país
propiciarle a Batista una salida constitucional a fin de librar a Cuba
del predominio militar que él personifica».
Mario García Menocal falleció en La Habana el 7 de septiembre de 1941.
Dejó unos frijoles negros a lo Menocal y dos de los tragos
emblemáticos de la coctelería cubana: el Presidente y el Chaparra.







--
Ciro Bianchi Ross
ciro@jrebelde.cip.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/




Per una città migliore...

È incredibile che un Paese che guarda tanto lontano, non pensi alle cose più vicine. Da diversi giorni c'è un container abbandonato nella calzada di Ayestarán a pochi metri dall'incrocio con la calle 20 de Mayo, occupando una corsia di canalizzazione del traffico. L'ostacolo crea disagi nell'ora di punta, senza trascurare il pericolo di un incidente, tenendo anche presente che spesso la calzada di Ayestarán è immersa nel buio più assoluto durante le ore serali e notturne. Non si sa di chi sia e cosa faccia in quel luogo, ma quello che ci si chiede è: Non era forse meglio "parcheggiarlo" nell'attigua, certamente meno trafficata, calle Acosta? Con la scusa di questo parcheggio abusivo, anche i bidoni dell'immondizia vengono lasciati fuori dal loro posto, per comodità degli addetti alla raccolta.




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BRIGANTINO: furfantello

domenica 22 settembre 2013

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BOVINO: distillato di ruminanti

sabato 21 settembre 2013

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BOCCAPORTO: cavità orale usata dalle navi per l'attracco

venerdì 20 settembre 2013

Zona Speciale di Sviluppo del Mariel

Dal primo novembre entrerà in vigore la Zona Speciale di Sviluppo del Mariel, nella provincia di Artemisa ad occidente della capitale e godrà di uno Statuto Speciale per promuovere nuove forme economiche. Il fulcro sarà il costruendo porto industriale che prende appunto il nome dalla località che sarà il più importante porto commerciale di Cuba. Il primo molo, di 700 metri di lunghezza, sarà inaugurato il prossimo gennaio e il complesso verrà ultimato entro il 2015. Nell'opera sono impegnati ingenti capitali, mezzi e tecnici brasiliani. L'area, distribuita su 465 km. quadrati, comprende diversi centri abitati della provincia. Vi si avvieranno attività a Statuto Speciale dove potranno investire anche gli stranieri senza obbligo di residenza, attenendosi naturalmente alle Leggi cubane, fra cui il Decreto di approvazione di questa Zona Speciale, che verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nei prossimi giorni e conterrà i dettagli di come poter accedere agli investimenti e in quale misura dovranno o potranno essere. Anche per i lavoratori di questa "zona franca" ci sarà un regime speciale di trattamento. Indubbiamente un'altra spinta riformista, dopo anni di immobilismo.

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BISCIONE: Internazionale Football Club

giovedì 19 settembre 2013

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BIGATTO: doppio felino

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BIANCASTRO: eviro quello bianco

martedì 17 settembre 2013

Torneo Hemingway 2014

L'edizione 2014 del Torneo di pesca al marlin si terrà dal 9 al 14 giugno, maggiori dettagli sul sito

Daniel Diaz Torres, un duro colpo per la cultura cubana

Nella notte di domenica è mancato, a soli 64 anni, Daniel Diaz Torres, uno dei più prolifici e talentosi registi del cinema cubano. Lo scorso dicembre era venuto a trovarmi in ufficio dove abbiamo parlato della sua carriera e di cui ho pubblicato un post il giorno 27 di quel mese. Non ha accennato minimamente di essere malato e sicuramente non ne aveva l'aria. Ha accettato e assaporato con gusto un buon caffè. Che sia rimasto gelato dalla notizia è dire poco. Anche lui vittima di quella perfida malattia che pur non essendo incurabile in assoluto è ancora in molti casi inguaribile, specialmente se diagnosticata tardi o se colpisce determinate parti del corpo.
Daniel oltre che cineasta di lunga traiettoria, ha iniziato giovanissimo nel mondo della celluloide, era una persona squisita. Si penserà che sono i soliti luoghi comuni che si dicono e scrivono per chi lascia questa terra, ma nel suo caso è certo. Modesto, senza essere schivo, non ha mai fatto palesare i suoi lavori che hanno lasciato una profonda traccia nel cinema cubano. Cordiale, sempre col sorriso sulla bocca e una grande disponibilità. Quando l'ho rivisto, dopo molti anni, nel corso dell'ultimo Festival del Cinema, gli avevo chiesto di avere un colloquio con lui per pubblicare un post riguardante la sua persona e carriera. Dopo pochi giorni è venuto a trovarmi e ne abbiamo parlato, come se fossimo sempre rimasti in contatto. Anche gli allievi della scuola del Nuovo Cine Latinoamericano e TV di S. Antonio de Los Baños hanno perso un amico, più che un professore. Hasta siempre Daniel!


lunedì 16 settembre 2013

Lo ieri di oggi, di Ciro Bianchi Ross, pubblicato su Juventud Rebelde del 15/09/13

Ieri di Oggi

Un paio d'anni fa, questo scriba identificò un luogo dove trovò un edificio in rovina. Senza il tetto, con le pareti che si sostenevano per miracolo e colonne di ferro ancora innalzate, l'immobile era adibito a deposito di materiali. Nonostante le sue dimensioni ridotte, una targa di bronzo era visibile sulla sua facciata. Diceva “Qua è stato J. M.”
J. M.? Julián Marrero forse? Jorge Menéndez? Chissá Juan Mendoza? Acqua, acqua. J.M. È nientemno che José Martí e l'edificio è la Caridad del Cerro, l'associazione che dette feste e ricevimenti di grido e sontuosi, le cui serate politiche e letterarie passarono ogni limite di aggettivazione. I suoi saloni, all'epoca, furono frequentati da figure del calibro di Nicolás Azcárate, Juan Gualberto Gómez, Manuel Sanguily, Alfredo Zayas, Rafel Montoro e, naturalmente, José Martí, per dirlo in una sola frase. Dalla Caridad del Cerro passarono tutti quelli che nella Cuba del XIX secolo godevano di prestigio. Colà Enrique Varona dette non poche delle sue conferenze, far le quali quelle che dedicò a Emerson, Victor Hugo, Luz y Caballero e sopratutto, nella sera del 14 maggio 1887, al “poeta anonimo della Polonia”, le cui parole finali, dice la cronaca, furono coperte da una delle ovazioni più sonore che ebbero luogo in quella sala della Calzada del Cerro fra Santa Teresa e Saragoza che, d'altra parte, era anche la sede del Partito Autonomista.
La casa appartenne a un membro della nobiltà dell'Isola fino a che nel 1875 dette ospitalità alla società. Federico Villoch descrive il locale nelle sue vecchie cartoline scolorite. Dice che la sala delle funzioni era ampia e ben disposta, e i saloni che accoglievano la biblioteca e la sala da gioco, ben ventilati. Il patio, ampio e quadrato , un giardino frondoso offriva gratuitamente piacevoli angoli per poter ricreare ampiamente lo spirito. La carta che tappezzava le pareti della sala d'ingresso e di svago, illuminato dalla luce di ostentatrici lampade di cristallo, provocava una voluttuosa atmosfera da sogno nel visitatore. Saloni in cui rivaleggiavano, in bellezza e distinzione, Josefina Herrera, Contessa di Fernandina; Esperanza Navarrete sulla via di convertirsi nella Marchesa di Larrinaga, la Contessa di Montalvo, quella di Calderón...Ivi si fece le ossa Regino López, quello che poi fu l'applaudito attore del teatro vernacolo. Le finanze non andavano, alla Caridad del Cerro, di pari passo alla spinta culturale. Sopravvisse a malapena fino a poco dopo lo scoppio della Guerra d'Indipendenza , nel 1895. Problemi economici che non potevano essere risolti dai suoi protettori, la strangolarono fino a condurla quasi alla miseria. Allora i suoi vecchi custodi, per ordini superiori, ne chiusero le porte. In fase discendente, il nobile edificio, divenne casa d'affitto e poi fu la sala cinematografica “Cerro Garden”, fino a converstirsi appunto in deposito di materiali.
Quando il Generalissimo Máximo Gómez entrò al'Avana nel 1898, alla guida delle sue truppe, ordinò che un gruppo di combattenti “mambises” rendesse gli onori a qualla che fu “La Caridad del Cerro”.

23 y M; L y 25

L'isolato che occupa l'hotel Habana Libre, sita tra le “calles” 23 e 25, L e M, nel Vedado, era, alla fine degli anni '40 del secolo scorso, un terreno incolto o quasi.
All'angolo di 23 e M si ergeva la residenza di Carlos Manuel de Céspedes, ex presidente della Repubblica e figlio del Padre della Patria. All'angolo di L e 25 si trovava, a partire del 1939, la casa del dottor Kourí, la cui figlia Ada era sposta con Raúl Roa. All'angolo opposto, in 23 e L, c'era un parco di divertimenti con veri cavallini: i pony; i bambini si montavano e un addetto dell'installazione prendeva le redini dell'animale. Per 5 centesimi si faceva il giro del terreno. C'erano pony anche nel buco all'angolo di 21 e G, nello spazio che oggi occupa il bell'edificio progettato dall'architetto Rafael de Cárdenas, autore anche fra le molte sue opere, del centro commerciale La Rampa, all'inizio della calle 23.
Naturalmente, quando si progettò la costruzione di un albergo, si impose l'acquisizione della casa di Céspedes per procedere alla sua demolizione e approfittare, così, dello spazio che occupava. La vedova dell'ex presidente disse che non era interessata a vendere e facendosi pregare per farlo, ottenne un'offerta irresistibile per il suo immobile.
La casa dei Kourí, dice Raúl Roa nel suo libro Memoriedi Mondi Varii, “aveva una cupola blu, un grande patio posteriore con alberi da frutta e un bagno 'pompeiano' al secondo piano”. Il patio, spiega Roa, si trovava circa sotto a dove oggi c'è il bar “Las Cañitas” dell'Habana Libre.
Erano tempi in cui nella calle L si transitava a doppio senso, mentre nella calle 17 i veicoli viaggiavano in senso contrario rispetto a oggi. Dove oggi c'è l'edificio Focsa, si trovava il club Cubanaleco, di fronte, dove si trova il ristorante El Conejito, c'era un locale chiamato El Liro, rinomato per i polli e le uova che vendeva. La Roca allora era El Colonial, e la pizzeria di L e 21 non era una pizzeria, ma un ristorante caffetteria che portava il nome di Las Delicias de Medina. Non c'era la libreria in L e 27, ma una caffetteria con entrata da ambedue le strade. Il Caffè degli Artisti, locale bohemienne, di proprietà dell'attore Otto Sirgo, si trovava un'isolato più sotto, in 25 e il Mocambo Club occupava il luogo de Las Bulerías. C'era un Ristorante Viennese nella calle K e una casa di cibi francesi: Le Vendôme, in Calzada all'angolo di C, mentre il ristorante Gaviria, in Calzada e M, davanti al parcheggio dell'Ambasciata degli Stati Uniti, garantiva una vista spettacolare dell'Avana.


L y 23


La Moderna Poesía

L'angolo della libreria La Moderna Poesía, in Obispo e Bernaza, era occupata, prima del 1900, dal calzaturificio di Manuel Sánchez Cuétaro. Più o meno alla data segnalata, José López Rodríguez, che rese celebre il nome “El Pote”, comprò l'angolo, liquidò le scarpe vendendole a stock, e riempì il locale di libri vecchi.
Si dice che allora che La Moderna Poesía era arredata con lo stile di un baraccone da fiera. Tavole grezze, senza pittura, che appoggiavano su altrettanti blocchi di legno, servivano da banco, anche gli scaffali dei libri erano grezzi, strapieni di libri, generalmente vecchi, acquistati quasi tutti usati.
Nel marciapiedi di fronte apriva le sue porte la libreria di Ricoy. In questa si incontravano Varona, Zayas, Carlos de la Torre ed altre eminenze dell'epoca, frugando affannosamente fra montagne di libri e riviste che riempivano la piccola sala del negozio.

La cancillería

Il “Ministero di Stato” era, al trionfo della Rivoluzione, l'ente incaricato delle relazioni estere di Cuba. La sua sede si trovava nell'Avana Vecchia, calle Capdevila, numero 6, nell'antica residenza della famiglia Pérez de la Riva, dove oggi si trova il Museo nazionale della Musica, un immobile che se era ideale per cocktail e ricevimenti, risultava inadeguato per lavori d'ufficio. Il Ministero aveva bisogno di traslocare e, nel 1958, la dittatura batistiana decise di farlo verso l'isolato tra le strade Calzada, G, H, e Quinta, nel quartiere del Vedado. Per ciò avrebbe utilizzato una grande casa che vi si trovava, al numero 306 della Calle Calzada, e avrebbe approfittato del terreno sul retro per la costruzione di un edificio di otto piani con la facciata principale sulla Calle Quinta, dove sarebbero state installate le principali dipendenze del Ministero.
Si sarebbe guadagnato così in ampiezza e comodità per il daffare quotidiano e si garantiva ai diplomatici accreditati nel Paese un accesso comodo e veloce da qualunque parte della città.
Il Vedado si estende sull'antica zona vietata – di li il nome del quartiere – dove si proibiva vivere, seminare, falciare e allevare bestiame per l'interesse della difesa dell'Avana dagli attacchi di corsari e pirati. Nell'area occupata dal Ministero degli Esteri era esistito, dal 1832, un cimitero destinato a negri schiavi che morivano senza essere stati battezzati. Siccome si ebbero proteste per lo stato in cui versava la necropoli dove, dice la cronaca, si seppellivano i negri come animali, si risanò il luogo, si nominò un cappellano e si decise di riservare la maggior parte del terreno all'inumazione di stranieri protestanti. Da li il nome di Cimitero degli Inglesi che ricevette allora, e Cimitero degli Americani come si identificò man mano che cittadini degli Stati Uniti superavano per numero e influenza i sudditi della Gran Bretagna. Venne chiuso nel 1847.
Dopo la fine della guerra d'Indipendenza, nel 1898, e l'instaurazione della Repubblica nel 1902, il quartiere ebbe un'auge imprevisto. I ricchi abbandonarono la angusta e rumorosa Avana Vecchia, comprarono terreni e costruirono nel quartiere. Lo fecero anche i nuovi ricchi e non pochi alti ufficiali dell'Esercito Liberatore che riscuotevano quanto dovuto.
La famiglia Gómez Mena decise di installarsi nel Vedado. Il ramo capeggiato da Alfonso Gómez Mena Villa acquisì i terreni della Calle Calzada, dove edificò la magione dove ha sede la Direzione del Protocollo e Cerimoniale del Ministero degli Esteri.
Prima dell'esistenza del citato cimitero, questi terreni furono proprietà di Antonio de Frías, parente del Conte de Pozos Dulces, padrone della tenuta dove si stabilì il Vedado. Successivamente apparterranno alla Contessa di Loreto che, nel 1920, li vendette alla dominicana Blanca Maria Vicini Perdomo. Questa li ipotecò a favore di Alfonso Gómez Mena e terminò, cinque anni dopo, vendendoglieli quando la fastosa residenza, che divenne abitabile nel 1926, era già in costruzione. Per edificarla, Alfonso, fu autorizzato a demolire le cinque case che vi erano erette.
Alfonso Gómez Mena incaricò i piani della costruzione al famoso architetto Francisco Centurión, autore anche del padiglione cubano all'Esposizione Internazionale di San Francisco, in California e per l'esecuzione del progetto contrattò i servizi della ditta Morales & c.ia, diretta dall'importante architetto Leonardo Morales, graduatosi all'Università di Harvard, Stati Uniti, e allievo della Scuola delle Belle Arti di Parigi.
Alla morte di Alfonso Gómez Mena nel 1936, la casa passò a nome della sua vedova Maria Vivanco, che la abitò fino al 1953. Cinque anni prima, l'immobile di 1659 metri quadrati di superficie, fu valutato in 115.000 pesos e i terreni in 200.000. Nel 1958 lo Stato Cubano acquisì i terreni e la casa per 650.000 pesos; cifra equivalente a dollari. In quel periodo declinava la stella e la fortuna degli eredi di Alfonso. Suo figlio Alfonso Gómez Mena Vivanco si vide obbligato, quello stesso anno, a consegnare la terza parte delle sue azioni del Central Santa Teresa come garanzia per il debito di 700.000 pesos che aveva con una azienda commerciante di zucchero. Non potendolo saldare alla scadenza, i creditori gli fecero causa che terminò con l'ipoteca del Central.
L'edificio di otto piani della Calle Quinta fu terminato dopo il 1959. Quando alla metà dell'anno, il dottor Raúl Roa assunse il portafoglio degli Esteri, gli uffici non erano ancora finiti e li fece installare nell'edificio che occuperebbe, poco dopo, la Casa de Las Américas.


Ayer de hoy

Ciro Bianchi Ross •
14 de Septiembre del 2013 19:12:54 CDT

Hace un par de años este escribidor localizó el lugar y encontró un
edificio en ruinas. Sin techo, con alguna que otra pared sosteniéndose
a como diera lugar y columnas de hierro todavía enhiestas, el inmueble
daba cabida a un depósito de materias primas. Pese a sus reducidas
dimensiones, una tarja de bronce se hacía visible entonces en su
fachada. Advertía: «Aquí estuvo JM».
¿JM? ¿Julián Marrero, acaso? ¿Jorge Menéndez? ¿Juan Mendoza, tal vez?
Frío, frío. JM es nada más y nada menos que José Martí, y el edificio
es el de La Caridad del Cerro, la sociedad que auspició fiestas y
recepciones renombradas y suntuosas y cuyas veladas políticas y
literarias traspasaron los límites de toda adjetivación. Sus salones,
en su momento, fueron frecuentados por figuras de la talla de Nicolás
Azcárate, Juan Gualberto Gómez, Manuel Sanguily, Alfredo Zayas, Rafael
Montoro y, por supuesto, José Martí. Para decirlo en una sola frase.
Por La Caridad del Cerro pasó todo lo que en la Cuba de fines del
siglo XIX gozaba de verdadero prestigio. Allí Enrique José Varona
pronunció no pocas de sus conferencias, entre estas las que dedicó a
Emerson, Víctor Hugo, Luz y Caballero y sobre todo, en la noche del 14
de mayo de 1887, al «poeta anónimo de Polonia», cuyas palabras
finales, dice la crónica, fueron ahogadas por una de las ovaciones más
estruendosas que tuvieron lugar en aquella sala de la Calzada del
Cerro entre Santa Teresa y Zaragoza que, por otra parte, servía de
sede a la dirección del Partido Autonomista.
La casa perteneció a un miembro de la nobleza de la Isla hasta que en
1875 dio albergue a la sociedad. Federico Villoch describe el local en
sus Viejas postales descoloridas. Dice que la sala de actos era amplia
y bien distribuida, y ventilados los salones que acogían la biblioteca
y la sala de juegos. En el patio, ancho y cuadrado, un frondoso jardín
ofrecía gratos rincones para que el espíritu se solazase a sus anchas.
El papel que tapizaba las paredes de las salas de recepción y de
recreo, iluminado por la luz de gas de ostentosas lámparas de cristal,
provocaba en el visitante la idea de una voluptuosa atmósfera de
ensueño. Salones en los que rivalizaban en belleza y distinción,
Josefina Herrera, Condesa de Fernandina; Esperanza Navarrete, en
camino de convertirse en la Marquesa de Larrinaga, la Condesa de
Montalvo, la de Calderón… Allí hizo sus primeras armas Regino López,
el después muy aplaudido y popular actor de nuestro teatro vernáculo.
Las finanzas no andaban en La Caridad del Cerro a la par de su empuje
cultural. A duras penas sobrevivió hasta poco después de estallar la
Guerra de Independencia, en 1895. Problemas económicos a los que sus
protectores no pudieron corresponder, fueron estrechándola hasta
llevarla casi a la indigencia. Entonces sus viejos conserjes, por
órdenes superiores, cerraron sus puertas. Cuesta abajo, la noble
mansión derivó en casa de inquilinato y fue luego la sala
cinematográfica Cerro Garden hasta servir de depósito de materias
primas.
Cuando el Generalísimo Máximo Gómez entró en La Habana en 1898, al
frente de sus tropas, se dispuso que un grupo de mambises rindiera
respeto y homenaje a lo que fue La Caridad del Cerro.

23 y M; L y 25

La manzana que ocupa el hotel Habana Libre, enmarcada por las calles
23 y 25, L y M, en el Vedado, era, a fines de los años 40 del siglo
pasado, un terreno yermo o casi.
En la esquina de 23 y M se erigía la residencia de Carlos Manuel de
Céspedes, ex presidente de la República e hijo del Padre de la Patria.
En la esquina de L y 25 se hallaba, a partir de 1939, la casa del
doctor Kourí, cuya hija Ada estaba casada con el doctor Raúl Roa. En
la esquina opuesta, en 23 y L, existía un parque de diversiones con
caballitos de verdad, los ponis; el niño se le encaramaba y un
empleado de la instalación llevaba de la rienda al animal. Por cinco
centavos se daba la vuelta al terreno. Había también ponis en el hueco
de la esquina de 21 y G, en el espacio que ocupa el hermoso edificio
proyectado por el arquitecto Rafael de Cárdenas, autor asimismo, entre
otras muchas obras, del centro comercial La Rampa, al comienzo de la
calle 23.
Por cierto, cuando se proyectaba la construcción del hotel, se imponía
la adquisición de la casa de Céspedes para proceder a su demolición y
aprovechar así el espacio que ocupaba. La viuda del ex mandatario dijo
que no estaba interesada en vender y haciéndose de rogar para que
vendiera, consiguió una oferta irresistible por su inmueble.
La casa de los Kourí, dice Raúl Roa hijo en su libro Memoria de mundos
varios, «tenía una cúpula azul, un gran traspatio con árboles frutales
y un baño “pompeyano” en el segundo piso». El patio, precisa Roa,
quedaba aproximadamente debajo de donde está el bar Las Cañitas del
Habana Libre.
Eran tiempos en que la calle L se transitaba en ambos sentidos, y por
la calle 17 los vehículos circulaban en dirección contraria a como lo
hacen hoy. Donde ahora está el edificio Focsa, se hallaba el club
Cubanaleco, y enfrente, donde se encuentra el restaurante El Conejito,
existía un establecimiento llamado El Liro, reputado por los pollos y
huevos que expedía. La Roca era entonces El Colonial, y la pizzería de
21 y L no era una pizzería, sino una cafetería-restaurante que llevaba
el nombre de Las Delicias de Medina. No había librería en L y 27, sino
una cafetería con entrada por ambas calles. El Café de Artistas, sitio
bohemio, propiedad del actor Otto Sirgo, se ubicada una cuadra más
abajo, en 25, y el Mocambo Club ocupaba el lugar de Las Bulerías.
Había un Restaurante Vienés en la calle K, y una casa de comidas
francesas; Le Vendome, en Calzada esquina a C, mientras que el
restaurante Gaviria, en Calzada y M, frente al parqueo de la embajada
de Estados Unidos, aseguraba una vista espectacular de La Habana.

La Moderna Poesía

La esquina de la librería La Moderna Poesía, en Obispo y Bernaza,
estaba ocupada, antes de 1900, por la peletería de Manuel Sánchez
Cuétaro. Más o menos en la fecha señalada José López Rodríguez, que
haría célebre el sobrenombre de «Pote», compró la esquina, liquidó los
zapatos, los vendió a lo que le dieron por ellos, y llenó el local de
libros viejos.
Entonces La Moderna Poesía, dicen, estaba montada a estilo de una
barraca de feria. Una cuantas tablas toscas y sin pintar, que
descansaban sobre otros tantos burros de madera, servían de mostrador,
y toscos también eran los estantes, abarrotados de libros, viejos por
lo general, comprados casi todos de relance.
En la acera de enfrente abría sus puertas la librería de Ricoy. En
esta se veía a Varona, a Zayas, a Carlos de la Torre y a otras
eminencias de la época, registrando afanosos las tongas de libros y
revistas que llenaban la pequeña sala del establecimiento.

La cancillería

El Ministerio de Estado era, al triunfo de la Revolución, la entidad
encargada de las relaciones exteriores de Cuba. Su sede radicaba en La
Habana Vieja, calle Capdevila número 6, en la antigua residencia de la
familia Pérez de la Riva, donde ahora se halla el Museo Nacional de la
Música, un inmueble que si bien resultaba ideal para cocteles y
recepciones, resultaba inapropiado como lugar de trabajo y oficinas.
El Ministerio necesitaba reubicarse, y, en 1958, la dictadura
batistiana decidió hacerlo en terrenos de la manzana enmarcada por las
calles Calzada, G, H y Quinta, en el barrio del Vedado. Para ello
utilizaría la casona que allí se erigía, en el número 360 de la calle
Calzada, y aprovecharía el terreno del fondo para la construcción de
un edificio de ocho plantas y con fachada principal sobre la calle
Quinta, donde quedarían instaladas las dependencias principales del
organismo.
Se ganaba así en amplitud y comodidad para las faenas cotidianas, y se
aseguraba a los diplomáticos acreditados en el país un acceso cómodo y
rápido desde cualquier punto de la ciudad.
El Vedado se extiende sobre la antigua zona vedada —de ahí el nombre
del barrio— donde se prohibía vivir, sembrar, talar y criar ganado
en interés de la defensa de La Habana ante ataques de corsarios y
piratas. En el área ocupada por el Ministerio de Relaciones Exteriores
existió, a partir de 1832, un cementerio destinado a negros esclavos
bozales que morían sin bautizar. Como hubo protestas por el estado de
dicha necrópolis donde, dicen las crónicas, se enterraba a los negros
como animales, se adecentó el lugar, se nombró a un capellán y se
decidió destinar la mejor parte del campo a la inhumación de
extranjeros protestantes. De ahí el nombre de Cementerio de los
Ingleses, que recibió entonces, y Cementerio de los Americanos, como
se le designó a medida que ciudadanos de Estados Unidos superaban en
número e influencia a los súbditos de Gran Bretaña. Lo clausuraron en
1847.
Tras el fin de la Guerra de Independencia, en 1898, y la instauración
de la República, en 1902, la barriada adquirió un auge inusitado. Los
ricos de abolengo abandonan la atestada y ruidosa Habana Vieja y
compran terrenos y construyen en la barriada. Lo hacen también los
nuevos ricos y no pocos altos oficiales del Ejército Libertador que
cobran sus haberes.
La familia Gómez Mena decide radicarse en el Vedado. La rama de ella
que encabezaba Alfonso Gómez Mena Vila adquirió los terrenos de la
calle Calzada, donde edificaría la mansión que sirve de sede a la
Dirección de Protocolo y Ceremonial del Ministerio de Relaciones
Exteriores.
Antes de la existencia en estos del cementerio aludido, esos terrenos
fueron propiedad de don Antonio de Frías, pariente del Conde de Pozos
Dulces, dueño de la finca donde se asentó el Vedado. Pertenecerían
después a la Condesa del Loreto, quien, en 1920, los vendió a la
dominicana Blanca María Vicini Perdomo. Esta los hipotecó a favor de
Alfonso Gómez Mena y terminó vendiéndoselos cinco años más tarde,
cuando la fastuosa residencia, que adquirió la condición de habitable
en 1926, estaba ya en construcción. Para edificarla, Alfonso fue
autorizado a demoler las cinco viviendas allí enclavadas.
Alfonso Gómez Mena Vila encargó los planos de la mansión al afamado
arquitecto Francisco Centurión, autor asimismo del pabellón cubano en
la Exposición Internacional de San Francisco, California, y para la
ejecución del proyecto contrató los servicios de la firma Morales y
Compañía, dirigida por el importante arquitecto Leonardo Morales,
graduado en la Universidad de Harvard, en Estados Unidos, y egresado
de la Escuela de Bellas Artes de París.
Al fallecer Alfonso Gómez Mena en 1936, la casa pasó a nombre de su
viuda, María Vivanco, que la habitó hasta 1953. Cinco años antes el
inmueble, de 1 659 metros cuadrados de superficie, fue valorado en 115
000 pesos y los terrenos en 200 000. En 1958 el Estado cubano
adquirió los terrenos y la casa por 650 000 pesos; cifras esas
equivalentes a dólares. En esa fecha declinaba la estrella y la
fortuna de los herederos de Alfonso. Su hijo Alfonso Gómez Mena
Vivanco se veía obligado a entregar, en ese año, las dos terceras
partes de sus acciones en el central Santa Teresa en garantía por la
deuda de 700 000 pesos que tenía con una firma corredora de azúcar. Al
no poder saldarla en fecha, los acreedores establecieron un
procedimiento judicial que concluyó con el embargo del central.
El edificio de ocho plantas de la calle Quinta fue terminado después
de 1959. Cuando a mediados de ese año el doctor Raúl Roa asumió la
cartera de Relaciones Exteriores, sus oficinas no estaban aún
concluidas y las instaló en el edificio que ocuparía poco después la
Casa de las Américas.


Ciro Bianchi Ross
ciro@jrebelde.cip.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/







Dizionario demenziale

BERGAMOTTO: indicazione stradale a pochi km dal capoluogo orobico

domenica 15 settembre 2013

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BENEVOLO: felice viaggio aereo