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lunedì 23 settembre 2013

El Mayoral di Ciro Bianchi Ross, pubblicato su Juventud Rebelde del 22/09/13

EL MAYORAL

(Specie di sovrintendente che si dedicava in particolare alla “cura” dei lavoratori e degli schiavi nelle tenute agricole e campi da canna da zucchero. n.d.t)

Al contrario di quello che pensavano in molti vedendolo in fotografia, non era né alto né prestante. La giornalista Loló de la Torriente, che lo conobbe, ricordava che ciò che colpiva del maggior generale Mario García Menocal y Deop, terzo Presidente della Repubblica di Cuba, era il suo viso enigmatico, misterioso dalla barba ispida e occhi accesi come tizzoni.
Questo “condottiero rurale”, come lo chiamava un'altro giornalista: Ramón Vasconcelos, prese il potere il 20 maggio del 1913 dopo aver sconfitto il dottor Alfredo Zayas y Alfonso nelle elezioni dell'anno prima. Doveva poi lasciarlo il 20 maggio del 1917, ma sempre nelle liste del Partito Conservatore, decise di presentarsi a quelle del 1916 e sconfisse ancora, stavolta in modo fraudolento, il suo antico rivale. Nonostante la rielezione del Presidente fosse un diritto consacrato dalla Costituzione del 1901 – non più così in quella del 1940, che lo proibì -, il suo antecedente fu nefasto. L'ostinazione di Tomás Estrada Palma di prolungare la presidenza fece scoppiare la “piccola guerra” di agosto nel 1906 ed ebbe come conseguenza il secondo intervento militare nordamericano. Si dice che Menocal, al principio, non era intenzionato a ricandidarsi, ma cedette alle pressioni della combriccola e l'assemblea nazionale del suo partito lo nominò candidato presidenziale con 92 voti contro 71. Con le risorse del potere a sua disposizione, i conservatori consideravano sicuro il suo successo contro un Partito Liberale disgregato che senza dubbio si era messo d'accordo per ricandidare Zayas. Così come la rielezione di Estrada Palma causò la “piccola guerra” di agosto, quella di Menocal provocò nel febbraio 1917, la cosiddetta rivoluzione del Lecca lecca, quando i liberali, guidati dal maggior generale José Miguel Gómez, si sollevarono in armi contro il Governo di Menocal.

Senza busto e senza giardino

Oggi lo scriba, torna su questa figura del passato su suggerimento del lettore Noel Barrera che si impegna a costruire la presenza del capoccia nella località matanzera di Jagüey Grande. L'autore di questa pagina vorrebbe dire qualcosa innanzitutto. Se Zayas e Estrada Palma ebbero i loro rispettivi monumenti nell'Avana di prima del 1959, e José Miguel conserva il suo, fastoso nell'Avenida dei Presidenti, Menocal il massimo che raggiunse fu un busto, modesto, eretto a sua memoria nel giardino compreso fra le calles 17 e 19, 6 e 8, nel quartiere del Vedado. Ormai nemmeno quello. Il busto è sparito e John Lennon occupa tranquillamente una delle panchine del giardino che un giorno portò il nome dell'ex Presidente.
Qualcosa in più. Nonostante debba aver fatto qualcosa nei suoi 8 anni di gestione presidenziale, lo scrittore non ricorda una sola, sua, opera pubblica. Il vecchio Palazzo Presidenziale fu “cosa” sua fino a un certo punto. Né a Menocal né a sua moglie, Mariana Seba, piaceva il Palazzo dei Capitani Generali come sede del Governo. Da li le loro stagioni nel Palazzo di Durañona nella Calzada Real - Avenida 51 – di Marianao, che figurava come una specie di residenza estiva presidenziale. Doña Mariana si innamorò dell'edificio che il generale Ernesto Asbert, governatore dell'Avana, stava costruendo per il Governo provinciale e pensò che sarebbe stata l'ideale come ufficio e residenza dei presidenti cubani. Menocal volle compiacere sua moglie e, per decreto, confiscò e pagò al Governo dell'Avana il suo palazzo. L'Edificio della calle Rafugio n°1 fu inaugurato come uffici e residenza dell'Esecutivo il 31 dicembre del 1920 e il ballo con cui si aprì la cerimonia fu uno degli avvenimenti più importanti e di grido dell'Avana. La celebre Casa Tiffany, di New York, fu incaricata della decorazione dell'immobile e nei suoi mobili e ornamenti si investirono oltre un milione e mezzo di dollari. Oro, avorio e marmo risaltano il suo stile. Il vasellame, preziosissimo, aveva inciso lo scudo della Repubblica su ogni suo pezzo. Fra i mandatari cubani Menocal fu, probabilmente, quello dalle mani più bucate. Loló de la Torriente affermava: “Dopo otto anni di imposizione, lasciava la Repubblica, esauusta e senza protezione, ma lui, salvando i suoi beni, consegnava il potere andando all'estero per risvegliare, a Parigi, l'ammirazione e l'entusiasmo dei francesi abituati ai potentati generosi e splendidi. In quel senso, il generale cubano, ex presidente di una repubblica di banane, imitava la generosità più sorprendente dei gradi reami”.
Lo chiamarono “El Mayoral”, sia per la mano dura da governante che per esserlo stato realmente nell'azienda zuccheriera Chaparra, di proprietà nordamericana, nell'antica provincia di Oriente. Per la campagna elettorale del 1924, questa volta contro il liberale Gerardo Machado, il Re di Spagna Alfonso XIII, inviò per regalo a Menocal un cavallo. I liberali allora si lanciarono per le strade al grido. “A piedi, a piedi, a piedi/ son finiti i cavalli./ A piedi, a piedi, a piedi, non mi fanno male i calli”. Quando Machado, vincendo in cinque delle sei province cubane di allora, lo sconfisse su tutta la linea, i versi divennero infamanti per il militare e politico cubano. I liberali cantavano: “Il Re di Spagna ha mandato un messaggio,/ il Re di Spagna ha mandato un messaggio/ dicendo a Menocal: restituiscimi il cavallo che tu non sai montare”.

La biografia

Mario García Menocal nacque il 17 dicembre del 1866 nel Central Australia, Jagüey Grande, Matanzas. Suo padre, dopo l'inzio della Guerra dei Dieci Anni, si sollevò contro la Spagna e questa circostanza obbligò la famiglia ad uscire da Cuba. Fece i suoi primi studi negli Stati Uniti e, sempre in quel Paese, l'Università di Cornell, dove eccelse come studente, diplomandosi ingegnere civile nel 1888 Successivamente lavorò in Nicaragua e nel 1895, a Cuba, dirigeva gli studi per il tracciato della ferrovia Camagüey-Santa Cruz del Sur. Specialisti del Centro di Studi Militari del Minfar hanno costanza che Menocal si sollevò a Jagüey Grande, il 26 febbraio del 1895 che sarebbe stato due giorni dopo l'inizio della Guerra d'Indipendenza nella quale prese parte nell'azione dell'allevamento equino de La Yuca, comandata dal colonnello Martín Marrero. Nonostante questo, il suo ingresso ufficiale nell'Esercito di Liberazione è registrato il 13 di giugno dello stesso anno, a Santa Cruz. I suoi fratelli, Pedro Pablo e Tomás si incorporarono anch'essi alla lotta raggiungendo il grado di colonnello. Anche suo cugino il pittore Armando G. Menocal, lo fece, arrivando ad essere comandante. Da principio e con l'idea di trarre il maggior beneficio dalla conoscenza del giovane ingegnere, Máximo Gómez gli affidò la missione di distruggere, nel territorio camagüeyano, le strade ferrate ed il sistema di fognature, compito che svolse con il maggior successo con la distruzione della linea di Nuevitas. Il capitano Menocal si dedicò a ciò tra agosto e ottobre del 1895. Il mese seguente, assieme ad integranti del Governo in armi – lo nominarono Sottosegretario alla Guerra - accompagnò la colonna d'invasione comandata da Maceo da Mangos de Baraguá fino a Colmenar, quasi all'entrata di Las Villas. A Bayamo e Manzanillo effettuò compiti di organizzazione che gli aveva incaricato il Governo. Nel 1896 combatté in Los Moscones, Yerba de Guinea, La Piedra, La Aguada, Belleza, La Gloria, Loma de Hierro, Alto de Conchita, Lugones, Tuabeque, Barrancas e Jucaibama. In quell'anno ascese da ufficiale inferiore a comandante, tenente colonnello, colonnello e generale di brigata, gardo che riceve su proposta di Gómez per a sua attuazione nel combattimento e presa del paese di Guáimaro, che pianificò e diresse.
Nel marzo del '97 è nell'attacco a Jiguaní e nel combattimento de La Ratonera e appoggia nella rada di Jucaro, a Banes, il terzo viaggio del vapore Laurada, che arrivò al comando del generale polacco Carlos Roloff. Tra il 28 e il 30 di agosto si distingue nell'attacco di Las Tunas, dove risultò gravemente ferito e perciò fu promosso generale di divisione. Suo nipote, il monsignor Carlos Manuel de Céspedes e García Menocal, conserva come suo maggior tesoro la bandiera cubana che suo zio portava in quell'azione. Nel maggio del 1898 riceve l'ordine di formare una colonna e marciare verso l'Avana al fine di assumere il comando del 5to Corpo d'Armata. Così passò una volta di più la linea difensiva posta tra Júcaro e Morón, arrivando all'accampamento del generale Mayía Rodríguez, comandante della zona occidentale, il 14 di agosto, due giorni dopo che la Spagna e gli Stati Uniti firmarono la pace. Fu promosso allora a maggior generale. Si congedò il 24 di agosto.

Prigioniero in Rio Verde

Una volta all'Avana, si accampò con le sue truppe nella spiaggia di Marianao e stabilì il suo quartier generale nell'edificio dell'Avana Yacht Club. Fu uno dei nove generali cubani che, invitati dal comando dell'esercito nordamericano, assistettero, il 1° gennaio 1899, all'atto di cessazione della sovranità spagnola a Cuba che ebbe luogo nel Salone del Trono del Palazzo dei Capitani Generali. Organizzò un corpo di polizia avanera, fu ispettore generale delle Opere Pubbliche e successivamente capo della Commissione dei Fari, prima di dedicarsi allo sviluppo del Central Chaparra. Per sua iniziativa si creò l'Associazione Nazionale dei Veterani dell'Esercito di Liberazione, che lo designò per mediare tra le parti in conflitto durante la “piccola guerra” di agosto, gestione che fallì per l'intransigenza del Presidente Estrada Palma. Nei giorni del secondo intervento nordamericano, organizzò il Partito Conservatore.
Alla sua uscita dal potere, nel 1921, viaggiò per l'Europa. Si oppose a Machado e nell'agosto del 1931 guidò una sollevamento contro di lui. Fu ftto prigioniero in Rio Verde, Pínar del Río e fu poi internato, dapprima alla Cabaña e poi al Presidio Modelo. Una volta liberato, fu ancora oggetto di persecuzioni che lo obbligarono a lasciare il Paese. Tornò dagli Stati Uniti alla caduta della dittatura di Machado e tornò a inserirsi nella politica nazionale. Nel 1936, per l'ultima volta, fu sconfitto da Miguel Mariano Gómez, il figlio di José Miguel, suo vecchio avversario.
Si oppose anche al colonnello Batista, che reggeva i destini del Paese dal campo Columbia e organizzò l'Unità Nazionale Cubana, con la quale pretendeva radunare le forze, disperse, dei conservatori i cui delegati parteciparono come oppositori alla convenzione che avrebbe elaborato la Costituzione del 1940. Però batista , desideroso di assicurarsi la presidenza nelle prossime elezioni generali, offrì ai “menocalisti”, se appoggiavano la sua candidatura, la vice presidenza della Repubblica, il posto di sindaco dell'Avana, tre governi provinciali e 12 collegi senatoriali. Menocal virò la sua rotta, accettò la proposta e i suoi delegati all'Assemblea Costituente passarono a formar parte delle fila del Governo perché, diceva il vecchio timoniere ai suoi colleghi di partito che giudicavano troppo amaro il calice di patteggio: “propiziare a Batista una via di uscita costituzionale al fine di liberare Cuba dal dominio militare che impersona, è fare un piacere al paese”.
Mario García Menocal morì all'Avana il 7 settembre del 1941. Lasciò il suo nome a una ricatta di fagioli neri “alla Menocal” e due dei cocktail cubani emblematici: il Presidente e il Chaparra.



El Mayoral

Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
21 de Septiembre del 2013 18:57:32 CDT

Contrario a lo que muchos suponen al verlo en fotografías, no era alto
ni fornido. La periodista Loló de la Torriente, que lo conoció,
recordaba que la órbita de atracción del mayor general Mario García
Menocal y Deop, tercer presidente de la República de Cuba, era su
rostro algo enigmático, misterioso, de barba rala y ojos encendidos
como fulgores.
Este «hidalgo rural», como le llamaba el también periodista Ramón
Vasconcelos, ocupó el poder el 20 de mayo de 1913 tras derrotar al
licenciado Alfredo Zayas y Alfonso en las elecciones del año anterior.
Debía abandonarlo el 20 de mayo de 1917 pero, siempre en la boleta del
Partido Conservador, decidió presentarse en los comicios de 1916 y
volvió a derrotar, esta vez de manera fraudulenta, a su antiguo rival.
Aunque la reelección del Presidente era un derecho consagrado por la
Constitución de 1901 —no así en la de 1940, que la prohibió—, su
antecedente había sido funesto. La tozudez de Tomás Estrada Palma de
prorrogarse en la presidencia desató la guerrita de agosto de 1906 y
trajo como consecuencia la segunda intervención militar
norteamericana. Se dice que Menocal, en un inicio, no se mostró
decidido a reelegirse, pero cedió a las presiones de la camarilla
áulica y la asamblea nacional de su partido lo nominó como candidato
presidencial por 92 votos contra 71. Con los recursos del poder a su
alcance, los conservadores consideraron seguro su triunfo contra un
Partido Liberal atomizado que, sin embargo, se puso de acuerdo para
postular a Zayas. Así como la reelección de Estrada Palma dio pie a la
guerrita de agosto, la de Menocal provocó, en febrero de 1917, la
llamada revolución de La Chambelona, cuando los liberales,
acaudillados por el mayor general José Miguel Gómez, se alzaron en
armas contra el Gobierno de Menocal.

Sin busto y sin parque

Vuelve hoy el escribidor sobre esta figura del pasado a sugerencia del
lector Noel Barrera, que se empeña en reconstruir en Jagüey Grande la
presencia del caudillo conservador en esa localidad matancera.
Algo quiere decir de inicio el autor de esta página. Si Zayas y
Estrada Palma tuvieron sus respectivos monumentos en La Habana de
antes de 1959, y José Miguel conserva el suyo, fastuoso, en la Avenida
de los Presidentes, Menocal lo más que alcanzó fue el busto modesto
erigido a su memoria en el parque que enmarcan las calles 17 y 19, 6 y
8, en la barriada del Vedado. Ya ni eso. El busto desapareció, y John
Lennon ocupa tranquilamente uno de los bancos del parque que un día
llevó el nombre del ex mandatario.
Algo más. Aunque algo debió hacer durante sus ocho años de gestión
presidencial, no recuerda quien esto escribe una sola de sus obras
públicas. El viejo Palacio Presidencial fue cosa suya. Hasta cierto
punto. Ni a Menocal ni a su esposa, Mariana Seba, les gustaba el
Palacio de los Capitanes Generales como casa de Gobierno. De ahí sus
temporadas en el Palacio de Durañona, en la Calzada Real —Avenida 51—
de Marianao, que oficiaba como una especie de mansión presidencial de
verano. Doña Mariana se enamoró del edificio que el general Ernesto
Asbert, gobernador de La Habana, construía para el Gobierno Provincial
y pensó que resultaría ideal como residencia y despacho de los
mandatarios cubanos. Quiso Menocal complacer a su esposa y, por
decreto, confiscó y pagó al Gobierno habanero su palacio. El edificio
de Refugio No. 1 fue inaugurado como oficinas y residencia del
Ejecutivo el 31 de diciembre de 1920 y el baile con que se abrió es
uno de los acontecimientos sociales más importantes y sonados de La
Habana. La conocida Casa Tiffany, de Nueva York, tuvo a su cargo la
decoración del inmueble y en su mobiliario y adornos se invirtieron
más de millón y medio de dólares. Oro, marfil y mármol resaltan su
estilo. La vajilla, valiosísima, tenía grabado el escudo de la
República en cada una de sus piezas.
Porque entre los mandatarios cubanos, Menocal fue quizá el más
manirroto. Loló de la Torriente afirmaba: «Después de ocho años de
imposición dejaba la República exhausta y desamparada, pero él,
salvando sus reductos, entregaba el poder y salía al extranjero listo
para despertar en París la admiración y el entusiasmo de los franceses
acostumbrados a los potentados dadivosos y espléndidos. En tal sentido
el general cubano, ex presidente de una república agrícola, iba a
emular las generosidades más sorprendentes de los grandes rajaes».
Le llamaron El Mayoral, tanto por su mano dura de gobernante como por
haberlo sido realmente en el central azucarero Chaparra, de propiedad
norteamericana, en la antigua provincia de Oriente. Para la campaña
electoral de 1924, cuando aspiró a la presidencia, esta vez contra el
liberal Gerardo Machado, el rey de España, Alfonso XIII, envió a
Menocal un caballo de regalo. Los liberales entonces se lanzaron a la
calle y al grito de «A pie» cantaban: «A pie, a pie, a pie / se
acabaron los caballos. / A pie, a pie, a pie / no me duelen ni los
callos». Cuando Machado, al ganar cinco de las seis provincias cubanas
de entonces, lo derrotó en toda la línea, los versos se tornaron
infamantes para el militar y político cubano. Coreaban los liberales:
«El rey de España mandó un mensaje, / el rey de España mandó un
mensaje / diciéndole a Menocal: devuélveme mi caballo que tú no sabes
montar».

La biografía

Mario García Menocal nació el 17 de diciembre de 1866 en el central
Australia, Jagüey Grande, Matanzas. Su padre, ya iniciada la Guerra de
los Diez Años, se alzó en armas contra España y esa circunstancia
obligó a la familia a salir de Cuba. Cursó sus primeros estudios en
Estados Unidos y en ese país, en la Universidad de Cornell, donde
sobresalió como estudiante, se diplomó como ingeniero civil en 1888.
Trabajó entonces en Nicaragua y en 1895 dirigía en Cuba los estudios
para el trazado del ferrocarril Camagüey-Santa Cruz del Sur.
Especialistas del Centro de Estudios Militares del Minfar tienen
referencias de que Menocal se alzó en Jagüey Grande, el 26 de febrero
de 1895, esto es, dos días después de iniciada la Guerra de
Independencia y que participó en la acción del potrero de La Yuca,
mandada por el coronel Martín Marrero. No obstante, su ingreso oficial
al Ejército Libertador se registra el 13 de junio del mismo año, en
Santa Cruz. Sus hermanos Pedro Pablo y Tomás se incorporaron asimismo
a la lucha y alcanzaron el grado de coronel. También lo hizo su primo,
el pintor Armando G. Menocal, que llegó a comandante.
De inicio, y con el propósito de sacar el mayor partido a los
conocimientos del joven ingeniero, Máximo Gómez le confió la misión de
destruir en territorio camagüeyano las vías férreas y su sistema de
alcantarillas, tarea en la que alcanzó su mayor éxito con la
destrucción de las líneas del ferrocarril de Nuevitas. En eso estuvo
el capitán Menocal entre agosto y octubre del 95. Al mes siguiente,
junto con integrantes del Gobierno en armas —lo nombraron
subsecretario de Guerra— acompañó a la columna invasora mandada por
Maceo desde Mangos de Baraguá hasta Colmenar, casi a la entrada de Las
Villas. Cumplió en Bayamo y Manzanillo tareas de organización que le
encomendó el Gobierno. Durante 1896 combatió en Los Moscones, Yerba de
Guinea, La Piedra, La Aguada, Belleza, La Gloria, Loma de Hierro, Alto
de Conchita, Lugones, Tuabeque, Barrancas y Jucaibama. En ese año
asciende de pegueta a comandante, teniente coronel, coronel y general
de brigada, grado este que recibe, a propuesta de Gómez, por su
actuación en el ataque y toma del poblado de Guáimaro, que planeó y
dirigió.
En marzo del 97 está en el ataque a Jiguaní y en el combate de La
Ratonera y apoya, en el estero de Júcaro, en Banes, el tercer viaje
del vapor Laurada, que llega bajo el mando del general polaco Carlos
Roloff. Entre el 28 y el 30 de agosto sobresale en el ataque a Las
Tunas, donde resultó herido de gravedad y por el que fue ascendido a
general de división. Su sobrino, monseñor Carlos Manuel de Céspedes y
García Menocal, conserva como su mayor tesoro la bandera cubana que su
tío llevara en esa acción. En mayo de 1898 recibe la orden de formar
una columna y marchar hacia La Habana a fin de asumir la jefatura del
5to. Cuerpo de Ejército. Así, pasó una vez más la trocha de Júcaro a
Morón y llegó al campamento del mayor general Mayía Rodríguez, jefe
del Departamento Occidental, el 14 de agosto, dos días después de que
España y Estados Unidos firmaran la paz. Fue ascendido entonces a
mayor general. Se licenció el 24 de agosto.

Prisionero en Río Verde

Ya en La Habana, acampó con sus tropas en la playa de Marianao y
estableció su cuartel general en el edificio del Havana Yacht Club.
Fue uno de los nueve generales cubanos que, invitado por el mando del
ejército norteamericano, asistió el 1ro. de enero de 1899 al acto por
el cese de la soberanía española en Cuba que tuvo lugar en el Salón
del Trono del Palacio de los Capitanes Generales. Organizó el cuerpo
de la Policía habanera, fue inspector general de Obras Públicas y
luego jefe de la Comisión de Faros, antes de dedicarse al fomento del
central Chaparra. Por iniciativa suya se creó la Asociación Nacional
de Veteranos del Ejército Libertador, que lo designó para mediar entre
las partes en conflicto durante la guerrita de agosto, gestión que
fracasó por la intransigencia del presidente Estrada Palma. Organizó,
en los días de la segunda intervención norteamericana, el Partido
Conservador.
A su salida del poder, en 1921, viajó por Europa. Se opuso a Machado y
en agosto de 1931 lideró una sublevación en su contra. Fue hecho
prisionero en Río Verde, Pinar del Río, e internado primero en La
Cabaña y luego en el Presidio Modelo. Liberado, fue de nuevo objeto de
persecuciones que lo obligaron a abandonar el país. Regresó de Estados
Unidos a la caída de la dictadura machadista y volvió a insertarse en
la política nacional. En 1936 aspiró a la presidencia por última vez y
fue derrotado por Miguel Mariano Gómez, el hijo de José Miguel, su
viejo adversario.
Se opuso asimismo al coronel Batista, que regía los destinos del país
desde el campamento de Columbia, y organizó el Conjunto Nacional
Cubano, con el que pretendía nuclear las dispersas fuerzas
conservadoras y cuyos delegados concurrieron en calidad de
oposicionistas a la convención que elaboraría la Constitución de 1940.
Pero Batista, deseoso de asegurarse la presidencia en los comicios
generales que venían, ofreció a los menocalistas, si apoyaban su
aspiración, la vicepresidencia de la República, la alcaldía de La
Habana, tres gobiernos provinciales y 12 senadurías. Menocal se viró
con fichas, aceptó la propuesta y sus delegados en la Asamblea
Constituyente pasaron a formar parte de las filas del Gobierno porque,
decía el viejo caudillo a sus partidarios que juzgaban demasiado
amargo el brebaje pactista, «es hacerle un servicio al país
propiciarle a Batista una salida constitucional a fin de librar a Cuba
del predominio militar que él personifica».
Mario García Menocal falleció en La Habana el 7 de septiembre de 1941.
Dejó unos frijoles negros a lo Menocal y dos de los tragos
emblemáticos de la coctelería cubana: el Presidente y el Chaparra.







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Ciro Bianchi Ross
ciro@jrebelde.cip.cu
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