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mercoledì 4 settembre 2013

Viaggio al patrimonio sommerso

Ho trovato interessante questo articolo, pubblicato sul Granma di sabato 31 agosto a firma di Orfilio Peláez

Per la sua posizione privilegiata, durante l’epoca coloniale Cuba divenne una rotta commerciale obbligata per l’intenso traffico navale per merci di ogni tipo fra l’America e l’Europa, in particolare il porto dell’Avana.
Questa propria condizione fece che le sue coste e acque antistanti fossero scenari di incontabili naufragi di diversi tipi di imbarcazioni come: navigli, fregate, brigantini, golette e altri mezzi navali di trasporto nel periodo tra i secoli XVI e XIX, i cui affondamenti furono causati molte volte dalla furia di madre natura, all’ignoranza delle caratteristiche del fondo marino da parte dei naviganti o alle guerre nelle quali si fronteggiavano le principali potenze dell’epoca, senza dimenticare quelli vincolati agli attacchi di piarti e corsari. Un articolo pubblicato tre anni orsono, in una rivista specializzata, dal riconosciuto archeologo e subacqueo professionista cubano, Alessandro López Pérez, e la altrettanto esperta ingegnera Mónica Pavía Pérez, rendeva conto di oltre duemila naufragi documentati sulle nostre coste, molte di loro di gran importanza storica e culturale. Oggi la cifra ascende a quasi tremila.
La creazione dell’Empresa Carisub S.A. nel 1980 gettò le basi per iniziare l’esplorazione e riscatto di varie imbarcazioni affondate nella piattaforma insulare della maggiore delle Antille, per cui venne richiesta l’organizzazione rigorosa dei fascicoli di ogni caso, lavoro che fu condotto dallo storico César García Pino e proseguita poi da César Alonso Sansón dell’Empresa Semar.
Scienza in primo piano
Più in la del suo rilevante lavoro di investigazione del passato coloniale, il Gabinetto di Archeologia dell’Ufficio dello Storico della Città dell’Avana lavora anche nella conoscenza e protezione del patrimonio sommerso nella rada capitalina, nella costa della stessa provincia e la costa nord di Mayabeque, compito assunto dalla Sezione di Archeologia Litorale Subacquea, costituita nel 2002 con questo fine.
Come ha riferito al Granma, Roger Arrazcaeta Delgado, direttore del gabinetto, la citata dipendenza conta con sette specialisti dedicati all’interessante tematica che ritrova e riporta alla luce i sisti archeologici che giacciono nel fondo del mare e risaltano per la preziosa informazione che offrono attorno al modo di vivere dell’epoca pre-hispanica e della colonia.
Ha indicato che attualmente sviluppano diversi progetti scientifici, dove emerge quello riferito al Recupero del Lungomare Tradizionale di fronte alle sfide del cambio climatico, iniziato nel 2011 dall’Ufficio dello Storico della Città dell’Avana, con la partecipazione di diversi enti nazionali e il finanziamento dell’agenzia svizzera Cosude. Ciò comprende l’identificazione, registrazione e diagnosi della ricchezza subacquea compresa nel tratto tra il Paseo del Prado alla calle Marina, fino alla profondità di 25 metri.
Luis Francés Santana, capo della Sezione di Archeologia Litorale e Subacquea, ha menzionato inoltre le prospezioni, portate a termine, sulla nave San Antonio affondata nella baia avanera nel 1909, lavoro durante il quale si poterno recuperare piastrelle di ceramica che stavano per essere sottratte illegalmente. Una volta desalinizzate, si utilizzano nei restauri di immobili famosi dell’Avana Vecchia.
Insolito saccheggio
Forse, uno dei lavori più notevoli del gabinetto di Archeologia in questa sfera, durante gli ultimi tre anni, è quello vincolato alla documentazione e studio della fregata spagnola “Navegador”, che in balìa di una forte tormenta invernale si incagliò in Boca Chipiona, vicino alla località di Santa Cruz del Norte, attuale provincia di Mayabeque, dove affondò il 4 febbraio del 1814.
Sommersa a una profondità tra i 6 e i 9 metri, la citata imbarcazione, era diretto all’Avana con un carico composto da molteplici pezzi di fine vasellame inglese (piatti, tazze da caffè e tè, caraffe, marmitte, coperchi di recipienti), oltre a bussole, accessori per lampade, bottoni metallici, rubinetti per botti di vino, fermagli di arredamento, pietre per mulini e molti altri oggetti.
Dopo aver ricevuto la segnalazione di un abitante del luogo sull’apparizione di alcune delle cose descritte, gli archeologi del Gabinetto verificarono l’informazione, trovarono resti dell’imbarcazione e con lo studio dell’informazione storica comprovarono che si trattava del “Navegador”.
“lo strano è che da diverso tempo il luogo era spogliato da subacquei , dai quali più di una volta abbiamo subito minacce per affrontare i loro ignobili propositi durante le spedizioni sul posto”, dichiarò l’archeologo Roger Arrazcaeta, responsabile di questo lavoro.
Fortunatamente, con l’appoggio della Polizia Tecnica di Investigazioni, specializza nel Patrimonio, il Consiglio Culturale, il Registro dei Beni Culturali, l’Impresa Semar, la direzione Municipale di Cultura e il Museo Municipale di Santa Cruz del Norte, tali fatti delittivi sono diminuiti significativamente e si poterono riscattare numerosi pezzi che erano in mano di persone irresponsabili.
Senza dubbio, al margine delle misure adottate, per poner fine al saccheggio, alla contaminazione provocata dal versamento di residui delle fabbriche vicine all’Empresa Cuba Ron (non ha compiuto da quasi un anno la promessa di risolvere questa situazione) è ad alto rischio la possibilità di conservare a livelli accettabili i resti strutturali della vetusta imbarcazione e gli oggetti di inestimabile valore che rimangono in fondo al mare, testimoni eccezionali della nostra eredità culturale.
Inoltre ciò rappresenta un pericolo per la salute degli specialisti del Gabinetto, che non cessano nel loro impegno di portare avanti quasta crociata per la salvaguardia del patrimonio subacqueo di Cuba.


2 commenti:

  1. Ciao Aldo
    molto interessante questa traduzione che posterò sul mio sito, spero che ti faccia piacere.

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  2. Certamente, mi fa piacere. Dovrai solo riconoscermi le royalty per la traduzione...hehehehe

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