Translate

Il tempo all'Avana

+28
°
C
H: +28°
L: +23°
L'Avana
Lunedì, 24 Maggio
Vedi le previsioni a 7 giorni
Mar Mer Gio Ven Sab Dom
+28° +29° +29° +28° +29° +29°
+24° +24° +24° +24° +24° +24°

lunedì 30 settembre 2013

Mosaico della domenica, di Ciro Bianchi Ross, pubblicato su Juventud Rebelde del 29/09/13

Mosaico della domenica

Il cine Fedora si trovava all’angolo di Belascoaín e San Miguel, in Centro Avana. Ma non è proprio la sua programmazione quello che fa interessante e degna di memoria questa sala cinematografica. Se la rievochiamo adesso è perché li ci lavorò, per un certo tempo, il pianista e compositore Ernesto Lecuona.
Si dice che, dopo la morte di suo padre, il musicista si vide obbligato a guadagnarsi la vita suonando in questo cine dove, inoltre, dirigeva l’orchestra e tra una pellicola e l’altra faceva qualche “a solo” di piano. La faccenda più interessante è che questo succedeva quando l’artista aveva solo 12 anni.
Lecuona non suonò solo nel Fedora. Lo fece anche in altre sale cinematografiche come Parisién, Norma, Turín Téstar...tutte all’Avana. Era il periodo in cui cominciava a farsi conoscere con piccole messe in scena che debuttavano nel teatro Martí.
Ebbene, Hubert de Blanck, che fu suo professore, cominciò a preoccuparsi per quelle attività di Lecuona. Pensava, giustamente, che sprecasse il suo talento. Aveva paura che l’adolescente, dotato di doti straordinarie per la musica e che poteva avere una grande carriera pianistica, si sminuisse e svilisse in quei lavoretti. Hubert de Blanck parlò con la madre di Lecuona. Le disse che era necessario distoglierlo da quelle attività triviali. La madre comprese la situazione e, a costo di grandi sacrifici, accettò il suggerimento del famoso compositore e pianista.
Dicono che molti anni dopo, già al vertice della sua fama, Lecuona ricordava emozionato la fede di sua madre e insisteva ad affermare che tutto ciò che lui era, lo doveva a lei.

Rita e il pepe di Guinea

Lo raccontava il compositore Gilberto Valdés.
Si rappresentava un concerto con la sua musica e invitò Rita Montaner perché intrpretasse qualcuno dei suoi pezzi, però lei si rifiutò dato che nel programma, che era già stato fatto, c’era una figura che le dava fastidio. Scrisse una lettera a Valdés esprimendo il suo rifiuto. Il compositore cercò di convincerla, ma lei mantenne il suo no. Pertanto non rimase come alternativa che contrattare un’altra interprete.
Valdés volle che fosse Hortensia Coalla, ma la Coalla si fece pregare perché, nonostante fosse mulatta, le dava fastidio la pronuncia che esigevano certi passaggi della composizione di Valdés. Per esempio dire “los negros están de fieta...” invece che “los negros están de fiesta...”, ecc. La Coalla, ricordava Valdés, voleva essere bianca, più bianca di chiunque, aveva ossessione di ciò, ma alla fine si convinse e decise di partecipare al concerto interpretando Tambor.
Rita fu alla funzione come spettatrice. Giunse e si sedette in una poltroncina vicina al posto che occupavano Antonio Beruff Mendieta, sindaco dell’Avana, e il musicologo spagnolo Adolfo Salazar che lo accompagnava. E qua viene il bello. Venne il momento di Hortensia Coalla. Uscì sulla scena e l’orchestra, con direzione di Gilberto Valdés iniziò le prime battute di Tambor. Rita, dalla sua poltrona, disse. “Adesso vedrete come si canta questo”. Si dette questa situazione: Valdés con l’orchestra da una parte, Rita cantando dalla platea e la Coalla sulla scena senza poter articolare una parola.
Beruff Mendieta disse a Rita: “Signora, se non si tranquillizza la faccio cacciare dalla sala”.
Rita rispose: “Guarda, se ci provi, mi tolgo la scarpa e vi prendo a colpi di tacco a te, a questo qua - Salazar - e a Maria Santissima”.
La cosa sembrava finita li, ma no. L’orchestra cominciò a insubordinarsi e Gilberto Valdés dovette irrigidirsi e richiamare all’ordine i musicisti. Si ristabilì l’ordine, ma quando Rita uscì dalla sala, i tamburi si rifiutarono di continuare. Dissero che Rita avesse gettato pepe di Guinea perché litigassero fra loro.
Concludeva il suo racconto Gilberto Valdés: “Ed era vero che lo aveva gettato”.

Modestia di Caignet

Negli anni ’40, quando Orlando Quiroga che all’epoca era un bambino passando, preso per mano da suo padre, di fronte all’edifico della CMQ in Monte e Prado, vide due persone che riconobbe immediatamente. Lei con lo sguardo assente e verde, il neo sulla fronte e un turbante originale con l’adorno di perle. Era Rita Montaner. Lui, Carlos Badías, niente più e nientemeno che Albertico Limonta, l’attor giovane di El derecho de nacér.
Quasi 20 anni dopo, Quiroga, già affermato giornalista, visitò Caignet nella sua casa di Santa Maria del Mar e ricordò quell’incontro. Li, in quell’angolo, disse, conversavano Rita Montaner e Carlos Badías. E Caignet con la sua caratteristica “modestia” commentò: “Di sicuro stavano parlando di me”.
Come nacque il “suspence” alla radio
Lo racconta lo stesso Fèlix B. Caignet, suo creatore.
“Nella mia infanzia a Santiago, non c’era la radio, men che meno la televisione e il cine era una cosa appena inventata.
Allora arrivavano i contafavole come qualcosa di magico, ogni bambino pagava un centesimo e i contafavole cominciavano un racconto. Dopo 20 o 30 minuti, nel più bello del racconto, il contafavole interrompeva la narrazione fino al giorno successivo quando, naturalmente, tutti i bambini tornavano col centesimo per ascoltare il seguito.
Molti anni dopo, nella Catena Radio Orientale, ho applicato questa tecnica per la prima volta nei miei capitoli. Nel momento più emozionante o terribile, usciva l’annunciatore e diceva:
Fui il primo a farlo in radio ed ebbe presa, non ti dico quanto, tanto che cominciai a scrivere cose per i bambini: Le avventure di Chelín, Bebita e il naneto Cavolfiore, e dopo mi misi in pieno con questa tecnica dei finali di tensione”.

Il grido di Dolores

La messicana Dolores del Río era un “animale” cinematografico. Però per niente di televisione, niente, nemmeno in Messico. Un giorno la portarono all’Avana e la CMQ le offrì un capitale per una scena di dieci minuti in un programma musicale prodotto da Carballido Rey.
Dolores accettò. Arrivò il giorno fatidico. La TV, allora, era in diretta e l’attrice, nervosissima, passeggiava per lo studio inseguita dall’obbiettivo implacabile del fotografo Osvaldo Salas. Finì il numero musicale che serviva da prologo alla sua attuazione, venne un intermezzo commerciale e apparse un annunciatore che disse meraviglie dell’attrice invitata. La scena era semplice. Seduta su un sofà di raso, una figlia si lamentava con la madre che non accettava il suo fidanzato. Dolores appariva in piedi, senza minimamente accennare a dare la sua opinione per quanto la “figlia” trattasse di aiutarla porgendole la battuta.
“Si, so quello che vuoi dirmi, che sono una figlia disobbediente, che sono una svergognata, che senti odio verso di lui e verso di me...”
Niente. Carballido camminava dietro le telecamere con le mani tra i capelli e Dolores non se ne dava nemmeno per intesa, come se avesse dimenticato quello che doveva dire, senza nemmeno captare i gesti. Non reagì fino a che emise un forte gemito e guardando di sottecchi il mobile cadde svenuta sul sofà. Il coordinatore, su indicazione del regista, ordinò al balletto di proseguire il programma mentre Dolores rimaneva svenuta.
Il giorno seguente, tuuta Cuba parlava dello svenimento dell’attrice. Carballido Reyu e un rappresentante degli sponsor andarono a trovarla in albergo. Li ricevette il marito, con fare vergognoso. Non c’era bisogno di dirlo, l’attrice non avrebbe ricevuto compenso per un lavoro che non aveva svolto.
“Ma per niente - rispose Carballido, sventolando il congruo assegno -. Accettatelo, lo svenimento ha fatto parlare più che se avesse recitato. È stato un grande successo!”

Il sorriso furbesco di Rodney

Quelli che lo conobbero, lo rievocano come un personaggio affascinante. La lebbra che gli deformò le mani, non frenò le sue ambizioni di diventare famoso. Quando la discapacità fisica, accentuata dal passare degli anni si fece sempre più evidente, cambiò l’attuazione per la coreografia.
Roderico Neyra, “Rodney”, fu coreografo del teatro Shanghai, nel quartiere cinese, una sala famosa per i suoi spettacoli di nudo e fu l’organizzatore delle mitiche Mulatas de fuego. Lavorò nel cabaret Sans Soucì e dopo, a partire dal 1° giugno del 1952, fece idiventare il Tropicana all’altezza delle migliori sale di spettacolo del mondo. Andò a Caracas all’inizio degli anni ’60. Passò a Porto Rico e si fece applaudire senza riserve nel Waldorf Astoria di New York. Trionfò ad Acapulco e a Città del Messico. La morte lo sorprese in piena effervescenza creatrice quando tentava di conquistare Hollywood. Nel 1957, la rivista Show affermava, in un servizio che dedicò all’artista, che Rodney aveva dato più visibilità a Cuba che tutti i suoi diplomatici messi assieme.
Era un mulatto di bassa statura, pelle chiara e baffi sottili. Aveva un sorriso furbesco. Negli anni ’40 soleva viaggiare per l’Isola con una valigia piena di immaginete di santi que poi spargeva nelle camere d’albergo in cui si ospitava.

Se diminuisci i tuoi prezzi...

Anni fa, ricordava Enrique Nuñez Rodríguez in questa pagina: Rodney mi incaricò del copione per lo spettacolo del Tropicana. Mi affacciai per la prima volta a quel mondo fantastico. Compii il mio dovere. Rodney mi portò all’ufficio del signor Ardura che era l’amministratore del cabaret. Nel tragitto mi chiese quanto avrei fatto pagare per il mio “libretto”. Gli dissi 500 pesos. Giungendo all’ufficio di Ardura, gli spiegò che ero l’autore del copione dello spettacolo che si stava allestendo e che ero li per riscuotere il compenso del lavoro. Ardura domandò a Rodney quanto avrei dovuto avere. Rodney gli rispose impassibile che erano 5000 pesos. Ardura, anch’egli impassibile, compilò l’assegno. All’uscita, nervosamente, dissi a Rodney che si era sbagliato, che io gli avevo detto 500 pesos.
Brontolò: “Quello che si è sbagliato sei stato tu. Se abbassi i tuoi prezzi penserebbero che io gli costo troppo. Tienti il resto”.


Mosaico dominical

Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
28 de Septiembre del 2013 19:30:08 CDT

El cine Fedora se hallaba en la esquina de Belascoaín y San Miguel, en
Centro Habana. No es precisamente su programación lo que hace
interesante y digna de memoria a esta sala cinematográfica. Si ahora
la evocamos es porque allí laboró durante un tiempo el gran pianista y
compositor Ernesto Lecuona.
Se dice que después de la muerte de su padre, el músico se vio
obligado a ganarse la vida tocando en este cine, donde además dirigía
la orquesta y entre película y película acometía algún solo de piano.
Lo más interesante del asunto es que esto ocurría cuando el artista
apenas tenía 12 años de edad.
No solo en el Fedora tocó Lecuona. Lo hizo también en otras salas
cinematográficas como Parisién, Norma, Turín Téstar… todas en La
Habana. Era la época en que comenzaba a darse a conocer con pequeñas
obras escénicas que estrenaba en el teatro Martí.
Pues bien, Hubert de Blanck, que había sido su profesor, empezó a
preocuparse por aquellas ocupaciones de Lecuona. Pensaba, con razón,
que desperdiciaba su talento. Tenía miedo de que el adolescente,
dotado de condiciones extraordinarias para la música y que podía hacer
una verdadera carrera pianística, se abaratara y malgastara en
aquellos trajines. Hubert de Blanck habló con la madre de Lecuona. Le
dijo que era necesario separarlo de aquellas actividades triviales. La
madre comprendió la situación y, a costa de grandes sacrificios,
aceptó la sugerencia del afamado compositor y pianista.
Dicen que muchos años después, ya en el apogeo de su fama, Lecuona
recordaba emocionado aquella fe de su madre e insistía en afirmar que
todo lo que era se lo debía a ella.

Rita y la pimienta de Guinea

Lo contó el compositor Gilberto Valdés. Se presentaría un concierto
con su música, e invitó a Rita Montaner para que interpretara alguna
que otra pieza, pero ella se negó porque en el programa, que ya estaba
hecho, había una figura que le molestaba. Le escribió una carta a
Valdés en la que expresa su negativa. Trató el compositor de
convencerla, pero ella se mantuvo en su no. De manera que no quedó
otra alternativa que contratar a otra intérprete.
Quiso Valdés que fuera Hortensia Coalla, pero la Coalla se hizo de
rogar porque, pese a ser mulata, le molestaba la pronunciación que
exigían ciertos pasajes de la música de Valdés. Decir, por ejemplo:
«Lo negro están de fieta…» en lugar de Los negros, etc. La Coalla,
recordaba Valdés, quería ser blanca, más blanca que nadie, tenía
delirio de eso, pero se convenció y decidió participar en el concierto
e interpretar Tambor.
Rita fue al concierto como espectadora. Llegó y se sentó en una butaca
próxima al lugar que ocupaban Antonio Beruff Mendieta, alcalde de La
Habana, y el musicólogo español Adolfo Salazar, que lo acompañaba. Y
aquí viene lo interesante. Tocó el turno a Hortensia Coalla. Salió a
escena y la orquesta, bajo la conducción de Gilberto Valdés, acometió
los compases iniciales de Tambor. Dijo Rita desde su butaca: «Ahora
verán ustedes cómo se canta eso». Se dio esta situación: Valdés con la
orquesta por allá, Rita cantando desde el público y la Coalla en el
escenario sin poder articular palabra.
Beruff Mendieta dijo a Rita: «Señora, si usted no se comporta, la
mando a sacar de la sala». Rita respondió: «Mira, si te atreves, me
quito el zapato y les entro a taconazos a ti, a ese —a Salazar— y a
María Santísima».
La cosa parecía que quedaría ahí, pero no. La orquesta empezó a
insubordinarse y Gilberto Valdés tuvo que ponerse duro y llamar a
capítulo a los músicos. Se restableció el orden, pero cuando Rita
salió de la sala, los tamboreros se negaron a seguir. Dijeron que Rita
les había echado pimienta de Guinea para que se fajaran entre ellos.
Concluía Gilberto Valdés su relato: «Y era verdad que se las había echado».

Modestia de Caignet

En los años 40, Orlando Quiroga, que entonces era un niño, pasaba, de
la mano de su padre, frente al edificio de la CMQ, en Monte y Prado,
cuando vio a dos personas a las que reconoció de inmediato. Ella, con
la mirada ausente y verde, el lunar en la frente y un turbante
legítimo sujeto con un pasador de perlas. Era Rita Montaner. Él,
Carlos Badías, nada más y nada menos que Albertico Limonta, el galán
de El derecho de nacer.
Casi 20 años después, Quiroga, ya un periodista reconocido, visitó a
Caignet en su casa de Santa María del Mar y recordó aquel encuentro.
Allí, en la esquina, dijo, conversaban Rita Montaner y Carlos Badías.
Y Caignet, con su «modestia» característica, comentó:
—Seguramente estaban hablando de mí.
Cómo surgió el suspenso en la radio
Lo cuenta el mismo Félix B. Caignet, su creador.
«En mi infancia santiaguera no había radio, mucho menos televisión y
el cine era un invento acabado de inventar.
«Entonces llegaban los cuenteros, como algo mágico, cada niño pagaba
un centavo y empezaba el cuentero a hacer un cuento. Cuando habían
pasado 20, 30 minutos, en lo mejor de la narración, el cuentero
interrumpía su relato hasta el día siguiente, cuando, por supuesto,
todos los niños volvían con su centavo para escuchar el desenlace.
«Muchos años después, en la Cadena Oriental de Radio, apliqué esa
técnica por primera vez en mis capítulos. En lo más emocionante, en lo
más horrible, salía el locutor y decía: “¿Se enterará fulana del
engaño de mengano? ¿Qué pasará con la pobre tía inválida? ¿Cuál será
la reacción de Alfredo cuando sepa la terrible verdad?”.
«Fui el primero en hacerlo en la radio y pegó, no digo yo si pegó,
aunque empecé escribiendo cosas para niños: Las aventuras de Chelín,
Bebita y el enanito Coliflor, y después me fui metiendo con esa
técnica de los finales de tensión».

El grito de Dolores

La mexicana Dolores del Río era un «animal» del cine. Pero de
televisión, nada, ni siquiera en México. Un día la trajeron a La
Habana y CMQ le ofreció un dineral por una escena de diez minutos en
un programa musical que producía Carballido Rey.
Dolores aceptó. Llegó el día en cuestión. La TV era entonces en vivo y
la actriz, muy nerviosa, se paseaba por el estudio perseguida por el
lente implacable del fotógrafo Osvaldo Salas. Terminó el número
musical que servía de preámbulo a su actuación, vino un comercial y
apareció un locutor que dijo maravillas de la artista invitada.
La escena era sencilla. Junto a su sofá forrado de raso, una hija
reprochaba a su madre que no aceptara a su novio. Dolores aparecía de
pie, sin atinar a decir su parlamento por más que la «hija» trataba de
ayudarla dándole el pie.
—Sí, ya sé lo que me vas a decir, que soy una hija desobediente, que
soy una sinvergüenza, que sientes odio hacia él y hacia mí…
Nada. Carballido se paseaba tras las cámaras con las manos en la
cabeza y Dolores ni por aludida se daba, como si hubiese olvidado lo
que debía decir, sin captar la seña siquiera. No reaccionaba hasta que
por fin metió un gritico distinguido y mirando de reojo el mueble cayó
desmayada en el sofá. El coordinador, por indicación del director,
ordenó al ballet que continuara el programa mientras Dolores
permanecía desmayada.
Al día siguiente, toda Cuba hablaba del desvanecimiento de la actriz.
Carballido Rey y un representante de los patrocinadores fueron a verla
al hotel. Los recibió el marido, muy apenado. No faltaba más, la
actriz no cobraría por un trabajo que no había hecho.
—Nada de eso —respondió Carballido enarbolando el jugoso cheque—.
Acéptelo. El desmayo ha dado que hablar más que si hubiese actuado.
¡Ha sido todo un éxito!

La sonrisa pícara de Rodney

Los que lo conocieron, lo evocan como un personaje fascinante. La
lepra, que le deformó las manos, no frenó su ambición de hacerse
famoso. Cuando la discapacidad física, acentuada por el paso de los
años, se fue haciendo cada vez más evidente, cambió la actuación por
la coreografía.
Roderico Neyra, «Rodney», fue coreógrafo del teatro Shanghai, en el
barrio chino habanero, una sala famosa por sus espectáculos de
desnudos, y organizó las míticas Mulatas de fuego. Trabajó en el
cabaré Sans Souci y luego, a partir del 1ro. de junio de 1952, puso a
Tropicana a la altura de las mejores salas de fiesta del mundo. Se va
a Caracas a comienzos de los años 60. Pasa a Puerto Rico y se hace
aplaudir sin reservas en el Waldorf Astoria, de Nueva York. Triunfa en
Acapulco y en la Ciudad de México. La muerte lo sorprende, en plena
efervescencia creadora, cuando intentaba conquistar Hollywood. En
1957, la revista Show afirmaba en un reportaje que dedicó al artista
que Rodney había dado más lustre a Cuba que todos sus diplomáticos
juntos.
Era un mulato de baja estatura, piel clara y bigote fino. Tenía una
sonrisa pícara. En los años 40 solía viajar por la Isla con una maleta
llena de imágenes de santos que desplegaba luego en la habitación del
hotel donde se alojaba.

Si abaratas tu trabajo...

Recordaba hace años Enrique Núñez Rodríguez en esta misma página:
Rodney me encargó el guión para un espectáculo de Tropicana. Me asomé
por primera vez a aquel mundo fantástico. Cumplí con mi trabajo.
Rodney me llevó a la oficina del señor Ardura, que era el
administrador del cabaré. En el trayecto me preguntó cuánto iba a
cobrar por mi libreto. Le dije que 500 pesos. Al llegar al despacho de
Ardura, le explicó que yo era el guionista del show que se estaba
ensayando y que venía a cobrar mi trabajo. Ardura preguntó a Rodney
cuánto iba a cobrar. Rodney le respondió, sin inmutarse, que 5 000
pesos. Ardura hizo el cheque también sin inmutarse. A la salida, todo
nervioso, dije a Rodney que se había equivocado, que yo le había dicho
500. Rezongó:
—El que te equivocaste fuiste tú. Si abaratas tu trabajo van a pensar
que yo les cobro demasiado. Guárdate el resto.


--
Ciro Bianchi Ross
ciro@jrebelde.cip.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/



Dizionario demenziale

CADENTE: alloggio del dente, gengiva

domenica 29 settembre 2013

Dizionario demenziale

CADAUNO: e gli altri stiano in piedi

sabato 28 settembre 2013

Gli atleti cubani potranno gareggiare all'estero

Da tempo avevo anticipato che c'era aria di cambio anche nella sfera dello sport a Cuba (In vista aperture all'economia nello sport cubano, post del 22 agosto 2012). Finalmente, con buona pace di Alberto Juantorena, strenuo difensore del dilettantismo (magari di Stato), è arrivata la disposizione che permette agli atleti cubani, di qualsiasi disciplina, di competere per club stranieri all'estero. Una principio anche questo che, seppur atteso nella speranza, era inaspettato dai più. Le difficoltà maggiori saranno per i potenziali giocatori delle Grandes Ligas del baseball nordamericano, ma anche di qualunque altro sport, che troveranno difficoltà ad essere contrattati legalmente fino a che risiedano a Cuba, in virtù dell'assurda legge sull'embargo. Questo continuerà ad essere un problema, perché se tutti gli atleti potranno essere contrattati in ogni parte del mondo, negli Stati Uniti, no, almeno sotto il profilo legale e quindi il pericolo di fughe, nel settore del baseball non è scongiurato. Si aspettavano "aperture"? Piano piano arrivano.

Dizionario demenziale

CACOFONIA: discorsi di merda

venerdì 27 settembre 2013

Dizionario demenziale

CACHESSIA: studio delle feci

giovedì 26 settembre 2013

Lecciones cubanas

È in commercio l'edizione in spagnolo del romanzo "Lezioni cubane" di luca Tognaccini. "Lecciones cubanas" delle Edizioni Sandron di Firenze è disponibile sia in e-book che in formato tradizionale e si aggiunge all'originale in lingua italiana. Buona lettura.

Dizionario demenziale

CACCIUCCO: allontana l'ubriaco

mercoledì 25 settembre 2013

Il Decreto sulla Zona Speciale del Mariel

Ho dato una rapida scorsa ai decreti riguardanti questo provvedimento che entrerà in vigore dal prossimo 1° novembre. Non sono un tecnico né un esperto in Legge, per cui quasi 240 pagine di "burocratichese" sono abbastanza indigeste. Per quello che ho potuto vedere le novità importanti sono: che la concessione per l'investimento ha una durata di 50 anni prorogabili e non è soggetta alla "Legge 50" per cui la gestione può essere anche straniera al 100% e gli eventuali utili possono essere riesportati nella valuta convertibile preferita dal titolare del convegno che può essere "persona fisica" o "persona giuridica". In questa ottica, il titolare della concessione potrà avere agevolazioni migratorie per gestire l'azienda o potrà avvalersi di personale straniero, non residente, di sua fiducia e che avrà a sua volta agevolazioni migratorie per lo svolgimento del suo lavoro. La mano d'opera comune, invece è soggetta, come assunzione; alle "vecchie" norme per cui è soggetta all'ufficio di collocamento locale. Altre agevolazioni sono previste per le importazioni delle merci (Dogana) e i trasporti aerei, navali, su strada o per ferrovia. Questo per sommi capi il contenuto che naturalmente deve poi essere valutato da esperti per i dettagli. In sostanza la futura Zona Speciale sarà un'area prettamente industriale, dove anche la mano d'opera locale formata da cittadini cubani o residenti permanenti avrà a sua volta benefici salariali e contrattuali rispetto alla media del Paese.

Dizionario demenziale

CACCIARE: manda via il sovrano

martedì 24 settembre 2013

Pubblicate le norme di attuazione della Zona del Mariel

Il Granma di oggi informa che è uscita la Gazzetta Ufficiale n° 26 contenente le norme di attuazione della Zona Speciale del Mariel con le specificazioni per l'attuazione, il funzionamento e tutto ciò che concerne gli investimenti, proprietà, trattamento del personale, norme doganali eccetera. Decreto Legge n. 313 e 316. http://www.gacetaoficial.cu

Dizionario demenziale

BURRONE: grosso panetto di condimento latteo

lunedì 23 settembre 2013

El Mayoral di Ciro Bianchi Ross, pubblicato su Juventud Rebelde del 22/09/13

EL MAYORAL

(Specie di sovrintendente che si dedicava in particolare alla “cura” dei lavoratori e degli schiavi nelle tenute agricole e campi da canna da zucchero. n.d.t)

Al contrario di quello che pensavano in molti vedendolo in fotografia, non era né alto né prestante. La giornalista Loló de la Torriente, che lo conobbe, ricordava che ciò che colpiva del maggior generale Mario García Menocal y Deop, terzo Presidente della Repubblica di Cuba, era il suo viso enigmatico, misterioso dalla barba ispida e occhi accesi come tizzoni.
Questo “condottiero rurale”, come lo chiamava un'altro giornalista: Ramón Vasconcelos, prese il potere il 20 maggio del 1913 dopo aver sconfitto il dottor Alfredo Zayas y Alfonso nelle elezioni dell'anno prima. Doveva poi lasciarlo il 20 maggio del 1917, ma sempre nelle liste del Partito Conservatore, decise di presentarsi a quelle del 1916 e sconfisse ancora, stavolta in modo fraudolento, il suo antico rivale. Nonostante la rielezione del Presidente fosse un diritto consacrato dalla Costituzione del 1901 – non più così in quella del 1940, che lo proibì -, il suo antecedente fu nefasto. L'ostinazione di Tomás Estrada Palma di prolungare la presidenza fece scoppiare la “piccola guerra” di agosto nel 1906 ed ebbe come conseguenza il secondo intervento militare nordamericano. Si dice che Menocal, al principio, non era intenzionato a ricandidarsi, ma cedette alle pressioni della combriccola e l'assemblea nazionale del suo partito lo nominò candidato presidenziale con 92 voti contro 71. Con le risorse del potere a sua disposizione, i conservatori consideravano sicuro il suo successo contro un Partito Liberale disgregato che senza dubbio si era messo d'accordo per ricandidare Zayas. Così come la rielezione di Estrada Palma causò la “piccola guerra” di agosto, quella di Menocal provocò nel febbraio 1917, la cosiddetta rivoluzione del Lecca lecca, quando i liberali, guidati dal maggior generale José Miguel Gómez, si sollevarono in armi contro il Governo di Menocal.

Senza busto e senza giardino

Oggi lo scriba, torna su questa figura del passato su suggerimento del lettore Noel Barrera che si impegna a costruire la presenza del capoccia nella località matanzera di Jagüey Grande. L'autore di questa pagina vorrebbe dire qualcosa innanzitutto. Se Zayas e Estrada Palma ebbero i loro rispettivi monumenti nell'Avana di prima del 1959, e José Miguel conserva il suo, fastoso nell'Avenida dei Presidenti, Menocal il massimo che raggiunse fu un busto, modesto, eretto a sua memoria nel giardino compreso fra le calles 17 e 19, 6 e 8, nel quartiere del Vedado. Ormai nemmeno quello. Il busto è sparito e John Lennon occupa tranquillamente una delle panchine del giardino che un giorno portò il nome dell'ex Presidente.
Qualcosa in più. Nonostante debba aver fatto qualcosa nei suoi 8 anni di gestione presidenziale, lo scrittore non ricorda una sola, sua, opera pubblica. Il vecchio Palazzo Presidenziale fu “cosa” sua fino a un certo punto. Né a Menocal né a sua moglie, Mariana Seba, piaceva il Palazzo dei Capitani Generali come sede del Governo. Da li le loro stagioni nel Palazzo di Durañona nella Calzada Real - Avenida 51 – di Marianao, che figurava come una specie di residenza estiva presidenziale. Doña Mariana si innamorò dell'edificio che il generale Ernesto Asbert, governatore dell'Avana, stava costruendo per il Governo provinciale e pensò che sarebbe stata l'ideale come ufficio e residenza dei presidenti cubani. Menocal volle compiacere sua moglie e, per decreto, confiscò e pagò al Governo dell'Avana il suo palazzo. L'Edificio della calle Rafugio n°1 fu inaugurato come uffici e residenza dell'Esecutivo il 31 dicembre del 1920 e il ballo con cui si aprì la cerimonia fu uno degli avvenimenti più importanti e di grido dell'Avana. La celebre Casa Tiffany, di New York, fu incaricata della decorazione dell'immobile e nei suoi mobili e ornamenti si investirono oltre un milione e mezzo di dollari. Oro, avorio e marmo risaltano il suo stile. Il vasellame, preziosissimo, aveva inciso lo scudo della Repubblica su ogni suo pezzo. Fra i mandatari cubani Menocal fu, probabilmente, quello dalle mani più bucate. Loló de la Torriente affermava: “Dopo otto anni di imposizione, lasciava la Repubblica, esauusta e senza protezione, ma lui, salvando i suoi beni, consegnava il potere andando all'estero per risvegliare, a Parigi, l'ammirazione e l'entusiasmo dei francesi abituati ai potentati generosi e splendidi. In quel senso, il generale cubano, ex presidente di una repubblica di banane, imitava la generosità più sorprendente dei gradi reami”.
Lo chiamarono “El Mayoral”, sia per la mano dura da governante che per esserlo stato realmente nell'azienda zuccheriera Chaparra, di proprietà nordamericana, nell'antica provincia di Oriente. Per la campagna elettorale del 1924, questa volta contro il liberale Gerardo Machado, il Re di Spagna Alfonso XIII, inviò per regalo a Menocal un cavallo. I liberali allora si lanciarono per le strade al grido. “A piedi, a piedi, a piedi/ son finiti i cavalli./ A piedi, a piedi, a piedi, non mi fanno male i calli”. Quando Machado, vincendo in cinque delle sei province cubane di allora, lo sconfisse su tutta la linea, i versi divennero infamanti per il militare e politico cubano. I liberali cantavano: “Il Re di Spagna ha mandato un messaggio,/ il Re di Spagna ha mandato un messaggio/ dicendo a Menocal: restituiscimi il cavallo che tu non sai montare”.

La biografia

Mario García Menocal nacque il 17 dicembre del 1866 nel Central Australia, Jagüey Grande, Matanzas. Suo padre, dopo l'inzio della Guerra dei Dieci Anni, si sollevò contro la Spagna e questa circostanza obbligò la famiglia ad uscire da Cuba. Fece i suoi primi studi negli Stati Uniti e, sempre in quel Paese, l'Università di Cornell, dove eccelse come studente, diplomandosi ingegnere civile nel 1888 Successivamente lavorò in Nicaragua e nel 1895, a Cuba, dirigeva gli studi per il tracciato della ferrovia Camagüey-Santa Cruz del Sur. Specialisti del Centro di Studi Militari del Minfar hanno costanza che Menocal si sollevò a Jagüey Grande, il 26 febbraio del 1895 che sarebbe stato due giorni dopo l'inizio della Guerra d'Indipendenza nella quale prese parte nell'azione dell'allevamento equino de La Yuca, comandata dal colonnello Martín Marrero. Nonostante questo, il suo ingresso ufficiale nell'Esercito di Liberazione è registrato il 13 di giugno dello stesso anno, a Santa Cruz. I suoi fratelli, Pedro Pablo e Tomás si incorporarono anch'essi alla lotta raggiungendo il grado di colonnello. Anche suo cugino il pittore Armando G. Menocal, lo fece, arrivando ad essere comandante. Da principio e con l'idea di trarre il maggior beneficio dalla conoscenza del giovane ingegnere, Máximo Gómez gli affidò la missione di distruggere, nel territorio camagüeyano, le strade ferrate ed il sistema di fognature, compito che svolse con il maggior successo con la distruzione della linea di Nuevitas. Il capitano Menocal si dedicò a ciò tra agosto e ottobre del 1895. Il mese seguente, assieme ad integranti del Governo in armi – lo nominarono Sottosegretario alla Guerra - accompagnò la colonna d'invasione comandata da Maceo da Mangos de Baraguá fino a Colmenar, quasi all'entrata di Las Villas. A Bayamo e Manzanillo effettuò compiti di organizzazione che gli aveva incaricato il Governo. Nel 1896 combatté in Los Moscones, Yerba de Guinea, La Piedra, La Aguada, Belleza, La Gloria, Loma de Hierro, Alto de Conchita, Lugones, Tuabeque, Barrancas e Jucaibama. In quell'anno ascese da ufficiale inferiore a comandante, tenente colonnello, colonnello e generale di brigata, gardo che riceve su proposta di Gómez per a sua attuazione nel combattimento e presa del paese di Guáimaro, che pianificò e diresse.
Nel marzo del '97 è nell'attacco a Jiguaní e nel combattimento de La Ratonera e appoggia nella rada di Jucaro, a Banes, il terzo viaggio del vapore Laurada, che arrivò al comando del generale polacco Carlos Roloff. Tra il 28 e il 30 di agosto si distingue nell'attacco di Las Tunas, dove risultò gravemente ferito e perciò fu promosso generale di divisione. Suo nipote, il monsignor Carlos Manuel de Céspedes e García Menocal, conserva come suo maggior tesoro la bandiera cubana che suo zio portava in quell'azione. Nel maggio del 1898 riceve l'ordine di formare una colonna e marciare verso l'Avana al fine di assumere il comando del 5to Corpo d'Armata. Così passò una volta di più la linea difensiva posta tra Júcaro e Morón, arrivando all'accampamento del generale Mayía Rodríguez, comandante della zona occidentale, il 14 di agosto, due giorni dopo che la Spagna e gli Stati Uniti firmarono la pace. Fu promosso allora a maggior generale. Si congedò il 24 di agosto.

Prigioniero in Rio Verde

Una volta all'Avana, si accampò con le sue truppe nella spiaggia di Marianao e stabilì il suo quartier generale nell'edificio dell'Avana Yacht Club. Fu uno dei nove generali cubani che, invitati dal comando dell'esercito nordamericano, assistettero, il 1° gennaio 1899, all'atto di cessazione della sovranità spagnola a Cuba che ebbe luogo nel Salone del Trono del Palazzo dei Capitani Generali. Organizzò un corpo di polizia avanera, fu ispettore generale delle Opere Pubbliche e successivamente capo della Commissione dei Fari, prima di dedicarsi allo sviluppo del Central Chaparra. Per sua iniziativa si creò l'Associazione Nazionale dei Veterani dell'Esercito di Liberazione, che lo designò per mediare tra le parti in conflitto durante la “piccola guerra” di agosto, gestione che fallì per l'intransigenza del Presidente Estrada Palma. Nei giorni del secondo intervento nordamericano, organizzò il Partito Conservatore.
Alla sua uscita dal potere, nel 1921, viaggiò per l'Europa. Si oppose a Machado e nell'agosto del 1931 guidò una sollevamento contro di lui. Fu ftto prigioniero in Rio Verde, Pínar del Río e fu poi internato, dapprima alla Cabaña e poi al Presidio Modelo. Una volta liberato, fu ancora oggetto di persecuzioni che lo obbligarono a lasciare il Paese. Tornò dagli Stati Uniti alla caduta della dittatura di Machado e tornò a inserirsi nella politica nazionale. Nel 1936, per l'ultima volta, fu sconfitto da Miguel Mariano Gómez, il figlio di José Miguel, suo vecchio avversario.
Si oppose anche al colonnello Batista, che reggeva i destini del Paese dal campo Columbia e organizzò l'Unità Nazionale Cubana, con la quale pretendeva radunare le forze, disperse, dei conservatori i cui delegati parteciparono come oppositori alla convenzione che avrebbe elaborato la Costituzione del 1940. Però batista , desideroso di assicurarsi la presidenza nelle prossime elezioni generali, offrì ai “menocalisti”, se appoggiavano la sua candidatura, la vice presidenza della Repubblica, il posto di sindaco dell'Avana, tre governi provinciali e 12 collegi senatoriali. Menocal virò la sua rotta, accettò la proposta e i suoi delegati all'Assemblea Costituente passarono a formar parte delle fila del Governo perché, diceva il vecchio timoniere ai suoi colleghi di partito che giudicavano troppo amaro il calice di patteggio: “propiziare a Batista una via di uscita costituzionale al fine di liberare Cuba dal dominio militare che impersona, è fare un piacere al paese”.
Mario García Menocal morì all'Avana il 7 settembre del 1941. Lasciò il suo nome a una ricatta di fagioli neri “alla Menocal” e due dei cocktail cubani emblematici: il Presidente e il Chaparra.



El Mayoral

Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
21 de Septiembre del 2013 18:57:32 CDT

Contrario a lo que muchos suponen al verlo en fotografías, no era alto
ni fornido. La periodista Loló de la Torriente, que lo conoció,
recordaba que la órbita de atracción del mayor general Mario García
Menocal y Deop, tercer presidente de la República de Cuba, era su
rostro algo enigmático, misterioso, de barba rala y ojos encendidos
como fulgores.
Este «hidalgo rural», como le llamaba el también periodista Ramón
Vasconcelos, ocupó el poder el 20 de mayo de 1913 tras derrotar al
licenciado Alfredo Zayas y Alfonso en las elecciones del año anterior.
Debía abandonarlo el 20 de mayo de 1917 pero, siempre en la boleta del
Partido Conservador, decidió presentarse en los comicios de 1916 y
volvió a derrotar, esta vez de manera fraudulenta, a su antiguo rival.
Aunque la reelección del Presidente era un derecho consagrado por la
Constitución de 1901 —no así en la de 1940, que la prohibió—, su
antecedente había sido funesto. La tozudez de Tomás Estrada Palma de
prorrogarse en la presidencia desató la guerrita de agosto de 1906 y
trajo como consecuencia la segunda intervención militar
norteamericana. Se dice que Menocal, en un inicio, no se mostró
decidido a reelegirse, pero cedió a las presiones de la camarilla
áulica y la asamblea nacional de su partido lo nominó como candidato
presidencial por 92 votos contra 71. Con los recursos del poder a su
alcance, los conservadores consideraron seguro su triunfo contra un
Partido Liberal atomizado que, sin embargo, se puso de acuerdo para
postular a Zayas. Así como la reelección de Estrada Palma dio pie a la
guerrita de agosto, la de Menocal provocó, en febrero de 1917, la
llamada revolución de La Chambelona, cuando los liberales,
acaudillados por el mayor general José Miguel Gómez, se alzaron en
armas contra el Gobierno de Menocal.

Sin busto y sin parque

Vuelve hoy el escribidor sobre esta figura del pasado a sugerencia del
lector Noel Barrera, que se empeña en reconstruir en Jagüey Grande la
presencia del caudillo conservador en esa localidad matancera.
Algo quiere decir de inicio el autor de esta página. Si Zayas y
Estrada Palma tuvieron sus respectivos monumentos en La Habana de
antes de 1959, y José Miguel conserva el suyo, fastuoso, en la Avenida
de los Presidentes, Menocal lo más que alcanzó fue el busto modesto
erigido a su memoria en el parque que enmarcan las calles 17 y 19, 6 y
8, en la barriada del Vedado. Ya ni eso. El busto desapareció, y John
Lennon ocupa tranquilamente uno de los bancos del parque que un día
llevó el nombre del ex mandatario.
Algo más. Aunque algo debió hacer durante sus ocho años de gestión
presidencial, no recuerda quien esto escribe una sola de sus obras
públicas. El viejo Palacio Presidencial fue cosa suya. Hasta cierto
punto. Ni a Menocal ni a su esposa, Mariana Seba, les gustaba el
Palacio de los Capitanes Generales como casa de Gobierno. De ahí sus
temporadas en el Palacio de Durañona, en la Calzada Real —Avenida 51—
de Marianao, que oficiaba como una especie de mansión presidencial de
verano. Doña Mariana se enamoró del edificio que el general Ernesto
Asbert, gobernador de La Habana, construía para el Gobierno Provincial
y pensó que resultaría ideal como residencia y despacho de los
mandatarios cubanos. Quiso Menocal complacer a su esposa y, por
decreto, confiscó y pagó al Gobierno habanero su palacio. El edificio
de Refugio No. 1 fue inaugurado como oficinas y residencia del
Ejecutivo el 31 de diciembre de 1920 y el baile con que se abrió es
uno de los acontecimientos sociales más importantes y sonados de La
Habana. La conocida Casa Tiffany, de Nueva York, tuvo a su cargo la
decoración del inmueble y en su mobiliario y adornos se invirtieron
más de millón y medio de dólares. Oro, marfil y mármol resaltan su
estilo. La vajilla, valiosísima, tenía grabado el escudo de la
República en cada una de sus piezas.
Porque entre los mandatarios cubanos, Menocal fue quizá el más
manirroto. Loló de la Torriente afirmaba: «Después de ocho años de
imposición dejaba la República exhausta y desamparada, pero él,
salvando sus reductos, entregaba el poder y salía al extranjero listo
para despertar en París la admiración y el entusiasmo de los franceses
acostumbrados a los potentados dadivosos y espléndidos. En tal sentido
el general cubano, ex presidente de una república agrícola, iba a
emular las generosidades más sorprendentes de los grandes rajaes».
Le llamaron El Mayoral, tanto por su mano dura de gobernante como por
haberlo sido realmente en el central azucarero Chaparra, de propiedad
norteamericana, en la antigua provincia de Oriente. Para la campaña
electoral de 1924, cuando aspiró a la presidencia, esta vez contra el
liberal Gerardo Machado, el rey de España, Alfonso XIII, envió a
Menocal un caballo de regalo. Los liberales entonces se lanzaron a la
calle y al grito de «A pie» cantaban: «A pie, a pie, a pie / se
acabaron los caballos. / A pie, a pie, a pie / no me duelen ni los
callos». Cuando Machado, al ganar cinco de las seis provincias cubanas
de entonces, lo derrotó en toda la línea, los versos se tornaron
infamantes para el militar y político cubano. Coreaban los liberales:
«El rey de España mandó un mensaje, / el rey de España mandó un
mensaje / diciéndole a Menocal: devuélveme mi caballo que tú no sabes
montar».

La biografía

Mario García Menocal nació el 17 de diciembre de 1866 en el central
Australia, Jagüey Grande, Matanzas. Su padre, ya iniciada la Guerra de
los Diez Años, se alzó en armas contra España y esa circunstancia
obligó a la familia a salir de Cuba. Cursó sus primeros estudios en
Estados Unidos y en ese país, en la Universidad de Cornell, donde
sobresalió como estudiante, se diplomó como ingeniero civil en 1888.
Trabajó entonces en Nicaragua y en 1895 dirigía en Cuba los estudios
para el trazado del ferrocarril Camagüey-Santa Cruz del Sur.
Especialistas del Centro de Estudios Militares del Minfar tienen
referencias de que Menocal se alzó en Jagüey Grande, el 26 de febrero
de 1895, esto es, dos días después de iniciada la Guerra de
Independencia y que participó en la acción del potrero de La Yuca,
mandada por el coronel Martín Marrero. No obstante, su ingreso oficial
al Ejército Libertador se registra el 13 de junio del mismo año, en
Santa Cruz. Sus hermanos Pedro Pablo y Tomás se incorporaron asimismo
a la lucha y alcanzaron el grado de coronel. También lo hizo su primo,
el pintor Armando G. Menocal, que llegó a comandante.
De inicio, y con el propósito de sacar el mayor partido a los
conocimientos del joven ingeniero, Máximo Gómez le confió la misión de
destruir en territorio camagüeyano las vías férreas y su sistema de
alcantarillas, tarea en la que alcanzó su mayor éxito con la
destrucción de las líneas del ferrocarril de Nuevitas. En eso estuvo
el capitán Menocal entre agosto y octubre del 95. Al mes siguiente,
junto con integrantes del Gobierno en armas —lo nombraron
subsecretario de Guerra— acompañó a la columna invasora mandada por
Maceo desde Mangos de Baraguá hasta Colmenar, casi a la entrada de Las
Villas. Cumplió en Bayamo y Manzanillo tareas de organización que le
encomendó el Gobierno. Durante 1896 combatió en Los Moscones, Yerba de
Guinea, La Piedra, La Aguada, Belleza, La Gloria, Loma de Hierro, Alto
de Conchita, Lugones, Tuabeque, Barrancas y Jucaibama. En ese año
asciende de pegueta a comandante, teniente coronel, coronel y general
de brigada, grado este que recibe, a propuesta de Gómez, por su
actuación en el ataque y toma del poblado de Guáimaro, que planeó y
dirigió.
En marzo del 97 está en el ataque a Jiguaní y en el combate de La
Ratonera y apoya, en el estero de Júcaro, en Banes, el tercer viaje
del vapor Laurada, que llega bajo el mando del general polaco Carlos
Roloff. Entre el 28 y el 30 de agosto sobresale en el ataque a Las
Tunas, donde resultó herido de gravedad y por el que fue ascendido a
general de división. Su sobrino, monseñor Carlos Manuel de Céspedes y
García Menocal, conserva como su mayor tesoro la bandera cubana que su
tío llevara en esa acción. En mayo de 1898 recibe la orden de formar
una columna y marchar hacia La Habana a fin de asumir la jefatura del
5to. Cuerpo de Ejército. Así, pasó una vez más la trocha de Júcaro a
Morón y llegó al campamento del mayor general Mayía Rodríguez, jefe
del Departamento Occidental, el 14 de agosto, dos días después de que
España y Estados Unidos firmaran la paz. Fue ascendido entonces a
mayor general. Se licenció el 24 de agosto.

Prisionero en Río Verde

Ya en La Habana, acampó con sus tropas en la playa de Marianao y
estableció su cuartel general en el edificio del Havana Yacht Club.
Fue uno de los nueve generales cubanos que, invitado por el mando del
ejército norteamericano, asistió el 1ro. de enero de 1899 al acto por
el cese de la soberanía española en Cuba que tuvo lugar en el Salón
del Trono del Palacio de los Capitanes Generales. Organizó el cuerpo
de la Policía habanera, fue inspector general de Obras Públicas y
luego jefe de la Comisión de Faros, antes de dedicarse al fomento del
central Chaparra. Por iniciativa suya se creó la Asociación Nacional
de Veteranos del Ejército Libertador, que lo designó para mediar entre
las partes en conflicto durante la guerrita de agosto, gestión que
fracasó por la intransigencia del presidente Estrada Palma. Organizó,
en los días de la segunda intervención norteamericana, el Partido
Conservador.
A su salida del poder, en 1921, viajó por Europa. Se opuso a Machado y
en agosto de 1931 lideró una sublevación en su contra. Fue hecho
prisionero en Río Verde, Pinar del Río, e internado primero en La
Cabaña y luego en el Presidio Modelo. Liberado, fue de nuevo objeto de
persecuciones que lo obligaron a abandonar el país. Regresó de Estados
Unidos a la caída de la dictadura machadista y volvió a insertarse en
la política nacional. En 1936 aspiró a la presidencia por última vez y
fue derrotado por Miguel Mariano Gómez, el hijo de José Miguel, su
viejo adversario.
Se opuso asimismo al coronel Batista, que regía los destinos del país
desde el campamento de Columbia, y organizó el Conjunto Nacional
Cubano, con el que pretendía nuclear las dispersas fuerzas
conservadoras y cuyos delegados concurrieron en calidad de
oposicionistas a la convención que elaboraría la Constitución de 1940.
Pero Batista, deseoso de asegurarse la presidencia en los comicios
generales que venían, ofreció a los menocalistas, si apoyaban su
aspiración, la vicepresidencia de la República, la alcaldía de La
Habana, tres gobiernos provinciales y 12 senadurías. Menocal se viró
con fichas, aceptó la propuesta y sus delegados en la Asamblea
Constituyente pasaron a formar parte de las filas del Gobierno porque,
decía el viejo caudillo a sus partidarios que juzgaban demasiado
amargo el brebaje pactista, «es hacerle un servicio al país
propiciarle a Batista una salida constitucional a fin de librar a Cuba
del predominio militar que él personifica».
Mario García Menocal falleció en La Habana el 7 de septiembre de 1941.
Dejó unos frijoles negros a lo Menocal y dos de los tragos
emblemáticos de la coctelería cubana: el Presidente y el Chaparra.







--
Ciro Bianchi Ross
ciro@jrebelde.cip.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/




Per una città migliore...

È incredibile che un Paese che guarda tanto lontano, non pensi alle cose più vicine. Da diversi giorni c'è un container abbandonato nella calzada di Ayestarán a pochi metri dall'incrocio con la calle 20 de Mayo, occupando una corsia di canalizzazione del traffico. L'ostacolo crea disagi nell'ora di punta, senza trascurare il pericolo di un incidente, tenendo anche presente che spesso la calzada di Ayestarán è immersa nel buio più assoluto durante le ore serali e notturne. Non si sa di chi sia e cosa faccia in quel luogo, ma quello che ci si chiede è: Non era forse meglio "parcheggiarlo" nell'attigua, certamente meno trafficata, calle Acosta? Con la scusa di questo parcheggio abusivo, anche i bidoni dell'immondizia vengono lasciati fuori dal loro posto, per comodità degli addetti alla raccolta.




Dizionario demenziale

BRIGANTINO: furfantello

domenica 22 settembre 2013

Dizionario demenziale

BOVINO: distillato di ruminanti

sabato 21 settembre 2013

Dizionario demenziale

BOCCAPORTO: cavità orale usata dalle navi per l'attracco

venerdì 20 settembre 2013

Zona Speciale di Sviluppo del Mariel

Dal primo novembre entrerà in vigore la Zona Speciale di Sviluppo del Mariel, nella provincia di Artemisa ad occidente della capitale e godrà di uno Statuto Speciale per promuovere nuove forme economiche. Il fulcro sarà il costruendo porto industriale che prende appunto il nome dalla località che sarà il più importante porto commerciale di Cuba. Il primo molo, di 700 metri di lunghezza, sarà inaugurato il prossimo gennaio e il complesso verrà ultimato entro il 2015. Nell'opera sono impegnati ingenti capitali, mezzi e tecnici brasiliani. L'area, distribuita su 465 km. quadrati, comprende diversi centri abitati della provincia. Vi si avvieranno attività a Statuto Speciale dove potranno investire anche gli stranieri senza obbligo di residenza, attenendosi naturalmente alle Leggi cubane, fra cui il Decreto di approvazione di questa Zona Speciale, che verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nei prossimi giorni e conterrà i dettagli di come poter accedere agli investimenti e in quale misura dovranno o potranno essere. Anche per i lavoratori di questa "zona franca" ci sarà un regime speciale di trattamento. Indubbiamente un'altra spinta riformista, dopo anni di immobilismo.

Dizionario demenziale

BISCIONE: Internazionale Football Club

giovedì 19 settembre 2013

Dizionario demenziale

BIGATTO: doppio felino