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giovedì 6 settembre 2012
El Caballero de Paris
A Milano sarebbe stato un “barbone” a Parigi, con maggior raffinatezza un “clochard”, a New York un "homeless". All’Avana era una persona “callejera” ben conosciuta sopratutto negli anni ’50 del secolo scorso. Di statura media, circa 1 metro e 70 aveva i capelli castani incolti e una folta barba. Le unghie erano lunghe e ritorte per non essere state tagliate da anni. Era sempre vestito di nero e portava un mantello dello stesso colore, anche col calore estivo. Aveva sempre con se un involto di “documenti” cartacei e una borsa in cui teneva tutte le sue proprietà.
Era sempre molto gentile e poteva apparire in qualunque momento e luogo della città anche se aveva dei luoghi in cui andava con maggior frequenza. Passeggiava per le strade o montava sugli autobus urbani salutando tutti e discutendo sulla sua filosofia di vita, la religione, la politica o gli avvenimenti del giorno con chiunque. I suoi percorsi preferiti erano: il Paseo del Prado, l’Avenida del Puerto, un giardino vicino alla Plaza de Armas, la zona della Chiesa di Paula, il Parque Central dove a volte dormiva su una panchina, la Calle Muralla, la zona di Infanta e San Lazaro o l’incrocio di 23 e 12 nel Vedado. A volte si spingeva fino alla Quinta Avenida di Miramar, specie nel pomeriggio.
Era un conversatore molto educato, non diceva mai parolacce e non chiedeva mai elemosina, accettava solo qualche soldo da chi conosceva e che contraccambiava con qualche omaggio che poteva essere un cartoncino colorato con matite o ricamato con fili di cotone. I bambini che non lo conoscevano, a volte ne avevano paura per l’aspetto “sinistro”, ma l’effetto timorizzante durava poco e poi sia i piccoli che i grandi gli si rivolgevano col dovuto rispetto.
All’anagrafe era José María López Lledín, nato nel villaggio di Vilaseca di Fonsagrada (Lugo), in Spagna il 30 dicembre del 1899, da genitori produttori di vini e grappe. Era il quarto di 8 fratelli, anche se qualcuno dice che in realtà fossero 11 due dei quali morirono e 7 emigrarono a Cuba. I documenti ufficiali dicono (al folio 283 del Registro di Entrata dei Passeggeri del 1913) che sbarcò dalla nave tedesca “Chemnitz” il 10 dicembre di quello stesso anno e si riunì con sua sorella Inocencia, giunta tre anni prima e ad altri parenti. Fece diversi lavori. Dal garzone di bottega in un negozio di fiori, al sarto, al commesso in una libreria e in uno studio di avvocati. Nel frattempo studiò e migliorò la sua cultura e i suoi modi fino a trovale lavori pagati meglio come cameriere negli alberghi Inglaterra, Telegrafo, Sevilla, Manhattan, Royal Palm, Salon A e Saratoga. Si diceva che avesse imparato anche l’inglese. In una “confessione” fatta ad un investigatoere storico, il Caballero disse che non si era mai sposato, ma che aveva avuto due figli: un maschio e una femmina da una signora che era impiegata presso una compagnia dello zucchero, che il figlio abita a Marianao e lavora in una emittente radiofonica, mentre madre e figlia se ne erano andate da Cuba.
La storia della sua trasformazione in “El Caballero de París”, in seguito a trastorni mentali, sarebbe dovuta ad un periodo di detenzione, nel 1920, quando fu rinchiuso al “Castillo del Principe” per un crimine che non aveva commesso. Nessuno però è mai riuscito a sapere, dai suoi parenti, di quale crimine fu accusato e non si sono trovate tracce del medesimo negli archivi giudiziari. Si dice che durante la detenzione imparò a scrivere con le antiche penne d’oca e faceva discorsi in cui si presentava come Papa, Re o almeno Cavaliere. Questo fa supporre che il periodo di detenzione potrebbe essere stato più lungo degli usuali 30 giorni che si comminavano per “reati minori”.
Le ipotesi (leggendarie e non provate) farebbero supporre a:
Vendita di un biglietto falso della Lotteria
Di essere stato preso sul luogo dove fu uciso un uomo e accusato di esserne responsabile
Furto in un negozio
Trappola tesagli da un marito geloso che gli mise 20 pesos sotto il cuscino dell’alcova con cui passave il tempo con sua moglie accusandolo poi di furto (inconsistente per l’esiguità della somma)
Furto di gioielli in una casa dove stava lavorando come inserviente
Nessuno, però, ha potuto mai sapere con certezza la verità sul “crimine” commesso o presunto.
Ci sono altre teorie sulla perdita della ragione del “Caballero”, fra cui:
La possibile morte in un naufragio del 1919 della moglie e figlio provenienti dalla Spagna (ricordiamo che ha detto di non essersi mai sposato ed è arrivato a Cuba all’età di 14 anni). E la fidanzata Mercedita sarebbe morta in Spagna prima della sua partenza per Cuba.
Un altra versione similare (da cui il “nome”) è che la defunta nel naufragio sarebbe stata una giovane parigina con cui aveva instaurato un rapporto epistolare ed avevano deciso di stabilirsi all’Avana. Quando la promessa sposa non apparve all’ora fissata, egli diede il mazzo di fiori che le aveva portato alla prima donna che passò e da allora ogni giorno, alla stessa ora e allo stesso posto, appariva offrendo un mazzo di fiori alla prima dama che passasse.
Anche le origini del soprannome rimangono avvolte nelle leggende: una volta disse che lo aveva ricavato lui stesso da un romanzo francese, un’altra volta che la gente aveva cominciato a chiamarlo “Caballero” en “La Acera del Louvre”, il marciapiedi del parque Central, dove si trovano tre degli alberghi in cui aveva lavorato. Lui poi soleva dire che l’Avana era “ muy parisienne” e che era “Moschettiere, Corsaro e Cavaliere di Lagardiere” o che Parigi si ritrova molto all’Avana e che molti cubani sono diventati famosi a Parigi come Marta e Rosalía Abreu da Santa Clara.
Altri dicono che lavorò per un periodo nel ristorante “Paris” e un giorno che cominciò a dire di essere “Cavaliere” e “Re” i clienti parlavano di lui come “Caballero de Paris”. Altri dissero che era dovuto allo stile francese dei suoi abiti e altri ancora che il soprannome gli fu dato dai redattori del settimanale umoristico “Zig Zag”. Altra teoria era che il soprannome derivase da un film francese dell’epoca dove un ometto gentile e dalla professione (ufficiale) misteriosa era in realtà il boia della Rivoluzione Francese e questa sua professione era conosciuta con l’eufemismo di “Monsieur Paris”.
La vita del personaggio è comunque oggetto di studio da parte di intellettuali e storici ed è rimasto profondamente radicato nel cuore e nella testa degli avaneri. Nel dicembre del 1977 il “Caballero” fu ricoverato all’ospedale Psichiatrico dell’Avana, conosciuto come “Mazorra”, dove venne accudito e curato per i sintomi di un tipo di schizofrenia da cui era, realmente, affetto. Morì nel nosocomio l’11 luglio del 1985 e venne sepolto nel vicino cimitero di Santiago de Las Vegas da dove poi venne riesumato per desiderio del Dottor Eusebio Leal che fece trasferire i suoi resti nella sala della Basilica Minore del Convento di San Francesco di Assisi, dove riposano tutt’ora in un feretro visbile attraverso il pavimento di cristallo. All’esterno, sul marciapiedi antistante, della Calle Oficios, è stata posta una statua a grandezza naturale che è oggetto di curiosità per i turisti, ma anche di venerazione dagli avaneri che gli sfregano il pizzo o la mano sinistra alla ricerca di buona fortuna.
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