Premesso che non sono economista né esperto di mercati, ma credo di avere un minimo di buon senso, mi domando come mai a Cuba non si trovano prodotti autoctoni nemmeno in moneta liberamente convertibile. Un’Isola dove non si trova il sale da mesi è degna di un romanzo di fantascienza, ma questo è solo un esempio.
Sempre, in un
Paese circondato dal mare, non si trovano prodotti ittici. In un Paese
tropicale, la frutta e verdura si trovano solo in modo instabile e a caro
prezzo presso i rivenditori privati che con una scelta felice, hanno cominciato
a produrre e vendere già da diversi anni, il decreto era stato approvato da
Fidel Castro. Purtroppo, i prodotti sul mercato nazionale, raramente sono di
prima scelta e non hanno stabilità di distribuzione.
La ragione
ufficiale è l’esportazione per acquisire valuta in maniera di fronteggiare il
“bloqueo” statunitense che strangola l’economia e di conseguenza la vita
quotidiana dei cubani. Ma, dico io, dal momento che esiste legalmente, sempre
da anni, la possibilità di possedere e commerciare in moneta liberamente
convertibile, come mai non si riducono parzialmente le esportazioni mettendo
sul mercato interno i beni praticamente introvabili? Questo ridurrebbe tempi e
costi legati all’esportazione e la valuta, comunque proveniente dall’estero,
verrebbe incamerata dal mercato interno.
Uno dei dubbi,
da non economist, è se questa valuta, depositata nelle banche statali
renda di più che
non con una circolazione più fluida. Ma ci si è chiesto quanti possessori di
moneta liberamente convertibile la tengano sotto il materasso invece di
depositarla in banca in attesa e speranza di “tempi migliori”? Credo che gli
ideatori del “riordinamento monetario e salariale” nonché l’abolizione del CUC,
peso cubano convertibile (solo a Cuba) dopo aver causato un’inflazione quasi
sconosciuta da queste parti, non abbiano valutato questa possibilità che magari
poteva funzionare seppure con un eventuale minor guadagno, ma con il
miglioramento della vita di tutti i giorni.
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