Chi ha visitato Cuba molti anni fa, specialmente fino alla fine degli anni ‘80 o agli inizi dei ‘90 con il “Periodo especial de guerra en tiempo de paz”, oggi si stupirebbe nel vedere l’infinità di esercizi commerciali privati presenti all’Avana, mentre allora era tutto statale e praticamente non si vedevano punti di vendita. Anche oggi però chiamarli negozi sarebbe un eufemismo. In questo Paese delle contraddizioni, questa è una in più. Manca di tutto, l’essenziale, e si vende il superfluo o quasi se si eccettuano gli alimentari che non sono certo un lusso, peraltro carissimi e fuori dalla portata dei più. Altra contraddizione. Normalmente per la legge della domanda e dell’offerta c’è una concorrenza con mira al ribasso. Qua invece no, queste recentemente inventate “Minipymes”, piccole e medie imprese commerciali o artigianali che importano meci dall'estero, sembra abbiano fatto un “cartello”, in Italia si chiamerebbe Mafia, per cui i prezzi vanno solo al rialzo e se si tenta di calmierarli gli articoli spariscono. Evidentemente chi li gestisce preferisce il “poco, ma buono”. Strano concetto per chi rimpiange il capitalismo e il libero commercio. Una volta di più Cuba si dimostra la capitale dell’illogico.
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sabato 13 luglio 2024
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