Voci peraltro non confermate, ma credibili, dicono che fra i primi, ulteriori, provvedimenti nei confronti di Cuba, nel caso di vittoria di Donald Trump, ci sarebbe la chiusura dell’Ambasciata degli Stati Uniti all’Avana che peraltro svolge prettamente lavori consolari più che diplomatici e la soppressione dei voli diretti tra Miami e le altre città cubane oggi servite, ad eccezione dell’Avana.
Già
nel suo precedente incarico, Trump, aveva inasprito alcuni effetti collaterali
dell’embargo che però non toccavano in modo diretto i cubani, almeno non nella
vita di tutti i giorni. Il provvedimento più evidente è stato quello di mettere
Cuba nella lista dei presunti Paesi patrocinatori del terrorismo con effetti e
risvolti politici poco simpatici, particolarmente riguardo agli europei, che
quello di non possono utilizzare l’ESTA per l’ingresso negli Stati Uniti per
turismo tutti coloro che abbiano o abbiano avuto rapporti con Cuba anche solo
per viaggio turistico, costringendo alla trafila per l’eventuale ottenimento
del visto.
Ora
però se mettesse tra le promesse elettorali anche le minacce di cui sopra,
probabilmente non avrebbe tutti i cubani residenti negli Stati Uniti e in grado
di votare, dalla sua parte. Certo sono minoranze, gli abilitati al voto, ma
nell’opinione pubblica cubano/americana la cosa non sarebbe certo accolta bene.
Nonostante il distanziamento o addirittura l’odio di gran parte o della quasi
totalità degli immigrati verso il Governo e il sistema cubano, i legami
famigliari sono comunque molto forti e se sono d’accordo in molte misure
politiche e/o economiche per danneggiare il Governo cubano, credo che molti non
apprenderanno volentieri la notizia di ulteriori difficoltà di riunione, più o
meno a breve o lungo termine con i parenti rimasti sull’Isola. Magari potrebbe
essere la manciata di voti che lo vedrebbe, ancora, gridare al broglio
elettorale.
Attento
Donald, potrebbe essere un autogoal.
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