Siamo in un Paese non allo sfascio, ma già sfasciato da anni. Ogni settimana, per esempio, viene pubblicata la tabella degli “apagones” all’Avana con i giorni e le ore che toccano a ciascun gruppo di quartieri. Ieri, a noi del gruppo B1, la sospensione del servizio toccava dalle 10 alle 14, ma è terminata alle 14,30.
In serata
poi dalle 18.30 alle 19,30 c’è stata un’altra sospensione seguita da una terza
tra le 21.00 e le 23.00, le 4 ore che ci toccavano sono diventate 7 e mezza di
cui tre e mezza non previste e con l’ansia e impotenza di sapere quando inizia,
ma non quando finisce con lo spettro di ottobre e novembre in cui siamo stati
rispettivamente privi del servizio per quattro e tre giorni consecutivi.
Purtroppo il problema no si limita “solo” a questo, ma è uno sfacelo completo
della struttura produttiva e dei servizi. Ieri è arrivata una petroliera russa
con centinaia di migliaia di barili di carburante “a credito”, ma quando finirà
questa scorta ce ne sarà un’altra? Con che tempi? Questo e altri debiti come
verranno onorati?
Le
esportazioni non coprono più le importazioni che arrivano fino ad acquistare lo
zucchero all’estero!!! Il turismo nel suolo con alberghi giganteschi costruiti
per ospitare fantasmi e lasciati vuoti con un triste destino per la loro
sopravvivenza. Quando si è miopi occorre mettersi gli occhiali.
In un
Mondo globalizzato ormai non ha più senso il nazionalismo in senso stretto,
almeno per quello che riguarda l’economia, nessun Paese può vivere nell’autarchia,
nemmeno i più ricchi.
Qua si
vive del motto di Fidel: Patria o muerte che molti hanno già trasformato in
Patria y vida. Comunque dopo che si è
morti cosa ne resta della Patria? Soprattutto se si muore di fame e di inedia,
non combattendo.
Come ho
già espresso in queste righe, credo che sarebbe stato opportuno sedersi a un
tavolo e discutere le condizioni per una convivenza pacifica che (forse) in
altri tempi avrebbe avuto più efficacia. Adesso, almeno per 4 anni, bene che
vada e ammesso che non succeda una catastrofe peggiore, non se ne parla
proprio.
Chi
vivrà, se ce la fa, vedrà.
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