Ieri sera ho avuto l'onore e il piacere di essere invitato all'anteprima assoluta del film “Habanastation” col quale fa il suo esordio nel campo del lungometraggio di fiction il giovane regista Ian Padròn. A soli 35 anni ha al suo attivo molti videoclips e due documentari di eccellente fattura, il primo: “Fuera de liga” è un'antologia dello sport più amato a Cuba, la “pelota” o baseball. La sua presentazione al pubblico è stata ritardata e il contenuto ha suscitato polemiche perché di “striscio” si affronta il problema del professionismo con interviste a giocatori che hanno “disertato” per giocare negli USA come il “duca” Hernandez. Dopo un lungo purgatorio il documentario ha avuto un breve giro di presentazioni pubbliche, ma continua ad essere guardato con sospetto.
Il secondo e più recente, “Eso que anda”, dal titolo di uno dei pezzi più popolari e richiesti della mitica orchestra dei Van Van, è il riassunto dei primi 40 anni di vita e di successi del gruppo musicale. Entrambi i lavori al di la del contenuto sono di un'eccellente fattura tecnica quasi maniacale per la ricerca della perfezione.
Nella sua opera prima nel cinema di “seria A”, Padròn si è superato. Autore anche del soggetto, veramente originale, ha firmato una pellicola eccellente e che certamente avrà ripercussioni internazionali. Intanto, con la sponsorizzazione della Virgin Atlantic il film verrà portato nelle sale europee e lo stesso Ian ha annunciato nel corso della presentazione di essere stato invitato ad esibire l'opera al festival di Traverse City nel Michigan, che avrà inizio il 27 p.v., su richiesta del premio Oscar Michael Moore, patrocinatore dell'evento nella sua città natale.
Ian Padròn è figlio d'arte, suo padre Juan Padròn è il “mago” dei cartoni animati cubani, autore di personaggi adorati da grandi e piccoli come Elpidio Valdés, i Vampiri all'Avana o le fulminanti “gags” delle serie “Filminuto” e “Quinoscopio”, è conosciuto in tutto il mondo e non solo dagli appassionati del genere. Ha ricevuto premi e menzioni anche in Italia, ma la vetta della notorietà l'ha raggiunta facendo diventare “animata” quella piccola peste di “Mafalda”, il cui autore, l'argentino Joaquin Lavado (Quino) ha avuto la buona idea di affidargliela per farla uscire dalle strisce comiche e proseguire la collaborazione, appunto, con la menzionata serie “Quinoscopio”. Certamente oltre al talento, dal padre, ha ereditato l'ottimismo e il gran senso dell'umore.
Ma per tornare al film: l'argomento tratta della “giornata particolare” di due compagni di scuola. Mario e Carlos che abitano in quartieri e “ambienti” completamente diversi. Uno figlio di un musicista famoso, col padre sempre in viaggio e che torna carico di regali costosi, come ogni volta la versione più recente della “Play station” e l'altro, orfano, che vive in un quartiere periferico e marginale. Mario, figlio di papà, partecipa con tutta la scolaresca alla sfilata del Primo Maggio e al momento di imbarcarsi sugli autobus per il rientro, si perde nella calca e finisce su un veicolo sbagliato. Resosi conto dell'errore fa fermare il bus e scende trovandosi casualmente nei pressi del quartiere dove abita Carlos che invece non era presente alla sfilata. Non sapendo bene cosa fare si inoltra nelle viuzze e dopo qualche brutto incontro si imbatte nel compagno che nel corso della giornata gli da lezioni di vita. In cambio dell'aiuto però gli chiede di poter giocare con la Playstation che per lui è un oggetto misterioso. Nel montare l'apparecchio nella casupola modesta dell'amico, l'apparecchio va in corto circuito e si forma tutta una serie di situazioni tragicomiche per poter riparare l'apparecchio prima di tornare a casa, dal momento che Mario lo aveva sottratto contro il volere dei genitori.
Una commedia brillante, adatta a tutte le età e che mette in luce, con un tocco di caricatura che arricchisce la trama, le contraddizioni esistenti e la vita che si svolge in due mondi diversi contenuti nella stessa città. Insomma descrive senza ipocrisie e senza giudizi un'Avana reale e non quella che si vorrebbe che fosse.
In conclusione un film senza sbavature e fatto con grande professionalità da tutta l'equipe e il personale artistico. Direi che anche la scelta del casting è stata vincente cosi come le attuazioni dei ragazzi del gruppo teatrale “La Colmenita” (il piccolo alveare)
Il film ha ottenuto applausi a scena aperta e Ian ha dato prova una volta di più di grande talento, auspicio di un futuro denso di soddisfazioni.