Pubblicato su Juventud Rebelde del 5/4/15
I
Il nome di Capitolio, dato
all’edificio situato nell’isolato compreso fra le calles Prado, Industria, San
José e Dragones, con facciata principale sulla prima di queste vie, fu il
frutto di un inchiesta promossa dal Dottor Carlos Manuel de Céspedes, segretario
(ministro) delle Opere Pubbliche del presidente Gerardo Machado e portata a
termine dal giornale avanero Excélsior. Una parte importante della pubblica
opinione voleva che all’opera, che si cominciò a costruire il 1° di aprile del
1926, si desse il nome di Palazzo del Congresso, mentre un altro gruppo si
inclinava per Capitolio. Questo fu il nome che, per maggioranza, fu deciso
dall’inchiesta. Capitolio, questo è: edificio maestoso ed elevato.
II
La presidenza della
Repubblica era occupata dal maggior generale José Miguel Gómez quando il
Congresso, per legge del 20 luglio del 1910, autorizzò la permuta dei terreni
ed edifici dell’Arsenale (113.020 m²), di proprietà dello Stato con quelli che
occupava la Stazione di Villanueva (43.906 m²) di proprietà di Ferrocariles
Unidos de La Habana. Si trattò, disse la stampa di allora, del cambio di una
mucca con una capra e si commentò che, per renderlo possibile, si mosse
sottobanco una forte somma di denaro che la compagnia ferroviaria consegnò ai
governanti che appoggiarono la manovra.
Fino ad allora i presidenti
lavoravano e vivevano nel vecchio Palazzo dei Capitani Generali. José Miguel
voleva costruire il Palazzo Presidenziale nei terreni di Villanueva. Per la sua
edificazione, il 22 luglio, il Congresso approvò un credito di un milione di
pesos e il Presidente, per decreto, convocò un concorso internazionale per
scegliere il progetto dell’edificio. Delle 23 proposte avanzate da architetti
di diverse nazionalità, 19 si eliminarono per non avere i requisiti contemplati
nel bando. Alla lunga non si classificò nessuno dei quattro restanti e il
concorso rimase deserto. Una giuria ridotta formata a proposta del presidente
esaminò ancora i progetti finalisti. Si sarebbe optato per quello che, anche se
bisognasse apportare modifiche, avesse le migliori condizioni per la sua
esecuzione. Si scelse quello presentato col titolo “La Repubblica”, elaborato
da Eugenio Ranyeri Sorrentino e Eugenio Ranyeri Piedra. Si mise quindi all’asta
l’esecuzione del Palazzo e l’opera fu aggiudicata agli architetti Ranyeri.
Sarebbe stato un edificio di 100 metri per 70 e dovuto ai cambiamenti
introdotti al progetto originale, avrebbe avuto un costo di 1,2 milioni di
pesos.
III
Tutto camminò su ruote fino
all’ascesa al potere, nel 1913, del maggior generale Mario García Menocal. Al
nuovo presidente non piaceva il luogo scelto per il Palazzo Presidenziale.
Preferiva ubicarlo nella Quinta de los Molinos e destinare al Potere
Legislativo l’edificio che si stava costruendo a Villanuova, utilizzando quello
che era stato costruito fino ad allora. Si votò un altro credito e i nuovi
architetti decisero di aggiungere agli estremi dell’edificio due emicicli, uno
per il Senato e l’altro per la Camera dei Rappresentanti. L;immobile adesso
aveva 140 metri di fronte per 75 di profondità. :La cupola già fabbricata
sembrò loro molto bassa e si decisero per una più alta. La vecchia cupola con
550 m³ cemento armato e 1200 tonnellate di peso, si eliminò con una esplosione
controllata. La nuova più pesante e di maggior altezza, impose di rinforzare le
fondamenta con 532 pilastri di legno duro speciale.
IV
Giunse così il mese di
dicembre del 1917. Aumentavano i salari degli operai e tecnici e si elevavano i
prezzi dei materiali da costruzione. Menocal fermò i lavori. Si sarebbero
ripresi successivamente. La paralizzazione dfinitiva giunse il 21 ottobre 1921,
cinque mesi dopo la presa del potere di Alfredo zayas come presidente della
nazione. Su proposta del ministro alle Opere Pubbliche e in virtù della crisi economica
che attraversava il Paese si ordinò, inoltre, di affittare i terreni a una
compagnia privata che col nome di Havana Park, vi avrebbe montato un parco di
divertimento con montagne russe, giostre, e sale da gioco, così come bar e
un’offerta gastronomica variata.
V
Gerardo Machado si fece
carico del potere il 20 maggio del 1925. Il seguente 15 luglio, il Congresso
votava la Legge sulle Opere Pubbliche che ordinava nei suoi dettami di
Costruzione Civile, l’edificazione del palazzo delle leggi nei terreni di
Villanueva. Già per allora, oltre all’Havana Park, si erano stabiliti
all’interno dell’area, trasformata anche in deposito di materiali e immondizie.
Il Governo dispose immediatamente la cancellazione delle licenze rilasciate a
privati per operare nei terreni che
sarebbero stati del Capitolio e non si tardò a lasciarli vuoti. C’era fretta di
costruire l’edificio, la VI Conferenza Panamericana si sarebbe tenuta all’Avana
e Machado aveva promesso che si sarebbe tenuta in un edificio nuovo. {Perciò
doveva essere pronto prima delle 12 di mattina del 1° gennaio del 1928, questo
equivaleva a che l’opera si concludesse in 22 mesi. Se così non fosse, il
contrattista avrebbe pagato mille pesos per ogni giorno di ritardo.
VI
Carlos Miguel de Céspedes
incaricò gli architetti Govantes e Cabarrocas la realizzazione del progetto del
nuovo edificio. Il preventivo sarebbe stato di tre milioni di pesos per la
costruzione, altro mezzo milione per l’arredamento e si doveva sfruttare tutto quello che fosse possibile dei lavori
anteriori. Tre imprese di costruzione parteciparono alla licitazionenen si
dette l’incarico alla Purdy and Henderson, nonstante la sua proposta fosse più
cara di quella della Arellano-Mendoza-Morales. La Purdy aveva dei precedenti
migliori sia dal punto di vista della solvenza morale e materiale come per aver
costruito i palazzi del Centro Gallego, del Centro Asturiano gli edifici della
Metropolitana (banca, n.d.t.) e del Banco Gómez Mena, fra gli altri.
Successivamente costruirà l’Hotel Nacional.
VII
Tutti gli sforzi per
aprofittare, nella nuova opera, il massimo dell’edificato anteriormente furono
infruttuosi. Il tentativo si fece. Demolite alcune parti, rinforzati muri e
tetti in altre costruiti pilastrii e collocate travi di acciaio, si riscontrarono
differenze di misure e false squadre che obbligarono al rifacimento dei
disegni. In alcuni casi, le antiche fondamenta non corrispondevano con gli assi
dei nuovi muri e risultavano del tutto insufficienti per sopportare i nuovi
carichi. Si dovette scavare fino a sette metri per trovare terreno abbastanza
solido per poter cementare. Furono scavi difficili, il cemento era
letteralmente minato di fondamenta di cemento che correvano in tutte le
direzioni e che corrispondevano a progetti anteriori e senza nessuna
connessione. Pertanto non si poteva impiegare nessun mezzo meccanico e gli
scavi si dovettero fare con pala e piccone. La cupola, più alta e pesante, in
questo progetto, impose un rinforzo delle fondamenta e si dovettero installare
circa mille pilastri in legno duro speciale fondendo su di loro una grande
soletta di cemento armato che potesse sopportare le grandi colonne d’acciaio
della struttura.
VIII
Il prodotto delle
demolizioni e delle cementazioni che si dovettero sloggiare si utilizzò per il
riempimento del terreno stesso, così come nelle opere di costruzione del
Malecón avanero nell’Avenida del Puerto e in quella de las Misiones, dove si
utilizzarono migliaia di metri cubici di riempimento. Non esistevano, a Cuba,
le macchine, gli utensili e nemmeno gli operai capacitati a lavorare nei
cantieri, pertanto si ebbe la necessità di importare le attrezzature
econtrattare alcuni specialisti stranieri altamente qualificati per i lavori.
Si installarono nove seghe meccaniche con denti di diamante che squadravano i
blocchi alle misure più prossime perché il disagio del lavoro nei cantieri
fosse minimo. La manipolazione dei blocchi, alcuni dei quali pesavano fino a
nove tonnellate, fu meccanizzata con gru. Fu senz’altro una buona idea
riattivare la strada ferrata che arrivava fino a Villanueva. Su di essa si
trasportarono i materiali pesanti che si ricevevano in grande quantità tanto
dall’estero che dall’interno della Repubblica, cosa che offrì facilità,
economia e rapidità al loro trasporto, manipolazione e installazione. Cinque
operai e tecnici, cubani e non, trovarono la morte mentre lavoravano alla
costruzione del Capitolio.
IX
Terminate le fondamenta, in
conformità alle esigenze del progetto e con oggetto di salvare le proprie
responasbilità nell’adempimento del contratto, i contrattisti indirizzarono al
ministro delle Opere Pubbliche una comunicazione con riferimento al ritardo
sperimentato e agli esborsi fatti a causa di lavori che consideravano
straordinari in quanto non previsti e come conseguenza informarono che l’opera
non poteva essere eseguita entro il termine previsto né al prezzo pattuito.
Céspedes rispose che non accettava la proroga e non aderì alla richiesta. Senza
dubbio, la complessità dei lavori, gli imprevisti che si dovettero risolvere e
l’uso di materiali di qualità migliore e di maggior costo, fecero si che la
Purdy reiterasse la sua richiesta, raccomandando al Governo di non precipitarsi
con la marcia dei lavori. I tre milioni previsti si erano esauriti. Suggerirono
trovare un’altra sede per la Conferenza Panamericana. L’Università dell’Avana,
l’unica che funzionasse allora, si erse come sede alternativa per la riunione e
si procedette ad abbellire il centro docente. Si demolì quello che non serviva
e si costruirono strade e giardini dentro del recinto accademico, così come la
regale e monumentale scalinata. Alla fine di marzo del 1927, Céspedes si riunì
con l’architetto Rayneri, direttore delle opere, facendo il bilancio
dettagliato di quello che era in sospeso. Calcolarono, allora, che si
necessitavano circa dieci milioni di pesos addizionali a quello che si era già
speso per concludere l’opera. Peraltro stabilirono una nuova data per la sua
inaugurazione: 20 maggio 1929. Questo giorno, in pompa magna, Machado prendeva
possesso della presidenz per un secondo mandato.
X
Il capitolio rappresentò
l’investimento di 16.640.743 pesos e 30 centesimi, cifra che comprende il
valore delle opere d’arte che comprende, i mobili e i macchinari che si
acquisirono per la costruzione stessa. Occupa una superficie totale di 43.609
m², di cui 13.489 corrispondono all’edificio. Di essi 10.839 sono area coperta.
I giardini si estendono su 26.583 m². La sua costruzione durò 37 mesi, tempo
record per un’opera di tale dimensione. Monumento Nazionale. Simbolo della
Repubblica. Orgoglio per tutti noi.
(Con informazione di Luis Bay
Sevilla, Enrique Luis Varela, Juan de las Cuevas e Emilio Roig)
Lo que me contaron sobre el
Capitolio
Ciro Bianchi Ross digital@juventudrebelde.cu
4 de Abril del 2015
I
El nombre de
Capitolio dado al edificio emplazado en la manzana comprendida entre las calles
Prado, Industria, San José y Dragones, con fachada principal sobre la primera
de esas vías, fue fruto de la encuesta promovida por el Doctor Carlos Miguel de
Céspedes, secretario (ministro) de Obras Públicas del presidente Gerardo
Machado, y llevada a cabo por el periódico habanero Excélsior. Parte importante
de la opinión pública quería que la obra, que comenzaría a construirse el 1ro.
de abril de 1926, se le diera el nombre de Palacio del Congreso, mientras que
otro grupo se inclinaba por Capitolio. Este fue el nombre que, por mayoría,
decidió la encuesta. Capitolio, esto es edificio majestuoso y elevado.
II
Ocupaba la
presidencia de la República el mayor general José Miguel Gómez cuando el
Congreso, por ley de 20 de julio de 1910, autorizó la permuta de los terrenos y
edificios del Arsenal (113 020 m²), propiedad del Estado, por los que ocupaba
la Estación de Villanueva (43 906 m²), propiedad de los Ferrocarriles Unidos de
La Habana. Se trató, dijo la prensa de entonces, del cambio de la vaca por la
chiva, y se comentó que, para hacerlo posible, se movió bajo cuerda una fuerte
suma de dinero que la empresa ferroviaria entregó a los gobernantes para que
aprobaran la maniobra.
Hasta entonces
los mandatarios cubanos despachaban y vivían en el viejo Palacio de los
Capitanes Generales. José Miguel quería construir el Palacio Presidencial en
los terrenos de Villanueva. Para su edificación, el Congreso aprobó, el 22 de
julio, un crédito de un millón de pesos, y el Presidente por decreto convocaba
a un concurso internacional para elegir el proyecto del edificio. De las 23
propuestas remitidas por arquitectos de distintas nacionalidades, 19 se
eliminaron por no cumplir los requisitos contemplados en las bases del
certamen. Tampoco clasificó a la larga ninguna de las cuatro restantes y el
concurso quedó desierto. Un jurado más reducido conformado a propuesta del
mandatario, examinó otra vez los proyectos finalistas. Se decidiría por aquel
que, aun cuando hubiera que hacerle modificaciones, tuviera mejores condiciones
para su ejecución. Escogió el presentado bajo el título de «La República»,
elaborado por Eugenio Rayneri Sorrentino y Eugenio Rayneri Piedra. Se sacó
entonces a subasta la ejecución del Palacio y se adjudicó la obra a los
arquitectos Rayneri. Sería un edificio de 100 por 70 metros y, debido a los
cambios introducidos al proyecto original, tendría un costo de 1,2 millones de
pesos.
III
Todo marchó
sobre ruedas hasta la subida al poder, en 1913, del mayor general Mario García
Menocal. Disgustaba al nuevo mandatario el lugar escogido para Palacio
Presidencial. Prefería ubicarlo en la Quinta de los Molinos y destinar al Poder
Legislativo el edificio que se construía en Villanueva, utilizando lo levantado
hasta esa fecha. Se votó otro crédito y los nuevos arquitectos determinaron
añadir a los extremos del edificio dos hemiciclos, uno para el Senado y otro
para la Cámara de Representantes. El inmueble tendría ahora 140 metros de
frente por 75 de fondo. La cúpula ya ejecutada les pareció muy baja y se
decidieron por otra más elevada. La vieja cúpula, de unos 550 m3 de hormigón y
1 200 toneladas de peso, se eliminó mediante una explosión controlada. La
nueva, de más peso y altura, impuso reforzar los cimientos con 532 pilotes de
madera dura de júcaro y jiquí.
IV
Llegó así el
mes de diciembre de 1917. Subían los jornales de obreros y técnicos, y se
elevaban los precios de los materiales de construcción. Menocal detuvo los
trabajos. Se reanudarían tiempo después. La paralización definitiva llegó el 21
de octubre de 1921, cinco meses después de la toma de posesión del licenciado
Alfredo Zayas como presidente de la nación. A propuesta de su ministro de Obras
Públicas, y en virtud de la crisis económica por la que atravesaba el país, se
ordenaba además arrendar los terrenos a una compañía particular que, con el
nombre de Havana Park, montaría allí un parque de diversiones con montaña rusa,
tiovivos, carruseles y salas de juego, así como bares y una variada oferta
gastronómica.
V
Gerardo
Machado se hizo cargo del poder el 20 de mayo de 1925. El 15 de julio
siguiente, el Congreso votaba la Ley de Obras Públicas que consignaba, en su
acápite de Construcciones Civiles, la edificación del palacio de las leyes en
los terrenos de Villanueva. Ya para entonces, aparte del Havana Park, otros
negocios particulares habían buscado asiento en el área, convertida además en
depósito de trastos e inmundicias. Dispuso enseguida el Gobierno la cancelación
de las licencias otorgadas a particulares para operar en los terrenos que
serían del Capitolio y no demoró en desolarlos. Había apuro por concluir el
edificio, pues la VI Conferencia Panamericana se celebraría en La Habana y
Machado había prometido que sesionaría en edificio nuevo. Para ello debía estar
listo antes de las 12 meridiano del 1ro. de enero de 1928, lo que equivalía a
que la obra se concluyera en 22 meses. De no ser así, el contratista pagaría
mil pesos por cada día de demora.
VI
Carlos Miguel
de Céspedes encargó a los arquitectos Govantes y Cabarrocas la realización del
proyecto del nuevo edificio. El presupuesto sería de tres millones de pesos
para la construcción y otro medio millón para el mobiliario, y debía
aprovecharse todo lo que se pudiera de los empeños anteriores. Tres empresas
constructoras acudieron a la licitación y se encargó a la Purdy and Henderson,
pese a ser su propuesta más costosa que la de Arellano-Mendoza-Morales. La
Purdy tenía los mejores antecedentes, tanto desde el punto de vista de
solvencia material y moral, como por haber construido los palacios del Centro
Gallego y del Centro Asturiano y los edificios de La Metropolitana y el Banco
Gómez Mena, entre otros. Construiría después el Hotel Nacional.
VII
Fueron
infructuosos todos los esfuerzos por aprovechar en la nueva obra el máximo de
lo construido antes. El intento se hizo. Demolidas algunas partes, reforzados
muros y techos en otras, construidos dinteles y colocadas vigas de acero, se
advirtieron diferencias de medidas y falsas escuadras que obligaron al
replanteo de los planos. En algunos casos las cimentaciones antiguas no
correspondían con los ejes de los nuevos muros y en todos resultaban
insuficientes para soportar las nuevas cargas. Hubo que excavar hasta siete metros
para encontrar terreno lo bastante sólido para cimentar. Fueron excavaciones
difíciles, pues el terreno estaba materialmente minado de cimientos de concreto
que corrían en todas direcciones y que correspondían a proyectos anteriores y
sin conexión alguna. No podía emplearse, por tanto, ningún medio mecánico y las
excavaciones debieron hacerse a pico y pala. La cúpula, más alta y pesada en
este proyecto, impuso un refuerzo de la cimentación y hubo que hincar cerca de
mil pilotes de jiquí y fundir sobre ellos una gran placa de hormigón armado que
soportaría las grandes columnas de acero de la estructura.
VIII
El producto de
las demoliciones y de los cimientos que hubo que desechar se aprovechó en el
relleno del propio terreno, así como en las obras en construcción del Malecón
habanero, en la Avenida del Puerto y en la Avenida de las Misiones, donde se
emplearon miles de metros cúbicos de relleno. No existían en Cuba las
maquinarias, herramientas, ni tampoco los obreros capacitados para trabajar la
cantería, por lo que hubo necesidad de importar los equipos y contratar algunos
especialistas extranjeros de alta calificación para los trabajos. Se instalaron
nueve sierras mecánicas con hojas de diamantes que cuadraban los cantos a las
medidas más aproximadas para que el desbaste a ejecutar por los canteros fuera
el mínimo. La manipulación de los cantos, algunos de los cuales pesaban hasta
nueve toneladas, fue mecanizada con grúas. Fue sin duda un acierto reactivar la
vía férrea que llegaba hasta Villanueva. Por ella se transportaron los
materiales pesados que se recibieron en grandes cantidades tanto del exterior
como del interior de la República, lo que proporcionó facilidad, economía y
rapidez en su transporte, manipulación y acarreo. Cinco obreros y técnicos, cubanos
y no, encontraron la muerte mientras laboraban en la construcción del
Capitolio.
IX
Terminadas las
cimentaciones, conforme a las exigencias del proyecto y con objeto de salvar
los contratistas su responsabilidad en el cumplimiento del contrato, dirigieron
al ministro de Obras Públicas una comunicación referente al retraso
experimentado y los desembolsos hechos por causa de trabajos que
consideraban extraordinarios y no previstos, y como consecuencia informaban que
la obra no podría ejecutarse en el término previsto ni por el precio pactado.
Céspedes estimó que no procedía la prórroga y no accedió a la demanda. Sin
embargo, la complejidad de los trabajos, los imprevistos que se impuso
solucionar y el uso de materiales de mejor calidad y mayor costo, hicieron que
la Purdy reiterara su pedido, recomendando al Gobierno la conveniencia de no precipitar
la marcha de los trabajos. Se habían agotado ya los tres millones previstos.
Sugerían buscar otro emplazamiento para la Conferencia Panamericana. La
Universidad de La Habana, la única que funcionaba entonces, se alzó como sede
alternativa de la reunión, y se procedió a embellecer el centro docente. Se
demolió lo inservible y se construyeron calles y jardines dentro del recinto
académico, así como la regia y monumental escalinata. A fines de marzo de 1927,
Céspedes se reunía con el arquitecto Rayneri, director de las obras, y hacían
el balance detallado de lo pendiente. Calcularon entonces que unos diez
millones de pesos adicionales a lo ya gastado se requerían para concluir la
obra. Fijaron, por otra parte, una nueva fecha para su inauguración: 20 de mayo
de 1929. Ese día, con pompa y boato, Machado tomaba posesión de la presidencia
para un segundo mandato.
X
El Capitolio
representó una inversión de 16 640 743 pesos con 30 centavos, cifra que incluye
el valor de las obras de arte que atesora, los muebles y las maquinarias que se
adquirieron para la construcción misma. Ocupa una superficie total de 43 609
m2, de los que 13 489 corresponden al edificio. De ellos, 10 839 son área
techada. Los jardines se extienden sobre 26 583 m2. Su construcción demoró 37
meses, tiempo récord para una obra de esa envergadura. Monumento Nacional.
Símbolo de la República. Orgullo para todos nosotros.
(Con información
de Luis Bay Sevilla, Enrique Luis Varela, Juan de las Cuevas y Emilio Roig)