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lunedì 6 aprile 2015

Quello che mi hanno raccontato sul Capitolio, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 5/4/15

I
Il nome di Capitolio, dato all’edificio situato nell’isolato compreso fra le calles Prado, Industria, San José e Dragones, con facciata principale sulla prima di queste vie, fu il frutto di un inchiesta promossa dal Dottor Carlos Manuel de Céspedes, segretario (ministro) delle Opere Pubbliche del presidente Gerardo Machado e portata a termine dal giornale avanero Excélsior. Una parte importante della pubblica opinione voleva che all’opera, che si cominciò a costruire il 1° di aprile del 1926, si desse il nome di Palazzo del Congresso, mentre un altro gruppo si inclinava per Capitolio. Questo fu il nome che, per maggioranza, fu deciso dall’inchiesta. Capitolio, questo è: edificio maestoso ed elevato.
II
La presidenza della Repubblica era occupata dal maggior generale José Miguel Gómez quando il Congresso, per legge del 20 luglio del 1910, autorizzò la permuta dei terreni ed edifici dell’Arsenale (113.020 m²), di proprietà dello Stato con quelli che occupava la Stazione di Villanueva (43.906 m²) di proprietà di Ferrocariles Unidos de La Habana. Si trattò, disse la stampa di allora, del cambio di una mucca con una capra e si commentò che, per renderlo possibile, si mosse sottobanco una forte somma di denaro che la compagnia ferroviaria consegnò ai governanti che appoggiarono la manovra.
Fino ad allora i presidenti lavoravano e vivevano nel vecchio Palazzo dei Capitani Generali. José Miguel voleva costruire il Palazzo Presidenziale nei terreni di Villanueva. Per la sua edificazione, il 22 luglio, il Congresso approvò un credito di un milione di pesos e il Presidente, per decreto, convocò un concorso internazionale per scegliere il progetto dell’edificio. Delle 23 proposte avanzate da architetti di diverse nazionalità, 19 si eliminarono per non avere i requisiti contemplati nel bando. Alla lunga non si classificò nessuno dei quattro restanti e il concorso rimase deserto. Una giuria ridotta formata a proposta del presidente esaminò ancora i progetti finalisti. Si sarebbe optato per quello che, anche se bisognasse apportare modifiche, avesse le migliori condizioni per la sua esecuzione. Si scelse quello presentato col titolo “La Repubblica”, elaborato da Eugenio Ranyeri Sorrentino e Eugenio Ranyeri Piedra. Si mise quindi all’asta l’esecuzione del Palazzo e l’opera fu aggiudicata agli architetti Ranyeri. Sarebbe stato un edificio di 100 metri per 70 e dovuto ai cambiamenti introdotti al progetto originale, avrebbe avuto un costo di 1,2 milioni di pesos.
III
Tutto camminò su ruote fino all’ascesa al potere, nel 1913, del maggior generale Mario García Menocal. Al nuovo presidente non piaceva il luogo scelto per il Palazzo Presidenziale. Preferiva ubicarlo nella Quinta de los Molinos e destinare al Potere Legislativo l’edificio che si stava costruendo a Villanuova, utilizzando quello che era stato costruito fino ad allora. Si votò un altro credito e i nuovi architetti decisero di aggiungere agli estremi dell’edificio due emicicli, uno per il Senato e l’altro per la Camera dei Rappresentanti. L;immobile adesso aveva 140 metri di fronte per 75 di profondità. :La cupola già fabbricata sembrò loro molto bassa e si decisero per una più alta. La vecchia cupola con 550 m³ cemento armato e 1200 tonnellate di peso, si eliminò con una esplosione controllata. La nuova più pesante e di maggior altezza, impose di rinforzare le fondamenta con 532 pilastri di legno duro speciale.
IV
Giunse così il mese di dicembre del 1917. Aumentavano i salari degli operai e tecnici e si elevavano i prezzi dei materiali da costruzione. Menocal fermò i lavori. Si sarebbero ripresi successivamente. La paralizzazione dfinitiva giunse il 21 ottobre 1921, cinque mesi dopo la presa del potere di Alfredo zayas come presidente della nazione. Su proposta del ministro alle Opere Pubbliche e in virtù della crisi economica che attraversava il Paese si ordinò, inoltre, di affittare i terreni a una compagnia privata che col nome di Havana Park, vi avrebbe montato un parco di divertimento con montagne russe, giostre, e sale da gioco, così come bar e un’offerta gastronomica variata.
V
Gerardo Machado si fece carico del potere il 20 maggio del 1925. Il seguente 15 luglio, il Congresso votava la Legge sulle Opere Pubbliche che ordinava nei suoi dettami di Costruzione Civile, l’edificazione del palazzo delle leggi nei terreni di Villanueva. Già per allora, oltre all’Havana Park, si erano stabiliti all’interno dell’area, trasformata anche in deposito di materiali e immondizie. Il Governo dispose immediatamente la cancellazione delle licenze rilasciate a privati per operare  nei terreni che sarebbero stati del Capitolio e non si tardò a lasciarli vuoti. C’era fretta di costruire l’edificio, la VI Conferenza Panamericana si sarebbe tenuta all’Avana e Machado aveva promesso che si sarebbe tenuta in un edificio nuovo. {Perciò doveva essere pronto prima delle 12 di mattina del 1° gennaio del 1928, questo equivaleva a che l’opera si concludesse in 22 mesi. Se così non fosse, il contrattista avrebbe pagato mille pesos per ogni giorno di ritardo.
VI
Carlos Miguel de Céspedes incaricò gli architetti Govantes e Cabarrocas la realizzazione del progetto del nuovo edificio. Il preventivo sarebbe stato di tre milioni di pesos per la costruzione, altro mezzo milione per l’arredamento e si doveva sfruttare  tutto quello che fosse possibile dei lavori anteriori. Tre imprese di costruzione parteciparono alla licitazionenen si dette l’incarico alla Purdy and Henderson, nonstante la sua proposta fosse più cara di quella della Arellano-Mendoza-Morales. La Purdy aveva dei precedenti migliori sia dal punto di vista della solvenza morale e materiale come per aver costruito i palazzi del Centro Gallego, del Centro Asturiano gli edifici della Metropolitana (banca, n.d.t.) e del Banco Gómez Mena, fra gli altri. Successivamente costruirà l’Hotel Nacional.
VII
Tutti gli sforzi per aprofittare, nella nuova opera, il massimo dell’edificato anteriormente furono infruttuosi. Il tentativo si fece. Demolite alcune parti, rinforzati muri e tetti in altre costruiti pilastrii e collocate travi di acciaio, si riscontrarono differenze di misure e false squadre che obbligarono al rifacimento dei disegni. In alcuni casi, le antiche fondamenta non corrispondevano con gli assi dei nuovi muri e risultavano del tutto insufficienti per sopportare i nuovi carichi. Si dovette scavare fino a sette metri per trovare terreno abbastanza solido per poter cementare. Furono scavi difficili, il cemento era letteralmente minato di fondamenta di cemento che correvano in tutte le direzioni e che corrispondevano a progetti anteriori e senza nessuna connessione. Pertanto non si poteva impiegare nessun mezzo meccanico e gli scavi si dovettero fare con pala e piccone. La cupola, più alta e pesante, in questo progetto, impose un rinforzo delle fondamenta e si dovettero installare circa mille pilastri in legno duro speciale fondendo su di loro una grande soletta di cemento armato che potesse sopportare le grandi colonne d’acciaio della struttura.
VIII
Il prodotto delle demolizioni e delle cementazioni che si dovettero sloggiare si utilizzò per il riempimento del terreno stesso, così come nelle opere di costruzione del Malecón avanero nell’Avenida del Puerto e in quella de las Misiones, dove si utilizzarono migliaia di metri cubici di riempimento. Non esistevano, a Cuba, le macchine, gli utensili e nemmeno gli operai capacitati a lavorare nei cantieri, pertanto si ebbe la necessità di importare le attrezzature econtrattare alcuni specialisti stranieri altamente qualificati per i lavori. Si installarono nove seghe meccaniche con denti di diamante che squadravano i blocchi alle misure più prossime perché il disagio del lavoro nei cantieri fosse minimo. La manipolazione dei blocchi, alcuni dei quali pesavano fino a nove tonnellate, fu meccanizzata con gru. Fu senz’altro una buona idea riattivare la strada ferrata che arrivava fino a Villanueva. Su di essa si trasportarono i materiali pesanti che si ricevevano in grande quantità tanto dall’estero che dall’interno della Repubblica, cosa che offrì facilità, economia e rapidità al loro trasporto, manipolazione e installazione. Cinque operai e tecnici, cubani e non, trovarono la morte mentre lavoravano alla costruzione del Capitolio.
IX
Terminate le fondamenta, in conformità alle esigenze del progetto e con oggetto di salvare le proprie responasbilità nell’adempimento del contratto, i contrattisti indirizzarono al ministro delle Opere Pubbliche una comunicazione con riferimento al ritardo sperimentato e agli esborsi fatti a causa di lavori che consideravano straordinari in quanto non previsti e come conseguenza informarono che l’opera non poteva essere eseguita entro il termine previsto né al prezzo pattuito. Céspedes rispose che non accettava la proroga e non aderì alla richiesta. Senza dubbio, la complessità dei lavori, gli imprevisti che si dovettero risolvere e l’uso di materiali di qualità migliore e di maggior costo, fecero si che la Purdy reiterasse la sua richiesta, raccomandando al Governo di non precipitarsi con la marcia dei lavori. I tre milioni previsti si erano esauriti. Suggerirono trovare un’altra sede per la Conferenza Panamericana. L’Università dell’Avana, l’unica che funzionasse allora, si erse come sede alternativa per la riunione e si procedette ad abbellire il centro docente. Si demolì quello che non serviva e si costruirono strade e giardini dentro del recinto accademico, così come la regale e monumentale scalinata. Alla fine di marzo del 1927, Céspedes si riunì con l’architetto Rayneri, direttore delle opere, facendo il bilancio dettagliato di quello che era in sospeso. Calcolarono, allora, che si necessitavano circa dieci milioni di pesos addizionali a quello che si era già speso per concludere l’opera. Peraltro stabilirono una nuova data per la sua inaugurazione: 20 maggio 1929. Questo giorno, in pompa magna, Machado prendeva possesso della presidenz per un secondo mandato.
X
Il capitolio rappresentò l’investimento di 16.640.743 pesos e 30 centesimi, cifra che comprende il valore delle opere d’arte che comprende, i mobili e i macchinari che si acquisirono per la costruzione stessa. Occupa una superficie totale di 43.609 m², di cui 13.489 corrispondono all’edificio. Di essi 10.839 sono area coperta. I giardini si estendono su 26.583 m². La sua costruzione durò 37 mesi, tempo record per un’opera di tale dimensione. Monumento Nazionale. Simbolo della Repubblica. Orgoglio per tutti noi.
(Con informazione di Luis Bay Sevilla, Enrique Luis Varela, Juan de las Cuevas e Emilio Roig)



Lo que me contaron sobre el Capitolio

Ciro Bianchi Ross  digital@juventudrebelde.cu
4 de Abril del 2015
 
  
I
El nombre de Capitolio dado al edificio emplazado en la manzana comprendida entre las calles Prado, Industria, San José y Dragones, con fachada principal sobre la primera de esas vías, fue fruto de la encuesta promovida por el Doctor Carlos Miguel de Céspedes, secretario (ministro) de Obras Públicas del presidente Gerardo Machado, y llevada a cabo por el periódico habanero Excélsior. Parte importante de la opinión pública quería que la obra, que comenzaría a construirse el 1ro. de abril de 1926, se le diera el nombre de Palacio del Congreso, mientras que otro grupo se inclinaba por Capitolio. Este fue el nombre que, por mayoría, decidió la encuesta. Capitolio, esto es edificio majestuoso y elevado.
II
Ocupaba la presidencia de la República el mayor general José Miguel Gómez cuando el Congreso, por ley de 20 de julio de 1910, autorizó la permuta de los terrenos y edificios del Arsenal (113 020 m²), propiedad del Estado, por los que ocupaba la Estación de Villanueva (43 906 m²), propiedad de los Ferrocarriles Unidos de La Habana. Se trató, dijo la prensa de entonces, del cambio de la vaca por la chiva, y se comentó que, para hacerlo posible, se movió bajo cuerda una fuerte suma de dinero que la empresa ferroviaria entregó a los gobernantes para que aprobaran la maniobra.
Hasta entonces los mandatarios cubanos despachaban y vivían en el viejo Palacio de los Capitanes Generales. José Miguel quería construir el Palacio Presidencial en los terrenos de Villanueva. Para su edificación, el Congreso aprobó, el 22 de julio, un crédito de un millón de pesos, y el Presidente por decreto convocaba a un concurso internacional para elegir el proyecto del edificio. De las 23 propuestas remitidas por arquitectos de distintas nacionalidades, 19 se eliminaron por no cumplir los requisitos contemplados en las bases del certamen. Tampoco clasificó a la larga ninguna de las cuatro restantes y el concurso quedó desierto. Un jurado más reducido conformado a propuesta del mandatario, examinó otra vez los proyectos finalistas. Se decidiría por aquel que, aun cuando hubiera que hacerle modificaciones, tuviera mejores condiciones para su ejecución. Escogió el presentado bajo el título de «La República», elaborado por Eugenio Rayneri Sorrentino y Eugenio Rayneri Piedra. Se sacó entonces a subasta la ejecución del Palacio y se adjudicó la obra a los arquitectos Rayneri. Sería un edificio de 100 por 70 metros y, debido a los cambios introducidos al proyecto original, tendría un costo de 1,2 millones de pesos.
III
Todo marchó sobre ruedas hasta la subida al poder, en 1913, del mayor general Mario García Menocal. Disgustaba al nuevo mandatario el lugar escogido para Palacio Presidencial. Prefería ubicarlo en la Quinta de los Molinos y destinar al Poder Legislativo el edificio que se construía en Villanueva, utilizando lo levantado hasta esa fecha. Se votó otro crédito y los nuevos arquitectos determinaron añadir a los extremos del edificio dos hemiciclos, uno para el Senado y otro para la Cámara de Representantes. El inmueble tendría ahora 140 metros de frente por 75 de fondo. La cúpula ya ejecutada les pareció muy baja y se decidieron por otra más elevada. La vieja cúpula, de unos 550 m3 de hormigón y 1 200 toneladas de peso, se eliminó mediante una explosión controlada. La nueva, de más peso y altura, impuso reforzar los cimientos con 532 pilotes de madera dura de júcaro y jiquí.
IV
Llegó así el mes de diciembre de 1917. Subían los jornales de obreros y técnicos, y se elevaban los precios de los materiales de construcción. Menocal detuvo los trabajos. Se reanudarían tiempo después. La paralización definitiva llegó el 21 de octubre de 1921, cinco meses después de la toma de posesión del licenciado Alfredo Zayas como presidente de la nación. A propuesta de su ministro de Obras Públicas, y en virtud de la crisis económica por la que atravesaba el país, se ordenaba además arrendar los terrenos a una compañía particular que, con el nombre de Havana Park, montaría allí un parque de diversiones con montaña rusa, tiovivos, carruseles y salas de juego, así como bares y una variada oferta gastronómica.
V
Gerardo Machado se hizo cargo del poder el 20 de mayo de 1925. El 15 de julio siguiente, el Congreso votaba la Ley de Obras Públicas que consignaba, en su acápite de Construcciones Civiles, la edificación del palacio de las leyes en los terrenos de Villanueva. Ya para entonces, aparte del Havana Park, otros negocios particulares habían buscado asiento en el área, convertida además en depósito de trastos e inmundicias. Dispuso enseguida el Gobierno la cancelación de las licencias otorgadas a particulares para operar en los terrenos que serían del Capitolio y no demoró en desolarlos. Había apuro por concluir el edificio, pues la VI Conferencia Panamericana se celebraría en La Habana y Machado había prometido que sesionaría en edificio nuevo. Para ello debía estar listo antes de las 12 meridiano del 1ro. de enero de 1928, lo que equivalía a que la obra se concluyera en 22 meses. De no ser así, el contratista pagaría mil pesos por cada día de demora.
VI
Carlos Miguel de Céspedes encargó a los arquitectos Govantes y Cabarrocas la realización del proyecto del nuevo edificio. El presupuesto sería de tres millones de pesos para la construcción y otro medio millón para el mobiliario, y debía aprovecharse todo lo que se pudiera de los empeños anteriores. Tres empresas constructoras acudieron a la licitación y se encargó a la Purdy and Henderson, pese a ser su propuesta más costosa que la de Arellano-Mendoza-Morales. La Purdy tenía los mejores antecedentes, tanto desde el punto de vista de solvencia material y moral, como por haber construido los palacios del Centro Gallego y del Centro Asturiano y los edificios de La Metropolitana y el Banco Gómez Mena, entre otros. Construiría después el Hotel Nacional.
VII
Fueron infructuosos todos los esfuerzos por aprovechar en la nueva obra el máximo de lo construido antes. El intento se hizo. Demolidas algunas partes, reforzados muros y techos en otras, construidos dinteles y colocadas vigas de acero, se advirtieron diferencias de medidas y falsas escuadras que obligaron al replanteo de los planos. En algunos casos las cimentaciones antiguas no correspondían con los ejes de los nuevos muros y en todos resultaban insuficientes para soportar las nuevas cargas. Hubo que excavar hasta siete metros para encontrar terreno lo bastante sólido para cimentar. Fueron excavaciones difíciles, pues el terreno estaba materialmente minado de cimientos de concreto que corrían en todas direcciones y que correspondían a proyectos anteriores y sin conexión alguna. No podía emplearse, por tanto, ningún medio mecánico y las excavaciones debieron hacerse a pico y pala. La cúpula, más alta y pesada en este proyecto, impuso un refuerzo de la cimentación y hubo que hincar cerca de mil pilotes de jiquí y fundir sobre ellos una gran placa de hormigón armado que soportaría las grandes columnas de acero de la estructura.
VIII
El producto de las demoliciones y de los cimientos que hubo que desechar se aprovechó en el relleno del propio terreno, así como en las obras en construcción del Malecón habanero, en la Avenida del Puerto y en la Avenida de las Misiones, donde se emplearon miles de metros cúbicos de relleno. No existían en Cuba las maquinarias, herramientas, ni tampoco los obreros capacitados para trabajar la cantería, por lo que hubo necesidad de importar los equipos y contratar algunos especialistas extranjeros de alta calificación para los trabajos. Se instalaron nueve sierras mecánicas con hojas de diamantes que cuadraban los cantos a las medidas más aproximadas para que el desbaste a ejecutar por los canteros fuera el mínimo. La manipulación de los cantos, algunos de los cuales pesaban hasta nueve toneladas, fue mecanizada con grúas. Fue sin duda un acierto reactivar la vía férrea que llegaba hasta Villanueva. Por ella se transportaron los materiales pesados que se recibieron en grandes cantidades tanto del exterior como del interior de la República, lo que proporcionó facilidad, economía y rapidez en su transporte, manipulación y acarreo. Cinco obreros y técnicos, cubanos y no, encontraron la muerte mientras laboraban en la construcción del Capitolio.
IX
Terminadas las cimentaciones, conforme a las exigencias del proyecto y con objeto de salvar los contratistas su responsabilidad en el cumplimiento del contrato, dirigieron al ministro de Obras Públicas una comunicación referente al retraso experimentado y los desembolsos hechos por causa de  trabajos que consideraban extraordinarios y no previstos, y como consecuencia informaban que la obra no podría ejecutarse en el término previsto ni por el precio pactado. Céspedes estimó que no procedía la prórroga y no accedió a la demanda. Sin embargo, la complejidad de los trabajos, los imprevistos que se impuso solucionar y el uso de materiales de mejor calidad y mayor costo, hicieron que la Purdy reiterara su pedido, recomendando al Gobierno la conveniencia de no precipitar la marcha de los trabajos. Se habían agotado ya los tres millones previstos. Sugerían buscar otro emplazamiento para la Conferencia Panamericana. La Universidad de La Habana, la única que funcionaba entonces, se alzó como sede alternativa de la reunión, y se procedió a embellecer el centro docente. Se demolió lo inservible y se construyeron calles y jardines dentro del recinto académico, así como la regia y monumental escalinata. A fines de marzo de 1927, Céspedes se reunía con el arquitecto Rayneri, director de las obras, y hacían el balance detallado de lo pendiente. Calcularon entonces que unos diez millones de pesos adicionales a lo ya gastado se requerían para concluir la obra. Fijaron, por otra parte, una nueva fecha para su inauguración: 20 de mayo de 1929. Ese día, con pompa y boato, Machado tomaba posesión de la presidencia para un segundo mandato.
X
El Capitolio representó una inversión de 16 640 743 pesos con 30 centavos, cifra que incluye el valor de las obras de arte que atesora, los muebles y las maquinarias que se adquirieron para la construcción misma. Ocupa una superficie total de 43 609 m2, de los que 13 489 corresponden al edificio. De ellos, 10 839 son área techada. Los jardines se extienden sobre 26 583 m2. Su construcción demoró 37 meses, tiempo récord para una obra de esa envergadura. Monumento Nacional. Símbolo de la República. Orgullo para todos nosotros.
(Con información de Luis Bay Sevilla, Enrique Luis Varela, Juan de las Cuevas y Emilio Roig)


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