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lunedì 13 aprile 2015

Donne al Congresso, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 12/4/15

A Cuba le donne arrivarono alla Camera dei Rappresentanti nel 1936 e al Senato nel 1940. Il primo progetto di legge presentato da una donna al Congresso fu una specie di riforma agraria che prevedeva la distribuzione di terre incolte dello Stato.
Corrispose a Consuelo Vazquez Bello di Las Villas presentarlo. Fino al 1958 si concesse solo in una occasione l’opportunità, a una donna, di fare il panegirico di Antonio Maceo alla Camera e pure fino a quell’anno, solo una donna presiedette questa entità, la orientale María Caro Mas. In sei anni da senatrice, María Teresa Zayas, non pronunciò mai una sola parola nell’emiciclo del Senato. Prima di occupare il suo seggio alla Camera, Alicia Hernández de la Barca fu delegata alla convenzione che elaborò la Costituzione del 1940, dove ci furono solo tre donne. Siccome in quel periodo aveva appena partorito, non era infrequente che accudisse a quella assemblea magna con il bambino in braccio. Anni dopo, un po’ per scherzo, ma con orgoglio dirà a suo figlio:
-Sei l’unico cubano allattato al Capitolio.
Il 6 di aprile del 1936, all’apertura del periodo legislativo, si fecero valere alla Camera sei donne con i certificati di parlamentari elette. Furono: Rosa Anders Causse, María Gómez Carbonell, María Quintana Herrera, Balbina Remedios e le già citate María Caro Mas e Consuelo Vázquez Bello. Da quella data e fino al 1952 non hanno mai superato il numero di sei le donne che ebbero seggi in questo consesso durante una legislazione.
Tra il 1940 e il 1952 ci furono solo due senatrici, una di loro la giornalista Mariblanca Sabas Alomá che fu anche ambasciatrice e ministro senza portafoglio. Nel 1954 solo una donna, María Gómez Carbonell arrivò al Senato e altre due, entrambe per Oriente, entrarono alla Camera. Nelle elezioni spurie del 1958, solo una donna venne eletta al Senato, la già citata Alicia Hernández de la Barca e tre giunsero alla Camera dei Rappresentanti.

Io sono la maggiore

Un giorno, il Presidente della Camera mancò alla sessione corrispondente e così anche il suo vice. Tale assenza la suppliva il rappresentante di maggior età. Maria Caro assunse senza pregiudizi la sua età e disse “Io sono la maggiore”. Salì al podio per dichiarare aperta la sessione che non giunse a celebrarsi per mancanza di quorum. Lei promosse una legge sulla proprietà intellettuale che non procedette e nel 1938 gettò in faccia al presidente Federico Laredo Bru l’inadempienza della sua promessa di contribuire con 25.000 pesos al sostegno della Scuola della Famiglia di Oriente.
Non si approvò nemeno il progetto di legge sulla ripartizione di terre statali di Consuelo Vázquez Bello, sorella di Clemente, presidente del Senato ai tempi di Machado e che nel settembre 1932 fu vittima di un atentatro che gli costò la vita. Si dice che l’Avanera María Antonia Quintana, molto abile nel dibattimento politico, dava colore alle sessioni della Camera per la sua bellezza, eleganza e per il suo modo di fare limpido e deciso e che Rosa Anders Causse di Camagüey, eloquentissima, fu una delle figure più rilevanti del Congresso. Esperanza Sánchez Mastrapa, che partecipò come delegata all’Assemblea Costituente come nel Parlamento, Alicia Hernandez de la Barca lavorò a favore dell’infanzia, la scuola, il maestro e la donna. Alla Camera propose una legge che disponeva la riforma integrale dell’insegnamento e un’altra sulla creazione del servizio sociale e l’orientamento vocazionale nella scuola pubblica.
Molti anni dopo Alicia Hernández de la Barca: “Mi portano alla Costituente giusto come rappresentante delle donne...fui incaricata di redigere la sezione sullo Stato e la famiglia...Quando ci riunimmo là, al Capitolio, Grau che era il mio capo politico, mi disse di prendere partito su questo tema e come mi erano sempre interessati i diritti civili della donna, quelli sessuali, la uguaglianza razziale, infine con tutto ciò in testa, assunsi il progetto...Affrontai affari molto delicati, dall’educazione, alla famiglia; la polemica maggiore la suscitò il tema razziale e la questione dei figli illegittimi”.
Questi nomi diranno poco o niente ai lettori di oggi. Anche se mi riferirò più avanti alla Hernández de la Barca, accennerò adesso per la curiosità dei loro casi, ad altre due legislatrici, la pittrice Loló Soldevilla ela già citata María Teresa Zayas.

Dimissionarie

Quest’ultima, figlia dell’ex presidente Alfredo Zayas, fu eletta al Senato in due occasioni. La seconda volta svolse il suo mandato da principio a fine tra 1944 e 1948, ma alla prima aveva rinunciato nel 1942, quando svolgeva l’incarico da due anni. Allora lo occupò il suo sostituto Eugenio Rodríguez Cartas e tutto rimase in famiglia perché era anche suo marito
Lei conobbe quello che sarà suo marito durante una visita al Castillo del Principe, dove Rodríguez Cartas scontava una sanzione per l’omicidio, nel 1917, di Florencio Guerra, sindaco provvisorio di Cienfuegos. Non era di certo il suo primo crimine ebbene anche nel 1911, sempre per omicidio, fu condannato dall’auditoria di Santa Clara. Non fu nemmeno l’ultimo: nel 1950 crivellò letteralmente di colpi, nell’edificio America della calle Galiano, il rappresentante alla Camera Rafael Frayle Goldarás, fatto che rimase impunito e appena un anno dopo fu protagonista principale del sequestro del leader operaio dominicano Mauricio Báez, fatto uscire da Cuba in segreto e servito su un piatto d’argento al satrapo Rafael Leónidas Trujillo senza che si precisasse niente sul suo destino che si può immaginare. Ma questa è un‘altra storia.
Il fatto è che in  quella visita al Castillo del Principe, Marí Teresa Zayas si innamorò di Rodríguez Cartas e conseguì che suo padre, nel mentre alla Presidenza della Repubblica, lo amnistiasse. Qualcuno può chiedersi come un assassino carcerato e confesso potesse regolarsi per arrivare al Congresso della nazione. Cosí erano le cose. Le amnistie ripulivano i precedenti penali e il resto era questione di muovere le influenze e i soldi sufficienti. L’atto di rappresentante alla Camera per il Partito Auténtico nel 1950 costava non meno di 100.000 pesos, cifra per niente difficile da recuperare se si veniva eletti. Loló Soldevilla fu, sembra, una legislatrice feconda, ma si stancò presto del suo lavoro al Congresso e rinunciò al suo seggio che conquistò per l’Avana nonostante fosse nata a Pínar del Río.
Si allontanò cosí dalla politica attiva per dedicarsi completamente a quelle che erano le su due vocazioni: la pittura e la letteratura. Era sposta con Eusebio Mujal, l’auténtico e poi batistiano, leader della CTC. Ai tempi di Batista  e già separata da suo marito, si disimpegnò come addetta culturale dell’ambasciata di Cuba a Parigi. Più tardi -31 ottobre 1957- già con altri amori, aprì nella 5ta Avenida, angolo 84 a Miramar, la galleria Color-Luz. Dopo la vittoria della Rivoluzione rimase a Cuba e pubblicò un paio di libri. Chi scrive ricorda, a metà degli anni ’60, le passeggiate di Loló Soldevilla per la calle Obispo, con un abbigliamento un po’ stravagante e circondata sempre da un seguito di ragazzi di ambo i sessi che la trattavano quasi come una dea.

La fidanzata auténtica

Rimase anche a Cuba Alicia Hernández de la Barca e svolse un valido compito nel settore dell’educazione, in particolare nella Direzione Nazionale dei Giardini d’Infanzia. Da studentessa universitaria conobbe molte di quelle che poi sarebbero state figure significative del Partito Auténtico, nel quale militò anche lei. Fu amica di Ramón Grau San Martin che al suo arrivo al potere, nel 1944, la nominò sottosegretaria (viceminstra) dell’Educazione e da questo dicastero, dove rimase fino al 1946, fu la collaboratrice più efficace del ministro Luis Pérez Espinós nella sua campagna di Tutto per il bambino. Nel 1950 Alicia fu una delle promotrici della legge per l’equiparazione della donna e del matrimonio. Morì all’Avana con oltre 90 anni d’età.
In un certo momento la chiamarono La Fidanzata dell’Autenticismo. Per questa organizzazione politica giunse alla Camera nel 1946 e vi tornò nel 1950 mandato, questo, che non poté concludere perché il colpo di Stato del 10 marzo 1952 interruppe il ritmo istituzionale della nazione. Ancora molto giovane, entrò come professoressa di Matematica nel complesso della Scuola Normale per Maestri dell’Avana. L’aveva designata il suo padrino, il generale josé Braulio Alemán, segretario (ministro) dell’Educazione del presidente Machado. Alla Dottoressa Carolina Poncet, tutta un’istituzione alla Normale, dette fastidio la giovinezza della nuova collega. Commentò, allora la studiosa del romanzo cubano e dell’opera di José Jacinto Milanés e Joaquín Lorenzo Luaces che Cuba era un Paese di sorprese e aggiunse subito che non capiva come una ragazza tanto giovane fosse già cattedratica di una scuola come quella. Alicia rispose che non la nominarono per la sua età, ma per i suoi titoli.
-Quanti titoli universitari ha lei?
-Due rispose la citata.
-Bene, io ne ho quattro.
In effetti era Dottoressa in Farmacia, in Pedagogia, in Scienze Fisico-Matematiche e in Scienze Naturali.
Nonostanze le sue discrepanze col presidente Carlos Prío, Alicia Hernández de la Barca fu l’unica deonna che nelle ore che seguirono il colpo di Stato batistiano si fece presente al Palazzo per manifestare il suo appoggio e collaborazione al presidente deposto. Lo incitò a resistere e quando si convinse che non lo avrebbe fatto, suggerì senza successo, che i parlamentari si facessrro forti nel Capitolio. Nell’accomiatasi da Prío e girandogli le spalle per sempre gli gettò in faccia la sua mancanza ti tempra con una frase lapidaria.
Gli disse:
-Ricorda che tua madre fu mambisa.


 Mujeres en el Congreso

Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
12 de Abril del 2015

En Cuba las mujeres llegaron a la Cámara de Representantes en 1936, y al Senado en 1940. El primer proyecto de ley presentado por una mujer al Congreso fue una suerte de reforma agraria que contemplaba el reparto de las tierras rústicas del Estado. Correspondió hacerlo a la villareña Consuelo Vázquez Bello. Hasta 1958 solo en una ocasión se concedió a una mujer la oportunidad de hacer el panegírico de Antonio Maceo en la Cámara, y también hasta esa fecha solo una mujer presidió ese cuerpo, la oriental María Caro Mas. En seis años como senadora, María Teresa Zayas jamás pronunció una sola palabra en el hemiciclo del Senado. Antes de ocupar su curul en la Cámara, Alicia Hernández de la Barca fue delegada a la convención que elaboró la Constitución de 1940, donde solo hubo tres mujeres. Como en esa época estaba recién parida, no era raro que concurriera a aquella magna asamblea con el niño en brazos. Años después, un poco en broma, pero con orgullo, diría a su hijo:
—Eres el único cubano que tomó el pecho en el Capitolio.
El 6 de abril de 1936, al abrirse el período legislativo, seis mujeres hicieron valer en la Cámara sus actas como parlamentarias electas. Fueron Rosa Anders Causse, María Gómez Carbonell, María Quintana Herrera, Balbina Remedios y las ya citadas María Caro Mas y Consuelo Vázquez Bello. Desde esa fecha y hasta 1952 nunca pasaron de seis las mujeres que tuvieron escaños en ese cuerpo durante una etapa congresional.
Entre 1940 y 1952 hubo solo dos senadoras, una de ellas la periodista Mariblanca Sabas Alomá, también embajadora y ministra sin cartera. En 1954 solo una mujer, María Gómez Carbonell, llegó al Senado, y otras dos, ambas por Oriente, accedieron a la Cámara. En las elecciones espurias de 1958 solamente una dama resultó electa al Senado, la ya mencionada Alicia Hernández de la Barca, y tres llegaron a la Cámara de Representantes.

Yo soy la mayor

Un día faltó a la sesión correspondiente el Presidente de la Cámara y también el vice. Tales ausencias las suplía el representante de más edad. María Caro asumió sin prejuicios sus años y dijo: “Yo soy la mayor”. Subió al estrado para declarar abierta una sesión que no llegaría a celebrarse por falta de quórum. Ella impulsó una ley sobre la propiedad intelectual que no progresó y en 1938 echó en cara al presidente Federico Laredo Bru el incumplimiento de su promesa de contribuir con 25 000 pesos al sostenimiento de la Escuela del Hogar, de Oriente.
Tampoco se aprobó el proyecto de ley sobre el reparto de tierras estatales de Consuelo Vázquez Bello, hermana de Clemente, presidente del Senado en tiempos de Machado y que en septiembre de 1932 fue víctima de un atentado que le costó la vida. Se dice que la habanera María Antonia Quintana, muy hábil en el debate político, daba colorido a las sesiones de la Cámara por su belleza y elegancia y por su actuación despejada y decidida, y que Rosa Anders Causse, de Camagüey, elocuentísima, fue una de las figuras femeninas más relevantes del Congreso. Esperanza Sánchez Mastrapa, que concurrió como delegada a la Asamblea Constituyente de 1940, llegó después a la Cámara de manos de los comunistas, con los que, una vez allí, no tardó en discrepar. Tanto en la Constituyente como en el Parlamento, Alicia Hernández de la Barca trabajó en favor del niño, la escuela, el maestro y la mujer. En la Cámara propuso una ley que disponía la reforma integral de la enseñanza y otra sobre la creación del servicio social y la orientación vocacional en las escuelas públicas.
Muchos años después diría Alicia Hernández de la Barca: “Me llevan a la Constituyente justamente como representante de la mujer… fui la encargada de redactar la sección sobre el Estado y la familia… Cuando nos reunimos allá en el Capitolio, Grau, que era mi jefe político, me pide que tome partido en ese tema, y como a mí siempre me habían interesado los derechos civiles de la mujer, los sexuales, la igualdad racial, en fin, con todo eso en mente asumí el proyecto… Abordé asuntos muy delicados, desde la educación, la familia; la polémica mayor la suscitó el tema racial y la cuestión de los hijos bastardos”.
Poco o nada dirán esos nombres a los lectores de hoy. Aunque a la Hernández de la Barca me referiré más adelante, aludiré ahora, por lo curioso de sus casos, a otras dos legisladoras, la pintora Loló Soldevilla y la ya mencionada María Teresa Zayas.

Renunciantes

A esa última, hija del ex presidente Alfredo Zayas, la eligieron al Senado en dos ocasiones. La segunda vez desempeñó su mandato de principio a fin entre 1944 y 1948, pero la primera lo renunció, en 1942, cuando llevaba dos años en el cargo. Lo ocupó entonces Eugenio Rodríguez Cartas, su suplente, y todo quedó en familia porque era además su esposo.
Ella conoció al que sería su marido en una visita al Castillo del Príncipe, donde Rodríguez Cartas cumplía sanción por el asesinato, en 1917, de Florencio Guerra, alcalde provisional de Cienfuegos. No era ese ciertamente su primer crimen, pues en 1911 y también por asesinato, lo condenó la Audiencia de Santa Clara. Tampoco sería el último: en 1950 cosería literalmente a balazos, en el edificio América, de la calle Galiano, al representante a la Cámara Rafael Frayle Goldarás, hecho que quedó impune, y apenas un año después fue parte principal en el secuestro en La Habana del líder obrero dominicano Mauricio Báez, sacado de Cuba en secreto y servido en bandeja de plata al sátrapa Rafael Leónidas Trujillo sin que nunca se precisara su destino, que es de suponer. Pero esa es otra historia.
El caso es que en aquella visita al Castillo del Príncipe, María Teresa Zayas se enamoró de Rodríguez Cartas y consiguió que su padre, a la sazón en la Presidencia de la República, lo amnistiara. Alguien podría preguntarse cómo un asesino convicto y confeso se las arreglaba para llegar al Congreso de la nación. Así eran las cosas. Las amnistías limpiaban los antecedentes penales y lo demás era cuestión de mover influencias y dinero suficientes. Un acta de representante a la Cámara por el Partido Auténtico en 1950 costaba no menos de 100 000 pesos, cifra nada difícil de recuperar si se salía electo.
Loló Soldevilla fue, parece, una legisladora fecunda, pero se cansó pronto de su labor en el Congreso y renunció a su escaño, que conquistó por La Habana aunque era pinareña de nacimiento.
Se alejó así de la política activa para dedicarse por entero a las que eran sus dos vocaciones: la pintura y el cultivo de las letras. Estaba casada con Eusebio Mujal, el auténtico y luego batistiano líder de la CTC. En tiempos de Batista, y separada ya de su esposo, se desempeñó como agregada cultural en la embajada de Cuba en París. Más tarde —31 de octubre de 1957— ya con otros amores, abrió en 5ta. avenida esquina a 84, en Miramar, la galería Color-Luz. Después del triunfo de la Revolución se quedó en Cuba y publicó un par de libros. Quien esto escribe recuerda, de mediados de los años 60, los paseos de Loló Soldevilla por la calle Obispo, con una vestimenta un tanto estrafalaria y rodeada siempre de un séquito de muchachos de ambos sexos que la trataban casi como a una diosa.
La novia auténtica

También se quedó en Cuba Alicia Hernández de la Barca y desplegó una valiosa tarea en el sector de la educación, en particular en la Dirección Nacional de los Círculos Infantiles. Siendo estudiante universitaria conoció a muchos de los que después serían figuras significativas en el Partido Auténtico, en el que también militó ella. Fue amiga de Ramón Grau San Martín que, a su llegada al poder, en 1944, la nombró subsecretaria (viceministra) de Educación, y desde ese departamento, donde permaneció hasta 1946, fue la colaboradora más eficaz del ministro Luis Pérez Espinós en su campaña de Todo por el Niño. En 1950 Alicia fue una de las gestoras de la ley por la equiparación de la mujer y del matrimonio. Murió en La Habana, con más de 90 años de edad.
En un momento la llamaron La Novia del Autenticismo. Por esa organización política llegó a la Cámara en 1946 y volvió en 1950, mandato este que no pudo concluir porque el golpe de Estado del 10 de marzo de 1952 interrumpió el ritmo institucional de la nación.
Muy joven accedió, como profesora de Matemáticas, al claustro de la Escuela Normal para Maestros de La Habana. La había designado su padrino, el general José Braulio Alemán, secretario (ministro) de Educación del presidente Machado. A la Doctora Carolina Poncet, toda una institución en la Normal, le molestó la juventud de la nueva colega. Comentó entonces la estudiosa del romancero cubano y de la obra de José Jacinto Milanés y Joaquín Lorenzo Luaces, que Cuba era un país de sorpresas y añadió enseguida que no entendía cómo una muchachita tan joven fuera ya catedrática de una escuela como aquella. Alicia respondió que no la nombraron por su edad, sino por sus títulos.
—¿Cuántos títulos universitarios tiene usted?, preguntó Alicia a la Poncet.
—Dos, respondió la aludida.
—Pues yo tengo cuatro.
Era, en efecto, Doctora en Farmacia, en Pedagogía, en Ciencias Físico-Matemáticas y en Ciencias Naturales.
Pese a sus discrepancias con el presidente Carlos Prío, Alicia Hernández de la Barca fue la única mujer que en las horas que siguieron al golpe de Estado batistiano se hizo presente en Palacio para manifestar su apoyo y colaboración al mandatario depuesto. Lo instó a resistir y cuando se convenció de que no lo haría, sugirió, sin éxito, que los parlamentarios se hicieran fuertes en el Capitolio. Al despedirse de Prío y virarle la espalda para siempre, le echó en cara su falta de arrojo con una frase lapidaria.
Le dijo:
—Recuerda que tu madre fue mambisa.

















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