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lunedì 7 dicembre 2015

Colloquio di Marco Bellocchio

Un momento di gelo ha accolto l’inizio del colloquio di Marco Bellocchio con  i partecipanti a questa edizione del Festival dell’Avana che peraltro hanno atteso l’arrivo del regista per oltre 15 minuti oltre l’ora fissata. 
I presenti sono rimasti basiti quando Luciano Castillo, direttore dell Cinemateca de Cuba e anfitrione dell'attività ha chiesto all’illustre ospite se avesse qualcosa da dire prima di rivolgergli delle domande. La risposta raggelante è stata: “Io non ho niente da dire”, accompagnata da un’alzata di spalle.
Fortunatamente e immediatamente ha aggiunto, chiarendo, che intendeva con quelle parole esprimere il fatto di non essere un grande oratore, non gli piace parlare e specialmente parlare spontaneamente di sé stesso. In breve la situazione si è “normalizzata” e sulle domande di Castillo, grande conoscitore delle opere di Bellocchio si è creata una buona sintonia col pubblico che ha seguito con molto interesse le spiegazioni che di volta in volta ha fornito sui suoi lavori, i motivi che li hanno ispirati e il suo modo di lavorare che non comporta schemi precostituiti. In tutta la conversazione ha sottolineato le sue origini culturali di sinistra con una breve militanza anche in movimenti estremi. Ha detto che le sue preferenze sono soggetti creati a proposito, senza escludere la possibilità di realizzazioni per lo schermo di novelle o racconti. Non è partitario dei grandi classici che pure sono stati realizzati, non da lui, asserendo che per un grande romanzo la durata di un film non potrà mai riproporne la ricchezza originale, è più un compito da serie televisive con diversi capitoli, secondo il suo pensiero.
Molte sono state le pellicole evocate della sua prolifica carriera e non poteva mancare “I pugni in tasca” che, ha detto, oggi non rifarebbe più, secondo lui sarebbe anacronistica seppure in molte presentazioni all’estero, anche recenti, molti giovani che all’epoca non erano nemmeno nati, si sono ritrovati nei loro ambienti famigliari.
Ha parlato della sua educazione cattolica e della successiva scelta dell’agnosticismo, le sue idee di sinistra, anche radicali che d’altra parte, ha sempre rispecchiato nei suoi film sempre a carattere politico o sociale.
Pellicole che hanno avuto largo consenso, specialmente negli anni ’70 e che hanno sollevato, però molte polemiche specie da parte degli “opportunisti” che si vendono al potere appoggiando qualunque idea per reazionaria che sia, pur di ricavarne vantaggio politico. Ha posto come esempio Benito Mussolini che da proletario, rivoluzionario e socialista, pur di raggiungere e mantenere il potere si è venduto al Vaticano siglando i Patti Lateranensi.

Alla fine dell’incontro si è intrattenuto con ammiratori ed ha rilasciato un’intervista alla Televisione Cubana, dichiarando di avere l’opportunità di tornare a Cuba, pur non essendo più tanto giovane...Nelle manifestazioni collaterali c’è una retrospettiva delle sue opere divisa in due parti. Ha consigliato vivamente il pubblico cubano di non perdere “il diavolo in corpo”.









domenica 6 dicembre 2015

Hotel Nacional, sede storica del Festival, un tuffo nel passato

Esposizione "I fantasmi", di Chiara Rapaccini

Al Centro Culturale Fresa y Chocolate si è inaugurata la mostra “I fantasmi” di Chiara Rapaccini, la compagna di un lungo tratto di vita di uno dei più grandi registi italiani: Mario Monicelli.






Chiara ci ha raccontato la sua vita avventurosa a lato di un uomo non facile, ma con momenti di assoluta dolcezza. Una persona tanto assorta dal suo lavoro, come tutte le persone geniali che si accorgono solo ogni tanto, ma intensamente, delle persone che hanno attorno. Lei lo ha conosciuto giovanissima, facendo la comparsa nel film “Amici miei”. Nacque l’amore e trascorsero assieme il resto del tempo, fino alla scomparsa di Mario nel 2010. Racconta che seppur felice, ma molto più giovane, si sentiva un po’ schiacciata e oppressa dalla presenza ingombrante del Maestro e dei suoi “zii” che pure se non la intimidivano le facevano sentire il peso delle loro grandi personalità. Chi non lo avrebbe sentito frequentando Totò, Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Anna Magnani, Virna Lisi, Ugo Tognazzi, Nino Manfredi, Alberto Sordi, Gian maria Volonté, tanto per citare i più celebri?

È entusiasta dell’accoglienza cubana, un Paese che Mario anni dalla non ha mai visitato. La sua mostra però. Sottolinea cento della nascita del regista ed è la decima e ultima di quest'anno del centenario. L’ha chiamata “I fantasmi” anche perché ormai non sono più presenti fisicamente. La raccolta di queste immagini è avvenuta per caso: Una sera, circa 5 anni prima della morte di Mario, guardando casualmente dalla finestra della loro casa, lo ha visto trascinare un grosso sacco verso il contenitore della spazzatura sottostante. Allora lo ha chiamato e si è offerta di farlo lei. Una volta scesa si è resa conto che il sacco conteneva centinaia di fotografie, sceneggiature originali e documenti di ogni tipo. Alla domanda: “Ma perché li vuoi buttare?” Lui rispose: “ Ma sono cose vecchie, non servono più a niente”. Riuscì a salvare il tutto e nel tempo scelse, fra le immagini scattate dai più grandi fotografi di scena delle varie epoche, alcune che le piacevano di più e le fece stampare su tela. Essendo pittrice e vignettista, ha poi arricchito le immagini con tocchi di pennello e inserimento di piccoli testi a mò di vignetta. Ne ha tratto questa mostra che porta in giro per il mondo ed espone le lenzuola distese, con le loro immagini che li rievocano come se fossero i fantasmi delle personalità in esse ritratte e per mantenersi in un dialogo aperto con loro. Non sempre questo contatto è dolce e pacato, li rimprovera anche per averla “schiacciata” con le loro personalità da giganti dello schermo e dell’immaginario collettivo. 
Grazie,Chiara per la tua presenza, disponibilità, sensibilità, dolcezza, bravura e per la mostra chi rievoca anche in noi tanti ricordi di personaggi immortali e che rimangono sempre presenti come fantasmi buoni nella nostra fantasia.