Il Sud
globale alza la voce a Cuba
G77+CINA. Clima da governare, economia più
giusta e gap tecnologico da colmare nel documento finale del vertice che si è
chiuso ieri a L'Avana. I paesi in via di sviluppo sperano di trarre benefici da
un ordine del mondo multipolare
Foto di gruppo finale per i leader che hanno
partecipato al vertice ospitato da Cuba - Ap
Edizione del 17 settembre 2023
Roberto Livi
L’approvazione
della Dichiarazione dell’Avana ieri nel primo pomeriggio alla conclusione del
vertice del G77+Cina, ha confermato il prestigio della diplomazia di Cuba.
Riuscire a far partecipare 114 dei 134 membri del Gruppo – la maggior parte dei
quali ha poco in comune in tema di politica, economia, lingua, religione,
sviluppo scentifico e alleanze regionali e internazionali – e a consolidare un
accordo su una piattaforma comune è stata certamente un’impresa complessa. Ma
conclusa con sostanziale successo.
Non
vi è dunque da sorprendersi se il punto di partenza dell’accordo è «la grande
incertezza» sul futuro causata da guerra e tensioni geopolitiche, crisi
economica e finanziaria, forti pressioni su alimenti e energia, aumento della
povertà estrema, grandi migrazioni forzate di popolazioni, effetti devastanti
del cambio climatico, minacce di pandemia, perdita della biodiversità.
Insomma
le terribili piaghe che si abbattono sopra il Sud globale, senza che
quest’ultimo abbia alcuna possibilità di governarle. E che vede compromesso il
suo futuro anche da un (relativamente) nuovo, ma sempre più strategico fattore:
il gap tecnologico col mondo sviluppato, quello dei Grandi.
I
quali sempre più puntano su scienza, tecnologia e innovazione come strumenti di
dominio neocoloniale. Ecco perché il tema di due giorni di incontri e
interventi del vertice dell’Avana è stato proprio «Le sfide dello sviluppo, il
ruolo di scienza, tecnica e innovazione». E si capisce perché l’accento posto
sia dagli ospiti cubani (il discorso inaugurale del presidente Díaz-Canel) sia
da alcuni tra i leader con più peso internazionale – e sostanzialmente anche
dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, presente al vertice – si
sia incentrato sulla necessità di costruire un ordine internazionale
multipolare mediante il quale il Sud globale possa far sentire la sua voce,
un’architettura finanziaria internazionale «più giusta» da cui possano trarre benefici
i paesi in via di sviluppo, un’azione decisa e coordinata per contrastare il
cambio climatico e ridurre il gap in termini di tecnologia, innovazione, salute
– gap che si è evidenziato drammaticamente durante la pandemia di Covid-19 – e
garantire un accesso equitativo all’Intelligenza artificiale anche al Sud
globale.
Il
metodo sul quale si sono espressi vari leader, e che viene ripreso nel
documento finale di otto pagine, è di basare l’azione comune del Gruppo – la
maggior organizzazione multilaterale dell’Onu – su «solidarietà e cooperazione
internazionale, specie quella Sud-Sud», la necessità di «agire uniti e a
beneficio di tutti», all’insegna di «conoscenza aperta e inclusione». Possono
sembrare esortazioni volte a tenere insieme il Gruppo e dare qualche speranza
anche a stati membri piccoli, poveri e sicuramente marginali. Ma è certo è che
simili termini non si ascoltano durante i vertici dei Grandi, né vengono messi
nero su bianco nei loro comunicati finali.
Per
le ragioni espresse all’inizio di trovare punti di consenso in un gruppo di
paesi tanto numeroso e disomogeneo, nella dichiarazione finale non vi sono
riferimenti all’invasione della Russia in Ucraina, all’aggressività tecnologica
delle tigri asiatiche, Cina compresa, ai cambiamenti politici in corso in
Africa, dove il neocolonialismo europeo è in crisi, alle minacce dell’estrema
destra in America latina.