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lunedì 18 agosto 2014
domenica 17 agosto 2014
sabato 16 agosto 2014
venerdì 15 agosto 2014
Il grido di Dolores, di Ciro Bianchi Ross
Il cubano
Félix B. Caignet, l'arcifamoso autore di El derecho de nacer, ebbe
sempre una grande e fervida stima per l'attrice Dolores del Río.
Ancora,
alla fine della sua vita, evocava l'ultimo incontro con quella che fu una delle
grandi figure dell'epoca d'oro del cine messicano.
Caignet
stava rimanendo cieco e per mezzo del governo cubano, che assumeva le spese, si
sottomise a trattamento medico-chirurgico nella clinica dei Fratelli Mayo,
negli Stati Uniti. Al suo ritorno all'Avana, lo scrittore, padre della
radionovella, passò dal Messico.
Caignet
ricordava che, già fuori dall'aeroporto, da una “limousine lunghissima” uscì un
autista uniformato che aprì lo sportello a a una bella donna. Era Dolores del
Río. L'autista gli sequestrò le valigie, le mise nell'automobile e l'attrice in
piedi davanti a lui: “Per nessuna ragione, signor Caignet, Lei non va in un
albergo; si ospita in casa mia...mi faccia questo onore”.
La casa
risultò essere una palazzina con servitù in uniforme e con le iniziali D. R.
ricamate sul taschino della giacca. Il cubano vi rimase diversi giorni. “Chi
avrebbe detto di no a Doña Dolores in Messico?”
Caignet
raccontava: “Tutti i pomeriggi, al calar del sole, lei usciva a passeggio nel
giardino. Con vestaglie messicane lunghe, di filo e di lino. Passeggiava sola,
sempre con un libro di poesia in mano. Il giardino aveva cespugli che davano
freschezza al luogo e per il prato passeggiava una dozzina di pavoni...”
Prima di
tornare all'Avana Dolores offrì, all'Hotel Regis, una festa al suo amico. Ad
essa assistettero, diceva Caignet, “tutti i grandi del Messico, Pedro
Armendáriz, María Félix, giornalisti, la televisione...”
Rosa
Fornés, che aveva raccolto tanti successi in Messico come artista – per sette
anni consecutivi la stampa messicana la descrisse come la gran vedette di quel
Paese – ha nelle sue memorie un ricordo per la protagonista di Fiore silvestre,
María Candelaria e La non amata, fra altri films.
Dice che
la presentarono cinque volte a Dolores del Río. “Era una donna eterea,
distante, seppur molto amabile, questo sì. E per quanto visto abbastanza
smemorata. Dopo la quinta presentazione non non poté evitare di esclamare: 'Per
favore, basta! Ci siamo già salutate cinque volte negli ultimi tempi”'. Lei
rise di gusto ed esclamò con ingenuità: 'Davvero con tanto piacere'. Quando la
conobbi veniva con l'aureola che
Holliwood assegna alle sue stelle e inoltre, marcata pwer una more interrotto
con orson Welles. Era molto bella e mi è sempre sembrata in piedi su una
nuvola”.
Si
potrebbe dire molto di questa donna che fu la prima attrice latinoamericana a
trinofare ad Hollywood. Prese parte a 450 films messicani, nordamericani e
spagnoli. Anche ad una dozzina di programmi televisivi e una decina di opere di
teatro. Hollywood che la considerò una versione femminile di Rodolfo Valentino,
cercò in lei da una nota esotica alla madre meticcia di Elvis Presley. Il suo
viso ispirò pittori come Diego Rivera e José Clemente Orozco, il grande Alfonso
Reyes le dedicò un poema nel 1952. Lo scrittore Bernard Shaw disse di lei: Le
due cose più belle del mondo sono il Taj Mahal e Dolores del Río”.
Oggi il
cronista preferisce evocare il passaggio di Dolores del Río a Cuba.
Succede
che a metà degli anni ’50, quando la televisione cubana era nel suo apogeo, un
impresa produttrice conseguì, tramite Félix B. Caignet, che Dolores del Río
venisse all’Avana e si presentasse in uno dei suoi programmi che andava in onda
sul Circuito CMQ-Canale 6. Era solo una scena di dieci minuti all’interno di
uno spazio musicale. La scrisse José M. Carballido rey, notevole autore di
radio e televisione dell’epoca, vincolato anche al mondo della pubblicità. Nel
frammento si muovevano solo due personaggi: la madre aristocratica, che era
Dolores e la figlia che era interpretata da Hada Béjar. L’azienda pagò una
somma notevole alla messicana.
Il
giornalista Orlando Quiroga, testimone oculare del fatto, raccontò nel suo
libro Niente è impossibile che la
tensione era ben evidente, quel giorno, nello studio televisivo. Dietro le
telecamere, Dolores passeggiava nervosa da una parte all’altra mentre che
Osvaldo Salas, uno dei grandi fotografi cubani non le perdeva, con la sua
macchina fotografica nemeno un passo, cosa che peggiorava ulteriormente il
nervosismo dell’attrice.
Terminò il
numero musicale che era il preambolo, seguì un annuncio commerciale e uscì un
presentatore dicendo meraviglie di Dolores del Río. Che era una gloria del
Messico e con la sua presenza faceva un grande onore al programma e che Cuba la
riceveva a sua volta con grande onore. Allora, la TV era in diretta.
Nella
scena, la figlia doveva rinfacciare alla madre che non autorizzava la sua
relazione con un determinato giovane. Dolores all’improvviso, si alzò dal
divano dov’era seduta e camminò da un lato all’altro senza accennare a dire le
sue battute, mentre Hada Béjar cercava di aiutarla. Al fine di darle il “la”
ripeteva: “Sì, lo so quello che mi dirai, sono una figlia disubbidiente e
ingrata, che sono la vergogna della famiglia, che provi odio verso di me...”
Ma
Dolores, niente. Non si dava per intesa, era come se non si trattase di lei. La
tensione, ricordava Orlando Quiroga, cresceva nello studio; si poteva quasi
tagliare con un coltello. Adesso era Carballido Rey che passeggiava dietro le
telecamere, passandosi nervosamente le mani sulla testa. La grande Dolores non
reagiva. Alla fine emise un gridolino, “molto distinto”, dice Quiroga e cadde “svenuta”
nel divano dove era seduta fino a poco prima.
Il regista
del programma gridò dalla cabina e il suo coordinatore ripeté il suo grido
nello studio, per ordinare al balletto che continuasse il programma. Intanto,
attori e tecnici si accalcavano attorno a Dolores, ancora “svenuta”.
Il giorno
successivo, tutta Cuba parlava sul malore dell’attrice. Carballido e un
rappresentante degli sponsor andarono a trovarla nell’albergo che la ospitava.
Li ricevette il marito di Dolores molto dispiaciuto. No, l’attrice non poteva
riceverli, era in camera da letto, ancora indisposta. No, naturalmente che no,
nemeno pensarlo, chiaro che non accetterebbe l’assegno. Nemmeno per sogno
incassare per un lavoro che non si è svolto.
Carballido
lo fermò di colpo: “Sì, accetterà i soldi; qua c’è l’assegno, lo prenda. Lo
svenimento ha fatto parlare di più che se Dolores avesse recitato. È stato un
grande successo!”
Il giorno
seguente Dolores del Río tornava in Messico, senza rilasciare interviste.
El grito de Dolores
Ciro Bianchi Ross
El cubano Félix B. Caignet, el archifamoso autor de El derecho de
nacer, tuvo siempre una alta y viva estimación por la actriz Dolores
del Río.
Todavía al final de su vida evocaba su último encuentro con la que fue
una de las grandes figuras de la época de oro del cine mexicano.
Caignet se estaba quedando ciego y, por intermedio del gobierno
cubano, que corrió con los gastos, se le sometió a tratamiento
médico-quirúrgico en la clínica de los Hermanos Mayo, en Estados
Unidos. En su regreso a La Habana, el escritor, padre de la
radionovela, pasó por México.
Recordaba Caignet que ya fuera del edificio del aeropuerto, de “un
limousine larguísimo” salió un chofer uniformado que abrió la
portezuela a una bella mujer. Era Dolores del Río. Le secuestró el
chofer las maletas, las metió en el automóvil, y la actriz firme ante
él: “Nada de eso, señor Caignet, usted no se va para un hotel; usted
se hospeda en mi casa... Hágame ese honor”.
La casa resultó un palacete, con criados uniformados y con las
iniciales D. R. bordadas en el bolsillo de las chaquetas. Allí
permaneció varios días el cubano. “¿Quién le decía que no a doña
Dolores en México?”.
Contaba Caignet: “Todas la tardes, al caer el sol, ella salía a pasear
por el jardín. Con batas mexicanas largas, de encaje y lino. Paseaba
sola, siempre con un libro de poesía en las manos. El jardín tenía
surtidores que daban frescura al lugar, y por el césped paseaba una
docena de pavos reales...”
Antes de regresar a La Habana, Dolores ofreció, en el Hotel Regis, una
fiesta a su amigo. A ella asistieron, decía Caignet, “todos los
grandes de México, Pedro Armendáriz, María Félix, periodistas, la
televisión...”
Rosa Fornés, que tantos éxitos cosechó en México como artista --durante
siete años consecutivos la prensa mexicana la arropó como la gran
vedette de ese país-- tiene en sus memorias un recuerdo para la
protagonista de Flor silvestre, María Candelaria y La malquerida,
entre otros filmes.
Dice que a Dolores del Río se la presentaron cinco veces. “Era una
mujer etérea, distante, aunque muy amable, eso sí. Y por lo visto
bastante olvidadiza. Tras la quinta presentación no pude menos que
exclamar: "¡Por favor, no más! Ya nos hemos saludado cinco veces en
los últimos tiempos". Ella rió con ganas y exclamó con ingenuidad: "De
veras, mucho gusto". Cuando la conocí venía con la aureola que otorga
Hollywood a sus estrellas y, además, marcada por un amor trunco con
Orson Welles. Era muy bella y siempre me pareció que estaba detenida
en una nube”.
Mucho pudiera decirse de esta mujer que fue la primera actriz
latinoamericana que triunfó en Hollywood. Participó en unos 450 filmes
mexicanos, norteamericanos y españoles. También en una docena de
programas televisivos y en unas diez obras de teatro. Hollywood, que
la consideró una versión femenina de Rodolfo Valentino, buscó en ella
desde una nota exótica hasta la madre mestiza de Elvis Presley. Su
rostro inspiró a pintores como Diego Rivera y José Clemente Orozco y
el gran Alfonso Reyes le dedicó un poema en 1952. El escritor Bernard
Shaw dijo de ella: “La dos cosas más hermosas del mundo son el Taj
Mahal y Dolores del Río”.
Prefiere hoy el cronista evocar un pasaje de Dolores del Río en Cuba.
Sucede que a mediados de los años 50, cuando la televisión cubana
estaba en su apogeo, una empresa productora consiguió, a través de
Félix B. Caignet, que Dolores del Río, viniera a La Habana y se
presentara en uno de sus programas que pasaba por el Circuito
CMQ-Canal 6. Era apenas una escena de diez minutos dentro de un
espacio musical. La escribiría José M. Carballido Rey, notable autor
radial y televisivo de la época, vinculado asimismo al mundo de la
publicidad. Solo dos personajes se moverían en el fragmento: la madre
aristocrática, que sería Dolores, y la hija, que interpretaría Hada
Béjar. La empresa pagaría un dineral a la mexicana.
El periodista Orlando Quiroga, testigo presencial del suceso, relató
en su libro Nada es imposible que ese día la tensión era bien evidente
en el estudio televisivo. Tras las cámaras, Dolores se paseaba
nerviosa de un lado a otro mientras que Osvaldo Salas, uno de los
grandes fotógrafos cubanos, no le perdía, con su cámara, pie ni
pisada, lo que empeoraba visiblemente los nervios de la actriz.
Terminó el número musical que era el preámbulo, siguió un comercial y
salió un locutor a decir maravillas de Dolores del Río. Que era una
gloria de México, que con su presencia le hacía un alto honor al
programa, que Cuba la recibía con todos los honores. Entonces la TV
era en vivo.
En la escena, la hija debía reprochar a la madre que no autorizara sus
relaciones con determinado joven. Dolores, de manera abrupta, se
levantó del sofá donde estaba sentada y caminó de un lado para otro
sin atinar a decir su parlamento, mientras que Hada Béjar trataba de
ayudarla. A fin de darle el pie, repetía: ”Sí, ya sé lo que me vas a
decir, soy una hija desobediente y malagradecida, que soy la vergüenza
de la familia, que sientes odio hacia él y hacia mí...”
Pero Dolores, nada. No se daba por aludida, era como si no fuese con
ella. La tensión, recordaba Orlando Quiroga, crecía en el estudio;
casi podía cortarse con un cuchillo. Ahora era Carballido Rey quien se
paseaba tras las cámaras, pasándose nerviosamente las manos por la
cabeza. La gran Dolores del Río no reaccionaba. Por fin emitió un
gritico, “muy distinguido”, dice Quiroga, y cayó <<desmayada>> en el
sofá donde hasta poco antes estuvo sentada.
El director del programa gritó en la cabina y el coordinador repitió
su grito en el estudio para ordenar al ballet que continuara el
programa. Mientras, actores y técnicos se agolpaban en torno a
Dolores, todavía <<desmayada>>.
Al día siguiente toda Cuba hablaba sobre el desvanecimiento de la
actriz. Carballido y un representante de los patrocinadores fueron a
verla al hotel donde se alojaba. Los recibió el esposo de Dolores, muy
apenado. No, la actriz no podía recibirlos, estaba en la recámara,
todavía indispuesta. No, por supuesto que no, ni pensarlo, claro que
no aceptaría el cheque. Nada de eso de cobrar por un trabajo que no
realizó.
Carballido lo cortó de golpe: “Sí aceptaría el dinero; aquí está el
cheque, tómelo. El desmayo ha dado más que hablar que si Dolores
hubiese actuado. ¡Ha sido todo un éxito!”
Al día siguiente, Dolores del Río retornaba a México sin conceder entrevistas.
Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/
Ciro Bianchi Ross
El cubano Félix B. Caignet, el archifamoso autor de El derecho de
nacer, tuvo siempre una alta y viva estimación por la actriz Dolores
del Río.
Todavía al final de su vida evocaba su último encuentro con la que fue
una de las grandes figuras de la época de oro del cine mexicano.
Caignet se estaba quedando ciego y, por intermedio del gobierno
cubano, que corrió con los gastos, se le sometió a tratamiento
médico-quirúrgico en la clínica de los Hermanos Mayo, en Estados
Unidos. En su regreso a La Habana, el escritor, padre de la
radionovela, pasó por México.
Recordaba Caignet que ya fuera del edificio del aeropuerto, de “un
limousine larguísimo” salió un chofer uniformado que abrió la
portezuela a una bella mujer. Era Dolores del Río. Le secuestró el
chofer las maletas, las metió en el automóvil, y la actriz firme ante
él: “Nada de eso, señor Caignet, usted no se va para un hotel; usted
se hospeda en mi casa... Hágame ese honor”.
La casa resultó un palacete, con criados uniformados y con las
iniciales D. R. bordadas en el bolsillo de las chaquetas. Allí
permaneció varios días el cubano. “¿Quién le decía que no a doña
Dolores en México?”.
Contaba Caignet: “Todas la tardes, al caer el sol, ella salía a pasear
por el jardín. Con batas mexicanas largas, de encaje y lino. Paseaba
sola, siempre con un libro de poesía en las manos. El jardín tenía
surtidores que daban frescura al lugar, y por el césped paseaba una
docena de pavos reales...”
Antes de regresar a La Habana, Dolores ofreció, en el Hotel Regis, una
fiesta a su amigo. A ella asistieron, decía Caignet, “todos los
grandes de México, Pedro Armendáriz, María Félix, periodistas, la
televisión...”
Rosa Fornés, que tantos éxitos cosechó en México como artista --durante
siete años consecutivos la prensa mexicana la arropó como la gran
vedette de ese país-- tiene en sus memorias un recuerdo para la
protagonista de Flor silvestre, María Candelaria y La malquerida,
entre otros filmes.
Dice que a Dolores del Río se la presentaron cinco veces. “Era una
mujer etérea, distante, aunque muy amable, eso sí. Y por lo visto
bastante olvidadiza. Tras la quinta presentación no pude menos que
exclamar: "¡Por favor, no más! Ya nos hemos saludado cinco veces en
los últimos tiempos". Ella rió con ganas y exclamó con ingenuidad: "De
veras, mucho gusto". Cuando la conocí venía con la aureola que otorga
Hollywood a sus estrellas y, además, marcada por un amor trunco con
Orson Welles. Era muy bella y siempre me pareció que estaba detenida
en una nube”.
Mucho pudiera decirse de esta mujer que fue la primera actriz
latinoamericana que triunfó en Hollywood. Participó en unos 450 filmes
mexicanos, norteamericanos y españoles. También en una docena de
programas televisivos y en unas diez obras de teatro. Hollywood, que
la consideró una versión femenina de Rodolfo Valentino, buscó en ella
desde una nota exótica hasta la madre mestiza de Elvis Presley. Su
rostro inspiró a pintores como Diego Rivera y José Clemente Orozco y
el gran Alfonso Reyes le dedicó un poema en 1952. El escritor Bernard
Shaw dijo de ella: “La dos cosas más hermosas del mundo son el Taj
Mahal y Dolores del Río”.
Prefiere hoy el cronista evocar un pasaje de Dolores del Río en Cuba.
Sucede que a mediados de los años 50, cuando la televisión cubana
estaba en su apogeo, una empresa productora consiguió, a través de
Félix B. Caignet, que Dolores del Río, viniera a La Habana y se
presentara en uno de sus programas que pasaba por el Circuito
CMQ-Canal 6. Era apenas una escena de diez minutos dentro de un
espacio musical. La escribiría José M. Carballido Rey, notable autor
radial y televisivo de la época, vinculado asimismo al mundo de la
publicidad. Solo dos personajes se moverían en el fragmento: la madre
aristocrática, que sería Dolores, y la hija, que interpretaría Hada
Béjar. La empresa pagaría un dineral a la mexicana.
El periodista Orlando Quiroga, testigo presencial del suceso, relató
en su libro Nada es imposible que ese día la tensión era bien evidente
en el estudio televisivo. Tras las cámaras, Dolores se paseaba
nerviosa de un lado a otro mientras que Osvaldo Salas, uno de los
grandes fotógrafos cubanos, no le perdía, con su cámara, pie ni
pisada, lo que empeoraba visiblemente los nervios de la actriz.
Terminó el número musical que era el preámbulo, siguió un comercial y
salió un locutor a decir maravillas de Dolores del Río. Que era una
gloria de México, que con su presencia le hacía un alto honor al
programa, que Cuba la recibía con todos los honores. Entonces la TV
era en vivo.
En la escena, la hija debía reprochar a la madre que no autorizara sus
relaciones con determinado joven. Dolores, de manera abrupta, se
levantó del sofá donde estaba sentada y caminó de un lado para otro
sin atinar a decir su parlamento, mientras que Hada Béjar trataba de
ayudarla. A fin de darle el pie, repetía: ”Sí, ya sé lo que me vas a
decir, soy una hija desobediente y malagradecida, que soy la vergüenza
de la familia, que sientes odio hacia él y hacia mí...”
Pero Dolores, nada. No se daba por aludida, era como si no fuese con
ella. La tensión, recordaba Orlando Quiroga, crecía en el estudio;
casi podía cortarse con un cuchillo. Ahora era Carballido Rey quien se
paseaba tras las cámaras, pasándose nerviosamente las manos por la
cabeza. La gran Dolores del Río no reaccionaba. Por fin emitió un
gritico, “muy distinguido”, dice Quiroga, y cayó <<desmayada>> en el
sofá donde hasta poco antes estuvo sentada.
El director del programa gritó en la cabina y el coordinador repitió
su grito en el estudio para ordenar al ballet que continuara el
programa. Mientras, actores y técnicos se agolpaban en torno a
Dolores, todavía <<desmayada>>.
Al día siguiente toda Cuba hablaba sobre el desvanecimiento de la
actriz. Carballido y un representante de los patrocinadores fueron a
verla al hotel donde se alojaba. Los recibió el esposo de Dolores, muy
apenado. No, la actriz no podía recibirlos, estaba en la recámara,
todavía indispuesta. No, por supuesto que no, ni pensarlo, claro que
no aceptaría el cheque. Nada de eso de cobrar por un trabajo que no
realizó.
Carballido lo cortó de golpe: “Sí aceptaría el dinero; aquí está el
cheque, tómelo. El desmayo ha dado más que hablar que si Dolores
hubiese actuado. ¡Ha sido todo un éxito!”
Al día siguiente, Dolores del Río retornaba a México sin conceder entrevistas.
Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
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giovedì 14 agosto 2014
Congresso Internazionale Labiofam 2014
Fonte Cuba Contemporanea
Por Redacción
14 Agosto, 2014 - 09:20
El Grupo
Empresarial de Producciones Biofarmacéuticas y Químicas (Labiofam) presentará
nuevos productos terapéuticos contra el cáncer durante el Congreso
Internacional Labiofam 2014, que se celebrará en La Habana del 22 al 25 de
septiembre.
Durante el
evento en el Palacio de Convenciones habanero se hablará sobre productos naturales
en la salud humana, los programas integrales de prevención y control de
vectores transmisores de enfermedades, la terapéutica y profilaxis en los
animales, bioplaguicidas y biofertilizantes para la agricultura y la cosmética,
informó a la prensa el director de la institución, José Antonio Fraga Castro.
El
Congreso cuenta con el apoyo de la Organización Panamericana de la Salud (OPS),
los ministerios de la Agricultura y Ciencia, Tecnología y Medio Ambiente y el
Instituto de Medicina Tropical Pedro Kourí (IPK), y debe reunir a
investigadores, profesores, profesionales, técnicos, estudiantes,
organizaciones y empresas afines o relacionadas con la investigación,
desarrollo, producción y comercialización de medicamentos.
Actualmente,
Labiofam produce inmunizantes biológicos, vacunas virales, bacterianas, medios
diagnósticos, fármacos veterinarios, plaguicidas biológicos, alimentos y
productos de higiene industrial y personal, además de contar con una amplia
gama de proyectos en desarrollo e investigaciones.
El Grupo
responde por el 98% de los productos de uso veterinario que requiere Cuba, e
impulsa más de 50 tecnologías para la obtención de biofertilizantes y
bioplaguicidas en la agricultura, y otras 30 en la medicina veterinaria.
Entre sus
productos está Heber Provac, una vacuna terapéutica aplicada en la etapa
avanzada del cáncer de próstata antes de que el paciente reciba radioterapia o
quimioterapia, y que ha tenido un comprobado efecto positivo en la calidad de
vida de los enfermos.
Otro
producto natural es el Vidatox 30CH, una alternativa terapéutica para pacientes
con tumores intracraneales y de colon con base en el veneno del escorpión azul,
cuya toxina se extrae mediante estímulos eléctricos y tiene un efecto
analgésico, antiinflamatorio y antitumoral.
Principio del formulario
Restauro e museo di vecchie locomotive
Fonte Cuba Contemporanea/Efe
Un taller museo de locomotoras en La Habana
Por Redacción
Fotos Claudia Camps
3 Agosto,
2014 - 23:53
Locomotora del antiguo central Providencia cerca de los Almacenes de San
José, en el puerto habanero.
En pocos
meses debe desaparecer de su sitio junto al Capitolio habanero el taller de
locomotoras a vapor que desde 2007 ha recuperado decenas de máquinas, algunas
del siglo XIX, como tributo a la historia del ferrocarril y al patrimonio industrial
cubano.
Desde
2007, las viejas locomotoras -fabricadas entre 1878 y 1925 y provenientes de
toda Cuba- fueron concentradas y reparadas paulatinamente en un terreno junto a
la conocida fábrica de habanos Partagás, cerca del Capitolio Nacional, donde un
equipo ha trabajado para rescatarlas.
"Se
trajeron desde muchos lugares de Cuba, donde hay una relación sentimental con
esas locomotoras. Su historia está imbricada con la historia del azúcar, y esa
es, a su vez, la historia del pueblo cubano", dijo a Efe Ariel Causa, uno
de los encargados del proyecto.
Causa
trabaja para la Oficina del Historiador de La Habana, la entidad que decidió
restaurar, con vistas a su exhibición pública y como atractivo turístico, un
total de 40 locomotoras de vapor entre las más de 200 que hay en la Isla,
consideradas parte del patrimonio nacional desde 2004.
Sin grúas
y con métodos arcaicos, una veintena de hombres encabezados por el contratista
Raúl Abreu sacó las máquinas de centrales azucareros o áreas rurales con
poleas, ganchos e improvisadas rampas para subirlas a los remolques que las
trasladaron a La Habana.
Abreu, un
técnico de experiencia que se crió en una familia de ferroviarios, confesó a
Efe que realizar ese traslado les costó siete años y se hizo sin apenas recursos,
por lo que ha sido el logro "más importante" del proyecto.
"Nuestro
trabajo es diferente al de otras partes del mundo. No usamos tecnología, no
compramos piezas nuevas, lo hacemos todo de modo rudimentario", comentó.
En lo que
resta de 2014 deben concluir las reparaciones para completar la colección, cuyo
valor mínimo de subasta antes de la rehabilitación se calculó en casi siete
millones de dólares.
Al menos
siete máquinas datan del siglo XIX y una de ellas, la más antigua, es de 1878 y
estuvo activa durante 127 años.
Dos
locomotoras son de origen alemán y el resto fueron construidas por fabricantes
de Estados Unidos en el siglo XIX, como Baldwin Locomotives y Rogers
Locomotives Works. Sirvieron a la industria azucarera o al transporte público
durante los años de esplendor del ferrocarril en Cuba, que fue en 1837 el
primer país de Iberoamérica en tener vía férrea.
Aunque la
era del vapor llegó a su fin aproximadamente a mediados del siglo XX, Cuba
siguió utilizando las locomotoras, sobre todo en el sector del azúcar. Algunas
quedaron en desuso o abandonadas entre 2002 y 2004 con el proceso de
reestructuración en esa industria.
Las
primeras locomotoras reparadas por la Oficina del Historiador fueron colocadas
en un parque junto a la Estación de Trenes de La Habana y en otros espacios
como los antiguos Almacenes de San José, una instalación actualmente dedicada a
la venta de artesanía como parte de un mega proyecto cultural en el puerto
habanero.
El destino
del grupo que resta todavía no es definitivo, aunque una parte podría acabar en
el Museo del Ferrocarril, ahora en reparación y emplazado en Cristina, una de
las estaciones pioneras de la capital cubana.
Para los
últimos meses del proyecto, se prevé poner en marcha en un emplazamiento
turístico de La Habana un equipo de Cagney Brothers, un fabricante
estadounidense que se especializó en locomotoras en miniatura.
Abreu
explicó que la máquina, construida en 1902 y con solo dos metros de largo, es
la locomotora de su tipo más antigua y en funcionamiento del mundo, por lo que
podría entrar al libro de records Guinness.
mercoledì 13 agosto 2014
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