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mercoledì 11 febbraio 2015
martedì 10 febbraio 2015
Si elimina il pagamento della tassa d'imbarco a Cuba
Ricevo e pubblico la seguente e-mail, dove si conferma che dal prossimo mese di aprile, i 25 CUC di tassa d'imbarco verranno inclusi nella tariffa dei biglietti e non dovranno più essere pagati in loco.
Buongiorno,
abbiamo ricevuto la comunicazione da parte delle Compagnie che operano con noi i voli su Cuba, che dal 1° Aprile 2015, la tassa di USCITA CUBA di 25 cuc che i clienti pagano attualmente il giorno di rientro in Italia, verrà richiesta dalla Compagnia Aerea e pagata tramite la stessa.
Buongiorno,
abbiamo ricevuto la comunicazione da parte delle Compagnie che operano con noi i voli su Cuba, che dal 1° Aprile 2015, la tassa di USCITA CUBA di 25 cuc che i clienti pagano attualmente il giorno di rientro in Italia, verrà richiesta dalla Compagnia Aerea e pagata tramite la stessa.
Pertanto i passeggeri in rientro da Cuba dal 1° di
Aprile 2015 in avanti, non dovranno pagare piu’ nulla in loco.
Tale tassa la troverete già inserita nei tariffari SOLO VOLO “All Inclusive”, oppure come quota da aggiungere e prepagare prima della partenza, nel caso dei pacchetti.
Per tutti coloro che hanno prenotazioni già confermate, con rientri nel periodo interessato, riceveranno EC di adeguamento.
Tale tassa la troverete già inserita nei tariffari SOLO VOLO “All Inclusive”, oppure come quota da aggiungere e prepagare prima della partenza, nel caso dei pacchetti.
Per tutti coloro che hanno prenotazioni già confermate, con rientri nel periodo interessato, riceveranno EC di adeguamento.
Restiamo a Vostra completa disposizione per ogni
ulteriore chiarimento.
Saluti,
Saluti,
Andrea Vecchi
Criand Tour Operator
Via Italia 197
20874 Busnago (MB)
P.IVA 02794550968
Tel. +39 039 6885570 Fax +39 039 8900035
Mail a.vecchi@criand.it
Criand Tour Operator
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lunedì 9 febbraio 2015
La Costituzione del 1940 (I), di Ciro Bianchi Ross
Pubblicato su Juventud Rebelde dell' 8/2/15
A partire dal 1933, il militarismo si convertì in un fattore di peso nella politica cubana. Non era mai stato così prima, nonostante l’Esercito avesse sempre disimpegnato un ruolo repressivo e come norma, usò la coazione e la violenza durante le campagne elettorali. Il colonnello Fulgencio Batista, come capo dell’Esercito, riempì di benefici la truppa. Assegnò un ruolo decisivo al quadro degli ufficiali, istituì un sistema di salari privilegiato tanto per gli ufficiali quanto per i soldati semplici, con benefici e pagamenti supplementari. Incrementò a oltre 14.000 il numero dei membri delle Forze Armate, si aveva così un militare ogni 285 abitanti.
Per altra parte, si creò il corpo della Polizia Nazionale. Si garantì ai militari l’assistenza sociale, ospedali e cliniche speciali, località balneari, case, casse mutue di soccorso. Il campo di Columbia si trasformò in Città Militare e si dette inizio alla costruzione di una rete di caserme o si trasformarono e ristrutturarono quelle esistenti. Già nel 1936, le assegnazioni date al Segretariato della Difesa superavano il 25% del totale sul bilancio della nazione. Nel 1925 era del 14%. Con promozioni, trasferimenti e licenziamenti controllati da Batista, l’Esercito divenne la forza più coesa dello scenario politico cubano.
C’era, naturalmente, un’opposizione interna. Nel Congresso si creò anche il Blocco Democratico a seguito della destituzione del presidente Miguel Mariano Gómez. Ma Batista, dicono gli investigatori, si affrontava a una situazione internazionale più complessa dell’opposizione interna. A Cuba si ripercuoteva la lotta contro il fascismo e il nazismo, le relazioni con Washington erano eccellenti e il momento non era propizio per governare con l’appoggio di un partito militare. Inoltre Batista voleva proiettarsi come statista e tutto ciò gli fece capire che doveva rivedere orientare le sue aspirazioni politiche. Fu così che nel 1937 lanciò il cosiddetto “Piano Triennale” con un’ampia gamma di vedute tese al miglioramento della popolazione contadina. Lo elaborò con poco o nessun intervento elle istituzioni civili dello Stato, presieduto allora da Federico Laredo Brú. Questo Piano non durò molto; fu abbandonato in meno di un anno. Ciò nonostante lasciò alcuni vantaggi, come la Legge di Coordinazione Zuccheriera e certe misure vantaggiose nell’educazione, salute e beneficenza, sostenute dal Consiglio Corporativo.
Il messaggero della prosperità
Le relazioni di Batista con i nordamericani non potevano essere migliori in quegli anni. Nel 1938 fu invitato a Washington dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito degli Stati Uniti. Il presidente Roosvelt lo ricevette alla Casa Bianca; assistetta alla cerimonia per la Giornata del Veterano nel cimitero di Arlington e all’Accademia Militare di West Point lo si trattò come dovuto alla sua alta gerarchia militare, come capo dell’Esercito cubano. A New York il sindaco lo ricevette con tutti gli onori.
Batista fece contatto, negli Stati Uniti con banche e grandi imprese, firmò numerosi accordi che avrebbero promosso il benessere economico dell’Isola. Tornò a Cuba e i suoi seguaci lo soprannominarono Il Messaggero della Prosperità. In quello stesso periodo si recò in Messico con un invito di Lázaro Cárdenas che voleva, si diceva, rompere l’alleanza di Batista coi nordamericani ed aggiungerlo alla sua politica anti yankee. In questo Paese, dove lo si esaltò come un leader continentale, il militare cubano si impegnò si disse, col presidente Cárdenas e con Lombardo Toledano a legalizzare, a Cuba, il Partito Comunista e a facilitargli il controllo del movimento sindacale.
Inoltre, avrebbe autorizzato questa organizzazione politica a fondare un giornale e un’emittente radiofonica. Con tutto ciò il Paese non si stabilizzò né nel politico né nell’economico, anche se si presero provvedimenti per attenuare lo scontento. Si autorizzò l’organizzazione del Partito Unione Rivoluzionaria, fondato e occupato dai comunisti. Si dichiarò un’ampia amnistia politica. Si concesse l’autonomia universitaria.
Si riorganizzò l’educazione e si aumentarono le possibilità di lavoro per i cubani, con l’espulsione di giamaicani e haitiani.
Prima la Costituzione, proseguiva Aramburo e dopo le elezioni. L’opposizione voleva più di quanto aveva ottenuto. Insisteva nella convocazione di un’Assemblea Costituente. Anche Batista la voleva, ma voleva che prima si celebrassero le elezioni. Il colonnello si era impegnato ad arrivare al potere per la via elettorale; represse con forza i suoi avversari, ma reclamò una legittimità politica nelle urne. Voleva l’approvazione popolare. L’opposizione non cedeva. I suoi avversari reclamavano, prima la Costituente e poi le elezioni, lo conseguirono nelle trattative capitanate da Laredo Brù, presidente della Repubblica.
Non tutti i settori erano d’accordo che si promulgasse una nuova Costituzione. Mariano Aramburo, dalle pagine del Diario della Marina, diceva che gli scivoloni che aveva avuto il Paese, dall’instaurazione della Repubblica, non si dovevano tanto alla Costituzione del 1901 come “alla mancanza di virtù, l'ingordigia e la concupiscenza dei nostri governanti e capetti politici...Così, di abuso in abuso, con delinquenza progressiva, si arrivò ai giorni sfrenati di Machado”.
Aramburo puntualizza: “L’insurrezione che si produsse allora, non si iniziò contro la Costituzione, ma contro la tirannia... Non era quella la causa delle agitazioni che sollevarono il popolo. Lo sforzo civico s’incamminava a deporre il dittatore, nient’altro”.
Senza dubbio, proseguiva Aramburo, interessi di partito tinsero il movimento insorgente di un radicalismo riformatore e si cominciò a parlare di cambio di regime, concetto che la maggior parte degli insorti associò con la defenestrazione di Machado e non con un cambio costituzionale. Il risultato fu la convocazione di un’Assemblea dalla quale sarebbe uscito “un prodotto ibrido, raffazzonato e non attuabile, origine di danni incalcolabili”. Per questo, a parere di Aramburo “sarebbe più prudente prendere come base la Costituzione del 1901 e introdurre nel suo testo quelle riforme principali che esigono le nuove necessità. Questo presuppone di lasciare intatta la dogmatica dei diritti individuali che in questo Codice appaiono definiti e regolati con esattezza”.
Vince l’opposizione
Il 15 novembre del 1939, si celebrarono le elezioni per l’Assemblea Costituente. Vinceva l’opposizione. Di 76 seggi, 35 corrispondevano al Governo, 41 ai suoi avversari. 73 uomini e tre donne. Ramón Grau San Martín che era stato eletto dalle 5 province che lo hanno nominato, fu elevato meritatamente alla presidenza dell’Assemblea che inaugurò le sue sessioni il 7 febbraio del 1940, 75 anni or sono. Otto partiti politici erano presenti alla Convenzione. L’Autentico, con 18 delegati fu quello dalla presenza più nutrita. Lo seguivano i liberali con 15 posti e i nazionalisti con 9. Sei delegati formavano la presenza comunista, mentre che Azione Repubblicana e ABC erano presenti con quattro delegati ciascuno. Tre furono i “congiuntisti” che erano i rappresentanti del Congiunto Nazionale Democratico, mentre il Partito Realista concorse con un solo delegato, José Maceo González.
Per gli autentici, a parte Grau, c’erano fra gli altri Eduardo Chibás, Emilio “Millo” Ochoa, Miguel Suárez Fernández, Alicia Hernández de la Barca, María Esther Villoch, Eusebio Mujal e Carlos Prío che emergerà come politico brillante per la sua abile e accertata attuazione.
Per i liberali assistettero José Manuel Cortina, Rafael Guas Inclán, Alfredo Hornedo, Emilio Nuñez Portuondo, Orestes Ferrara...i comunisti si fecero rappresentare da Juan Marinello, Blas Roca, Salvador García Agüero, Romárico Cordero, Esperanza Sánchez Mastrapa e César Villar...Jorge Mañalich, Francisco Ichaso e Joaquín Martínez Sáenz figurarono negli abecedari. Ci furono anche democratici e repubblicani, come Pelayo Cuervo e Santiago Rey. Gente di tutte le tendenze politiche, animati nel loro lavoro dal criterio memorabile di José Manuel Cortina in uno dei discorsi della sessione inaugurale dell’Assemblea. Cortina , allora, disse: “I partiti fuori! La Patria dentro!”. Questo fu lo spirito che animò i costituenti.
Il costituente di maggior età fu l’avvocato santiaguero Antonio Bravo Correoso, del gruppo Democratico-Repubblicano. Correoso era stato delegato alla Convenzione Costituente del 1901. Allora si oppose all’Emendamento Platt, ma non si fece presente all’assemblea il giorno della votazione decisiva. L’ultimo soprvvivente di quei 76 delegati fu l’holguinero “Millo” Ochoa. Posteriormente alla Costituente fu eletto senatore. Fu tra i fondatori del Partito Ortodosso che arrivò a presiedere. Fu detenuto 32 volte durante la sua vita politica. Uscì da Cuba nel 1960. Morì nel 2007, alla soglia dei 100 anni, a Miami dove si guadagnò la vita come taxista e fattorino.
C’era di tutto in quell’Assemblea che dotò il Paese della Costituzione del 1940. Oratoria brillante, retorica, accesi duelli verbali, aneddoti di ogni tipo, decessi, dimissioni e per non perdersi niente ci furono anche perdite di tempo in discussioni inutili circa il regolamento. Anche un attentato che mise Ferrara sull’orlo della morte, ricorda nelle sue Cronache della Repubblica, la professoressa Uva de Aragón, dalla quale lo scriba prendi in modo quasi testuale, i riferimenti per questa pagina.
Il patto Batista-Menocal
Preoccupava alcuni settori dell’opinione pubblica l’estensione smisurata del testo costituzionale che si elaborava. Di nuovo usciva allo scoperto Mariano Aramburo: “Sembra una bugia che si perda di vista il carattere fondamentale della Costituzione che non deve scendere in dettagli, e minuzie, ma deve limitarsi a esporre con rigida sobrietà, così nella parte dogmatica come nell’organica, i principi sopratutto normativi che devono conformare la vita dello Stato nell’esercizio dei suoi poteri e nelle sue relazioni con gli altri soggetti di diritto, senza invadere l’area delle leggi di derivazione...”
Presto giungerà la crisi. Grau, nonostante la sua affiliazione al movimento rivoluzionario del ’33, assunse dall’inizio una posizione ferma per evitare le lotte interne. Ma il leader dell’autenticismo non dominava la tecnica parlamentare e c’erano costanti disordini che minacciavano di trasformare la riunione in un caos. D’altra parte, Batista, desideroso di assicurarsi la presidenza nelle successive elezioni, offrì ai "menocalisti" la vice presidenza della Repubblica, il posto di sindaco dell’Avana, tre governi provinciali e 12 senatori. I "menocalisti" passarono a militare dentro le fila del Governo perché, disse il vechio Menocal ai membri del suo partito che giudicavano troppo forte la bevanda "pattista", “è fare un servizio alla Repubblica, propiziare a Batista una via d’uscita costituzionale al fine di liberare Cuba dal predominio militare che lui impersona”. Indubbiamente, il vecchio capoccia, non poté convincere tutti. Fu un colpo molto duro da assimilare per Miguel Coyula, altro dei delegati alla Convenzione. La fedeltà al suo capo e amico si scontravano coi principi che lo obbligavano a respingere un’alleanza con un uomo che aveva già anticipato di che risma fosse. Coyula non trovò un’altra via d’uscita, una volta finita l’Assemblea, che rinunciare agli alti incarichi occupati nelle file del "menocalismo" e ritirarsi dalla vita politica; tutto, meno che confrontarsi con Menocal, il cui funerale celebrò poco dopo con la voce rotta dall’emozione. In ogni modo, il patto Batista-Menocal alterò la composizione dell’Assemblea. L’opposizione perdeva la maggioranza e Grau si vedeva costretto a rinunciare alla sua presidenza. La occupa, allora, Carlos Márquez Sterling.
(Continua)
Fonti: Testi di Uva de Aragón. Mariano Aramburo, mario Coyula e Mario Riera.
La Constitución del 40 (I)
Ciro Bianchi Ross * digital@juventudrebelde.cu
7 de Febrero
del 2015 20:49:34 CDT
A partir de
1933 el militarismo se convirtió en un factor de peso en la vida política
cubana. Nunca había sido así con anterioridad, pese a que el Ejército desempeñó
siempre un papel represivo y, como norma, ejerció la coacción y la violencia
durante las campañas comiciales.
El coronel
Fulgencio Batista, como jefe del Ejército, llenó de beneficios a la tropa.
Otorgó un papel decisivo al cuadro de oficiales, instituyó un privilegiado
sistema de salarios tanto para los oficiales como para los simples alistados,
con asignaciones y sobresueldos. Incrementó a más de 14 000 el número de
miembros de las Fuerzas Armadas, con lo que hubo un militar por cada 285
habitantes.
Se creó, por
otra parte, el cuerpo de la Policía Nacional. Se garantizó a los militares
seguridad social, hospitales y clínicas especiales, balnearios, viviendas,
cajas de auxilio. El campamento de Columbia se transformó en Ciudad Militar y
se acometió la construcción de una red de cuarteles o se transformaron o
modernizaron los existentes. Ya en 1936, las asignaciones otorgadas a la
Secretaría de Defensa sobrepasaban el 25 por ciento del total del presupuesto
de la nación. Había sido de un 14 por ciento en 1925. Con ascensos, traslados y
licenciamientos controlados por Batista, el Ejército se convirtió en la fuerza
más cohesionada en el escenario político cubano.
Había, por
supuesto, oposición interna. En el Congreso incluso se creó el Bloque
Democrático a raíz de la destitución del presidente Miguel Mariano Gómez. Pero
Batista, dicen los investigadores, se enfrentaba a una situación internacional
más compleja que la de la oposición interna. Repercutía en Cuba la lucha contra
el fascismo y el nazismo, sus relaciones eran excelentes con Washington y el
momento no era propicio para gobernar apoyado en un partido militar. Además,
quería Batista proyectarse como estadista y todo esto lo hizo comprender que
debía reorientar sus aspiraciones políticas. Fue así que en 1937 lanzó el
llamado Plan Trienal, con una amplia gama de medidas encaminadas al
mejoramiento de la población campesina. Lo elaboró con poca o ninguna
intervención de las instituciones civiles del Estado, presidido entonces por
Federico Laredo Brú. Ese Plan no duró mucho; fue abandonado en menos de un año.
Aun así dejó algunas ganancias, como la Ley de Coordinación Azucarera y ciertas
medidas ventajosas en educación, sanidad y beneficencia, impulsadas por el
Consejo Corporativo.
El mensajero de la prosperidad
Las relaciones
de Batista con los norteamericanos eran inmejorables en aquellos años. En 1938
fue invitado a Washington por el jefe del Estado Mayor del Ejército de Estados
Unidos. El presidente Roosevelt lo recibió en la Casa Blanca; asistió a la
ceremonia por el Día de los Veteranos en el cementerio de Arlington y en la
academia militar de West Point se le trató en consonancia con su alta jerarquía
militar como jefe del Ejército cubano. En Nueva York el Alcalde lo atendió por
todo lo alto.
Hizo contacto
Batista en Estados Unidos con la banca y las grandes empresas, y firmó
numerosos acuerdos que redundarían en el bienestar económico de la Isla.
Regresó a Cuba, y sus seguidores le apodaron El Mensajero de la Prosperidad.
Por esa misma época viajó a México con una invitación de Lázaro Cárdenas, quien
quería, se decía, resquebrajar la alianza de Batista con los norteamericanos y
sumarlo a su política antiyanqui. En ese país, donde se le exaltó como un líder
continental, el militar cubano se comprometió, se dijo, con el presidente
Cárdenas y con Lombardo Toledano, a legalizar en Cuba el Partido Comunista y
facilitarle el control del movimiento sindical.
Asimismo,
autorizaría a esa organización política a fundar un periódico y una emisora radial. Con todo,
el país no se estabilizó ni en lo político ni en lo económico, aunque se
tomaron medidas para atenuar el descontento. Se autorizó la organización del
Partido Unión Revolucionaria, copado y controlado ya por los comunistas. Se
declaró una amplia amnistía política. Se concedió la autonomía universitaria.
Se reorganizó
la educación. Y se ensancharon las posibilidades de trabajo para el cubano, con
la expulsión de jamaicanos y haitianos.
Constituyente
primero, elecciones después. Quería la oposición más de lo que ha conseguido.
Insistía en la convocatoria a una Asamblea Constituyente. Batista también la
quería, pero deseaba que primero se celebraran elecciones. Se ha empeñado el
Coronel en llegar al poder por la vía electoral; reprimió por la fuerza a sus
adversarios, pero reclamó una legitimidad política en las urnas. Quería la
aprobación popular. La oposición no cedía. Sus adversarios reclamaban
Constituyente primero y elecciones después, y lo consiguieron en las
negociaciones que encabezó Laredo Brú, presidente de la República.
No todos los
sectores estaban de acuerdo con que se promulgara una nueva Constitución.
Mariano Aramburo, desde las páginas del Diario de la Marina, decía que los
descalabros que conoció el país desde la instauración de la República no se
debían tanto a la Constitución de
1901 como “a la
falta de virtud y a la demasía de concupiscencia de nuestros gobernantes y
caudillos políticos... Así, de abuso en abuso, en progresiva delincuencia, se
llegó a los desenfrenos de los días de
Machado”.
Puntualiza
Aramburo: “La insurrección que entonces se produjo no se inició contra la
Constitución, sino contra la tiranía. No era aquella la causa de los desmanes
que soliviantaron al pueblo. El esfuerzo cívico se encaminaba a deponer al
dictador, y no más”.
Sin embargo,
proseguía Aramburo, intereses de partido tiñeron el movimiento insurgente de un
radicalismo reformador y empezó a hablarse de cambio de régimen, concepto que
la mayor parte de los sublevados asoció solo con la defenestración de Machado y
no con un cambio constitucional. El resultado fue la convocatoria a una
Asamblea de la que saldría “un producto híbrido, artero e inviable, origen de
imponderables daños”. Por eso, en opinión de Aramburo, “lo más prudente sería tomar
por base la Constitución de 1901 e introducir en su texto aquellas reformas
parciales que exijan las nuevas necesidades. Ello supone dejar intacta la
dogmática de los derechos individuales, que en ese código aparecen definidos y
regulados con
Acierto”.
Triunfa la
oposición
El 15 de
noviembre de 1939 se celebraron las elecciones para la Asamblea Constituyente.
Triunfaba la oposición. De 76 actas, 35 correspondían al Gobierno; 41 a sus
contrarios. 73 hombres y tres mujeres. Ramón Grau San Martín, quien ha sido
electo por las cinco provincias que lo nominaron, fue exaltado merecidamente a
la Presidencia de la Asamblea, que inauguró sus sesiones el 7 de febrero de
1940, hace ahora 75 años Ocho partidos políticos estaban representados en la
Convención. El Auténtico, con 18 delegados, fue el de más nutrida presencia. Le
siguieron los liberales, con 15 asientos, y los nacionalistas con nueve. Seis
delegados conformaron la bancada comunista, mientras que Acción Republicana y
el ABC se hicieron presentes con cuatro delgados cada uno. Tres fueron los
conjuntistas, esto era, representantes del Conjunto Nacional Democrático, en
tanto que el Partido Realista concurrió con un solo delegado, José Maceo
González.
Por los
auténticos, aparte de Grau, estuvieron, entre otros, Eduardo Chibás, Emilio
“Millo” Ochoa, Miguel Suárez Fernández, Alicia Hernández de la Barca, María
Esther Villoch, Eusebio Mujal y Carlos Prío, que despuntará como un político
brillante por su hábil y acertada actuación.
Por los
liberales asistieron José Manuel Cortina, Rafael Guas Inclán, Alfredo Hornedo, Emilio Núñez
Portuondo, Orestes Ferrara... Los comunistas se hicieron representar por Juan
Marinello, Blas Roca, Salvador García Agüero, Romárico Cordero, Esperanza
Sánchez Mastrapa y César Vilar... Jorge Mañach, Francisco Ichaso y Joaquín
Martínez Sáenz figuraron entre los abecedarios. Hubo también demócratas y
republicanos, como Pelayo Cuervo y Santiago Rey. Gente de todas las tendencias
políticas, animados en su labor por el criterio memorable de José Manuel
Cortina en uno de los discursos de la sesión inaugural de la Asamblea. Dijo
Cortina entonces: “¡Los Partidos fuera! ¡La Patria dentro!”. Fue ese el
espíritu que animó a los constituyentes.
El
constituyente de mayor edad fue el abogado santiaguero Antonio Bravo Correoso,
de la bancada Demócrata-Republicana. Correoso había sido delegado a la
Convención Constituyente de 1901. Se
opuso entonces a la Enmienda Platt, pero no se hizo presente en la Asamblea el
día de la votación decisiva. El último sobreviviente de aquellos 76 delegados
fue el holguinero “Millo” Ochoa. Con posterioridad a la Constituyente resultó
electo senador. Estuvo entre los fundadores del Partido Ortodoxo, que llegaría
a presidir. Fue detenido 32 veces a lo largo de su vida política. Salió de Cuba
en 1960. Murió en 2007 al filo de los cien años, en Miami, donde se ganó la
vida como taxista y mensajero.
Habría de todo
en aquella asamblea que dotó al país de la Constitución de 1940. Oratoria
brillante, retórica, acerados duelos verbales, anécdotas de todo tipo,
fallecimientos, renuncias y, por no dejar de haber, hubo asimismo pérdida de
tiempo en discusiones inútiles acerca del reglamento. Y hasta un atentado que
puso a Ferrara al borde de la muerte, recuerda, en sus Crónicas de la
República, la profesora Uva de Aragón, de quien el escribidor toma, de manera
casi textual, referencias para esta página.
El pacto Batista-Menocal
Preocupaba a
algunos sectores de la opinión pública la extensión desmedida del texto
constitucional que se elaboraba. De nuevo salía Mariano Aramburo a la palestra:
“Parece mentira que se pierda de vista el carácter fundamental de la
Constitución, que no debe descender a detalles y minucias, que debe limitarse a
exponer con rígida sobriedad, así en la parte dogmática como en la orgánica,
los principios superiormente normativos que han de informar la vida del Estado
en el ejercicio de sus poderes y en sus relaciones con los demás sujetos de
derecho sin invadir el área de las leyes derivativas...”.
Pronto sobrevendría
la crisis. Grau, pese a su filiación con el movimiento revolucionario del 33,
asumió desde el comienzo una posición firme para evitar las luchas internas.
Pero el líder del autenticismo no dominaba la técnica parlamentaria y había
constantes desórdenes que amenazaban con convertir la reunión en un caos. Por
otra parte, Batista, deseoso de asegurarse la Presidencia en los
siguientes comicios, ofreció a los
menocalistas la vicepresidencia de la República, la alcaldía de La Habana, tres
gobiernos provinciales y
12 senadurías.
Los menocalistas pasaron a militar dentro de las filas del Gobierno porque,
dijo el viejo Menocal a sus partidarios que juzgaban demasiado fuerte el
brebaje pactista, “es hacerle un servicio a la República propiciarle a Batista
una salida constitucional a fin de librar a Cuba del predominio militar que él
personifica”. No pudo el viejo caudillo, sin embargo, convencerlos a todos. Fue
un golpe muy duro de asimilar para Miguel Coyula, otro de los delegados de la
Convención. La fidelidad a su jefe y amigo chocaban con principios que lo
obligaban a rechazar públicamente la alianza con un hombre que ya había anticipado su calaña. No
encontró Coyula otra salida, una vez finalizada la Asamblea, que la de
renunciar a los puestos superiores que ocupaba en las filas del menocalismo y
retirarse de la vida política; todo menos enfrentarse a Menocal, cuyo duelo
despediría poco después con la voz ahogada por la emoción. De cualquier manera,
el pacto Batista-Menocal alteró la composición de la Asamblea. Perdía la
oposición la mayoría, y Grau se veía forzado a renunciar a su presidencia. La
ocupa entonces Carlos Márquez Sterling. (Continuará)
Fuentes: Textos
de Uva de Aragón, Mariano Aramburo, Mario Coyula y Mario Riera.
Ciro Bianchi Ross
domenica 8 febbraio 2015
sabato 7 febbraio 2015
venerdì 6 febbraio 2015
giovedì 5 febbraio 2015
Oggi, i funerali di Celina Gonzáles
Non si presentava sulle scene da diverso tempo e ieri, all'etá di 86 anni, è scomparsa Celina Gonzáles, la regina della canzone popolar-folkloristica cubana. Il suo pezzo forte, conosciuto praticamente in tutto il mondo era "Yo soy el punto cubano", diventato un vero e proprio inno.
Ottimismo o preveggenza?
Air Europa propone puente aéreo entre Miami y La
Habana
Air Europa
ofrece actualmente un vuelo diario Madrid-La Habana.
El presidente de Air Europa
y fundador de Globalia, Juan José Hidalgo, anunció a elEconomista que
solicitará los permisos correspondientes a las autoridades de Estados Unidos y
Cuba para operar entre tres o cuatro vuelos al día entre Miami y La Habana.
De acuerdo a una nota de
Miguel Ángel Gavira, con este puente aéreo la aerolínea pretende reforzar su
negocio de vuelos trasatlánticos con el crecimiento del tráfico local que se
tendría que multiplicar tras el acercamiento de ambos gobiernos.
Air Europa ofrece
actualmente un vuelo diario Madrid-La Habana, que transporta a unos 4 000
pasajeros semanales, y opera también la ruta Madrid-Miami y Punta Cana durante
cinco días a la semana.
Hidalgo señaló que en la
próxima temporada de verano (finales de marzo o principios de abril de 2015)
iba a aumentar a siete las frecuencias semanales en este último destino,
aprovechando la incorporación en la primavera del nuevo 787 en leasing.
Con respecto al puente aéreo
Miami-La Habana, Hidalgo lleva varios años planteándose esta posibilidad, desde
2010, cuando inauguró la ruta entre Madrid y Miami, momento en el que se reunió
con el alcalde de la ciudad, Tomás Regalado, y ambos eran conscientes de que
tarde o temprano llegaría la apertura a Cuba.
Air Europa propone un ponte aereo tra Miami e l’Avana
Pubblicato
da TTC
Il presidente di Air Europa
e fondatore di Globalia, Juan José Hidalgo, ha annunciato a El Economista che
solleciterà i permessi corrispondenti alle autorità degli Stati Uniti e Cuba
per operare con tre o quattro voli giornalieri tra Miami e l’Avana.
D’accordo con una nota di
Miguel Ángel gavira, con questo ponte aereo l’aerolinea pretende rinforzare il
suo flusso di voli transatlantici con la crescita del traffico locale che dovrebbe
moltiplicarsi dopo l’avvicinamento dei due governi.
Air Europa offre attualmente
un volonaliero Madrid-Avana che trasporta circa 4000 passeggeri alla settimana
e opera anche sulla rotta Madrid-Miami-Punta Cana per cinque giorni alla
settimana.
Hidalgo ha segnalato che
nella prossima stagione estiva (fine marzo o inizio aprile 2015) aumenterà a
sette le frequenze settimanali su quest’ultima rotta, aprofittando l’ingresso,
in primavera, del nuovo 787 in leasing.
Rispetto al ponbte aereo
Miami-Avana, Hidalgo si domanda da diversi anni su questa possibilità, dal
2010, quando inaugurò la rotta tra Madrid e Miami, momento in cui si riunì col
sindaco della città, Tomás Regalado, entrambi coscienti che prima o poi
arriverà la riapertura con Cuba.
mercoledì 4 febbraio 2015
Sanguily nella Repubblica (II parte e fine), di Ciro Bianchi Ross
Pubblicato su Juventud Rebelde del 1°/2/15
Chi si trova a passare per la calle Obrapia al numero 510 si imbatte nella casa natale di Manuel Sanguily (foto A.A.)
L’oratoria di Manuel Sanguily si caratterizza per “la sua sonorità, l’impeto e la maniera energica, vigorosa e combattiva” con cui effettua i suoi discorsi. Aveva il dono dell’improvvisazione e ha fatto sfoggio di questa capacità in moilte occasioni.
Per questo, molti dei discorsi che pronunciò nell’emigrazione, tra il 1895 e il 1898, si persero per sempre mentre altri, scritti o ricostruiti posteriormente, si conservano nel suo libro Discursos y Conferencias (1918). Considerevole è quello intitolato Céspedes e Martí che pronunciò al 27mo anniversario de El grito de Yara, il 10 ottobre 1895, così come quello che pronunciò, nel novembre dello stesso anno, a ricordo degli studenti di medicina fucilati nel 1871. Nel suo discorso, Martí e la Rivoluzione Cubana, evoca la figura dell’Apostolo: “questa vita semplice e allo stesso tempo apocalittica di un uomo che patì, come se avesse il cuore trafitto da lance incandescenti, il supplizio di sentire come suoi i dolori di un popolo”.
Torna a Cuba alla fine della guerra. Partecipa come delegatondel Secondo Corpo all’Assemblea dei Rappresentanti dell’Esercito di Liberazione che si tiene nella località camagüeyana di Santa Cruz del Sur e integra la commissione capeggiata dal maggior generale Calíxto García, accredita questa Assemblea davanti al presidente degli Stati Uniti, al fine di adottare le misure incamminate allo scioglimento delle truppe “mambisas”. Calíxto muore durante il suo soggiorno a Washington e la commissione, non senza difficoltà, compie il suo obiettivo e torna a Cuba a rendere conto della sua gestione. L’Assemblea sessiona già nel Cerro – di lì il suo nuovo nome di Assemblea del Cerro – e poco dopo si dissolve.
Portavoce di speranza
Sanguily accetta la direzione dell’Istituto di Secondo Insegnamento dell’Avana che riorganizza in modo efficiente e il 5 novembre del 1900, è fra i delegati che elaborano la Costituzione della Repubblica. I suoi interventi nei dibattiti della Convenzione sono frequenti e di grande livello. “Il fervente portavoce della speranza che tanto aveva avocatobper stabilire una democrazia indipendente a Cuba, ebbene, ha avuto occasione di tracciare i lineamenti della Repubblica que stava nascendo”, scrive Max Enríquez Ureña.
Nei dibattiti difende il criterio dell’insegnamento ufficiale; non vede nessun pericolo avverte che l’Educazione dev’essere diretta, amministrata e controllata dallo Stato. Si manifesta per la separazione della Chiesa e lo Stato. Juan Gualberto Gómez propone che non si faccia riferimento al fatto, limiterebbe la potestà dei futuri cittadini se opinassero il contrario in maggioranza. Salvador Cisneros Betancourt è dell’opinione che si sostituisca il concetto di moralità cristiana con quello di moralità pubblica, mozione che alla fine è respinta. Dice sanguily: “Non credo giusto che con i soldi di tutti si paghi il credo di chi non costituisce la totalità del Paese. Questo implicherebbe una situazione antiliberale e tirannica. Compatisco la Repubblica che ha paura di tutto, agli Stati Uniti, al Papa, al sacerdozio...”.
Altro punto di conflitto è quello del suffragio. Si sa che Leonardo Wood, l’interventista nordamericano, è partitario del voto ristretto e la commissione di redazione del testo costituzionale evita di toccare il problema. Il generale José B. Alemán condanna l’omissione e propone che la Costituzione consacri il diritto al suffragio universale. Leopoldo Berriel che era o sarà rettore dell’Università dell’Avana, si oppone alla proposta per ragioni di forma e Manuel Sanguily sale ancora sul quadrato per esprimere che non concepisce che esista un solo delegato che si mostri partitario di limitare il voto dei suoi compatrioti per ragioni di razza, scolarità o posizione economica e ottiene l’inclusione del suffragio universale.
Lo scoglio dell’emendamento
Avanza la redazione di quella che sarà la Costituzione del 1901. A volte c’è unanimità, a volte no, ma la Magna Charta che inizialmente rifugge al dibattito sul tema delle relazioni Cuba-Stati Uniti, prende forma. Una commissione dell’Assemblea redigerà il progetto di trattato che regolerà i vincoli tra i due Paesi. Sorge uno scoglio. Nel Comitato di Affari Cubani del Senato nordamericano, si discute il cosiddetto Emendamento Platt, una stampella o sostegno alla legge delle spese dell’Esercito che limitava la sovranità cubana e dava a Washington la possibilità di intervenire militarmente sull’Isola quando lo ritenesse opportuno e di stabilire stazioni navali o carbonifere sul suo territorio.
Prima che fosse approvato, Wood fa giungere il testo dell’emendamento all’Assemblea che decide di ignorarlo e cominciare a discutere l’accordo che aveva preso la sua propria commissione, sulle relazioni cubano-nordamericane. Si trova in quel momento quando Wood fa sapere che il progetto di legge sulle spese dell’Esercito, con la sua stampella, era stato approvato dal Congresso degli Stati Uniti e ratificato dal Presidente, convertendosi in legge. L’emendamento doveva aggiungersi, come appendice, alla fiammante Costituzione cubana del 1901 e passare a integrare il Trattato Permanente fra i due Paesi.
I cubani vivono momenti di angustia. La Repubblica nascerebbe con una sovranità limitata, Se la convenzione non avesse approvato l’Emendamento Platt sarebbe rimasta senza effetto e senza valore e l’istaurazione della repubblica sarebbe stata posopta a tempo indefinito? Manuel Sanguily propone lo scioglimento dell’Assemblea Costituente al fine di convocare alle elezioni di una nuova Assemblea formula che se si fosse adottata, dicono gli specialisti, si sarebbe convertito in un plebiscito.
La proposta non incontrò eco favorevole fra i delegati e consumate senza risultati pratici le gestioni, incamminate a sopprimere o a modificare in parte il documento, l’emendamento fu approvato dalla maggioranza. Sanguily che era stato il paladino della ribellione, votò anch’egli a favore perché disse che facendolo coi suoi termini “credeva di favorire la costituzione della Repubblica di Cuba e della personalità cubana che diversamente sparirebbero completamente...e sopratutto per trattarsi di un’imposizione degli Stati Uniti, contro la quale ogni resistenza sarebbe stata definitivamente funesta per le aspirazioni dei cubani”.
Prima, giustificava nel giornale La Discusión il suo cambio di opinione, nel assicurare che se si respingeva l’emendamento, non ci sarebbe stata Repubblica e che fra un potere interventista indefinito e una Repubblica con emendamento, egli preferiva una Repubblica con emendamento.
Senatore
Il 20 di maggio del 1902 si insatura la Repubblica. Manuel sanguily era stato eletto senatore della repubblica per Matanzas, provincia dove ricominciò dopo il Patto del Zanjón, la sua instancabile predica per la libertà. Di questa tappa della sua vita è importante risaltare i discorsi del 1903 contro il Trattato di Reciprocità, difeso vittoriosamente dall’illustre giuriconsulto Antonio Sánchez de Bustamante e che gli Stati Uniti impongono alla giovane Repubblica. Avverte che con tale trattato l’economia dell’Isola rimarrebbe sottomessa completamente al poderoso Paese vicino. Al rispetto disse: “Le concessioni che ci fanno hanno definitivamente meno valore di quelle che loro ci impongono, da dove è risultato che gli Stati Uniti, per quanto consta dalle attuali circostanze, si sono sostituiti all’antica metropoli spagnola; hanno ridotto le nostre condizioni generali, sotto l’aspetto di industria e commercio, a quelle stesse relazioni sostanziali in cui Cuba si trovava con la Spagna, quando la Spagna dominava a Cuba: per tanto hanno convertito la nostra nazione in una colonia mercantile e agli Stati Uniti nella sua metropoli”.
La sua predica è inutile. Il Trattato di Reciprocità si approva e il suo grande amico, il poeta Enrique Hernández Myares, pubblica sulla stampa il sonetto La más fermosa, imparentando l’attitudine di Don Manuel con le imprese cavalleresche del Don Quijote. La sconfitta non lo rimpiccolisce né lo sepra dalla via che si è tracciato. Presenta un progetto di legge che proibisce la vendita di terre cubane a stranieri. Dice che vuole dare una voce di allarme angosciante per i pericoli che corre il Paese davanti all’irruzione di stranieri che vengono col proposito di acquistare a basso prezzo enormi estensioni di terra. Con questa legge si sarebbero impediti gli immensi latifondi che hanno pesato nello sviluppo economico del Paese e anche su quello dela sua vita politica.
Corre l’anno 1906. Sopraggiunge il secondo intervento militare nordamericano. Il clima è d’incertezza. Quale sarà il destino di Cuba? In torno al tema, a poco dall’inizio del 1907, polemizzano gli studenti delle università del Kansas e Oklahoma. Gli Stati Uniti devono annettersi Cuba? Chiedono quelli del Kansas e Sanguily, nella sua risposta, non solo rigetta questa possibilità, ma interviene con pienezza sul diritto dell’isola di essere libera e sovrana. Per questo la rivista Letras, dell’Avana, omaggia Sanguily con un banchetto che è allo stesso tempo, una dimostrazione di solidarietà col suo pensiero.
Sanguily afferma, nel rigraziare per l’omaggio: “L’indipendenza e la Repubblica e non io che ho appena avuto la fortuna casuale di esporre come un eco debole il credo e il sentimento del nostro patriottismo, sono state le ispiratrici di questa grande manifestazione patriottica”.
Il presidente José Miguel Gómez gli affida il Segretarito di Stato. Quando in aprile, il Segretario di Stato nordamericano passa dall’Avana in visita di buona volontà è il cancelliere Sanguily, in un discorso che ha come uno dei suoi mkigliori pezzi oratori, che gli ricorda i principi essenziali che debbono reggere l’ordine di relazioni tra i due Paesi. Un mese più tardi, con il sollevamento degli indipendenti di Color, Washington giunse a considerare la possibilità di intervenire militarmente nel conflitto, timorosa che il Governo di Cuba non riuscisse a dominare la situazione. Sanguily respinse la minaccia con integrità e José Miguel, in cavalleresco accordo col suo Cancelliere, diresse al Presidente nordamericano un messaggio che risultò decisivo.
Le pene e gli anni minano la salute di Sanguily. Accetta di figurare, nel 1921, tra i fondatori del Partido Nacionalista e due anni più tardi, allo scoppio della protesta del Movimento dei Veterani e Patrioti contro il governo di Alfredo Zayas, si schiera dalla loro parte. Già non esce di casa, ma gli fa giungere un messaggio d’incoraggiamento e solidarietà al Teatro Martí, dove gli integranti del Movimento si costituiscono in sessione permanente che si prolunga per dei mesi.
Se in vita lo ammirarono, coloro che lo conobbero, il tempo aumenta il suo significato e importanza. Oratore, giornalista sagace, patriota senza macchia, la sua condotta alimenta la corrente della cubanía e aumenta le basi della nazionalità. Così sarà mentre la Repubblica respira – e respirerà sempre.
Chi si trova a passare per la calle Obrapia al numero 510 si imbatte nella casa natale di Manuel Sanguily (foto A.A.)
La oratoria de Manuel Sanguily se caracteriza por «su
sonoridad, su ímpetu y la forma enérgica, vigorosa y combativa» con que
acomete sus discursos. Tenía el don de la improvisación y en muchas ocasiones
hizo gala de esa capacidad.Por eso muchos de los discursos que pronunció en la emigración, entre 1895
y 1898, se perdieron para siempre, mientras que otros, escritos y leídos o
reconstruidos luego, se conservan en su libro Discursos y conferencias (1918).
Muy notable es el titulado Céspedes y Martí, que pronunció en ocasión del
aniversario 27 del Grito de Yara, el 10 de octubre de 1895, así como el que, en
noviembre del mismo año, pronunció en recuerdo de los estudiantes de Medicina
fusilados en 1871. En su discurso Martí y la Revolución Cubana evoca la figura
del Apóstol, «esa vida sencilla y a un tiempo apocalíptica de un hombre que
padeció, como si llevara el corazón atravesado de lazas encendidas, el suplicio
de sentir como suyos los dolores de un pueblo».Regresa a Cuba al finalizar la guerra. Participa como delegado del Segundo
Cuerpo a la Asamblea de Representantes del Ejército Libertador, que sesiona en
la localidad camagüeyana de Santa Cruz del Sur, e integra la comisión que,
encabezada por el mayor general Calixto García, acredita esa Asamblea ante el
Presidente de Estados Unidos, a fin de adoptar las medidas encaminadas al
licenciamiento de las fuerzas mambisas. Calixto García fallece durante su
estancia en Washington, y la comisión, no sin dificultades, cumple su objetivo
y regresa a Cuba a dar cuenta de su gestión. La Asamblea sesiona ya en el Cerro
—de ahí su nuevo nombre de Asamblea del Cerro— y poco después se disuelve.Vocero de la esperanzaAcepta Sanguily la dirección del Instituto de Segunda Enseñanza de La
Habana, que reorganiza de manera eficiente, y el 5 de noviembre de 1900, en
representación de la provincia de La Habana, está entre los delegados que
elaborarán la Constitución de la República. Sus intervenciones en los debates
de la Convención son frecuentes y muy destacadas. «El ferviente vocero de la
esperanza que tanto había abogado por establecer en Cuba una democracia
independiente, tuvo, pues, ocasión de contribuir a trazar los lineamientos de
la República que iba a nacer», escribe Max Henríquez Ureña.Defiende, en los debates, el criterio de la enseñanza oficial; no ve ningún
peligro, advierte, en que la Educación esté dirigida, administrada y
supervisada por el Estado. Se manifiesta por la separación de la Iglesia y el
Estado. Propone Juan Gualberto Gómez que no se haga referencia al asunto, pues
limitaría la potestad de los futuros ciudadanos si opinaran mayormente en
contrario. Y Salvador Cisneros Betancourt es de la opinión de que se sustituya
el concepto de moral cristiana por el de moral pública, noción que en
definitiva es rechazada. Habla Sanguily: «No creo justo que con el dinero de
todos se pague la creencia de quienes no constituyen la totalidad del país.
Esto implicaría una situación antiliberal y tiránica. Compadezco a la República
que tiene miedo a todo, a los Estados Unidos, al Papa, al sacerdocio…».Otro punto conflictivo es el del sufragio. Se sabe que Leonardo Wood, el
interventor norteamericano, es partidario del voto restringido, y la comisión
de redacción del texto constitucional evita tocar el asunto. El general José B.
Alemán condena la omisión y propone que la Constitución consagre el derecho al
sufragio universal. Leopoldo Berriel, que era ya o llegaría a ser rector de la
Universidad de La Habana, se opone a la propuesta por razones de forma, y de
nuevo sale a la palestra Manuel Sanguily para expresar que no concibe que
exista un solo delegado que se muestre partidario de limitar el voto de sus
compatriotas por motivos de raza, escolaridad o posición económica, y logra la
inclusión del sufragio universal.El escollo de la enmiendaAvanza la redacción de lo que sería la Constitución de 1901. Hay unanimidad
a veces, otras no, pero la Carta Magna, que rehúye inicialmente al debate del
tema de las relaciones Cuba-Estados Unidos, toma forma. Una comisión de la
Asamblea redactaría el proyecto de tratado que regularía los vínculos entre los
dos países. Surge un escollo. Se discute en el Comité de Asuntos Cubanos del
Senado norteamericano la llamada Enmienda Platt, un rider o percha a la ley de
gastos del Ejército, que conculcaba la soberanía cubana y daba a Washington la
potestad de intervenir militarmente en la Isla cuando lo estimara pertinente y
de establecer estaciones navales o carboneras en su territorio.Antes de que fuera aprobada, Wood hace llegar el texto de la enmienda a la
Asamblea que decide ignorarla y empezar a discutir el acuerdo que sobre las
relaciones cubano-norteamericanas había tomado su propia comisión. En eso se
encuentra cuando Wood hace saber que el proyecto de ley de gastos del Ejército,
con su percha, había sido aprobado por el Congreso de Estados Unidos y
sancionado por el Presidente, convirtiéndose en ley. La enmienda debía
agregarse como apéndice a la flamante Constitución cubana de 1901 y pasaría a
integrar el Tratado Permanente entre los dos países.Viven los cubanos momentos angustiosos. ¿Nacería la República con su
soberanía en precario? Si la Convención no aprobaba la Enmienda Platt,
¿quedaría sin valor ni efecto la Convención y la instauración de la República
se pospondría de manera indefinida? Propone Manuel Sanguily la disolución de la
Asamblea Constituyente a fin de convocar a elecciones para una nueva Asamblea,
fórmula que de haberse adoptado, dicen los especialistas, se hubiera convertido
en un plebiscito.La propuesta no encontró eco favorable entre los delegados y, agotadas sin
resultado práctico las gestiones encaminadas a suprimir o modificar siquiera en
parte el documento, la enmienda fue aprobada por mayoría. Sanguily, que había
sido paladín de la rebeldía, votó también a favor de ella porque dijo que al
hacerlo por sus términos «creía favorecer la constitución de la República de
Cuba y de la personalidad cubana, que de otro modo desaparecerían por completo…
y sobre todo por tratarse de una imposición de los Estados Unidos, contra la
cual toda resistencia sería definitivamente funesta para las aspiraciones de
los cubanos».Antes, justificaba en el periódico La Discusión su cambio de criterio, al
aseverar que si se rechazaba la enmienda, no habría República, y que entre un
poder interventor indefinido y una República con enmienda, él prefería la
República con enmienda.SenadorEl 20 de mayo de 1902 se instaura la República. Manuel Sanguily había
resultado electo senador de la República por Matanzas, provincia donde
reinició, tras el Pacto del Zanjón, su prédica incansable por la libertad. De
esa etapa de su vida importa destacar los discursos de 1903 contra el proyecto
del Tratado de Reciprocidad, defendido victoriosamente por el ilustre
jurisconsulto Antonio Sánchez de Bustamante, y que Estados Unidos impone a la
joven República. Advierte que con tal Tratado la economía de la Isla quedará
supeditada totalmente al poderoso país vecino. Dijo al respecto:«Las concesiones que se nos hacen tienen infinitamente menos valor que las
que hacia ellos se nos imponen, de donde ha resultado que los Estados Unidos,
en cuanto las circunstancias actuales lo consienten, se han subrogado a nuestra
antigua metrópoli española; han reducido nuestra condición general, bajo el
aspecto de la hacienda y del comercio, a aquellas mismas relaciones
sustanciales en que se encontraba Cuba respecto de España, cuando España
dominaba en Cuba; han convertido, por tanto, nuestra nación en una colonia
mercantil y a los Estados Unidos en su metrópoli».Es inútil su prédica. Se aprueba el Tratado de Reciprocidad y su gran
amigo, el poeta Enrique Hernández Miyares, publica en la prensa el soneto La más fermosa, emparentando la actitud de Don Manuel
con las empresas caballerescas de Don Quijote. La derrota no lo empequeñece ni
lo aparta de la senda que se ha trazado. Presenta un proyecto de ley que
prohíbe la venta de tierras cubanas a extranjeros. Dice que quiere dar una voz
de alarma angustiosa por los peligros que corre el país ante la irrupción de
extranjeros que vienen con el propósito de adquirir a bajo precio enormes
extensiones de tierra. Con esa ley se hubieran impedido los inmensos
latifundios que pesaron en el desenvolvimiento económico del país y también
sobre el desarrollo de su vida política.Corre el año de 1906. Sobreviene la segunda intervención militar
norteamericana. El clima es de incertidumbre. ¿Cuál será el destino de Cuba? En
torno al tema, a poco de iniciarse 1907, polemizan estudiantes de
universidades de Kansas y Oklahoma. ¿Debe Estados Unidos anexarse a Cuba?,
preguntan los de Kansas, y Sanguily, en su respuesta, no solo repudia esa
posibilidad, sino que sostiene con entereza el derecho de la Isla de ser libre
y soberana. Por eso la revista Letras, de La Habana, agasaja a Sanguily con un
banquete que es, al mismo tiempo, una demostración de solidaridad con su
pensamiento.Afirma Sanguily al agradecer el homenaje: «La independencia y la República
y no yo, que apenas he tenido la fortuna casual de exponer como un eco débil el
credo y el sentir de nuestro patriotismo —han sido las inspiradoras de esta
gran manifestación patriótica».El presidente José Miguel Gómez le confía la Secretaría de Estado. Cuando,
en abril de 1912, el Secretario de Estado norteamericano pasa por La Habana en
visita de buena voluntad, es el canciller Sanguily, en un discurso que se tiene
como una de sus mejores piezas oratorias, quien le recuerda los principios
esenciales que deben regir el orden de relaciones entre los dos países. Un mes
más tarde, cuando el alzamiento de los Independientes de Color, Washington
llegó a considerar la posibilidad de intervenir militarmente en el conflicto,
temeroso de que el Gobierno de Cuba no lograra dominar la situación. Sanguily
rechazó la amenaza con entereza, y José Miguel, en cabal acuerdo con su
Canciller, dirigió al Presidente norteamericano un mensaje que resultó
decisivo.Las penalidades y los años resienten la salud de Sanguily. Acepta figurar,
en 1921, entre los fundadores del Partido Nacionalista, y dos años más tarde,
al estallar la protesta del Movimiento de Veteranos y Patriotas contra el
gobierno de Alfredo Zayas, se pone de su lado. Ya no sale de la casa, pero les
hace llegar un mensaje de aliento y solidaridad al teatro Martí, donde los
integrantes del Movimiento se constituyen en sesión permanente que se prolonga
durante meses.Si en vida lo admiraron quienes lo conocieron, el tiempo acrecienta su
significación e importancia. Orador, periodista sagaz, patriota sin mácula, su
conducta alimenta el caudal de la cubanía y acrecienta los cimientos de la
nacionalidad. Así será mientras la República aliente —y alentará siempre.
La oratoria de Manuel Sanguily se caracteriza por «su
sonoridad, su ímpetu y la forma enérgica, vigorosa y combativa» con que
acomete sus discursos. Tenía el don de la improvisación y en muchas ocasiones
hizo gala de esa capacidad.Por eso muchos de los discursos que pronunció en la emigración, entre 1895
y 1898, se perdieron para siempre, mientras que otros, escritos y leídos o
reconstruidos luego, se conservan en su libro Discursos y conferencias (1918).
Muy notable es el titulado Céspedes y Martí, que pronunció en ocasión del
aniversario 27 del Grito de Yara, el 10 de octubre de 1895, así como el que, en
noviembre del mismo año, pronunció en recuerdo de los estudiantes de Medicina
fusilados en 1871. En su discurso Martí y la Revolución Cubana evoca la figura
del Apóstol, «esa vida sencilla y a un tiempo apocalíptica de un hombre que
padeció, como si llevara el corazón atravesado de lazas encendidas, el suplicio
de sentir como suyos los dolores de un pueblo».Regresa a Cuba al finalizar la guerra. Participa como delegado del Segundo
Cuerpo a la Asamblea de Representantes del Ejército Libertador, que sesiona en
la localidad camagüeyana de Santa Cruz del Sur, e integra la comisión que,
encabezada por el mayor general Calixto García, acredita esa Asamblea ante el
Presidente de Estados Unidos, a fin de adoptar las medidas encaminadas al
licenciamiento de las fuerzas mambisas. Calixto García fallece durante su
estancia en Washington, y la comisión, no sin dificultades, cumple su objetivo
y regresa a Cuba a dar cuenta de su gestión. La Asamblea sesiona ya en el Cerro
—de ahí su nuevo nombre de Asamblea del Cerro— y poco después se disuelve.Vocero de la esperanzaAcepta Sanguily la dirección del Instituto de Segunda Enseñanza de La
Habana, que reorganiza de manera eficiente, y el 5 de noviembre de 1900, en
representación de la provincia de La Habana, está entre los delegados que
elaborarán la Constitución de la República. Sus intervenciones en los debates
de la Convención son frecuentes y muy destacadas. «El ferviente vocero de la
esperanza que tanto había abogado por establecer en Cuba una democracia
independiente, tuvo, pues, ocasión de contribuir a trazar los lineamientos de
la República que iba a nacer», escribe Max Henríquez Ureña.Defiende, en los debates, el criterio de la enseñanza oficial; no ve ningún
peligro, advierte, en que la Educación esté dirigida, administrada y
supervisada por el Estado. Se manifiesta por la separación de la Iglesia y el
Estado. Propone Juan Gualberto Gómez que no se haga referencia al asunto, pues
limitaría la potestad de los futuros ciudadanos si opinaran mayormente en
contrario. Y Salvador Cisneros Betancourt es de la opinión de que se sustituya
el concepto de moral cristiana por el de moral pública, noción que en
definitiva es rechazada. Habla Sanguily: «No creo justo que con el dinero de
todos se pague la creencia de quienes no constituyen la totalidad del país.
Esto implicaría una situación antiliberal y tiránica. Compadezco a la República
que tiene miedo a todo, a los Estados Unidos, al Papa, al sacerdocio…».Otro punto conflictivo es el del sufragio. Se sabe que Leonardo Wood, el
interventor norteamericano, es partidario del voto restringido, y la comisión
de redacción del texto constitucional evita tocar el asunto. El general José B.
Alemán condena la omisión y propone que la Constitución consagre el derecho al
sufragio universal. Leopoldo Berriel, que era ya o llegaría a ser rector de la
Universidad de La Habana, se opone a la propuesta por razones de forma, y de
nuevo sale a la palestra Manuel Sanguily para expresar que no concibe que
exista un solo delegado que se muestre partidario de limitar el voto de sus
compatriotas por motivos de raza, escolaridad o posición económica, y logra la
inclusión del sufragio universal.El escollo de la enmiendaAvanza la redacción de lo que sería la Constitución de 1901. Hay unanimidad
a veces, otras no, pero la Carta Magna, que rehúye inicialmente al debate del
tema de las relaciones Cuba-Estados Unidos, toma forma. Una comisión de la
Asamblea redactaría el proyecto de tratado que regularía los vínculos entre los
dos países. Surge un escollo. Se discute en el Comité de Asuntos Cubanos del
Senado norteamericano la llamada Enmienda Platt, un rider o percha a la ley de
gastos del Ejército, que conculcaba la soberanía cubana y daba a Washington la
potestad de intervenir militarmente en la Isla cuando lo estimara pertinente y
de establecer estaciones navales o carboneras en su territorio.Antes de que fuera aprobada, Wood hace llegar el texto de la enmienda a la
Asamblea que decide ignorarla y empezar a discutir el acuerdo que sobre las
relaciones cubano-norteamericanas había tomado su propia comisión. En eso se
encuentra cuando Wood hace saber que el proyecto de ley de gastos del Ejército,
con su percha, había sido aprobado por el Congreso de Estados Unidos y
sancionado por el Presidente, convirtiéndose en ley. La enmienda debía
agregarse como apéndice a la flamante Constitución cubana de 1901 y pasaría a
integrar el Tratado Permanente entre los dos países.Viven los cubanos momentos angustiosos. ¿Nacería la República con su
soberanía en precario? Si la Convención no aprobaba la Enmienda Platt,
¿quedaría sin valor ni efecto la Convención y la instauración de la República
se pospondría de manera indefinida? Propone Manuel Sanguily la disolución de la
Asamblea Constituyente a fin de convocar a elecciones para una nueva Asamblea,
fórmula que de haberse adoptado, dicen los especialistas, se hubiera convertido
en un plebiscito.La propuesta no encontró eco favorable entre los delegados y, agotadas sin
resultado práctico las gestiones encaminadas a suprimir o modificar siquiera en
parte el documento, la enmienda fue aprobada por mayoría. Sanguily, que había
sido paladín de la rebeldía, votó también a favor de ella porque dijo que al
hacerlo por sus términos «creía favorecer la constitución de la República de
Cuba y de la personalidad cubana, que de otro modo desaparecerían por completo…
y sobre todo por tratarse de una imposición de los Estados Unidos, contra la
cual toda resistencia sería definitivamente funesta para las aspiraciones de
los cubanos».Antes, justificaba en el periódico La Discusión su cambio de criterio, al
aseverar que si se rechazaba la enmienda, no habría República, y que entre un
poder interventor indefinido y una República con enmienda, él prefería la
República con enmienda.SenadorEl 20 de mayo de 1902 se instaura la República. Manuel Sanguily había
resultado electo senador de la República por Matanzas, provincia donde
reinició, tras el Pacto del Zanjón, su prédica incansable por la libertad. De
esa etapa de su vida importa destacar los discursos de 1903 contra el proyecto
del Tratado de Reciprocidad, defendido victoriosamente por el ilustre
jurisconsulto Antonio Sánchez de Bustamante, y que Estados Unidos impone a la
joven República. Advierte que con tal Tratado la economía de la Isla quedará
supeditada totalmente al poderoso país vecino. Dijo al respecto:«Las concesiones que se nos hacen tienen infinitamente menos valor que las
que hacia ellos se nos imponen, de donde ha resultado que los Estados Unidos,
en cuanto las circunstancias actuales lo consienten, se han subrogado a nuestra
antigua metrópoli española; han reducido nuestra condición general, bajo el
aspecto de la hacienda y del comercio, a aquellas mismas relaciones
sustanciales en que se encontraba Cuba respecto de España, cuando España
dominaba en Cuba; han convertido, por tanto, nuestra nación en una colonia
mercantil y a los Estados Unidos en su metrópoli».Es inútil su prédica. Se aprueba el Tratado de Reciprocidad y su gran
amigo, el poeta Enrique Hernández Miyares, publica en la prensa el soneto La más fermosa, emparentando la actitud de Don Manuel
con las empresas caballerescas de Don Quijote. La derrota no lo empequeñece ni
lo aparta de la senda que se ha trazado. Presenta un proyecto de ley que
prohíbe la venta de tierras cubanas a extranjeros. Dice que quiere dar una voz
de alarma angustiosa por los peligros que corre el país ante la irrupción de
extranjeros que vienen con el propósito de adquirir a bajo precio enormes
extensiones de tierra. Con esa ley se hubieran impedido los inmensos
latifundios que pesaron en el desenvolvimiento económico del país y también
sobre el desarrollo de su vida política.Corre el año de 1906. Sobreviene la segunda intervención militar
norteamericana. El clima es de incertidumbre. ¿Cuál será el destino de Cuba? En
torno al tema, a poco de iniciarse 1907, polemizan estudiantes de
universidades de Kansas y Oklahoma. ¿Debe Estados Unidos anexarse a Cuba?,
preguntan los de Kansas, y Sanguily, en su respuesta, no solo repudia esa
posibilidad, sino que sostiene con entereza el derecho de la Isla de ser libre
y soberana. Por eso la revista Letras, de La Habana, agasaja a Sanguily con un
banquete que es, al mismo tiempo, una demostración de solidaridad con su
pensamiento.Afirma Sanguily al agradecer el homenaje: «La independencia y la República
y no yo, que apenas he tenido la fortuna casual de exponer como un eco débil el
credo y el sentir de nuestro patriotismo —han sido las inspiradoras de esta
gran manifestación patriótica».El presidente José Miguel Gómez le confía la Secretaría de Estado. Cuando,
en abril de 1912, el Secretario de Estado norteamericano pasa por La Habana en
visita de buena voluntad, es el canciller Sanguily, en un discurso que se tiene
como una de sus mejores piezas oratorias, quien le recuerda los principios
esenciales que deben regir el orden de relaciones entre los dos países. Un mes
más tarde, cuando el alzamiento de los Independientes de Color, Washington
llegó a considerar la posibilidad de intervenir militarmente en el conflicto,
temeroso de que el Gobierno de Cuba no lograra dominar la situación. Sanguily
rechazó la amenaza con entereza, y José Miguel, en cabal acuerdo con su
Canciller, dirigió al Presidente norteamericano un mensaje que resultó
decisivo.Las penalidades y los años resienten la salud de Sanguily. Acepta figurar,
en 1921, entre los fundadores del Partido Nacionalista, y dos años más tarde,
al estallar la protesta del Movimiento de Veteranos y Patriotas contra el
gobierno de Alfredo Zayas, se pone de su lado. Ya no sale de la casa, pero les
hace llegar un mensaje de aliento y solidaridad al teatro Martí, donde los
integrantes del Movimiento se constituyen en sesión permanente que se prolonga
durante meses.Si en vida lo admiraron quienes lo conocieron, el tiempo acrecienta su
significación e importancia. Orador, periodista sagaz, patriota sin mácula, su
conducta alimenta el caudal de la cubanía y acrecienta los cimientos de la
nacionalidad. Así será mientras la República aliente —y alentará siempre.
martedì 3 febbraio 2015
Dopo oltre un anno Fidel Castro riappare in fotografia
Il leader storico della Rivoluzione Cubana si è riunito con il presidente della FEU (Federazione Estudiantes Universitarios) e per la prima volta dopo molto tempo si vede la sua immagine pubblicata.
Foto Estudio Revolución/Granma
Foto Estudio Revolución/Granma
lunedì 2 febbraio 2015
Turismo della salute per i nordamericani...ma non solo
Speciale di TTC:
Cuba può offrire trattamenti medici di grande qualità ai turisti statunitensi
Con un disgelo fra gli
Stati Uniti e Cuba, il settore del turismo
medico a Cuba potrebbe avvantaggiasi ampiamente se il rapporto bilaterale di
questi paesi mantiene il ritmo di miglioramento.
Una pubblicazione
digitale specializzata sul tema, Malaysian Insider, ha affermato che
l'attenzione non è gratuita a Cuba perché è un paese che si
sta sviluppando, ma che ha creato un sistema d'attenzione alla salute con
un'attenzione medica eccellente che si combina con costi relativamente bassi. (1)
La pagina digitale ha buone ragioni per sapere ciò. La Malesia, il suo paese d'origine, è stata
qualificata dai parametri internazionali come una delle cinque destinazioni di
turismo medico nel mondo che hanno le opportunità più attrattive per i turisti che
cercano di avere un'attenzione alla loro salute, con medici di qualità, ma
pagando molto meno di quello che dovrebbero pagare nei loro paesi d'origine,
sopratutto negli Stati Uniti, che hanno sistemi di Salute molto costosi.
Quando Malaysian Insider
si è riferita a Cuba ha sottolineato che “di fatto, parecchi turisti americani
fanno visite private a Cuba per ricevere diversi trattamenti medici, sebbene non ci siano molti voli diretti fra Cuba e gli Stati Uniti date le restrizioni
politiche”. Nonostante ciò, ha manifestato che la situazione sta cambiando
drasticamente e c'è un miglioramento in atto tra i due paesi.
L'articolo è stato
inspirato da un'esibizione che ha avuto luogo lo scorso gennaio denominata New
York Times Travel Show, nella quale molti paesi hanno fatto una mostra delle
loro attrazioni turistiche, facendo risaltare i servici medici.
Cuba, secondo il
reportage, ha mostrato i suoi impianti medici soprattutto “perché i consumatori
statunitensi vedano che la prossimità geografica tra gli Stati Uniti e l'Isola è
un vantaggio, se si fa un paragone rispetto alle altre destinazioni che si
trovano più lontano e richiedono di prendere voli molto più lunghi”.
I governi delle due
nazioni hanno annunciato lo scorso 17 dicembre la volontà di normalizzare
i loro rapporti bilaterali, interrotti dal 1961. Nel caso del turismo medico, gli
specialisti assicurano che 11 milioni d'abitanti hanno un sistema di salute
eccellente, con diversi impianti e trattamenti medici particolareggiati per i
clienti più esigenti che cercano un recupero fisico e mentale.
I programmi eccellenti e
le tecniche uniche attraggono i visitatori, che si alloggiano nelle
installazioni mediche nelle quale ricevono trattamento contro le malattie
oftalmiche, o cure contro le malattie della pelle.
I tossicodipendenti,
incluso quelli che sono stati dichiarati come “senza rimedio” possono
avere la speranza di trovare a Cuba una cura per i loro problemi, è stato
assicurato dagli esperti. Secondo i dati, dal 2009 i turisti statunitensi che
cercavano trattamento alla loro salute in altri paesi erano tra 750.000 ed 1 milione 200 mila.
cercavano trattamento alla loro salute in altri paesi erano tra 750.000 ed 1 milione 200 mila.
Il turismo medico è una
modalità molto diffusa nel mondo e anche nei Caraibi.
Nella regione caraibica,
la modalità è in espansione da alcuni anni. Nello scorso novembre James
Cercone, presidente e fondatore del servizio internazionale Sanigest
International ha pubblicato un articolo nel quale lui chiede a sé stesso se il
turismo medico caribico è “oro per gli scemi”. Egli ha citato una cifra che nega quest'affermazione. Si pensa che esista un potenziale di 60 mila milioni
di dollari nel mercato del turismo di salute. Ed i Caraibi sono ancora sotto le
loro possibilità.
(1) L'attenzione medica per i cittadini cubani o naturalizzati, è totalmente gratuita. (N.d. editore del Blog)
Trad. A.A.
(1) L'attenzione medica per i cittadini cubani o naturalizzati, è totalmente gratuita. (N.d. editore del Blog)
Trad. A.A.
La Gazeñiga
La "Gazeñiga" è un popolare dolce da forno cubano con la consistenza, più o meno, di un pan kake ma dalle dimensioni maggiori e la forma differente. Il nome proviene dal fornaio italiano che la introdusse a Cuba nel XIX secolo e che con tutta probabilità era di origini della bergamasca facendo Gazzaniga di cognome.
sabato 31 gennaio 2015
venerdì 30 gennaio 2015
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