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mercoledì 4 febbraio 2015

Sanguily nella Repubblica (II parte e fine), di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 1­°/2/15

L’oratoria di Manuel Sanguily si caratterizza per “la sua sonorità, l’impeto e la maniera energica, vigorosa e combattiva” con cui effettua i suoi discorsi. Aveva il dono dell’improvvisazione e ha fatto sfoggio di questa capacità in moilte occasioni.
Per questo, molti dei discorsi che pronunciò nell’emigrazione, tra il 1895 e il 1898, si persero per sempre mentre altri, scritti o ricostruiti posteriormente, si conservano nel suo libro Discursos y Conferencias (1918). Considerevole è quello intitolato Céspedes e Martí che pronunciò al 27mo anniversario de El grito de Yara, il 10 ottobre 1895, così come quello che pronunciò, nel novembre dello stesso anno, a ricordo degli studenti di medicina fucilati nel 1871. Nel suo discorso, Martí e la Rivoluzione Cubana, evoca la figura dell’Apostolo: “questa vita semplice e allo stesso tempo apocalittica di un uomo che patì, come se avesse il cuore trafitto da lance incandescenti, il supplizio di sentire come suoi i dolori di un popolo”.
Torna a Cuba alla fine della guerra. Partecipa come delegatondel Secondo Corpo all’Assemblea dei Rappresentanti dell’Esercito di Liberazione che si tiene nella località camagüeyana di Santa Cruz del Sur e integra la commissione capeggiata dal maggior generale Calíxto García, accredita questa Assemblea davanti al presidente degli Stati Uniti, al fine di adottare le misure incamminate allo scioglimento delle truppe “mambisas”. Calíxto muore durante il suo soggiorno a Washington e la commissione, non senza difficoltà, compie il suo obiettivo e torna a Cuba a rendere conto della sua gestione. L’Assemblea sessiona già nel Cerro – di lì il suo nuovo nome di Assemblea del Cerro – e poco dopo si dissolve.
Portavoce di speranza
Sanguily accetta la direzione dell’Istituto di Secondo Insegnamento dell’Avana che riorganizza in modo efficiente e il 5 novembre del 1900, è fra i delegati che elaborano la Costituzione della Repubblica. I suoi interventi nei dibattiti della Convenzione sono frequenti e di grande livello. “Il fervente portavoce della speranza che tanto aveva avocatobper stabilire una democrazia indipendente a Cuba, ebbene, ha avuto occasione di tracciare i lineamenti della Repubblica que stava nascendo”, scrive Max Enríquez Ureña.
Nei dibattiti difende il criterio dell’insegnamento ufficiale; non vede nessun pericolo avverte che l’Educazione dev’essere diretta, amministrata e controllata dallo Stato. Si manifesta per la separazione della Chiesa e lo Stato. Juan Gualberto Gómez propone che non si faccia riferimento al fatto, limiterebbe la potestà dei futuri cittadini se opinassero il contrario in maggioranza. Salvador Cisneros Betancourt è dell’opinione che si sostituisca il concetto di moralità cristiana con quello di moralità pubblica, mozione che alla fine è respinta. Dice sanguily: “Non credo giusto che con i soldi di tutti si paghi il credo di chi non costituisce la totalità del Paese. Questo implicherebbe una situazione antiliberale e tirannica. Compatisco la Repubblica che ha paura di tutto, agli Stati Uniti, al Papa, al sacerdozio...”.
Altro punto di conflitto è quello del suffragio. Si sa che Leonardo Wood, l’interventista nordamericano, è partitario del voto ristretto e la commissione di redazione del testo costituzionale evita di toccare il problema. Il generale José B. Alemán condanna l’omissione e propone che la Costituzione consacri il diritto al suffragio universale. Leopoldo Berriel che era o sarà rettore dell’Università dell’Avana, si oppone alla proposta per ragioni di forma e Manuel Sanguily sale ancora sul quadrato per esprimere che non concepisce che esista un solo delegato che si mostri partitario di limitare il voto dei suoi compatrioti per ragioni di razza, scolarità o posizione economica e ottiene l’inclusione del suffragio universale.
Lo scoglio dell’emendamento
Avanza la redazione di quella che sarà la Costituzione del 1901. A volte c’è unanimità, a volte no, ma la Magna Charta che inizialmente rifugge al dibattito sul tema delle relazioni Cuba-Stati Uniti, prende forma. Una commissione dell’Assemblea redigerà il progetto di trattato che regolerà i vincoli tra i due Paesi. Sorge uno scoglio. Nel Comitato di Affari Cubani del Senato nordamericano, si discute il cosiddetto Emendamento Platt, una stampella o sostegno alla legge delle spese dell’Esercito che limitava la sovranità cubana e dava a Washington la possibilità di intervenire militarmente sull’Isola quando lo ritenesse opportuno e di stabilire stazioni navali o carbonifere sul suo territorio.
Prima che fosse approvato, Wood fa giungere il testo dell’emendamento all’Assemblea che decide di ignorarlo e cominciare a discutere l’accordo che aveva preso la sua propria commissione, sulle relazioni cubano-nordamericane. Si trova in quel momento quando Wood fa sapere che il progetto di legge sulle spese dell’Esercito, con la sua stampella, era stato approvato dal Congresso degli Stati Uniti e ratificato dal Presidente, convertendosi in legge. L’emendamento doveva aggiungersi, come appendice, alla fiammante Costituzione cubana del 1901 e passare a integrare il Trattato Permanente fra i due Paesi.
I cubani vivono momenti di angustia. La Repubblica nascerebbe con una sovranità limitata, Se la convenzione non avesse approvato l’Emendamento Platt sarebbe rimasta senza effetto e senza valore e l’istaurazione della repubblica sarebbe stata posopta a tempo indefinito? Manuel Sanguily propone lo scioglimento dell’Assemblea Costituente al fine di convocare alle elezioni di una nuova Assemblea formula che se si fosse adottata, dicono gli specialisti, si sarebbe convertito in un plebiscito.
La proposta non incontrò eco favorevole fra i delegati e consumate senza risultati pratici le gestioni, incamminate a sopprimere o a modificare in parte il documento, l’emendamento fu approvato dalla maggioranza. Sanguily che era stato il paladino della ribellione, votò anch’egli a favore perché disse che facendolo coi suoi termini “credeva di favorire la costituzione della Repubblica di Cuba e della personalità cubana che diversamente sparirebbero completamente...e sopratutto per trattarsi di un’imposizione degli Stati Uniti, contro la quale ogni resistenza sarebbe stata definitivamente funesta per le aspirazioni dei cubani”.
Prima, giustificava nel giornale La Discusión il suo cambio di opinione, nel assicurare che se si respingeva l’emendamento, non ci sarebbe stata Repubblica e che fra un potere interventista indefinito e una Repubblica con emendamento, egli preferiva una Repubblica con emendamento.
Senatore
Il 20 di maggio del 1902 si insatura la Repubblica. Manuel sanguily era stato eletto senatore della repubblica per Matanzas, provincia dove ricominciò dopo il Patto del Zanjón, la sua instancabile predica per la libertà. Di questa tappa della sua vita è importante risaltare i discorsi del 1903 contro il Trattato di Reciprocità, difeso vittoriosamente dall’illustre giuriconsulto Antonio Sánchez de Bustamante e che gli Stati Uniti impongono alla giovane Repubblica. Avverte che con tale trattato l’economia dell’Isola rimarrebbe sottomessa completamente al poderoso Paese vicino. Al rispetto disse: “Le concessioni che ci fanno hanno definitivamente meno valore di quelle che loro ci impongono, da dove è risultato che gli Stati Uniti, per quanto consta dalle attuali circostanze, si sono sostituiti all’antica metropoli spagnola; hanno ridotto le nostre condizioni generali, sotto l’aspetto di industria e commercio, a quelle stesse relazioni sostanziali in cui Cuba si trovava con la Spagna, quando la Spagna dominava a Cuba: per tanto hanno convertito la nostra nazione in una colonia mercantile e agli Stati Uniti nella sua metropoli”.
La sua predica è inutile. Il Trattato di Reciprocità si approva e il suo grande amico, il poeta Enrique Hernández Myares, pubblica sulla stampa il sonetto La más fermosa, imparentando l’attitudine di Don Manuel con le imprese cavalleresche del Don Quijote. La sconfitta non lo rimpiccolisce né lo sepra dalla via che si è tracciato. Presenta un progetto di legge che proibisce la vendita di terre cubane a stranieri. Dice che vuole dare una voce di allarme angosciante per i pericoli che corre il Paese davanti all’irruzione di stranieri che vengono col proposito di acquistare a basso prezzo enormi estensioni di terra. Con questa legge si sarebbero impediti gli immensi latifondi che hanno pesato nello sviluppo economico del Paese e anche su quello dela sua vita politica.
Corre l’anno 1906. Sopraggiunge il secondo intervento militare nordamericano. Il clima è d’incertezza. Quale sarà il destino di Cuba? In torno al tema, a poco dall’inizio del 1907, polemizzano gli studenti delle università del Kansas e Oklahoma. Gli Stati Uniti devono annettersi Cuba? Chiedono quelli del Kansas e Sanguily, nella sua risposta, non solo rigetta questa possibilità, ma interviene con pienezza sul diritto dell’isola di essere libera e sovrana. Per questo la rivista Letras, dell’Avana, omaggia Sanguily con un banchetto che è allo stesso tempo, una dimostrazione di solidarietà col suo pensiero.
Sanguily afferma, nel rigraziare per l’omaggio: “L’indipendenza e la Repubblica e non io che ho appena avuto la fortuna casuale di esporre come un eco debole il credo e il sentimento del nostro patriottismo, sono state le ispiratrici di questa grande manifestazione patriottica”.
Il presidente José Miguel Gómez gli affida il Segretarito di Stato. Quando in aprile, il Segretario di Stato nordamericano passa dall’Avana in visita di buona volontà è il cancelliere Sanguily, in un discorso che ha come uno dei suoi mkigliori pezzi oratori, che gli ricorda i principi essenziali che debbono reggere l’ordine di relazioni tra i due Paesi. Un mese più tardi, con il sollevamento degli indipendenti di Color, Washington giunse a considerare la possibilità di intervenire militarmente nel conflitto, timorosa che il Governo di Cuba non riuscisse a dominare la situazione. Sanguily respinse la minaccia con integrità e José Miguel, in cavalleresco accordo col suo Cancelliere, diresse al Presidente nordamericano un messaggio che risultò decisivo.
Le pene e gli anni minano la salute di Sanguily. Accetta di figurare, nel 1921, tra i fondatori del Partido Nacionalista e due anni più tardi, allo scoppio della protesta del Movimento dei  Veterani e Patrioti contro il governo di Alfredo Zayas, si schiera dalla loro parte. Già non esce di casa, ma gli fa giungere un messaggio d’incoraggiamento e solidarietà al Teatro Martí, dove gli integranti del Movimento si costituiscono in sessione permanente che si prolunga per dei mesi.
Se in vita lo ammirarono, coloro che lo conobbero, il tempo aumenta il suo significato e importanza. Oratore, giornalista sagace, patriota senza macchia, la sua condotta alimenta la corrente della cubanía e aumenta le basi della nazionalità. Così sarà mentre la Repubblica respira – e respirerà sempre.





Chi si trova a passare per la calle Obrapia al numero 510 si imbatte nella casa natale di Manuel Sanguily (foto A.A.)

La oratoria de Manuel Sanguily se caracteriza por «su sonoridad, su ímpetu y la forma enérgica, vigorosa y combativa» con  que acomete sus discursos. Tenía el don de la improvisación y en muchas ocasiones hizo gala de esa capacidad.Por eso muchos de los discursos que pronunció en la emigración, entre 1895 y 1898, se perdieron para siempre, mientras que otros, escritos y leídos o reconstruidos luego, se conservan en su libro Discursos y conferencias (1918). Muy notable es el titulado Céspedes y Martí, que pronunció en ocasión del aniversario 27 del Grito de Yara, el 10 de octubre de 1895, así como el que, en noviembre del mismo año, pronunció en recuerdo de los estudiantes de Medicina fusilados en 1871. En su discurso Martí y la Revolución Cubana evoca la figura del Apóstol, «esa vida sencilla y a un tiempo apocalíptica de un hombre que padeció, como si llevara el corazón atravesado de lazas encendidas, el suplicio de sentir como suyos los dolores de un pueblo».Regresa a Cuba al finalizar la guerra. Participa como delegado del Segundo Cuerpo a la Asamblea de Representantes del Ejército Libertador, que sesiona en la localidad camagüeyana de Santa Cruz del Sur, e integra la comisión que, encabezada por el mayor general Calixto García, acredita esa Asamblea ante el Presidente de Estados Unidos, a fin de adoptar las medidas encaminadas al licenciamiento de las fuerzas mambisas. Calixto García fallece durante su estancia en Washington, y la comisión, no sin dificultades, cumple su objetivo y regresa a Cuba a dar cuenta de su gestión. La Asamblea sesiona ya en el Cerro —de ahí su nuevo nombre de Asamblea del Cerro— y poco después se disuelve.Vocero de la esperanzaAcepta Sanguily la dirección del Instituto de Segunda Enseñanza de La Habana, que reorganiza de manera eficiente, y el 5 de noviembre de 1900, en representación de la provincia de La Habana, está entre los delegados que elaborarán la Constitución de la República. Sus intervenciones en los debates de la Convención son frecuentes y muy destacadas. «El ferviente vocero de la esperanza que tanto había abogado por establecer en Cuba una democracia independiente, tuvo, pues, ocasión de contribuir a trazar los lineamientos de la República que iba a nacer», escribe Max Henríquez Ureña.Defiende, en los debates, el criterio de la enseñanza oficial; no ve ningún peligro, advierte, en que la Educación esté dirigida, administrada y supervisada por el Estado. Se manifiesta por la separación de la Iglesia y el Estado. Propone Juan Gualberto Gómez que no se haga referencia al asunto, pues limitaría la potestad de los futuros ciudadanos si opinaran mayormente en contrario. Y Salvador Cisneros Betancourt es de la opinión de que se sustituya el concepto de moral cristiana por el de moral pública, noción que en definitiva es rechazada. Habla Sanguily: «No creo justo que con el dinero de todos se pague la creencia de quienes no constituyen la totalidad del país. Esto implicaría una situación antiliberal y tiránica. Compadezco a la República que tiene miedo a todo, a los Estados Unidos, al Papa, al sacerdocio…».Otro punto conflictivo es el del sufragio. Se sabe que Leonardo Wood, el interventor norteamericano, es partidario del voto restringido, y la comisión de redacción del texto constitucional evita tocar el asunto. El general José B. Alemán condena la omisión y propone que la Constitución consagre el derecho al sufragio universal. Leopoldo Berriel, que era ya o llegaría a ser rector de la Universidad de La Habana, se opone a la propuesta por razones de forma, y de nuevo sale a la palestra Manuel Sanguily para expresar que no concibe que exista un solo delegado que se muestre partidario de limitar el voto de sus compatriotas por motivos de raza, escolaridad o posición económica, y logra la inclusión del sufragio universal.El escollo de la enmiendaAvanza la redacción de lo que sería la Constitución de 1901. Hay unanimidad a veces, otras no, pero la Carta Magna, que rehúye inicialmente al debate del tema de las relaciones Cuba-Estados Unidos, toma forma. Una comisión de la Asamblea redactaría el proyecto de tratado que regularía los vínculos entre los dos países. Surge un escollo. Se discute en el Comité de Asuntos Cubanos del Senado norteamericano la llamada Enmienda Platt, un rider o percha a la ley de gastos del Ejército, que conculcaba la soberanía cubana y daba a Washington la potestad de intervenir militarmente en la Isla cuando lo estimara pertinente y de establecer estaciones navales o carboneras en su territorio.Antes de que fuera aprobada, Wood hace llegar el texto de la enmienda a la Asamblea que decide ignorarla y empezar a discutir el acuerdo que sobre las relaciones cubano-norteamericanas había tomado su propia comisión. En eso se encuentra cuando Wood hace saber que el proyecto de ley de gastos del Ejército, con su percha, había sido aprobado por el Congreso de Estados Unidos y sancionado por el Presidente, convirtiéndose en ley. La enmienda debía agregarse como apéndice a la flamante Constitución cubana de 1901 y pasaría a integrar el Tratado Permanente entre los dos países.Viven los cubanos momentos angustiosos. ¿Nacería la República con su soberanía en precario? Si la Convención no aprobaba la Enmienda Platt, ¿quedaría sin valor ni efecto la Convención y la instauración de la República se pospondría de manera indefinida? Propone Manuel Sanguily la disolución de la Asamblea Constituyente a fin de convocar a elecciones para una nueva Asamblea, fórmula que de haberse adoptado, dicen los especialistas, se hubiera convertido en un plebiscito.La propuesta no encontró eco favorable entre los delegados y, agotadas sin resultado práctico las gestiones encaminadas a suprimir o modificar siquiera en parte el documento, la enmienda fue aprobada por mayoría. Sanguily, que había sido paladín de la rebeldía, votó también a favor de ella porque dijo que al hacerlo por sus términos «creía favorecer la constitución de la República de Cuba y de la personalidad cubana, que de otro modo desaparecerían por completo… y sobre todo por tratarse de una imposición de los Estados Unidos, contra la cual toda resistencia sería definitivamente funesta para las aspiraciones de los cubanos».Antes, justificaba en el periódico La Discusión su cambio de criterio, al aseverar que si se rechazaba la enmienda, no habría República, y que entre un poder interventor indefinido y una República con enmienda, él prefería la República con enmienda.SenadorEl 20 de mayo de 1902 se instaura la República. Manuel Sanguily había resultado electo senador de la República por Matanzas, provincia donde reinició, tras el Pacto del Zanjón, su prédica incansable por la libertad. De esa etapa de su vida importa destacar los discursos de 1903 contra el proyecto del Tratado de Reciprocidad, defendido victoriosamente por el ilustre jurisconsulto Antonio Sánchez de Bustamante, y que Estados Unidos impone a la joven República. Advierte que con tal Tratado la economía de la Isla quedará supeditada totalmente al poderoso país vecino. Dijo al respecto:«Las concesiones que se nos hacen tienen infinitamente menos valor que las que hacia ellos se nos imponen, de donde ha resultado que los Estados Unidos, en cuanto las circunstancias actuales lo consienten, se han subrogado a nuestra antigua metrópoli española; han reducido nuestra condición general, bajo el aspecto de la hacienda y del comercio, a aquellas mismas relaciones sustanciales en que se encontraba Cuba respecto de España, cuando España dominaba en Cuba; han convertido, por tanto, nuestra nación en una colonia mercantil y a los Estados Unidos en su metrópoli».Es inútil su prédica. Se aprueba el Tratado de Reciprocidad y su gran amigo, el poeta Enrique Hernández Miyares, publica en la prensa el soneto La más fermosa, emparentando la actitud de Don Manuel con las empresas caballerescas de Don Quijote. La derrota no lo empequeñece ni lo aparta de la senda que se ha trazado. Presenta un proyecto de ley que prohíbe la venta de tierras cubanas a extranjeros. Dice que quiere dar una voz de alarma angustiosa por los peligros que corre el país ante la irrupción de extranjeros que vienen con el propósito de adquirir a bajo precio enormes extensiones de tierra. Con esa ley se hubieran impedido los inmensos latifundios que pesaron en el desenvolvimiento económico del país y también sobre el desarrollo de su vida política.Corre el año de 1906. Sobreviene la segunda intervención militar norteamericana. El clima es de incertidumbre. ¿Cuál será el destino de Cuba? En torno al tema, a poco de iniciarse 1907, polemizan estudiantes de  universidades de Kansas y Oklahoma. ¿Debe Estados Unidos anexarse a Cuba?, preguntan los de Kansas, y Sanguily, en su respuesta, no solo repudia esa posibilidad, sino que sostiene con entereza el derecho de la Isla de ser libre y soberana. Por eso la revista Letras, de La Habana, agasaja a Sanguily con un banquete que es, al mismo tiempo, una demostración de solidaridad con su pensamiento.Afirma Sanguily al agradecer el homenaje: «La independencia y la República y no yo, que apenas he tenido la fortuna casual de exponer como un eco débil el credo y el sentir de nuestro patriotismo —han sido las inspiradoras de esta gran manifestación patriótica».El presidente José Miguel Gómez le confía la Secretaría de Estado. Cuando, en abril de 1912, el Secretario de Estado norteamericano pasa por La Habana en visita de buena voluntad, es el canciller Sanguily, en un discurso que se tiene como una de sus mejores piezas oratorias, quien le recuerda los principios esenciales que deben regir el orden de relaciones entre los dos países. Un mes más tarde, cuando el alzamiento de los Independientes de Color, Washington llegó a considerar la posibilidad de intervenir militarmente en el conflicto, temeroso de que el Gobierno de Cuba no lograra dominar la situación. Sanguily rechazó la amenaza con entereza, y José Miguel, en cabal acuerdo con su Canciller, dirigió al Presidente norteamericano un mensaje que resultó decisivo.Las penalidades y los años resienten la salud de Sanguily. Acepta figurar, en 1921, entre los fundadores del Partido Nacionalista, y dos años más tarde, al estallar la protesta del Movimiento de Veteranos y Patriotas contra el gobierno de Alfredo Zayas, se pone de su lado. Ya no sale de la casa, pero les hace llegar un mensaje de aliento y solidaridad al teatro Martí, donde los integrantes del Movimiento se constituyen en sesión permanente que se prolonga durante meses.Si en vida lo admiraron quienes lo conocieron, el tiempo acrecienta su significación e importancia. Orador, periodista sagaz, patriota sin mácula, su conducta alimenta el caudal de la cubanía y acrecienta los cimientos de la nacionalidad. Así será mientras la República aliente —y alentará siempre.


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