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lunedì 16 febbraio 2015

La Costituzione del 1940 (II e fine), di ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 15/2/15


Col patto Batista-Menocal, l’opposizione perde la maggioranza nell’Assemblea Costituente e Ramón Grau San Martín rinuncia alla presidenza del conclave. Lo sostituisce Carlos Márquez Sterling, un politico dell’età di 42 anni che occupò la presidenza della Camera dei Rappresentanti. È abile nel manovrare il dibattito parlamentare e sa imprimere alle giornate il dinamismo che rende possibile che la riunione giunga felicemente a termine nel termine previsto. In effetti, l’8 di giugno del 1940, si danno per concluse le sessioni. Il giorno seguente i costituenti si recano a Guáimaro in un treno speciale, al fine di firmare la nuova Magna Charta nello stesso luogo dove si redattò la prima Costituzione della Repubblica in Armi. Il 18 luglio, la Costituzione del 1940 era promulgata solennemente con una imponente cerimonia sulla scalinata del Capitolio. Entrerà in vigore il 10 di ottobre di quell’anno in occasione del 72° anniversario del Grito de Yara.
“Non è un’opera perfetta, però risponde a uno Stato di Diritto. Ed è la prima volta che la voce del popolo di Cuba si trasforma in realtà dopo un duro battagliare”, affermò carlos Márquez Sterling. Juan Marinello dirà nel 1977: “La Costituzione dichiaratamente è la più avanzata del continente americano di allora. Bisogna riconoscerlo...Ho sempre creduto che la Costituente del ’40 è un fatto straordinario, straordinariamente importante”. La elogia anche monsignor Manuel Arteaga, allora vicario capitolare dell’Arcidiocesi dell’Avana – tarderà ancora sei anni a ricevere il manto cardinalizio -. Gli piace l’invocazione del favore divino che fa il testo nel suo preambolo, il rispetto alla libertà di culto, il diritto all’insegnamento religioso che si riconosce alle scuole private.
Non tutti i delegati compartirono lo stesso entusiasmo. Al liberale Orestes Ferrara, la Costituente non piacque e dice che la maggioranza dei suoi membri non era all’altezza della sua missione. “I vecchi politici dominavano l’Assemblea in privato, ma non in pubblico. Per Cortina, Guas, Márquez Sterling, Casanova, Hornedo Zaydin e altri, dotare il paese di una Costituzione era un tramite per stabilire l’ordine e convivere in pace”.  Aggiunge che i gruppi dominanti, per la loro energia e audacia furono il comunista e l’abecedario. Del primo, elogia Marinello e Savador García Agüero, sembrandogli “poco consistente” il resto dell’aula. Precisa: “Comunisti e abecedari dettarono la Costituzione, anche se José manuel Cortina, vecchio parlamentare, mise la sordina alle note più discordanti”. Entrambi i gruppi, commenta Ferrara, avevano il loro programma e coincidevano “con relazione a mettere nelle mani dello Stato la totalità della vita privata e della vita pubblica.
Dire si o no
Nel 1978, Blas Roca che fu segretario generale dell’organizzazione dei comunisti cubani, diceva allo scriba: “AlleCostituente siamo riusciti a partecipare con sei delegati, una rappresentanza minima in quel gruppo di 76 che formava l’Assemblea. Comunque il partito (Unión Revolucionaria) vi giocó un ruolo importante perché esponevamo un problema e obbligvamo a votare. Si doveva dire sì o no alla giornata lavorativa di otto ore e 44 settimanali, bisognava dire sí o no a una serie di misure progressiste come l’assegnazione di terra ai contadini, il riposo retribuito, il diritto all’educazione, la condanna alla discriminazione razziale. Siccome quelli che erano lì sarebbero stati, più tardi, candidati a rappresentanti o senatori, dovevano pronunciarsi a favore di queste misure per non alienarsi i favori dell’elettorado. Se questi temi non si mettevano ai voti, quella gente avrebbe fatto dei bei discorsi, avrebbero parlato a voce alta della patria e dei suoi eroi, ma non serebbe successo nient’altro. Grazie a questo si poterono introdurre, nella Costituzione del 1940, alcuni precetti avanzati. Chiaro che poi li trascurarono, chiaro che dopo non fecero niente per metterli in esecuzione; chiaro che non si tentò nemmeno l’eliminazione del latifondo, ma almeno c’era un programma legale per cui lottare e che esercitava influenza nel Paese, compreso fra i rappresentanti di altri partiti”.
Sul ruolo dei comunisti nell’Assemblea Costituente, abbondava Marinello: “Noi abbiamo ottenuto, in materia di riforma agraria ed educazione, una serie di...precetti che sono straordinariamente buoni, ma veniva sempre lo strascico: Questo precetto avrà effetto tramite la legge corrispondente...”.
Gli “autentici”, da parte loro, reclameranno come opera loro tutta la parte positiva di quel processo: “Il popolo cubano comprese l’opera rivoluzionaria del Dottor Grau nel 1933. Come frutto storico dei lavori dell’Assemblea Costituente che è nata libera e sovrana, senza emendamenti mediatori e che raccoglieva nel suo contesto tutte le leggi sociali, economiche e politiche promulgate dalla Rivoluzione autentica”, scriveva nel 1987 Miguel Hernández-Bauzá nel suo libro Grau San Martín, biografía de una emoción popular.
La rivoluzione del ’33 non è andata di bolina, come ripete qualcuno senza sapere cosa vuol dire esattamente questa parola nel linguaggio degli appassionati cubani di aquiloni. La rivoluzione del ’33 ebbe il suo porto, culminò nella Costituzione del ’40 che venne a riaffermare, come se non si sapesse, che il Paese non si poteva più governare come prima della caduta di Machado. Si dice che le sessioni dell’Assemblea, nell’essere trasmesse per radio, portarono alcuni politici ad adottare attitudini che potevano farglinguadagnare il favore dell’elettorato nelle elezioni generali successive. Comunque non c’ è dubbio che queste trasmissioni radiofoniche, che vennero seguite con passione, fecero si che il popolo si sentisse partecipe del processo.
Guadagni della Costituzione
Nel politico, la Costituzione del ’40, instaurò il mandato presidenziale di quattro anni, senza diritto alla rielezione. Un Presidente doveva aspettare otto anni, dopo aver concluso il suo mandato, per poter aspirare a tornare al potere. Nel Potere Legislativo, dispose l’elezione di nove senatori per provincia e di un rappresentante alla Camera ogni 17.500 votanti. Stabilì le basi per garantire l’autonomia assoluta al Potere Giudiziario.
In quanto ai diritti individuali, stabilì che tutti i cittadinicubani sarebbero stati uguali davanti alla legge e considerò punibili le discriminazioni di qualunque tipo. Riconobbe la libertà di movimento, di riunione, di religione, di pensiero e di espressione, l’inviolabilità della corrispondenza e del domicilio. Si poteva entrare e uscire liberamente dal Paese. Si aboliva la pena di morte. Sarebbe esistito il registro dei carcerati, la presunzione d’innocenza e il diritto all’habeas corpus, vale a dire, non si poteva trattenere in detenzione un cittadino senza presentarlo nel tempo stabilito davanti al tribunale che avrebbe istruito i carichi addebitati. Non ci sarebbe stata espropriazione di beni, salvo a cuasa di pubblica utilità e con previa compensazione. Le leggi non avrebbero avuto effetto retroattivo.
Nell’ordine lavorativo, la Costituzione fissò la giornata lavorativa in otto ore e 44 settimanali. Il diritto alla sindacalizzazione e al riposo retribuito. La protezione della donna incinta.
Inoltre quella Costituzione garantiva il diritto a resistersi a quelle disposizioni che restringessero i diritti stabiliti nella Magna Charta.
Si dice, per il contrario, che è un documento eccessivamente casuale che aveva rimesso buona parte dei suoi dettami, come la proscrizione del latifondo e la regolazione delle banche, alla promulgazione di leggi complementarie, per cui in alcuni aspetti fu più un programma che una legge fondamentale.
Politologi e studiosi di tutte le tendenze, sono d’accordo nella sua importanza. Riconoscono che “senza dubbio, l’orientamento che configurava questo codice in materia di lavoro, lo situava come una delle Costituzioni di maggior ampiezza e ciò le conferì un’ampia rappresentatività in tutto l’ambito latinoamericano”.
La Dottoressa Uva de Aragón, professoressa dell’Università Internazionale della Florida, scrive al rispetto: “La Costituzione del 1940 si installerà nell’immaginario nazionale come la rappresentazione più viva delle aspirazioni cittadine di una Repubblica libera, sovrana e giusta”.
Il Dottor Armando Hart, d’altra parte, la concepisce “come anticamera o nell’anticamera della rivoluzione socialista”. A suo giudizio ci sono tre o quattro aspetti della Costituzione del 1940 che meritano risaltare. “Il primo e più concreto è che...abolì il latifondo...e l’abolizione del latifondo è elemento chiave della rivoluzione socialista a Cuba”. Altro aspetto che rileva il Dottor Hart è la definizione della proprietà nella sua funzione sociale, fatta da quel testo costituzionale. Afferma così Hart: “Ricordiamo tutti che la violazione della Costituzione del 1940 originò la Rivoluzione”.
Fidel castro ne La historia me absolverá, allude a un umile cittadino che pochi giorno dopo del 10 marzo si presentò davanti ai tribunali per esigere la condanna di Fulgencio  Batista e dei suoi complici nel colpo di stato che abbatté il presidente Prío e lasciò in sospeso la Costituzione del 1940. Allora la sua denuncia non ebbe eco.
“Signori magistrati, io sono quell’umile cittadino che un giorno si presentò inutilmente davanti ai tribunali per chiedere che castigassero gli ambiziosi che violarono la legge e fecero a pezzi le nostre istituzioni e adesso, quando mi si accusa di voler abbattere questo regime illegale e ristabilire la legittima Costituzione della Repubblica , mi si tiene 76 giorni incomunicato in una cella, senza parlare con nessuno e non vedere nemmeno mio figlio, mi si trasporta per la città fra due mitragliatrici col cavalletto, mi si trasferisce a questo ospedale per giudicarmi, segretamente e con tutta severità e un pubblico ministero con il codice in mano, chiede per me 26 anni di carcere”.
Più avanti dice: “Cuba sta sofferndo un despotismo crudele e ignominioso e voi non ignorate che la restenza davanti al dispotismo è legittima, questo è un principio universalmente riconosciuto e la nostra Costituzione del 1940 lo consacrò espressamente nel paragrafo secondo dell’articolo 40: È legittima la resistenza adeguata per la protezione dei diritti individuali”.
Riprende il diritto di resistenza consacrato nell’articolato corpo costituzionale e una volta di più fidel si converte da accusato in accusatore.
“Il diritto di resistenza che stabilisce l’articolo 40 di questa Costituzione è pienamente vigente. Si approvò perché funzionasse mentre la Repubblica marciasse normalmente? No...Tradita la Costituzione della Repubblica e strappate al popolo tutte le sue prerogative, gli rimaneva solo questo diritto che nessuna forza può togliere, il diritto di resistere all’oppressione e all’ingiustizia. Se rimane qualche dubbio, qua c’è un articolo del Codice della Difesa Sociale, che il signor pubblico ministero non doveva dimenticare, il quale dice testualmente: ‘Le autorità della nomina del Governo o per elezione popolare che non avessero resistito all’insurrezione con tutti i mezzi che fossero a loro disposizione, incorreranno in una sanzione di interdizione speciale da sei a dieci anni’. Era obbligo dei magistrati della Repubblica resistere al golpe traditore del 10 di marzo. Si comprende perfettamente che quando nessuno ha adempito alla legge, quando nessuno ha compiuto  il dovere, si inviano in carcere gli unici che hanno osservato ala legge e il dovere”.

L’assalto alla caserma Moncada, il 26 di luglio del 1953, fu allora il gesto più alto e degno a difesa della Costituzione del 1940, calpestata dal colpo di Stato del 1952.


La Constitución del 40 (II y final)
Ciro Bianchi Ross * 
digital@juventudrebelde.cu
14 de Febrero del 2015 18:34:29 CDT

Con el pacto Batista-Menocal pierde la oposición la mayoría en la
Asamblea Constituyente, y Ramón Grau San Martín renuncia a la
presidencia del cónclave. Lo sustituye Carlos Márquez Sterling, un
político de 42 años de edad, que ocupó ya la presidencia de la Cámara
de Representantes. Es hábil en el manejo del debate parlamentario y
sabe imprimirles a las jornadas el dinamismo que posibilita que la
reunión llegue a feliz término en el plazo previsto. En efecto, el 8
de junio de 1940 se dan por concluidas las sesiones. Al día siguiente
los constituyentes viajan a Guáimaro en un tren especial a fin de
firmar la nueva Carta Magna en el mismo sitio donde se rubricó la
primera Constitución de la República en Armas. El 18 de julio la
Constitución de 1940 era promulgada solemnemente en una imponente
ceremonia en la escalinata del Capitolio. Entraría en vigor el 10 de
octubre de ese año, en ocasión del aniversario 72 del Grito de Yara.
“No es una obra perfecta, pero responde a un Estado de Derecho. Y es
la primera vez que la voz del pueblo de Cuba se hace realidad tras un
largo y duro batallar”, aseveró Carlos Márquez Sterling. Diría Juan
Marinello en 1977: “La Constitución en lo declarativo es la más
avanzada del continente americano en aquel entonces. Hay que
reconocerlo... Siempre he creído que la Constituyente del 40 es un hecho
extraordinario, extraordinariamente importante”. La elogia asimismo
monseñor Manuel Arteaga, entonces vicario capitular de la
Arquidiócesis de La Habana --tardaría todavía seis años en recibir el
capelo cardenalicio. Le agrada la invocación del favor divino que hace
el texto en su preámbulo, el respeto a la libertad de cultos, el
derecho de la enseñanza religiosa que le reconoce a las escuelas
privadas...
No todos los delegados comparten el mismo entusiasmo. Al liberal
Orestes Ferrara, la Constituyente no le agradó y dice que la mayoría
de sus miembros no estaban a la altura de su misión. “Los viejos
políticos dominaban la Asamblea en privado, pero no en lo público.
Para Cortina, Guas, Márquez Sterling, Casanova, Hornedo, Zaydín y
otros, dotar al país de una Constitución era un trámite para
establecer el orden y convivir en paz”. Añade que los grupos
dominantes, por su energía y audacia, fueron el comunista y el
abecedario. Del primero, elogia a Marinello y Salvador García Agüero,
pareciéndole “poco consistente” el resto de la bancada. Precisa:
“Comunistas y abecedarios dictaron la Constitución, aunque José Manuel
Cortina, viejo parlamentario, le puso sordina a las notas más
discordantes”. Ambos grupos, comenta Ferrara, tenían su programa y
coincidían “en lo referente a poner en manos del Estado la totalidad
de la vida privada y de la vida pública”.

Decir sí o no

En 1978, Blas Roca, que fuera secretario general de la organización de
los comunistas cubanos, decía al escribidor: “En la Constituyente
logramos participar con seis delegados, una representación mínima en
el grupo de 76 que formaba la Asamblea. Sin embargo, el Partido [Unión
Revolucionaria] jugó allí un papel importante porque planteábamos un
problema y obligábamos a votar. Había que decir sí o no a la jornada
de ocho horas diarias y 44 a la semana; había que decir sí o no a una
serie de medidas progresistas como el reparto de tierras a campesinos,
el descanso retribuido, el derecho a la educación, la condena a la
discriminación racial. Como los que estaban allí serían más tarde
aspirantes a representantes y senadores tenían que pronunciarse a
favor de esas medidas para no enajenarse el favor del electorado.
Si esos temas no se ponían a votación, aquella gente habría hecho
bellos discursos, hubiera hablado muy alto de la patria y sus héroes y
no hubiera pasado nada más. Gracias a eso pudieron incluirse en la
Constitución de 1940 algunos preceptos avanzados. Claro que después
los burlaron; claro que después no hicieron nada por ponerlos en
ejecución; claro que la eliminación del latifundio ni siquiera se
intentó, pero por lo menos había allí un programa legal por qué luchar
y que ejercía influencia en el país, incluso en los representantes de
otros partidos”.
Sobre el papel de los comunistas en la Asamblea Constituyente abundaba
Marinello: ”Nosotros logramos en materia de reforma agraria y
educación una serie de... preceptos que son extraordinariamente buenos,
pero siempre venía la coletilla: Este precepto regirá a través de la
ley correspondiente...”.
Los auténticos, por su parte, reclamarían como obra propia todo lo
positivo de aquel proceso: “El pueblo cubano sí entendió la obra
revolucionaria del Dr. Grau en 1933. Como fruto histórico de los
trabajos de la Asamblea Constituyente que nació libre y soberana, sin
enmiendas mediatizantes y que recogía en sus contextos todas las leyes
sociales, económicas y políticas promulgadas por la Revolución
auténtica”, escribía en 1987 Miguel Hernández-Bauzá en su libro Grau
San Martín, biografía de una emoción popular.

La revolución del 33 no se fue a bolina, como repiten algunos sin
saber siquiera qué quiere decir exactamente esa palabra en el lenguaje
de los papaloteros cubanos. La revolución del 33 tuvo su puerto,
culminó en la Constitución del 40, que vino a reafirmar, como si no se
supiera, que el país no podía gobernarse ya como antes de la caída de
Machado. Se dice que las sesiones de la Asamblea, al transmitirse por
radio, llevaron a algunos políticos a adoptar actitudes que pudieran
granjearles el favor del electorado en los comicios generales
subsiguientes. Pero no hay dudas de que esas transmisiones radiales,
que fueron seguidas con pasión, hicieron que el pueblo se sintiera
partícipe del proceso.

Ganancias de la Constitución

En lo político, la Constitución del 40 instauró el mandato
presidencial de cuatro años, sin derecho a la reelección. Un
Presidente debía esperar ocho años después de concluido su mandato
para volver a aspirar al poder. En el Poder Legislativo dispuso la
elección de nueve senadores por provincia y de un representante a la
Cámara por cada 17 500 votantes. Sentó regulaciones para garantizar la
autonomía absoluta del Poder Judicial.
En cuando a derechos individuales, estableció que todos los ciudadanos
cubanos serían iguales ante la ley y consideró punibles las
discriminaciones de cualquier tipo. Reconoció la libertad de
movimiento, de reunión, de religión, de pensamiento y de expresión; el
secreto de la correspondencia y la inviolabilidad del domicilio. Se
podría entrar y salir libremente del país. Se suprimía la pena de
muerte. Existiría el registro de presos, la presunción de la inocencia
y el derecho de hábeas corpus, es decir, no se podía mantener detenido
a un ciudadano sin presentarlo en el tiempo establecido ante el
tribunal que lo instruiría de cargos. No habría expropiación de
bienes, salvo por causa de utilidad pública y con previa compensación.
Las leyes no tendrían efecto retroactivo.
En el orden laboral, la Constitución fijó la jornada de ocho horas
diarias y de 44 horas semanales. El derecho a la sindicalización y al
descanso retribuido. La protección de la mujer embarazada.
También garantizaba aquella Constitución el derecho a la resistencia a
aquellas disposiciones que restringieran los derechos que se asentaban
en la Carta Magna.
Se dice, en su contra, que es un documento excesivamente casuístico,
que remitió buena parte de sus provisiones, como la proscripción del
latifundio y la regulación de la banca, a la promulgación de leyes
complementarias, con lo que en algunos aspectos fue más un programa
que una ley fundamental.
Politólogos y estudiosos de todas las tendencias están de acuerdo en
su importancia. Reconocen que “sin duda, la orientación que
configuraba este pliego en materia de trabajo lo situaba como una de
las Constituciones de mayor alcance y esto le confirió una amplia
representación en todo el ámbito latinoamericano”.
La Doctora Uva de Aragón, profesora de la Universidad Internacional de
la Florida, escribe al respecto: “La Constitución de 1940 se
instalaría en el imaginario nacional como la representación más viva
de las aspiraciones ciudadanas de una República libre, soberana y
justa”.
El Doctor Armando Hart, por otra parte, la conceptúa “como antesala o
en la antesala de la revolución socialista”. A su juicio, hay tres o
cuatro aspectos de la Constitución de 1940 que merecen destacarse. “El
primero y más concreto es que... abolió el latifundio... y la abolición
del latifundio es el elemento clave de la revolución socialista en
Cuba”. Otro aspecto que destaca el Doctor Hart es la definición de la
propiedad en su función social que hizo aquel texto constitucional.
Expresa Hart asimismo: “Todos recordamos que la violación de la
Constitución de 1940 originó la Revolución”.
Fidel Castro, en La historia me absolverá alude a un humilde ciudadano
que pocos días después del 10 de Marzo se presentó ante los tribunales
para exigir la condena de Fulgencio Batista y sus cómplices en el
golpe de Estado que derrocó al presidente Prío y dejó en suspenso la
Constitución de 1940. No encontró entonces eco a su denuncia.
“Señores Magistrados: Yo soy aquel humilde ciudadano que un día se
presentó inútilmente ante los tribunales para pedirles que castigaran
a los ambiciosos que violaron las leyes e hicieron trizas nuestras
instituciones, y ahora, cuando es a mí a quien se acusa de querer
derrocar este régimen ilegal y restablecer la Constitución legítima de
la República, se me tiene 76 días incomunicado en una celda, sin
hablar con nadie ni ver siquiera a mi hijo, se me conduce por la
ciudad entre dos ametralladoras de trípode, se me traslada a este
hospital para juzgarme secretamente con toda severidad y un fiscal,
con el Código en la mano, pide para mí 26 años de cárcel”.
Dice más adelante: “Cuba está sufriendo un cruel e ignominioso
despotismo, y vosotros no ignoráis que la resistencia frente al
despotismo es legítima; este es un principio universalmente reconocido
y nuestra Constitución de 1940 lo consagró expresamente en el párrafo
segundo del artículo 40: Es legítima la resistencia adecuada para la
protección de los derechos individuales”.
Retoma el tema del derecho de resistencia consagrado en el articulado
del cuerpo constitucional, y una vez más se convierte Fidel de acusado
en acusador:
“El derecho de resistencia que establece el artículo 40 de esa
Constitución está plenamente vigente. ¿Se aprobó para que funcionara
mientras la República marchara normalmente? No... Traicionada la
Constitución de la República y arrebatadas al pueblo todas sus
prerrogativas, solo le quedaba ese derecho, que ninguna fuerza le
puede quitar, el derecho de resistir a la opresión y a la injusticia.
Si alguna duda queda, aquí está un artículo del Código de Defensa
Social, que no debió olvidar el señor fiscal, el cual dice
textualmente: ’Las autoridades de nombramiento del Gobierno o por
elección popular que no hubiesen resistido a la insurrección por todos
los medios que estuviesen a su alcance, incurrirán en una sanción de
interdicción especial de seis a diez años’. Era obligación de los
magistrados de la República resistir el cuartelazo traidor del 10 de
marzo. Se comprende perfectamente que cuando nadie ha cumplido con la
ley, cuando nadie ha cumplido el deber, se envía a la cárcel a los
únicos que han cumplido con la ley y el deber”.
El asalto al cuartel Moncada, el 26 de julio de 1953, fue entonces el
más alto y digno gesto en defensa de la Constitución de 1940,
pisoteada por el golpe de Estado de 1952.

Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/


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