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mercoledì 25 novembre 2015

Di ritorno, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud rebelde del 22/11/15

Già da qualche tempo, nel citare Osvaldo Farrés, ho detto in questa pagina che questo famoso compositore cubano aveva dedicato a sua madre il pezzo che porta, precisamente, il titolo Madrecita. Il dottor Rafael Borroto Chao, in disaccordo con la mia affermazione, disse che questa melodia che fino al 1959 si cantava fino allo sfinimento nella giornata della mamma, fu ispirata non dalla genitrice di Farrés, ma la madre del presidente Carlos Prío Socarrás. Lo scriba allora ha consultato Cristóbal Díaz Ayala, musicologo cubano residente a Portorico e l’autore di Cuando salí de La Habana e Música cubana; del areíto al rap, fra i molti titoli, confermó quanto detto. Fu la madre di Farrés quella che ispirò Madrecita e non doña Regla Socarrás. Così disse a Díaz Ayala lo stesso compositore in un’intervista.
Un altro erudito della nostra musica, Gaspar Marrero Pérez de Urría, autore di Presencia espirituana nella fonografia musicale cubana, si affaccia adesso alla palestra per puntellare quello dichiarato dallo scriba.
Nel suo messaggio elettronico Gaspar Marrero dice:
“Ho letto il tuo riferimento sul bolero Madrecita, di Osvaldo Farrés e mi è sembrato necessario farti giungere la trascrizione di una incisione speciale del marchio Panart che secondo Díaz Ayala, appare senza codice commerciale (vale a dire senza numero). Il disco conserva, in una delle sue facce, questo bolero interpretato da Fernando Albuerne con l’orchestra diretta Enrique González Mántici e il trio delle sorelle Lago. Nell’altra, usando frammenti dell’incisione anteriore come sottofondo, si sentono queste parole nella voce del proprio Osvaldo Farrés che trascrivo di seguito: ‘Madrecita questa canzone é scritta per te e in questa mia ispirazione, vogliodistribuire l’affetto sentito a tutte le madri del mondo, per essere buone, abnegate e sante. Siano per te queste frasi nate nel più profondo della mia anima, perché tu sei l’incarnazione suprema di tutta la nobiltà e di tutta la grandezza che c’è nel mondo.
A te ricorriamo sempre, quale scrigno d’amore che conserva tutte le nostre angustie, pene e gioie. Nella nostra immaginazione sei la nostra risorsa e consolazione. E la nostra unica verità. Il tuo istinto materno e il tuo amore hanno il sapore di tutte le tenerezze e di tutti i sacrifici. Come il tuo affetto non ce n’è altro. Tu sei quello che di realmente positivo c’è nella vita.
Adesso ascolta l’ultima strofa della mia canzone, nata dal cuore di un figlio che tu sai, che mai è mancato al sacro dovere di adorare sua madre. In essa dico, per te, quello che ti dedico con tutto il mio cuore alle madri del mondo. Ascoltala...’  Gaspar Marrero termina il suo messaggio: “Conservo una copia digitale di questa registrazione che metto a tua completa disposizione”.

Tramvie

Ramón Fidalgo, ufficiale della riserva delle Forze Armate, cerca informazioni sui percorsi delle tramvie che operavano nell’Avana del 1922. Dice che ha cercato nella Biblioteca Nazionale José Martí enell’Archivio Nazionale, ma che i tentativi sono stati infruttuosi; alla Biblioteca perché non appaiono i cinque registri che operano a fondo sul tema e nell’Archivio perché sembra non ci sia nessun materiale al rispetto.
All’Avana, alcuni giornali a fine anno pubblicavano i cosiddetti almanacchi. Almeno, lo faceva il giornale El Mundo che é quello che ho visto. Si trattava di libri con abbondanti informazioni sulle farmacie e i loro giorni di guardia; le personalità cubane e mondiali decedute nel periodo, le associazioni spagnole presenti all’Avana, i grandi avvenimenti dell’anno, le compagnie di navigazione e ferroviarie e i loro percorsicosì come le loro tariffeve le tariffe postali...In fine, fra le altre cose utili o curiose, contavano di sezioni che comprendevano i percorsi dgli autobus e tram e le descrivevano dettagliatamente. Per esempio:
L-4. Lawton-Parque Central. Parte da San Francisco e Diez de octubre con il seguente percorso:
In discesa, San Francisco, Avenida di Acosta, Concepción, calle 16, calle B, calle Octava, Concepción, Diez de Octubre, Calzada de Monte, San Joaquin, Infanta, San Rafael, Consulado, San Miguel, Neptuno, Monserrate.
In salita: Empedrado, Aguiar, Chacón, Monserrate, Neptuno, Infanta, Diez de Octubre fino a San Francisco.
Questo tram sarebbe stato l’ L-4 degli Autobus Moderni e più tardi la linea 54 che esiste ancora con un percorso molto diverso in relazione all’originale. Fa, in discesa, la sua ultima fermata nel parco de El Curita e sale per Zanja cercando Infanta.
Negli anni ’50, la L-4, già autobus, si addentrava nell’Avana Vecchia e sfidando le difficoltà del caso – strade strette, pedoni e venditori ambulanti nella sede stradale, auto parcheggiate sui marciapiedi, camion che scaricavano le merci davanti a un magazzino...- arrivava alla Plaza de Armas. Usciva dal capolinea di Lawton, faceva la sua prima fermata in calle B angolo 16. Per molto tempo la sua ultima fermata fu in Neptuno, in un finco della Manzana de Gómez, di fronte all’hotel Plaza e poi in Prado, angolo Virtudes.

Aborto

Sull’aborto a Cuba inquisisce da Jovellanos, Matanzas, María F. Vasconcelos. Vorrebbe conoscere attorno alle origini di questa pratica nell’Isola che “nonostante fosse illegale, si faceva in determinati luoghi, non sempre da personale qualificato”, dice. Sfortunatamente non ho dati alla mano sul tema. So, per sentito dire che si praticava in modo clandestino in alcune istituzioni della salute. In esse si prestava servizio non solo alle cubane, ma anche a qualche straniera, sopratutto nordamericana. Siccome queste cliniche erano segnate sulle mappe della città, per le pazienti che venivano dall’estero era facile giungervi dall’aeroporto. Queste istituzioni raccoglievano una parte non indifferente dei loro ingressi in questo modo.
Lo praticavano anche, nei loro studi privati, alcuni ostetrici chiamati allora chirurghi del parto. Molti anni or sono conobbi uno di loro. Lavorava in una istituzione della Salute Pubblica ed aveva il suo gabinetto privato. Più che un medico era un mercante. Aveva due metodi per praticare l’aborto: con anestesia per chi pagava una somma maggiore e senza anestesia che era più economico.
Vale la pena di ricordare queste cose.

Il monumento

Il collega Juan Morales, corrispondente di Juventud rebelde a Las Tunas, da il suo apporto alla pagina che col titolo Il messaggio a García, si pubblicò in questo giornale lo scorso 1° novembre.
García scrive che nel litorale di Manatí, sulla costa nord tunera, esiste un obelisco conosciuto popolarmente per El Monumento. Aggiunge: “È situato non lontano dalla riva, nella zona del Mono Ciego (Scimmia Cieca, n.d.t.), vicino alla bocca del porto. Si tratta di un muro di calcestruzzo con incastonata una targa di bronzo al centro, nella quale appare un altorilievo del nostro scudo nazionale. Dice più in basso: ‘Alle 11 di sera del 5 maggio del 1898, uscirono in una barca di 104 piedi cubi e 14 di lunghezza, in direzione di Nassau, portando la risposta del Messaggio a García, il colonnello Enrique Collazo e il colonnello Charles Hernández, accompagnati dai tenenti Emilio Márquez, Nicolás Balbuena, il sergente José Romero e il tenente Andrew S. Rowan U.S.A.’ “, portatore del messaggio del presidente nordamericano al maggior generale Calixto García. Nella targa si rileva anche che fu eretto dall’U.S.S. Nokomis e la Manatí Sugar Company, il 20 mggio del 1931. La storia de El Monumento, precisa Morales, è poco conosciuta.

Postino della Rivoluzione

Sul Messaggio a García, scrive anche Alberto Debs Cardellà, storico di Niquero. Nella sua lettera ricorda che un’ampio riferimento al tema si trova nel foglietto Ensenada de Mora postino, in Oriente, della Rivoluzione del ’95 e frutto dell’investigazione storica realizzata da Manuel Sánchez Silveira, edito dalla stamperia El Arte, di Manzanillo, nel 1951. Come si ricorderá il dottor Sánchez Silveira, medico, è il padre di Celia Sánchez.
Debs Cardellá ricorda che il messaggio in oriente si realizzava in un piccolo veliero chiamato El Mambí. Gervaso Sabio era il suo timoniere e lo accompagnavano come marinai, Gregorio Carnet e Pedro Naranjo che si conosceva, per la sua origine, come il Venezuelano. Questa imbarcazione che era a vela e remi, rimase nel porto di Niquero fino ai primi anni della decade del ’30, nel XX secolo.
Il veliero salpava da Kingston o da qualsiasi porto del nord della Giamaica nelle ore del pomeriggio e giungeva all’alba del giorno seguente all’ensenada de Mora. Poteva trasportare 200 fucili, alcune casse di munizioni, lattine, indumenti, scarpe e medicine: pubblicazioni e corrispondenza. Il suo timoniere sapeva che se veniva catturato, gli spagnoli lo avrebbero passato per le armi. Per questo si faceva sempre accompagnare da 20 libbre di dinamite per esplodere con la sua barca, prima che lo imprigionassero.
Si ausiliava di piccioni viaggiatori.
Tramite il tenente Rowan, il presidete McKinley domandava a Calixto García se era disposto a collaborare allo sbarco di truppe nordamericane a Cuba al fine di iniziare la guerra contro la Spagna. Dopo lo sbarco, sei valorosi ufficiali cubani fecero da scorta a Rowan fino a Bayamo, dove si trovava Calixto. Citando Sánchez Silveira, Debs Cardellá dice: “Il generale García non aveva istruzioni del governo cubano a questo rispetto così trascendentale e decise di far tornare il tenente Rowan a Washington, accompagnato da una commissione presieduta dal generale Enrique Collazo, perché consultasse il proposito americano con il rappresentante cubano a New York, Tomás Estrada Palma.
Si deve far constare, senza intollerabili suspicacie che il generale García non poteva fare una cos migliore che rispedire Rowan nel Nord America, senza perdita di tempo, ebbene la guerra degli Stati Uniti alla Spagna era già dichiarata. Il tenente americano aveva compiuto in pieno la sua missione, intervistandosi col generale Calixto García e non poteva accettare lo si portasse col Consiglio di Governo a Camagüey traversando la selva, senza possibilità certa di ritornare negli Stati Uniti. Non era la sua missione. Inoltre, il generale García che era in relazione più diretta con l’emigrazione da dove otteneva notizie, conosceva meglio del Consiglio l’imminente dichiarazione di guerra...La commissione cubana che accompagnava Rowan non portava a Washington più istruzioni che quella di intervistarsi con il rappresentante cubano Tomás Estrada Palma. Il generale García compì in pieno, quello che c’era da aspettarsi dal suo dovere di capo, senza ombra di aggravi per istituzioni o patrioti. Siccome la guerra era già stata dichiarata ed era urgente procedere, si diresse al governo cubano, dicendogli che mentre il governo decideva e ordinava, egli aveva dato ordine di appoggio alle forze nordamericane. Com’era lontano il nostro gran generale di pensare che i suoi entusiasmi patriottici e di cooperazione, sarebbero stai pagati cono gli stivali yankee e non con la destra amica”.


De vuelta
Ciro Bianchi Ross • 
digital@juventudrebelde.cu
21 de Noviembre del 2015 21:04:12 CDT

Hace ya algún tiempo, al aludir a Osvaldo Farrés, dije en esta página
que ese afamado compositor cubano había dedicado a su madre la pieza
que lleva precisamente el título de Madrecita. El doctor Rafael
Borroto Chao, en desacuerdo con mi afirmación, expresó que dicha
melodía, que hasta 1959 se cantaba hasta decir no quiero más los días
de las madres, la inspiró no  la progenitora de Farrés, sino la madre
del presidente Carlos Prío Socarrás. El escribidor consultó entonces
con Cristóbal Díaz Ayala, musicógrafo cubano radicado en Puerto Rico,
y el autor de Cuando salí de La Habana y Música cubana; del areíto al
rap, entre otros muchos títulos, corroboró lo dicho. Fue la madre de
Farrés la que inspiró Madrecita, y no doña Regla Socarrás.  Así se lo
dijo a Díaz Ayala el propio compositor en una entrevista.
Otro erudito de nuestra  música, Gaspar Marrero Pérez de Urría, autor
de Presencia espirituana en la fonografía musical cubana, se asoma
ahora a la palestra para apuntalar lo expresado por el escribidor.
Dice Gaspar Marrero en su mensaje electrónico:
«Leí tu referencia al bolero Madrecita, de Osvaldo Farrés y me pareció
necesario hacerte llegar la transcripción de una grabación especial
del sello Panart, que, según Díaz Ayala, aparece sin código comercial
(es decir, sin número). El disco conserva, en una de sus caras, ese
bolero interpretado por Fernando Albuerne con la orquesta dirigida por
Enrique González Mántici y el trío de las Hermanas Lago. En la otra,
usando fragmentos de la grabación anterior como fondo, se escuchan
estas palabras en la voz del propio Osvaldo Farrés que transcribo a
continuación:
«Madrecita: Esta canción está escrita para ti y en esta inspiración
mía quiero refundir el cariño acendrado a todas las madres del mundo,
por buena, por abnegada, por santa.
«Sean para ti estas frases nacidas en lo más profundo de mi alma,
porque tú eres la encarnación suprema de todo lo noble y de todo lo
grande que hay en el mundo.
«A ti acudimos siempre, cual cofre amoroso que guarda todas nuestras
angustias, penas y alegrías. En nuestras figuraciones, eres nuestro
recurso y consuelo. Y nuestra única verdad.
«Tu regazo materno y tu amor saben de todas las ternuras y todos los
sacrificios. Como tu cariño, ninguno. Tú eres lo realmente positivo en
la vida.
«Y ahora, escucha la última estrofa de mi canción, nacida del corazón
de un hijo que tú sabes que jamás faltó al sagrado deber de adorar a
su madre. En ella digo para ti lo que dedico con todo mi corazón a las
madres del mundo. Óyela…». Finaliza Gaspar Marrero su mensaje:
«Conservo copia digital de esa grabación, que pongo a tu entera
disposición».

Tranvías

Ramón Fidalgo, oficial de las Reservas de las Fuerzas Armadas, busca
información sobre las rutas de tranvías que operaban en La Habana de
1922. Dice que ha buscado el dato en la Biblioteca Nacional José Martí
y en el Archivo Nacional, y que el intento ha sido infructuoso; en la
Biblioteca porque no aparecen los cinco registros que sobre el tema
obran en sus fondos, y en el Archivo porque parece no tener material
alguno al respecto.
En La Habana, algunos periódicos publicaban al finalizar el año los
llamados almanaques.  Lo hacía al menos el diario El Mundo, que es el
que he visto. Se trataba de libros con abundante información sobre las
boticas y sus días de guardia; las personalidades cubanas y mundiales
fallecidas en el período, las sociedades españolas radicadas en La
Habana, los grandes sucesos del año, las compañías navieras  y
ferrocarrileras y sus rutas, así como sus tarifas, las tarifas
postales… En fin, entre otras cosas útiles o curiosas, contaban con
secciones  que incluían las rutas de ómnibus y tranvías, y las
describían en detalle. Por ejemplo:
L-4. Lawton-parque central. Sale de San Francisco y Diez de Octubre
con el siguiente recorrido:
En bajada, San Francisco, Avenida de Acosta, Concepción, calle 16,
calle B, calle Octava, Concepción, Diez de Octubre, Calzada de Monte,
San Joaquín, Infanta, San Rafael, Consulado. San Miguel, Neptuno.
Monserrate.
En subida: Empedrado. Aguiar. Chacón, Monserrate, Neptuno. Infanta.
Diez de Octubre hasta San Francisco.
Este tranvía sería con el tiempo el L-4 de los Autobuses Modernos, y
más tarde la ruta 54, que todavía existe con un recorrido muy cambiado
con relación al original. Hace, en bajada, su parada final en el
parque de El Curita y sube por Zanja buscando Infanta.
En los años 50, el L-4, ya autobús, se internaba en La Habana Vieja, y
sorteando las dificultades del caso —calles estrechas, personas y
vendedores ambulantes en la vía, carros aparcados en las aceras,
camiones que descargan su mercancía frente a un almacén…— llegaba a la
Plaza de Armas. Salía del paradero de Lawton, tenía su primera parada
en calle B esquina a 16. Durante mucho tiempo su parada final fue en
Neptuno, a un costado de la Manzana de Gómez, frente al hotel Plaza, y
luego en Prado esquina a Virtudes.

Aborto
Sobre el aborto en Cuba inquiere, desde Jovellanos, Matanzas, María F.
Vasconcelos. Quisiera conocer acerca de los orígenes de esa práctica
en la Isla, «que aunque era ilegal, se hacía en determinados lugares,
no siempre por personal calificado», dice.
Lamentablemente, no tengo datos a mano sobre el tema. Sé, por
referencias, que se realizaba de manera clandestina en algunas
instituciones de salud. En ellas se prestaba el servicio no solo a
cubanas, sino a no pocas extranjeras, sobre todo, norteamericanas.
Como esas clínicas estaban señalizadas en los mapas de la ciudad, a
las pacientes que venían del exterior les era fácil llegar a ellas
desde el aeropuerto. Esas instituciones acopiaban una parte nada
desdeñable de sus ingresos por esa vía.
También la llevaban a cabo, en sus consultas privadas, algunos
obstetras, llamados entonces cirujanos parteros. Hace muchos años
conocí a uno de ellos. Trabajaba en una institución de Salud Pública y
tenía su gabinete particular. Más que un médico era un mercader. Tenía
dos métodos para acometer el aborto: con anestesia, por el que cobraba
una cantidad mayor de dinero, y sin anestesia, que era más barato.
Vale la pena recordar estas cosas.

El monumento

El colega Juan Morales, corresponsal  de Juventud Rebelde en Las
Tunas, hace su aporte a la página que con el título El mensaje a
García se publicó en este diario el pasado 1ro. de noviembre.
Escribe Morales que en el litoral de Manatí, en la costa norte tunera,
existe un obelisco conocido popularmente por El Monumento. Añade:
«Está situado no lejos de la orilla, en la zona de Mono Ciego, cerca
de la boca del puerto. Se trata de un muro de hormigón con una tarja e di cooperazione
de bronce empotrada en su centro, en la cual aparece un alto relieve
de nuestro escudo nacional. Dice más abajo: “A las 11 de la noche del
5 de mayo de 1898 salieron de este lugar en un bote de 104 pies
cúbicos y 14 de largo con dirección a Nassau portando la contestación
del Mensaje a García, el coronel Enrique Collazo y el coronel Charles
Hernández, acompañados de los tenientes Emilio Márquez, Nicolás
Balbuena, el sargento José Romero y el teniente Andrew S. Rowan
U.S.A.», portador del mensaje del Presidente norteamericano al mayor
general Calixto García. En la tarja se consigna asimismo que fue
erigido  por el U.S.S Nokomis y la Manatí Sugar Company, el 20 de mayo
de 1931. La historia de El Monumento, precisa Morales, es poco
conocida.

Correo de la Revolución

Sobre el Mensaje a García escribe también Alberto Debs Cardellá,
historiador de Niquero. Recuerda en su carta que una amplia referencia
al tema se encuentra en el folleto Ensenada de Mora, correo en Oriente
de la Revolución del 95, fruto de la investigación histórica realizada
por Manuel Sánchez Silveira, editado por la imprenta El Arte, de
Manzanillo en 1951. Como se recordará el doctor Sánchez Silveira,
médico, es el padre de Celia Sánchez.
Recuerda Debs Cardellá que el correo de Oriente se realizaba en un
pequeño velero llamado El Mambí. Gervasio Sabio era su patrón y lo
acompañaban como marineros Gregorio Carnet y Pedro Naranjo, a quien
por su origen se le conocía como el Venezolano. Esta embarcación, que
era de vela y remos, estuvo en el puerto de Niquero hasta los primeros
años de la década del 30 del siglo XX.
El velero zarpaba de Kinsgton o de cualquier puerto del norte de
Jamaica en horas de la tarde y llegaba al amanecer del día siguiente a
la ensenada de Mora. Podía transportar 200 rifles y algunas cajas de
municiones, laterías, ropa, zapatos y medicinas; publicaciones y
correspondencia. Su patrón sabía que, de ser capturado, los españoles
lo pasarían por las armas. Por eso se hacía acompañar siempre por 20
libras de dinamita para volar con su bote antes de que lo apresaran.
Se auxiliaba de palomas mensajeras.
A través del teniente Rowan, el presidente McKinley preguntaba a
Calixto García si estaba dispuesto a colaborar con el desembarco de
tropas norteamericanas en Cuba a fin de iniciar la guerra contra
España. Tras el desembarco, seis valerosos oficiales cubanos dieron
escolta a Rowan hasta Bayamo, donde se encontraba Calixto. Citando a
Sánchez Silveira, dice Debs Cardellá: «El general García no tenía
instrucciones del gobierno cubano a ese respecto tan trascendental y
decidió hacer regresar al teniente Rowan a Washington, acompañado por
una comisión presidida por el general Enrique Collazo, para que
consultara el propósito americano con el representante cubano en Nueva
York Tomás Estrada Palma».
«Hay que hacer constar, sin intolerables suspicacias, que el general
García no podía hacer cosa más acertada que redespachar a Rowan a
Norteamérica, sin pérdida de tiempo, pues ya estaba declarada la
guerra a España por los Estados Unidos. El teniente americano había
cumplido su misión a plenitud, entrevistándose con el general Calixto
García y no podía aceptar se le llevase con el Consejo de Gobierno en
Camagüey a través de la manigua, sin segura posibilidad de regresar a
Estados Unidos. No era su misión. Además, el general García que estaba
en relación más directa con la emigración de donde obtenía noticias,
conocía mejor que el Consejo la inminente  declaración de guerra… La
comisión cubana que acompañaba a Rowan no llevaba a Washington más
instrucciones que la de entrevistarse con el representante cubano
Tomás Estrada Palma. El general García cumplió a plenitud, lo que en
su deber de jefe era de esperarse, sin sombra de agravios para
instituciones o patriotas. Como ya estaba declarada la guerra y era
urgente proceder, se dirigió al gobierno cubano, diciéndoles que
mientras el gobierno decidiera y ordenara, él había dado órdenes de
apoyo a las fuerzas americanas. ¡Qué lejos estaba nuestro gran
general, de pensar que sus entusiasmos patrióticos y de cooperación,
serían pagados con la bota yanqui y no con la diestra amiga!».

Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
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