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mercoledì 7 agosto 2024

Davvero in punto di morte si rivive il film della propria vita?

 Si dice che quando si arriva in punto di morte, si vede scorrere tutto il film della propria vita. Io dubito che in frazioni di secondo, fossero anche minuti, questo possa succedere. Dovrò aspettare ancora un pochino per saperlo. Quello che so per provarlo direttamente è che meno speranza di vita rimane, affiorano ricordi sepolti nel tempo. Si rivedono persone e fatti che hanno avuto un ruolo nella vita passata, a volte con grande importanza per gli sviluppi successivi e a volte soltanto come aneddoti. Uno di questi ricordi che senza dubbio ha avuto una importanza fondamentale viene proprio dalla nascita e dura fino alla maggior età che allora era di 21 anni.

Mia madre era cittadina turca ebrea e non poteva sposare mio padre, separato, ma in tempi in cui il divorzio non si poteva nemmeno sognare, pertanto venni iscritto come “figlio di madre nubile” e senza un padre legittimo. Per questo motivo, fin dai primi vagiti, venni iscritto al Comune di Milano come di nazionalità estera. Ma ecco il bello: fin da subito però venni iscritto alle liste di leva per il servizio militare che allora era obbligatorio nonostante che in ogni certificato che chiedevo all’Anagrafe risultavo straniero. Passarono gli anni e venne il tempo delle prime chiamate al distretto militare per visite e accertamenti che culminavano con i famosi “tre giorni” che precedevano l’arruolamento di poco più di un anno.

Nel 1961, tra i 16 e  Lo zio che ra17 anni vennero in Italia, dagli Stati Uniti, degli zii di mia mamma che non avevano figli, si innamorarono di me e organizzarono perché andassi a vivere con loro a New York. Per questo avevo bisogno del passaporto e per averlo dovetti andare al Consolato turco di Milano dove mi accolsero in una lingua sconosciuta. Per fortuna, per il loro lavoro, parlavano anche italiano e mi concessero il passaporto della mezza luna e la stella.

Tra la metà e la fine di maggio mi imbarcai sul modernissimo (allora) transatlantico Leonardo da Vinci che era al suo secondo viaggio transatlantico di linea. All’epoca si viaggiava meno in aereo, specialmente nei viaggi oltreoceano. Dopo una settimana di mare, di cui 5 giorni nell’Oceano Atlantico senza vedere terra se non, da lontano, le Isole Azzorre, all’alba del 1° luglio arrivai al porto di New York, dopo aver compiuto le 17 primavere in alto mare, passando sotto gli occhi attenti e la fiaccola della Statua della Libertà. La visione era certamente di grande impatto nonostante la bruma dell’alba estiva. Lo zio mi ricevette e mi portò nella loro casa di Brooklyn, quartiere notoriamente “italiano”, ma non solo, di New York.

Dopo i primi giorni di fascino del nuovo e sconosciuto però, mi resi conto che la vita in quel Paese non era fatta per me e in meno di un mese lo zio dovette organizzarmi il viaggio di ritorno che effettuai sulla nave Constitucion, orgoglio della flotta americana, ma che in confronto alla nostra “Leonardo” era una bagnarola.

Ritorno alla vita “normale” in un’età difficile per le caratteristiche proprie e per il fatto che un giovane con solo la scuola dell’obbligo e con vista all’interruzione per la chiamata di leva, non era facile trovare un lavoro “serio”. Ciononostante tra le varie esperienze provvisorie ebbi la possibilità di diventare ottico in una ditta che mi aveva assunto come fattorino e che col tempo mi aveva passato nei laboratori di riparazione e montaggio degli occhiali. Per quella inquietudine propria dell’età, non mi conformai e detti le dimissioni restando a spasso.

Nel frattempo, giocando a calcio nei campionati giovanili, avevo l’illusione, come tanti, di poter far carriera in quello sport e probabilmente con un’altra testa avrei potuto anche farla, le doti non mi mancavano. Fui “scoperto” da osservatori della S.G. Gallaratese che militava nel campionato di Serie D nella categoria semiprofessionisti, siccome giocavo in difesa, nei piani della Società era di allevarmi per sostituire un giocatore che avevano venduto alla Fiorentina: Bernardo Rogora. Nemmeno a dirlo, col caratteraccio e la presunzione di cui ero molto più dotato che come calciatore, il progetto fallì anche per la famosa chiamata alle armi. Ricevetti la cartolina di precetto per il 10 gennaio 1965, quando avrei dovuto presentarmi all’89° Reggimento Salerno C.A.R. di Savona. Non avevo ancora compiuto i 21 anni ed ero ancora cittadino turco…soltanto nell’estate successiva, approfittando della licenza ordinaria ed avendo compiuto la maggiore età, potei recarmi all’apposito ufficio dell’Anagrafe di Milano per prestare giuramento di fedeltà alla mia nuova Patria. Il giuramento prestato come difensore in armi non venne nemmeno preso in considerazione.

Dopodiché dovetti recarmi al Consolato turco per notificare la decisione con lacrime (di coccodrillo?) del Console e personale amministrativo.

Ci sarà qualcuno che possa spiegarmi dove si trova la logica e dove si figurassero errori o abusi da parte di qualcuno?

Intanto aspetto di vedere se altri ricordi sepolti tornano alla luce.

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