Si dice che quando si arriva in punto di morte, si vede scorrere tutto il film della propria vita. Io dubito che in frazioni di secondo, fossero anche minuti, questo possa succedere. Dovrò aspettare ancora un pochino per saperlo. Quello che so per provarlo direttamente è che meno speranza di vita rimane, affiorano ricordi sepolti nel tempo. Si rivedono persone e fatti che hanno avuto un ruolo nella vita passata, a volte con grande importanza per gli sviluppi successivi e a volte soltanto come aneddoti. Uno di questi ricordi che senza dubbio ha avuto una importanza fondamentale viene proprio dalla nascita e dura fino alla maggior età che allora era di 21 anni.
Mia madre era cittadina turca
ebrea e non poteva sposare mio padre, separato, ma in tempi in cui il divorzio
non si poteva nemmeno sognare, pertanto venni iscritto come “figlio di madre
nubile” e senza un padre legittimo. Per questo motivo, fin dai primi vagiti,
venni iscritto al Comune di Milano come di nazionalità estera. Ma ecco il
bello: fin da subito però venni iscritto alle liste di leva per il servizio
militare che allora era obbligatorio nonostante che in ogni certificato che
chiedevo all’Anagrafe risultavo straniero. Passarono gli anni e venne il tempo
delle prime chiamate al distretto militare per visite e accertamenti che
culminavano con i famosi “tre giorni” che precedevano l’arruolamento di poco
più di un anno.
Nel 1961, tra i 16 e Lo zio che ra17 anni vennero in Italia, dagli
Stati Uniti, degli zii di mia mamma che non avevano figli, si innamorarono di
me e organizzarono perché andassi a vivere con loro a New York. Per questo
avevo bisogno del passaporto e per averlo dovetti andare al Consolato turco di
Milano dove mi accolsero in una lingua sconosciuta. Per fortuna, per il loro
lavoro, parlavano anche italiano e mi concessero il passaporto della mezza luna
e la stella.
Tra la metà e la fine di
maggio mi imbarcai sul modernissimo (allora) transatlantico Leonardo da Vinci
che era al suo secondo viaggio transatlantico di linea. All’epoca si viaggiava
meno in aereo, specialmente nei viaggi oltreoceano. Dopo una settimana di mare,
di cui 5 giorni nell’Oceano Atlantico senza vedere terra se non, da lontano, le
Isole Azzorre, all’alba del 1° luglio arrivai al porto di New York, dopo aver
compiuto le 17 primavere in alto mare, passando sotto gli occhi attenti e la
fiaccola della Statua della Libertà. La visione era certamente di grande
impatto nonostante la bruma dell’alba estiva. Lo zio mi ricevette e mi portò
nella loro casa di Brooklyn, quartiere notoriamente “italiano”, ma non solo, di
New York.
Dopo i primi giorni di fascino
del nuovo e sconosciuto però, mi resi conto che la vita in quel Paese non era
fatta per me e in meno di un mese lo zio dovette organizzarmi il viaggio di
ritorno che effettuai sulla nave Constitucion, orgoglio della flotta americana,
ma che in confronto alla nostra “Leonardo” era una bagnarola.
Ritorno alla vita “normale” in
un’età difficile per le caratteristiche proprie e per il fatto che un giovane
con solo la scuola dell’obbligo e con vista all’interruzione per la chiamata di
leva, non era facile trovare un lavoro “serio”. Ciononostante tra le varie esperienze
provvisorie ebbi la possibilità di diventare ottico in una ditta che mi aveva
assunto come fattorino e che col tempo mi aveva passato nei laboratori di
riparazione e montaggio degli occhiali. Per quella inquietudine propria
dell’età, non mi conformai e detti le dimissioni restando a spasso.
Nel frattempo, giocando a
calcio nei campionati giovanili, avevo l’illusione, come tanti, di poter far
carriera in quello sport e probabilmente con un’altra testa avrei potuto anche
farla, le doti non mi mancavano. Fui “scoperto” da osservatori della S.G.
Gallaratese che militava nel campionato di Serie D nella categoria
semiprofessionisti, siccome giocavo in difesa, nei piani della Società era di
allevarmi per sostituire un giocatore che avevano venduto alla Fiorentina:
Bernardo Rogora. Nemmeno a dirlo, col caratteraccio e la presunzione di cui ero
molto più dotato che come calciatore, il progetto fallì anche per la famosa
chiamata alle armi. Ricevetti la cartolina di precetto per il 10 gennaio 1965,
quando avrei dovuto presentarmi all’89° Reggimento Salerno C.A.R. di Savona.
Non avevo ancora compiuto i 21 anni ed ero ancora cittadino turco…soltanto
nell’estate successiva, approfittando della licenza ordinaria ed avendo
compiuto la maggiore età, potei recarmi all’apposito ufficio dell’Anagrafe di
Milano per prestare giuramento di fedeltà alla mia nuova Patria. Il giuramento
prestato come difensore in armi non venne nemmeno preso in considerazione.
Dopodiché dovetti recarmi al
Consolato turco per notificare la decisione con lacrime (di coccodrillo?) del
Console e personale amministrativo.
Ci sarà qualcuno che possa
spiegarmi dove si trova la logica e dove si figurassero errori o abusi da parte
di qualcuno?
Intanto aspetto di vedere se
altri ricordi sepolti tornano alla luce.
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