Affollata conferenza stampa di Benicio del Toro per parlare del suo ultimo film, nelle sale, sula vita di Pablo Escobar e di altro fra cui l'annuncio di un film in uscita nei prossimi giorni e altri due in post produzione, quindi anch'essi di prossima uscita.
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martedì 9 dicembre 2014
lunedì 8 dicembre 2014
Festiv...andando
Non solo Cinema, ma nel festival si parla anche di TV, audiovisivi in generale e cartellonistica. Il Direttore della manifestazione Ivan Girou, introduce i delegati al seminario sulle serie televisive. Oggi circolava per l'hotel Nacional, sede dell'evento il regista cubano Fernando Pérez, uno dei più prolifici delle ultime decadi e regista di "La vita è un fischio", proiettata anche in Italia negli anni '90.
domenica 7 dicembre 2014
Un gradito ritorno: Rolando Díaz
Rivedo con piacere dopo molti anni Rolando Díaz, regista cubano che da anni vive all’estero. Prima in Spagna, a Santa Crúz de Tenerífe, dove era il responsabile della cinemateca locale e oggi nella Repubblica Dominicana. È tornato al festival dell’Avana presentando un docu-fiction di produzione spagnola: I cammini di Aissa: la drammatica storia di una ragazza africana che è giunta legalmente in Spagna grazie alla ricongiunzione famigliare con la madre che già vi risiedeva, ció nonostante è costretta a percorrere cammini diversi, come i tanti mestieri precari e le traversie a cui è sottoposta per vivere, con tutti i pregiudizi e le difficoltà che incontrano gli immigrati, specie se africani.
A Cuba, ma anche dopo, Rolando era specialista nelle commedie brillanti, ha esordito nel lungometraggio di fiction nel 1984 con “Los pajaros tirandole a la escopeta”, un classico della commedia cubana che viene riproposto ancora oggi e contava con un cast di prim’ordine: Alberto Pujol, Beatrríz Valdés, Reynaldo Miravalles e la compianta Consuelito Vidal, però a un certo grado della sua maturazione professionale ha ritenuto di dover passare anche al drammatico. La sua prossima opera, però, mi ha detto che sarà ancora una commedia. Il primo amore non si scorda mai.
Questa sera Corál Honoris Causa a Benicio del Toro
Sarà riconosciuto il Premio Coral all'attore portoricano per i suoi meriti. In particolare, fra i suoi numerosi film si ricordano quelli in cui ha vestito i panni di due personaggi, ciascuno carismatico a modo suo, un con milioni di seguaci passati, presenti e futuri, Ernesto Guevara de la Serna, detto "Che" che ha interpretato in una dicotomia, Che el argentino e Che: Guerrilla , nel 2007 l'altro, certamente un personaggio meno positivo, anzi negativo, ma che ha avuto un certo carisma su alcune piccole minoranze: Pablo Escobar Gaviria nel film "Escobar, paradiso perduto" diretta dall'italiano Andrea di Stefano. peraltro il tema del traffico di droga è presente in molti dei suoi lavori anche passati. Oltre che come attore, del Toro ha anche realizzato pellicole da regista, una delle quali con un episodio in "Siete días en La Habana.
sabato 6 dicembre 2014
Fiera dell'Artigianato
Si è aperta oggi, al pubblico, la 18ma edizione della Fiera Internazionale dell'Artigianato. Peccato non avere il dono dell'ubiquità
venerdì 5 dicembre 2014
L'Avana in Festival
In un hotel Nacional nei cui giardini passeggiano animali che si pavoneggianti, è iniziata la seconda giornata di festival che si è aperta con la conferenza della produttrice inglese Mia Bays, vincitrice di un premio Oscar per la produzione che ha offerto una disquisizione sugli aspetti economici e industriali del cinema che ha spiegato come opera con la sua casa di produzione Missing In Action che le cui iniziali formano parte del suo nome.
Successivamente c'è stata la tradizionale conferenza stampe della Fondazione del Nuovo Cine Latinoamericano presentata dalla sua direttrice Alquimia Peña che ha ricordato il grande apporto dato da Gabriel García Márquez alla cinematografia latinoamericana.
Il sottoscritto è poi stato intervistato dalla giornalista Jaqueline Sam per la rubrica "Noticine" che va in onda tutte le domeniche nello spazio Arte7 dedicato all'arte della celluloide.
Successivamente c'è stata la tradizionale conferenza stampe della Fondazione del Nuovo Cine Latinoamericano presentata dalla sua direttrice Alquimia Peña che ha ricordato il grande apporto dato da Gabriel García Márquez alla cinematografia latinoamericana.
Il sottoscritto è poi stato intervistato dalla giornalista Jaqueline Sam per la rubrica "Noticine" che va in onda tutte le domeniche nello spazio Arte7 dedicato all'arte della celluloide.
giovedì 4 dicembre 2014
Ancora sugli investimenti stranieri
L`investimento straniero a Cuba: contesto degli affari per il suo consolidamento
Pubblicato
da Redazione TTC
Tra i primi
settori che si aprono all'investimento straniero si trova il turismo.
Da:
MSc. Eng. Vilma I. Altet Casas, Consultente, Centro Internazionale dell`Avana
Il 28 giugno dell`anno in corso è entrata in vigore a Cuba la
Legge 118 dell`Investimento Straniero col suo Regolamento. Quest`azione
riafferma questa modalità come una delle principali politiche per lo sviluppo
economico del paese per i prossimi anni.
Tra i primi settori che si aprono all`investimento straniero si trovano il
settore agricolo e forestale, il commercio all`ingrosso, le industrie, il
turismo, l`edilizia, l`energia e mineraria e il trasporto. Particolarmente, le
industrie del bestiame e l`industria lattea, l`agricoltura e il cambiamento
dell`energia hanno bisogno di un forte finanziamento esterno.
Tra gli obiettivi per attirare l`investimento foraneo ci sono quelli
relazionati con l`accesso alla tecnologia avanzata e il finanziamento a media e
lunga scadenza per la costruzione di oggetti produttivi. La sostituzione
d`importazione, la diversificazione e l`ingrandimento dei mercati
d`esportazione e il potenziamento dell`incatenamento produttivo nei settori
rilevanti per lo sviluppo nazionale sono anche ritenuti di grande importanza.
L`accesso ai metodi di gerenza efficaci in questa fase si estende ad altri
settori inoltre i turismo. La sostenibilità e l`impegno con l`ambiente ed essere
fonte di nuovi posti di lavoro costituiscono anche fattori che dovono essere
determinati.
La Legge prevede diverse modalità d`investimento diretto o investimento a
titolo azionario, o altri titoli – valori, pubblici o privati, per i potenziali
investitori. Gli investimenti stranieri possono adottare qualsiasi delle
modalità seguenti: impresa mista, contratto d`associazione economica
internazionale o impresa con l`uso di capitale totalmente straniero.
Gli investimenti che si stabiliscano nella Zona Speciale di Sviluppo
Mariel, conosciuta come la Zona –con una superficie di 465,4 Km2 si trova a 45
km ovest dell`Avana-, acquistano una connotazione speciale. La Legge 118,
il suo Regolamento e la normativa complementare dovranno essere osservati dagli
investitori che si stabiliscano nella Zona ed esistono anche regimi speciali più vantaggiosi.
Per tutti gli investitori che vogliano cominciare qualche attività nella Zona
o nell`ambito generale della Legge del`Investimento Straniero, esistono
imprese consulenti qualificate che saranno d`aiuto nei primi passi per fare
l`esplorazione e il posteriore rafforzamento dei loro affari a Cuba.
Per conoscere di più, consultare:
http://www.cih.cu/en
http://www.gacetaoficial.cu/pdf/GO_X_20_2014.rar
http://www.zedmariel.com/pages/esp/Informacion_General.php
http://www.gacetaoficial.cu/pdf/GO_X_20_2014.rar
http://www.zedmariel.com/pages/esp/Informacion_General.php
Partito il 36° Festival del Nuovo Cine Latinoamericano
Con la presentazione dei giurati, le proiezioni nelle sale della capitale e l'esposizione dei manifesti in concorso, è iniziata l'attività della 36ma edizione del Festival del Nuovo Cine Latinoamericano. L'apertura ufficiale si farà questa sera al cinema/tetro Carlos Marx con un concerto di Pablo Milanés e la proiezione del film argentino/spagnolo Relatos salvajes di Damian Szifrón. Quersta edizione è dedicata a Gabriel García Márquez che ha sempre vissuto da "cineasta frustrato" come lui stesso si definiva e a cui si deve in gran parte la spinta e il contributo per la costituzione della Fondazione e della Scuola del nuovo Cine Latinoamericano. All'apertura seguirà un cocktail d'inaugurazione nella piscina dell'hotel Nacional.
A questa edizione partecipano 676 pellicole suddivise in 7 sezioni a loro volta suddivise in sottogruppi. L'Italia è presente con 5 film, fuori concorso, nella sezione "perspectiva Italia", con il giurato per la categoria FIPRESCI, Furio Fossati e la coproduzione con l'Argentina del documentario Francisco de Buenos Aires di Miguel Rodríguez Arias, sulla vita di papa Francesco.
A questa edizione partecipano 676 pellicole suddivise in 7 sezioni a loro volta suddivise in sottogruppi. L'Italia è presente con 5 film, fuori concorso, nella sezione "perspectiva Italia", con il giurato per la categoria FIPRESCI, Furio Fossati e la coproduzione con l'Argentina del documentario Francisco de Buenos Aires di Miguel Rodríguez Arias, sulla vita di papa Francesco.
mercoledì 3 dicembre 2014
La TV digitale a Cuba
Anche Cuba si sta avviando a sostituire gradualmente la televisione analogica con quella digitale. Vi è stato un primo periodo sperimentale con "utenti campione" che hanno ricevuto i sintonizzatori/convertitori a prezzo politico (7 pesos in moneta nazionale), dopodiché ne hanno iniziato (si fa per dire) la distribuzione sul mercato. Ho messo tra parentesi il "si fa per dire" dal momento che la distribuzione, come in genere per qualsiasi prodotto, non avviene in modo omogeneo come sarebbe logico. Infatti, le "cajitas", come si chiamano qua vengono vendute come per una roulette russa: oggi qualcuna qua, domani qualcuna là...con grande profitto dei nullafacenti e borsari neri che con un rapido passaparola accorrono all'unico negozio, del momento, che ha ricevuto una relativamente modesta quota di apparecchiature e ne fanno man bassa per rivenderle al doppio del loro prezzo. Credo che la logica, parola sconosciuta a queste latitudini, suggerirebbe di immettere sul mercato i pezzi quando ce ne sono disponibili una congrua quantità per distribuirla sul territorio in maniera uniforme e sufficiente per una equa ripartizione tra i cittadini. Molti mi chiedono: "come si vive a Cuba?", domanda veramente impegnativa. Come si vive dalle altre parti? a Cuba, però, si vive anche così, grazie alle carenze causate dall'embargo statunitense, ma sopratutto dall'embargo dei cervelli di molti cubani dagli incarichi importanti. Credo che la trasformazione del metodo socialista per migliorare l'attenzione al cittadino non preveda le stupidità gratuite.
martedì 2 dicembre 2014
lunedì 1 dicembre 2014
Lapidi, di Ciro Bianchi Ross
Pubblicato su Juventud Rebelde del 30/11/14
Como cosa curiosa cabe decir que en el cementerio de Espada, en 1841,
se inhumó el primer cadáver que fue embalsamado en Cuba. Fue el de
Isabel Herrera de La Barrera, esposa del marqués de Almendares. La
embalsamó el gran médico habanero José Nicolás Gutiérrez, primer
cirujano de Cuba, fundador de la Academia de Ciencias.
Fue en 1844 cuando se estableció en La Habana el primer servicio de
las llamadas pompas fúnebres; carros o coches especiales que conducían
los ataúdes al cementerio. El servicio incluía al cochero y a varios
individuos que se encargaban de manipular el féretro y que vestían
uniformes de lacayos con profusión de galones dorados y sombreros de
tres picos. Eran los llamados zacatecas.
Los nichos que se construyeron en 1845 resultaron ineficaces para
responder al crecimiento de la población habanera. Se dispuso la
construcción de una nueva necrópolis y, por orden del capitán general
Arsenio Martínez Campos, el cementerio de Espada quedó clausurado
definitivamente el 3 de noviembre de 1878. Se habían efectuado allí
314 244 inhumaciones.
En 1908, el Gobierno interventor norteamericano dispuso la demolición
de esta necrópolis y el traslado a Colón de los restos que todavía
quedaban allí. Permanece en pie, entre edificaciones modernas de la
calle Aramburu, un pedazo de sus viejas paredes.
Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/
I resti di un governatore
generale dell’Isola e di un vescovo, deceduti molti anni prima, furono i primi
che ebbero sepoltura nel Cimitero di Espada, dell’Avana, la prima necropoli di
cui contò la colonia.
Fino ad allora i cadaveri si
inumavano nelle chiese e in quest c’erano dieci spazi destinati alle sepolture.
I sepolcri si facevano più cari man mano si facevano più prossimi ai gradini
dell’altare maggiore, erano nell’ordine di 137 pesos, mentre si pagavano 3
pesos e quattro reales per una sepoltura ordinaria, dieci per un bambino bianco
e due per un bambino negro, meticcio o indio, sempre che fossero liberi. Si
pagavano due pesos anche per la sepoltura vicino alla porta del tempio o dietro
il coro, di negri o mulatti liberi e otto reales per gli schiavi, sempre dietro
al coro. Nella Parrocchiale Maggiore avanera che si trovava dove poi si edificò
il Palazzo dei Capitani Generali, la sacrestia si destinò alla sepoltura dei
sacerdoti. Il 26 agosto del 1799, il vescovo Felipe de Tres Palacios concesse ai
proprietari di zuccherifici, la grazia di avere cimiteri in questi.
In campagna si seppelliva
nei boschi e dopo un anno si esumavano le ossa e le si portavano alla
Parrocchiale al fine che ricevessero sepoltura ecclesiastica perché riposavano
in un luogo benedetto.
Tutto questo finì quando,
nello stesso anno 1799 il re Carlos IV, ordinò al Supremo Tribunale di Spagna
che facesse compiere la Reale Cedola del 3 aprile del 1787 nella quale il suo
predecessore, Carlos III, disponeva che cessassero le sepolture nelle chiese e
si costruissero cimiteri nelle periferie dei centri abitati. Siccome le cose di
palazzo vanno lentamente e la burocrazia era pazzesca, l’ordine di Carlos IV
venne in vigore a Cuba nel 1804, quando le autorità avanere avevano già
anticipato le fondamenta di quello che sarebbe stao il cimitero, fuori dalle
mura, a un miglio ad ovest dell’Avana, nelle vicinanze della costa chiamata di
San lazzaro, nel terreno dell’orto che il dottor Teneza, protomedico reggente e
consulente del Santo Uffizio, cedette per la costruzione di un lebbrosario. Si
era pensato di situarlo nel campo sito di fronte all’Arsenale –attuale Stazione
Centrale delle Ferrovie-, ma gli ingegneri militari vi si opposero. Il vescovo
Espada che fu il principale propulsore dell’opera, contò con l’appoggio
entusiastico del Capitano Generale marchese di Someruelos. Lo assecondò anche
il Comandante Generale della Stazione Navale ed ebbe il concorso del Municipio
dell’Avana e della Società Patriottica di Amici del Paese.
Il camposanto ostentava sul
fronte sei colonne di porticato con sbarre di ferro e una porta dello stesso
metallo. A seguito un giardino e il portone che dava accesso ai cortili. Nella
parte superiore del portone si leggeva “Alla religione. Alla salute pubblica.
Il Marchese di Someruelos, Governatore. Juan de Espada, Vescovo”.
Quando un defunto,
trasportato o in braccio degli accompagnanti superava questa porta, lo si
depositava su un tavolo nero e gli si recitava la funzione. Alla destra si
trovava la stanza del cappellano del cimitero e gli uffici dell’amministratore,
alla sinistra le abitazioni dei necrofori.
Il cimitero era uno spazio
rettangolare con due strade acciottolate che lo dividevano in quattro parti. La
cappella rimaneva in fondo, verso il centro e fin che visse il vescovo espada
si mantenne, nel suo portico, una lampada accesa giorno e notte. L’opera
incassò 46.868 pesos e durante i primi giorni il prelato pagò con gli introiti
gli stipendi dei suoi impiegati.
I pini e cipressi che si
seminarono per l’inaugurazione del camposanto furono, col tempo, sostituiti con
allori. Di fronte alla necropoli, espada fece seminare un ameno e ampio
giardino di piante medicinali “al fine di diminuire, col suo bell’aspetto –
disse il Vescovo -, l’aria scura e malinconica dei sepolcri e di offrire a
fronte dei trionfi della morte, i mezzi preziosi per sfuggire ai suoi
attacchi”.
Nicchie
e volte
Lo scriba controllava la sua
biblioteca in supporto digitale trovando un libro che fin ora aveva trascurato.
S’intitola Necrópolis de La Habana,
si pubblicó nel 1875 e racoglie la storia del cimitero di Espada, anche se
nelle sue pretese sembra volesse includere anche quelli di Jesús del Monte,
Cerro e Colón. Il suo autore è Domingo Rosain y del Castillo, medico e
professore della cattedra di Ostetricia dell’Università avanera - l’unica che
ci fosse allora -. Pubblicò anche un Examen
y cartillas de parteras, la prima opera che vide la luce nell’Isola su
questa materia. Fu il creatore, nel 1828, dell’Academia di ostetriche
dell’Ospedale di Paula. Morì nel 1855 a 56 anni d’età.
Rosain cominciò
l’investigazione per il suo libro nel 1845, quando nel cimitero di Espada si
crearono le nicchie ed egli si impegnò a raccogliere dati e notizie su quelli
che in esse si seppellivano. Il nuovo ordine di sepolture fece si che si
abbandonassero le volte e a questa data non poche mancavano di iscrizione e
perfino di copertura, perciò l’investigatore insistette nel raccogliere la
maggior quantità di informazioni possibile “perché la tipografia si incaricasse
di conservare le iscrizioni che il tempo ha rispettato”.
Prima di Espada, il
benemerito don Luis de las Casas, governatore generale dell’Isola, volle
mettere fine a quello che lo storico Jacobo de Pezuela definì come “la fatale e
perniciosa pratica di seppellire i cadaveri nelle chiese”. Non poté far niente
a causa delle difficoltà per trovare il terreno appropriato per installarlo, ma
più di questo per la resistenza che oppose il vescovo Tres Palacios. Espada,
nel suo momento dovette affrontare, come Las Casas, molteplici difficoltà e
sopratutto l’intransigenza del clero che si beneficiava economicamente di
quelle sepolture.
Nato in Spagna nel 1756,
Espada fu desigfnato come Vescovo dell’Avana nel 1800, dopo la morte misteriosa
del vescovo Montiel quando si affannava a mettere freno alla vita corrotta e
sfrenata dei sacerdoti che officiavano nella capitale della colonia. Ci mise
due anni per arrivare a Cuba per mettersi al fronte della diocesi e fu sul
punto di non poterlo fare, appena mise un piede sull’Isola un attacco violento
di febbre gialla lo mise in punto di morte. Si dice che salvo la sua vita
grazie alle cure dell’eminente medico cubano Tomás Romay e che da questa
circostanza nacque un’amicizia che li unì per sempre.
Quest’amicizia, dice lo
storico Emilio Roig, fece che Espada privilegiasse il sistema sanitario che
preoccupava tanto Romay, a quello delle sepolture nelle chiese che con lo
sviluppo della popolazione, era arrivato a costituire una delle più perniciose
e repulsive conseguenze.
In merito a Espada dice
Eduardo Torres Cuevas, presidente dell’Accademia della Storia: “Di idee
illuminate e avanzate promosse il movimento intellettuale e appoggiò i settori
meno favoriti della società cubana... Promosse personalità come Félix Varela,
José de la Luz y Caballero e José Antonio Saco. Accusato di essere massone,
eretico e indipendentista, si iniziarono nel Vaticano e a Madrid, processi poer
la sua scomunica e carcreazione”. Mantenne il Vescovato dell’Avana fino alla
sua morte, nel 1832.
Cerimonia
inaugurale
Il 2 di febbraio del 1806,
si bendì e inaugurò il cimitero di Espada. In lussuose casse foderate di
velluto nero, cesellate in oro e con le corrispondenti insegne, si collocarono
le ossa di Candamo – chi scrive non può precisare il suo nome né altri
particolari -, vescovo di Milasa e goveratore della Mitra dell’Avana e quelle
del governatore Diego Antonio de Manrique che si trovava al potere da 13 giorni
quando cadde fulminato dal vomito, mentre ispezionava le opere di costruzione
della fortezza de La Cabaña. La febbre gialla, che non rispettava fortune,
ranghi né dignità, se lo portò con sé per convertirlo in uno dei nove
governatori che morirono durante l’incarico.
Dalla cappella della Casa di
Beneficenza, dov’erano depositati i resti, furono condotti in processione al
cimitero. Erano le 16.30 del 2 febbraio. Apriva la marcia un drappello di
dragoni e lo seguivano la cupola ecclesiastica e i resti dell’illustrissimo
Candamo. Due reggenti del Municipio e due colonnelli portavano le maniglie della
cassa del governatore Manrique. Seguivano il Decano della Cattedrale avanera,
dignità ecclesiastiche, il vescovo Espada, rappresentanze dei corpi militare e
politico con i rispettivi capi, l’intendente della Real Hacienda, Il Comandante
, il Comandante Generale della Stazione Marittima, il conte di Mompox e Jaruco
e la municipalità avanera al completo. Chiudeva la comitiva il marchese di
Someruelos, governatore generale dell’Isola. Dietro avanzava una compagnia del
Reggimento di San Cristóbal, il cosiddetto Fisso dell’Avana.
Le due casse si collocarono
in un catafalco collocato al centro del cimitero. Espada, investito di poteri
pontifici benedisse il luogo e immediatamente, musicisti della cappella della
Cattedrale, interpretarono il pezzo composto per l’occasione. I resti di
Manrique si inumarono nella volta destinata ai governatori e quelli di Candamo
in quella costruita per i dignitari ecclesiastici. Alle 19 la cerimonia terminò
con la ritirata della compagnia del Fisso dell’Avana. Il cimitero era illuminato
a profusione con torce.
Zacatechi
Come curiosità bisogna dire
che nel cimitero di Espada, nel 1841, si inumò il porimo cadavere che fu
imbalsamato a Cuba. Fu quello di Isabel Herrera de la Barrera, sposa del
marchese di Almendares. La imbalsamò il grande medico avanero José Nicolás
Gutiérrez, primo chirurgo di Cuba, fondatore dell’Accademia delle Scienze.
Fu nel 1844 che si stabilì
al’Avana il primo servizio delle cosiddette pompe funebri, carri o carretti
speciali che portavano le bare al cimitero. Il servizio comprendeva il
cocchiere e vari individui che si incaricavano di manovrare il feretro e che
vestivano uniformi da lecché con profusione di galloni dorati e cappelli a tre
punte. Erano chiamati zacatechi.
Le nicchie che si
costruirono nel 1845 risultarono inefficaci per rispondere alla crescita della
popolazione avanera. Si dispose la costruzione di una nuova necropoli e per
ordine del capitano generale Arsenio Martínez Campos, il cimitero di Espada
venne chiuso definitivamente il 3 novembre del 1878. Vi si erano effettuate lì
314.244 inumazioni.
Nel 1908 il governo
intervezionista nordamericano dispose la demolizione di questa necropoli e il
trasloco a Colón dei resti che rimanavano ancora lì. Tra le moderne
edificazioni della calle Aramburu, rimane in piedi un pezzo delle sue vecchie
pareti.
Lápidas
Ciro Bianchi Ross * digital@juventudrebelde.cu
29 de Noviembre del 2014 19:23:57 CDT
Los restos de un gobernador general de la Isla y de un obispo,
fallecidos muchos años antes, fueron los primeros que hallaron
sepultura en el Cementerio de Espada, de La Habana, la primera
necrópolis con que contó la Colonia.
Hasta entonces los cadáveres se inhumaban en las iglesias y había en
estas diez tramos destinados a los enterramientos. Los sepulcros se
hacían más caros mientras más próximos estuviesen a las gradas del
altar mayor; estaban en el orden de los 137 pesos, mientras se
abonaban tres pesos con cuatro reales por una sepultura ordinaria,
diez por la de un niño blanco, y dos por las de un niño negro, mestizo
o indio, siempre que fueran libres. También se pagaban dos pesos por
el enterramiento, cerca de la puerta del templo o detrás del coro, de
negros y mulatos libres, y ocho reales por los de los esclavos,
también detrás del coro. En la Parroquial Mayor habanera, que se
ubicaba donde luego se edificó el Palacio de los Capitanes Generales,
la sacristía se destinó para sepultura de los sacerdotes. El 26 de
agosto de 1799 el obispo Felipe de Tres Palacios concedió a los dueños
de ingenios azucareros la gracia de establecer cementerios en estos.
En los campos se enterraba en los montes y al año se exhumaban los
huesos y se llevaban a la Parroquial a fin de que recibiesen sepultura
eclesiástica porque reposarían en lugar bendecido.
Todo esto acabó cuando, en el mismo año de 1799, el rey Carlos IV
ordenó al Supremo Tribunal de España que hiciera cumplir la Real
Cédula de 3 de abril de 1787 en la que su antecesor, Carlos III,
disponía que cesaran los enterramientos en las iglesias y se
construyeran cementerios en las afueras de las poblaciones. Como las
cosas de palacio van despacio y el burocratismo colonial era de anjá,
la orden de Carlos IV se circuló a Cuba en 1804, cuando la autoridades
habaneras tenían ya adelantados los cimientos de lo que sería el
cementerio, en extramuros, a una milla al oeste de La Habana, en las
inmediaciones de la costa llamada de San Lázaro, en el terreno de la
huerta que el doctor Teneza, protomédico regente y consultor del Santo
Oficio, cediera para la construcción del leprosorio. Se había pensado
emplazarlo en el campo situado al frente del Arsenal --actual Estación
Central de Ferrocarriles--, pero los ingenieros militares se opusieron
a ello. El obispo Espada, que fue el propulsor principal de la obra,
contó con el apoyo entusiasta del Capitán General, marqués de
Someruelos. Lo secundó además el Comandante General del Apostadero, y
tuvo el concurso del Ayuntamiento de La Habana y de la Sociedad
Patriótica de Amigos del País.
El camposanto lucía por el frente seis columnas de sillería con verjas
de hierro y una puerta del mismo metal. Seguía un jardín y luego la
portada que daba acceso a los patios. En la parte superior de la
portada, se leía: “A la religión. A la salud pública. El Marqués de
Someruelos, Gobernador. Juan de Espada, Obispo”.
Cuando un difunto, en andas o en hombros de los acompañantes,
traspasaba esa puerta, se depositaba sobre una mesa negra y se le
rezaba el responso. A la derecha se hallaba la habitación del capellán
del cementerio y las oficinas del administrador, a la izquierda, la
vivienda de los sepultureros.
Era la necrópolis un espacio rectangular con dos calles enlosadas que
lo dividían en cuatro partes. La capilla quedaba al fondo, hacia el
centro, y mientras vivió el obispo Espada se mantuvo en su pórtico,
día y noche, una lámpara encendida. La obra importó 46 868 pesos y
durante sus primeros días el prelado abonó de sus rentas los sueldos
de sus empleados.
Los pinos y cipreses que se sembraron para la inauguración del
camposanto fueron, con el tiempo, sustituidos por laureles. Frente a
la necrópolis, Espada hizo sembrar un ameno y dilatado jardín de
plantas medicinales “a fin de disminuir, con su bello aspecto, dijo el
Obispo, el aire sombrío y melancólico de los sepulcros, y de ofrecer a
la frente de los triunfos de la muerte los preciosos medios de
resistir sus despiadados ataques”.
Ciro Bianchi Ross * digital@juventudrebelde.cu
29 de Noviembre del 2014 19:23:57 CDT
Los restos de un gobernador general de la Isla y de un obispo,
fallecidos muchos años antes, fueron los primeros que hallaron
sepultura en el Cementerio de Espada, de La Habana, la primera
necrópolis con que contó la Colonia.
Hasta entonces los cadáveres se inhumaban en las iglesias y había en
estas diez tramos destinados a los enterramientos. Los sepulcros se
hacían más caros mientras más próximos estuviesen a las gradas del
altar mayor; estaban en el orden de los 137 pesos, mientras se
abonaban tres pesos con cuatro reales por una sepultura ordinaria,
diez por la de un niño blanco, y dos por las de un niño negro, mestizo
o indio, siempre que fueran libres. También se pagaban dos pesos por
el enterramiento, cerca de la puerta del templo o detrás del coro, de
negros y mulatos libres, y ocho reales por los de los esclavos,
también detrás del coro. En la Parroquial Mayor habanera, que se
ubicaba donde luego se edificó el Palacio de los Capitanes Generales,
la sacristía se destinó para sepultura de los sacerdotes. El 26 de
agosto de 1799 el obispo Felipe de Tres Palacios concedió a los dueños
de ingenios azucareros la gracia de establecer cementerios en estos.
En los campos se enterraba en los montes y al año se exhumaban los
huesos y se llevaban a la Parroquial a fin de que recibiesen sepultura
eclesiástica porque reposarían en lugar bendecido.
Todo esto acabó cuando, en el mismo año de 1799, el rey Carlos IV
ordenó al Supremo Tribunal de España que hiciera cumplir la Real
Cédula de 3 de abril de 1787 en la que su antecesor, Carlos III,
disponía que cesaran los enterramientos en las iglesias y se
construyeran cementerios en las afueras de las poblaciones. Como las
cosas de palacio van despacio y el burocratismo colonial era de anjá,
la orden de Carlos IV se circuló a Cuba en 1804, cuando la autoridades
habaneras tenían ya adelantados los cimientos de lo que sería el
cementerio, en extramuros, a una milla al oeste de La Habana, en las
inmediaciones de la costa llamada de San Lázaro, en el terreno de la
huerta que el doctor Teneza, protomédico regente y consultor del Santo
Oficio, cediera para la construcción del leprosorio. Se había pensado
emplazarlo en el campo situado al frente del Arsenal --actual Estación
Central de Ferrocarriles--, pero los ingenieros militares se opusieron
a ello. El obispo Espada, que fue el propulsor principal de la obra,
contó con el apoyo entusiasta del Capitán General, marqués de
Someruelos. Lo secundó además el Comandante General del Apostadero, y
tuvo el concurso del Ayuntamiento de La Habana y de la Sociedad
Patriótica de Amigos del País.
El camposanto lucía por el frente seis columnas de sillería con verjas
de hierro y una puerta del mismo metal. Seguía un jardín y luego la
portada que daba acceso a los patios. En la parte superior de la
portada, se leía: “A la religión. A la salud pública. El Marqués de
Someruelos, Gobernador. Juan de Espada, Obispo”.
Cuando un difunto, en andas o en hombros de los acompañantes,
traspasaba esa puerta, se depositaba sobre una mesa negra y se le
rezaba el responso. A la derecha se hallaba la habitación del capellán
del cementerio y las oficinas del administrador, a la izquierda, la
vivienda de los sepultureros.
Era la necrópolis un espacio rectangular con dos calles enlosadas que
lo dividían en cuatro partes. La capilla quedaba al fondo, hacia el
centro, y mientras vivió el obispo Espada se mantuvo en su pórtico,
día y noche, una lámpara encendida. La obra importó 46 868 pesos y
durante sus primeros días el prelado abonó de sus rentas los sueldos
de sus empleados.
Los pinos y cipreses que se sembraron para la inauguración del
camposanto fueron, con el tiempo, sustituidos por laureles. Frente a
la necrópolis, Espada hizo sembrar un ameno y dilatado jardín de
plantas medicinales “a fin de disminuir, con su bello aspecto, dijo el
Obispo, el aire sombrío y melancólico de los sepulcros, y de ofrecer a
la frente de los triunfos de la muerte los preciosos medios de
resistir sus despiadados ataques”.
Nichos y bóvedas
Revisaba el escribidor su biblioteca en soporte digital y reparó en un
libro que hasta ahora pasó siempre por alto. Se titula Necrópolis de
La Habana, se publicó en 1875 y recoge la historia del cementerio de
Espada, aunque parece que sus pretensiones eran las de abarcar además
los de Jesús del Monte, Cerro y Colón. Su autor es Domingo Rosain y
del Castillo, médico y profesor de la cátedra de Obstetricia de la
Universidad habanera --la única que había entonces--. Publicó asimismo
un Examen y cartilla de parteras, primera obra que vio la luz en la
Isla sobre esa materia. Fue el creador, en 1828, de la Academia de
Parteras del Hospital de Paula. Falleció en 1855, a los 56 años de
edad.
Rosain comenzó la investigación para su libro en 1845, cuando en el
cementerio de Espada se crearon los nichos y él se empeñó en recoger
datos y noticias sobre los que en ellos se sepultaban. El nuevo orden
de sepulturas hizo que se abandonasen las bóvedas y en esa fecha no
pocas carecían ya de inscripción y hasta de losa, por lo que el
investigador insistió asimismo en acopiar cuanta información le fue
posible “para que la imprenta se encargase de conservar las
inscripciones que el tiempo ha respetado”.
Antes de Espada, el benemérito don Luis de las Casas, gobernador
general de la Isla, quiso poner fin a lo que el historiador Jacobo de
la Pezuela definió como “la fatal y perniciosa práctica de enterrar
los cadáveres en las iglesias”. Nada pudo hacer debido a las
dificultades para encontrar el terreno apropiado donde lo emplazaría,
pero más que eso por la resistencia que opuso el obispo Tres Palacios.
Espada en su momento debió afrontar, al igual que Las Casas, múltiples
dificultades y, sobre todo, la intransigencia del clero que se
beneficiaba pecuniariamente con aquellos enterramientos.
Nacido en España en 1756, Espada fue designado Obispo de La Habana en
1800, tras la muerte misteriosa del obispo Montiel cuando se afanaba
en poner coto a la vida corrupta y desenfrenada de los sacerdotes que
oficiaban en la capital de la colonia. Demoró dos años en llegar a
Cuba para ponerse al frente de la diócesis. Y estuvo a punto de no
poder hacerlo, pues apenas puso un pie en la Isla un violento ataque
de fiebre amarilla lo puso al filo de la muerte. Se dice que salvó la
vida gracias a los cuidados del eminente médico cubano Tomás Romay, y
de esa circunstancia nació una amistad que los unió para siempre.
Esa amistad, dice el historiador Emilio Roig, hizo que Espada
priorizara el problema sanitario que tanto preocupaba a Romay: el del
enterramiento en las iglesias que, con el desarrollo de la población,
había llegado a constituir un mal de las más repulsivas y perniciosas
consecuencias.
Acerca de Espada dice Eduardo Torres Cuevas, presidente de la Academia
de la Historia: “De ideas ilustradas y avanzadas promovió el
movimiento intelectual y apoyó a los sectores desfavorecidos de la
sociedad cubana... Promovió a personalidades como Félix Varela, José de
la Luz y Caballero y José Antonio Saco. Acusado de masón, hereje e
independentista, se iniciaron en el Vaticano y en Madrid juicios para
su excomunión y encarcelamiento”. Retuvo el Obispado de La Habana
hasta su muerte, en 1832.
Ceremonia inaugural
libro que hasta ahora pasó siempre por alto. Se titula Necrópolis de
La Habana, se publicó en 1875 y recoge la historia del cementerio de
Espada, aunque parece que sus pretensiones eran las de abarcar además
los de Jesús del Monte, Cerro y Colón. Su autor es Domingo Rosain y
del Castillo, médico y profesor de la cátedra de Obstetricia de la
Universidad habanera --la única que había entonces--. Publicó asimismo
un Examen y cartilla de parteras, primera obra que vio la luz en la
Isla sobre esa materia. Fue el creador, en 1828, de la Academia de
Parteras del Hospital de Paula. Falleció en 1855, a los 56 años de
edad.
Rosain comenzó la investigación para su libro en 1845, cuando en el
cementerio de Espada se crearon los nichos y él se empeñó en recoger
datos y noticias sobre los que en ellos se sepultaban. El nuevo orden
de sepulturas hizo que se abandonasen las bóvedas y en esa fecha no
pocas carecían ya de inscripción y hasta de losa, por lo que el
investigador insistió asimismo en acopiar cuanta información le fue
posible “para que la imprenta se encargase de conservar las
inscripciones que el tiempo ha respetado”.
Antes de Espada, el benemérito don Luis de las Casas, gobernador
general de la Isla, quiso poner fin a lo que el historiador Jacobo de
la Pezuela definió como “la fatal y perniciosa práctica de enterrar
los cadáveres en las iglesias”. Nada pudo hacer debido a las
dificultades para encontrar el terreno apropiado donde lo emplazaría,
pero más que eso por la resistencia que opuso el obispo Tres Palacios.
Espada en su momento debió afrontar, al igual que Las Casas, múltiples
dificultades y, sobre todo, la intransigencia del clero que se
beneficiaba pecuniariamente con aquellos enterramientos.
Nacido en España en 1756, Espada fue designado Obispo de La Habana en
1800, tras la muerte misteriosa del obispo Montiel cuando se afanaba
en poner coto a la vida corrupta y desenfrenada de los sacerdotes que
oficiaban en la capital de la colonia. Demoró dos años en llegar a
Cuba para ponerse al frente de la diócesis. Y estuvo a punto de no
poder hacerlo, pues apenas puso un pie en la Isla un violento ataque
de fiebre amarilla lo puso al filo de la muerte. Se dice que salvó la
vida gracias a los cuidados del eminente médico cubano Tomás Romay, y
de esa circunstancia nació una amistad que los unió para siempre.
Esa amistad, dice el historiador Emilio Roig, hizo que Espada
priorizara el problema sanitario que tanto preocupaba a Romay: el del
enterramiento en las iglesias que, con el desarrollo de la población,
había llegado a constituir un mal de las más repulsivas y perniciosas
consecuencias.
Acerca de Espada dice Eduardo Torres Cuevas, presidente de la Academia
de la Historia: “De ideas ilustradas y avanzadas promovió el
movimiento intelectual y apoyó a los sectores desfavorecidos de la
sociedad cubana... Promovió a personalidades como Félix Varela, José de
la Luz y Caballero y José Antonio Saco. Acusado de masón, hereje e
independentista, se iniciaron en el Vaticano y en Madrid juicios para
su excomunión y encarcelamiento”. Retuvo el Obispado de La Habana
hasta su muerte, en 1832.
Ceremonia inaugural
El 2 de febrero de 1806 se bendijo e inauguró el cementerio de Espada.
En sendas cajas forradas con terciopelo negro, galoneadas de oro y con
sus correspondientes insignias, se colocaron los huesos de Candamo --no
puede quien esto escribe precisar su nombre ni otros detalles--, obispo
de Milasa y gobernador de la Mitra de La Habana, y los del gobernador
Diego Antonio de Manrique, que llevaba 13 días en el poder cuando cayó
fulminado por el vómito mientras inspeccionaba las obras en
construcción de la fortaleza de La Cabaña. La fiebre amarilla, que no
respetaba fortunas, rangos ni dignidades, se lo llevó de cuajo para
convertirlo en uno de los nueve gobernadores que fallecieron en su
puesto.
De la capilla de la Casa de Beneficencia, donde estaban
depositados los restos, fueron conducidos en procesión al cementerio.
Eran las 4:30 de la tarde del 2 de febrero. Abría la marcha un piquete
de dragones y le seguían el cabildo eclesiástico y los restos del
Ilustrísimo Candamo. Dos regidores del Ayuntamiento y dos coroneles
llevaban las borlas de la caja del ex gobernador Manrique. Seguían el
Deán de la Catedral habanera, dignidades eclesiásticas, el obispo
Espada, representaciones de los cuerpos militares y políticos con sus
jefes, el Intendente de la Real Hacienda, el Comandante General del
Apostadero, el conde de Mompox y Jaruco y el Ayuntamiento habanero en
pleno. Cerraba la comitiva el marqués de Someruelos, gobernador
general de la Isla. Avanzaba detrás una compañía del Regimiento de San
Cristóbal, el llamado Fijo de La Habana.
En un catafalco colocado en el centro del cementerio se colocaron las
dos cajas. Espada, revestido de medio pontifical, bendijo el lugar y
enseguida músicos de la capilla de la Catedral interpretaron la pieza
compuesta para la ocasión. Se inhumaron los restos de Manrique en la
bóveda destinada a los gobernadores, y los de Candamo en la construida
para las dignidades eclesiásticas. A las siete de tarde terminó la
ceremonia con la retirada de la compañía del Fijo de La Habana. El
cementerio estaba profusamente iluminado con antorchas.
Zacatecas
En sendas cajas forradas con terciopelo negro, galoneadas de oro y con
sus correspondientes insignias, se colocaron los huesos de Candamo --no
puede quien esto escribe precisar su nombre ni otros detalles--, obispo
de Milasa y gobernador de la Mitra de La Habana, y los del gobernador
Diego Antonio de Manrique, que llevaba 13 días en el poder cuando cayó
fulminado por el vómito mientras inspeccionaba las obras en
construcción de la fortaleza de La Cabaña. La fiebre amarilla, que no
respetaba fortunas, rangos ni dignidades, se lo llevó de cuajo para
convertirlo en uno de los nueve gobernadores que fallecieron en su
puesto.
De la capilla de la Casa de Beneficencia, donde estaban
depositados los restos, fueron conducidos en procesión al cementerio.
Eran las 4:30 de la tarde del 2 de febrero. Abría la marcha un piquete
de dragones y le seguían el cabildo eclesiástico y los restos del
Ilustrísimo Candamo. Dos regidores del Ayuntamiento y dos coroneles
llevaban las borlas de la caja del ex gobernador Manrique. Seguían el
Deán de la Catedral habanera, dignidades eclesiásticas, el obispo
Espada, representaciones de los cuerpos militares y políticos con sus
jefes, el Intendente de la Real Hacienda, el Comandante General del
Apostadero, el conde de Mompox y Jaruco y el Ayuntamiento habanero en
pleno. Cerraba la comitiva el marqués de Someruelos, gobernador
general de la Isla. Avanzaba detrás una compañía del Regimiento de San
Cristóbal, el llamado Fijo de La Habana.
En un catafalco colocado en el centro del cementerio se colocaron las
dos cajas. Espada, revestido de medio pontifical, bendijo el lugar y
enseguida músicos de la capilla de la Catedral interpretaron la pieza
compuesta para la ocasión. Se inhumaron los restos de Manrique en la
bóveda destinada a los gobernadores, y los de Candamo en la construida
para las dignidades eclesiásticas. A las siete de tarde terminó la
ceremonia con la retirada de la compañía del Fijo de La Habana. El
cementerio estaba profusamente iluminado con antorchas.
Zacatecas
Como cosa curiosa cabe decir que en el cementerio de Espada, en 1841,
se inhumó el primer cadáver que fue embalsamado en Cuba. Fue el de
Isabel Herrera de La Barrera, esposa del marqués de Almendares. La
embalsamó el gran médico habanero José Nicolás Gutiérrez, primer
cirujano de Cuba, fundador de la Academia de Ciencias.
Fue en 1844 cuando se estableció en La Habana el primer servicio de
las llamadas pompas fúnebres; carros o coches especiales que conducían
los ataúdes al cementerio. El servicio incluía al cochero y a varios
individuos que se encargaban de manipular el féretro y que vestían
uniformes de lacayos con profusión de galones dorados y sombreros de
tres picos. Eran los llamados zacatecas.
Los nichos que se construyeron en 1845 resultaron ineficaces para
responder al crecimiento de la población habanera. Se dispuso la
construcción de una nueva necrópolis y, por orden del capitán general
Arsenio Martínez Campos, el cementerio de Espada quedó clausurado
definitivamente el 3 de noviembre de 1878. Se habían efectuado allí
314 244 inhumaciones.
En 1908, el Gobierno interventor norteamericano dispuso la demolición
de esta necrópolis y el traslado a Colón de los restos que todavía
quedaban allí. Permanece en pie, entre edificaciones modernas de la
calle Aramburu, un pedazo de sus viejas paredes.
Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/
Chiusa la Settimana della Cultura Italiana, commiato a Tomás Milián
Dopo la chiusura della Settimana della Cultura Italiana, l'Ambasciata d'Italia, nella persona dell'Ambasciatore Carmine Robustelli ha offerto un cocktail di commiato alla manifestazione e di saluto all'ospite d'onore Tomás Milián che è stato al centro dell'attenzione degli invitati e ha voluto una foto ricordo col regista Giuspeppe Sansonna.
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