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sabato 26 aprile 2014
venerdì 25 aprile 2014
Il sigaro cubano più costoso
FONTE: T.T.C. - Travel Trade caribbean
Il sigaro cubano più costoso del mondo è in vendita in Francia
Posted by: Redazione TTC in Turismo giugno 7, 2013 0 839 Views
Sigaro cubano Behíke
Parigi -. Le delizie più costose dell’industria del sigaro cubano vendute in Francia sono i ‘Behike’ che misurano 20 pollici e sono accuratamente messi in una scatola di sicomoro rivestita di pelle e costano € 375 ciascuno.
Questi sigari, che sono anche i sigari più costosi del mondo, si vendono a Parigi per il prezzo di 15.000 euro la scatola.
Nel negozio La Civette da oltre tre secoli situato davanti al teatro la Comédie Française di Parigi, una delle cinque scatole destinate alla vendita in Francia aspetta il suo acquirente, “uno straniero”, assicura il negozio senza dare ulteriori dettagli.
Secondo una tabaccheria di Sarreguemines (est), tre appassionati di sigari hanno acquistato una delle cinque scatole contenenti 40 ‘Behike’. Behike era contemporaneamente lo strgone, il medico e il curatore degli indiani Taino di epoca pre-colombiana, ha detto l’agenzia di stampa francese AFP.
I sigari, che provengono dalla prestigiosa produzione El Laguito, a L’Avana, sono stati fabbricati nel 2005 partendo dalle foglie di tabacco da fiuto di 7-8 anni da Norma Fernandez, la più anziana dei dipendenti della fabbrica, ha detto il tabaccaio Hugues Leichtnam. Anche lui non vuole rivelare l’identità dei tre acquirenti: “Tutti della la regione Lorena (nord-est),” che fumeranno 375 € per ogni sigaro.
Gli umidificatori contenenti i sigari sono stati realizzati in cedro, sicomoro e ebano della Scozia e in pelle dalla casa parigina Elie Bleu.
giovedì 24 aprile 2014
Le vecchie barriere tra cubani si accorciano
Certo che il rapporto bilaterale è veramente unico...
FONTE: El Nuevo Herald
Se acortan las viejas barreras entre los cubanos
El flujo de viajeros entre ambas orillas del Estrecho de Florida -que separa las costas de Estados Unidos y Cuba- ha alcanzado un nivel récord, mientras la eliminación de trabas legales está favoreciendo el reencuentro de familias.
LYNNE SLADKY / AP
CARLOS BATISTA
AFP
LA HABANA -- El muro político que ha separado durante medio siglo a los cubanos de la isla y de Miami se está derrumbando bajo el triple efecto de las remesas familiares, los negocios privados y las flexibilidades migratorias, según señalan algunos estudios y analistas.
El flujo de viajeros entre ambas orillas del Estrecho de Florida -que separa las costas de Estados Unidos y Cuba- ha alcanzado un nivel récord, mientras la eliminación de trabas legales está favoreciendo el reencuentro de familias y estimulando negocios privados en la isla con capitales de parientes emigrados.
Cuba y Miami -donde vive un millón y medio de cubanos emigrados- “hoy tienen más relaciones de todo tipo que nunca antes”, dijo el ex diplomático y profesor universitario Carlos Alzugaray.
“El flujo monetario y humano es grande”, añadió Alzugaray.
El gobernante Raúl Castro abrió las pesadas puertas migratorias de Cuba en enero del 2013 y en agosto el gobierno de Barack Obama amplió las visas de turismo a los cubanos, otorgándoles por primera vez visados para visitas múltiples por cinco años.
La reforma migratoria, que eliminó los engorrosos permisos de salida de la isla, elevó los viajes de cubanos al exterior a 300,000 en el 2013, 40 por ciento más que en el 2012.
Washington concedió 19,500 visas de turismo a cubanos el último semestre, 27 por ciento más que en igual período del año anterior, y el 90 por ciento de ellas eran múltiples, según la Sección de Intereses de Estados Unidos en La Habana.
Además, entregó 11,250 visas para emigración definitiva, 12 por ciento más de lo estipulado en los acuerdos de 1994-1995 entre estos dos países que carecen de relaciones diplomáticas y viven enfrentados por disputas políticas desde hace más de 50 años.
También aumentaron los viajeros desde EEUU a Cuba, alcanzando un récord de 173,550 en el primer trimestre del 2014 (9 por ciento más que el trimestre anterior), según The Havana Consulting Group, de Miami.
Las reformas de Raúl Castro han dado impulso además a los negocios privados, que se han favorecido también por la decisión de Obama de eliminar las restricciones para que los cubanoamericanos envíen dinero a sus familias o visiten la isla.
“Se calcula que más del 50 por ciento de los nuevos negocios abiertos en Cuba cuentan con participación de una u otra manera de capital de familiares o amigos residentes en Estados Unidos”, dijo el analista Jorge de Armas, del grupo Cuban Americans for Engagement, de Miami.
Buena parte de los negocios privados son “paladares” (restaurantes); sólo en La Habana hay unos 400.
En el 2013 llegaron a Cuba $2,700 millones en remesas en efectivo, de ellas $2,500 millones desde EEUU, y una cantidad similar en especies (equipos electrónicos, electrodomésticos, muebles, ropa), según The Havana Consulting.
Las remesas familiares son ahora la segunda fuente de divisas de la isla, detrás de la exportación de servicios profesionales ($10,000 millones) y por encima del turismo ($2,500 millones).
Los viajes y el contacto con otras sociedades han permitido a muchos cubanos adquirir nuevas ideas y conocer otros estilos de vida.
La conjunción de viajes, remesas y negocios está permitiendo que coincidan por primera vez en medio siglo los intereses de los cubanos de ambas orillas del estrecho de Florida, según De Armas.
mercoledì 23 aprile 2014
Punto di vista - La Baia dei Porci
FONTE: TTC - Travel Trade Caribbean
Punto di vista. Baia dei Porci : Scopri il segreto meglio custodito a Cuba
Posted by: Redazione TTC in Ecoturismo gennaio 21, 2014 1 Comment 483 Views
Baia dei Porci, Cuba.
Joseph Frey, Speciale per The Globe and Mail
A chi serve una tuta da sub quando la temperatura della superficie dell’oceano è di 31 gradi centigradi e l’aria del mattino raggiunge i 30 gradi? Davanti a me si trovano le acque tranquille color turchese e blu profondo della Baia dei Porci di Cuba con la sua incredibile barriera sottomarina a 450 metri sotto la superficie. Sono due minuti di nuoto tranquillo dalla riva: una vera rarità. Devo solo guadare.
Questa regione di Cuba ha attirato la mia attenzione per la prima volta due anni fa, quando sono stato coinvolto in un progetto per mappare la biodiversità delle barriere coralline nel Parco Nazionale Marino di Punta Francés, sull’Isola della Gioventù.
Ci sono molti turisti lungo la costa meridionale e sottosviluppata di Cuba. Questa regione, con spiagge di sabbia sparse e la costa di calcare fatta di resti di barriere coralline preistoriche, è remota. Ma quanto più qualcosa è remoto più mi attira.
Questa volta sono qui solo per divertimento: una settimana di immersioni con mia moglie Diane. Dopo aver guidato per due ore da L’Avana, superiamo il villaggio Australia (la cui centrale zuccheriera era servita come quartiere generale a Fidel Castro durante l’invasione della Baia dei Porci nel 1961). Un’altra mezzora di strada e arriviamo a Playa Larga sulla costa orientale della baia, dove abbiamo affittato un alloggio presso una famiglia.
Dal momento in cui Raul Castro divenne presidente di Cuba nel 2008 il suo governo ha lentamente aperto l’economia, attraverso la legalizzazione di piccole imprese che possono essere aperte da cubani in 180 diverse occupazioni.
Una piccola classe di imprenditori sta emergendo, molti dei quali affittano camere ai turisti. La casa a due piani di chi ci ospita è moderna e confortevole, situata accanto ad una piccola baia che accoglie una flotta di piccole barche da pesca che riporta alla memoria il romanzo “Il vecchio e il mare” di Ernest Hemingway.
I sommozzatori che incontriamo alloggiano a Playa Girón, a 34 miglia a sud, dove si trova un ottimo hotel all-inclusive. Di solito provengono dall’Europa (Gran Bretagna, Paesi Bassi e, in misura minore, Italia e Spagna). La maggior parte dei giovani ciclisti, escursionisti e praticanti di snorkeling sono tedeschi, insieme a qualche brasiliano.
I nostri padroni di casa gestiscono un piccolo negozio di materiali per sub da casa, dove possiamo mantenere i nostri serbatoi di aria pieni mentre trascorriamo la settimana di immersione lungo la costa. Abbiamo iniziato a Cueva de los Peces, quasi a metà strada tra i due paesini. Attraverso le acque salate, limpide come il gin, splende il profondo fondale sabbioso. Riusciamo ad arrivare al corallo situato a circa cinque metri sotto la superficie.
Questi piccoli gruppi coralliferi sono una festa per gli occhi, con le loro varietà morbide e dure. Gorgonie comuni di colore viola oscillano da una parte all’altra al ritmo delle onde in superficie. Banchi di pesci a strisce gialle e nere passano al largo muovendosi all’unisono come soldati in una parata militare.
Piccoli branzini gialli, porpora e azzurri girano attorno al corallo. Un pesce pappagallo di un brillante verde acqua si alimenta delle alghe mentre un barracuda di grandi dimensioni nuota lentamente in distanza.
Appena a 100 metri dalla costa scendiamo lentamente a 12 metri e arriviamo al precipizio della barriera corallina che va oltre Playa Larga e Playa Girón. Oltre il bordo verso l’abisso, l’acqua è ancora sorprendentemente chiara.
Guardando in giù mentre rimango sospeso, come un colibrì, quello che vedo è incredibilmente affascinante. Non si prova la paura di cadere.
Strisciamo lentamente oltre il bordo della scogliera e scendiamo. Per quanto si può vedere, una parete di corallo piatto appare davanti a noi. Secondo Orlando Perera, il nostro amico e guida, in questa parte della Baia dei Porci se ne possono trovare fino a 17 varietà.
Questi sono coralli duri, con superfici più ampie per catturare la luce mentre il sole si muove sopra le scogliere. In acque più profonde, i coralli morbidi scompaiono rapidamente.
Troviamo granchi nelle fessure dei coralli e Diane scorge un delfino bianco sotto di noi. Si vede per un istante uno squalo dal muso bianco, che ben presto sparisce nel baratro. Durante la nostra salita vediamo splendide meduse a forma di luna che pulsano ritmicamente. Hanno una forma distintiva a forma di ferro di cavallo sulla loro campana. Personalmente le trovo molto attraenti ma è meglio godersele dalla dovuta distanza. Aggiustiamo la nostra rotta e diamo loro più spazio.
Le autorità locali hanno affondato piccole barche da pesca vicino al bordo del muro corallino per fornire un ulteriore elemento di attrazione, ma io sono più interessato a localizzare una conchiglia regina sul fondo del mare vicino agli scogli. Questi esemplari sono cacciati furtivamente nei Caraibi per il mollusco commestibile che si trova al loro interno e per le loro grandi e belle conchiglie rosa (poche sono ancora in vita: nei miei anni di immersioni mi è capitato di trovarle solo in acque cubane).
La mia migliore scoperta resta però Punta Partridge. Arriva a metà del nostro viaggio, a una decina di km a sud di Playa Larga. Una piccola spiaggia di sabbia circondata da una foresta con una costa in pietra calcarea. Bella e luminosa, in una mattina calma, senza onde, perfetta. Molto tranquilla.
Non si sentiva neppure il suono delle onde che si infrangevano sulla riva. Solo pochi uccelli tropicali rompevano il silenzio. Un particolare tono di turchese indicava le acque più basse, mentre il colore blu intenso indicava la presenza di teste di corallo e acque profonde al di là della barriera corallina sotto il mare. Sembrava una foto di Conde Nast per la copertina di una rivista. Perfetta.
Qualche consiglio su cosa consiglia di fare?
Vale certamente la pena familiarizzare un po’ con la famosa storia della regione. Nel villaggio di Australia, l’edificio dell’antica amministrazione della vecchia centrale zuccheriera è stato il quartiere generale di Fidel Castro durante l’invasione della Baia dei Porci nel 1961. I villaggi di Playa Larga e Playa Giron sono stati i principali luoghi dello sbarco. C’è anche un museo dedicato alle battaglie che qui hanno avuto luogo.
Il Parco Nazionale Ciénaga de Zapata confina con entrambe le città e contiene il più grande e diversificato ecosistema di zone umide dei Caraibi. Le sue meraviglie naturali sono rari lamantini, coccodrilli cubani in via di estinzione, più di 900 piante tipiche, 14 formazioni vegetali e oltre 200 specie diverse di uccelli, mammiferi e rettili.
Il Centro Ecologico situato tra Australia e Playa Larga, enfatizza la storia naturale della zona. La vicina Boca de Guamá è un centro per la riproduzione del coccodrillo cubano. Vale la pena visitare entrambi i posti, naturalmente.
A metà strada tra Playa Larga e Playa Giron c’è la Cueva de los Peces, una caverna di pietra calcarea sotterranea di acqua dolce.
Dove alloggiare? Il posto migliore per i sub è certamente Villa Playa Girón. Le strutture sono essenziali, ma offrono servizi per soddisfare le esigenze dei sommozzatori. Circa $ 65 a notte.
Potete anche arricchire culturalmente il vostro viaggio in modo alternativo alloggiando presso una famiglia cubana. Questi alloggi si possono prenotare attraverso Ecomar.
martedì 22 aprile 2014
Un triste mese di aprile
In questa metà di aprile del 2014 sono scomparse tre eminenti figure della cultura latinoamericana: il cantante portoricano "Cheo" Feliciano deceduto in un incidente stradale all'età di 78 anni, la cantante dominicana Sonia Silvestre mancata a 62 anni per una breve, ma fatale malattia e il più "grande", colui di cui hanno parlato fonti ben più autorevoli di questo spazio: Gabriel García Márquez, "Gabo" come veniva affettuosamente chiamato. E' stata per dirlo con parole sue, una "morte annunciata" da diverso tempo, il suo stato di salute era gravemente minato e purtroppo si trattava di aspettare il peggio, fino a che è giunto.
Nel giorno della sua scomparsa ero "isolato" mediaticamente e in ogni caso una notizia di tale portata sarebbe stata solo un granello di sabbia nell'informazione planetaria. Frugando in quello che resta del mio materiale non andato perduto, ho trovato queste due foto che lo ritraggono, volutamente sfocato, dal momento che il soggetto principale era il suo grande amico Fidel Castro. Le immagini si riferiscono all'inaugurazione della Scuola del Nuovo Cine Latinoamericano di San Antonio de los Baños, avvenuta nel dicembre del 1986, pochi giorni dopo di quella della nuova sede dell'omonima Fondazione che però esisteva già da un anno.
"Gabo" fu il presidente della Fondazione dalla sua creazione fino al giorno della morte, coadiuvato dall'onnipresente segretaria generale Alquimia Peña. La sua presenza era anche attiva nella scuola dove teneva seminari e lezioni ai futuri cineasti che non provengono solo dal continente, ma anche da Asia e Africa.
Sempre molto presente a Cuba, fino a che la salute glie lo ha consentito, qua ha dato sfogo alla sua passione per il cinema che ha sempre avuto. Lui stesso si definiva "cineasta frustrato". Aveva studiato a Roma, con Alfredo Guevara, Julio García Espinosa e Tomás Gutiérrez Aléa (Titón), fondatori in seguito dell'ICAIC (Instituto Cubano del Arte e Industria Cinematográfica). Durante il suo soggiorno romano, come corrispondente di un giornale colombiano, scrisse una memorabile cronaca del "caso Montesi", conosciuto anche come "il delitto di Capo Cotta", un giallo ancora non risolto, che appassionò l'opinione pubblica italiana negli anni '50 e inizio '60.
Da credere o non credere, di Ciro Bianchi Ross
Pubblicato su Juventud Rebelde del 20/4/14
Molti dei nostri lettori sicuramente ignoreranno che a Cuba si realizzò un esecuzione alla pena capitale, dove il reo è rimasto vivo e il boia invece è morto.
Fu un caso molto curioso che successe nella città di San Juan de los Remedios, il 29 gennaio del 1863.
Alle sei di mattina di questo giorno e andato alla garrota il nero Nicasio Flores, che avrebbe pagato con la sua vita l’omicidio che aveva commesso alcuni mesi prima. Seduto il reo sulla tragica sedia il boia, Victoriano Infante dette un giro completo alla vite dell’apparecchio e il condannato si contorse, ma non morì, in preda a spaventose convulsioni. Altri due giri dati alla vite della macchina per l’esecuzione, riuscirono solo a riempire d’orrore quanti assistevano all’esecuzione che chiesero a gran voce il perdono per il reo. Vedendo che questi rimaneva vivo e visto che il boia, spaventato da quello che stava succedendo, era caduto svenuto e senza conoscenza, si ordinò di sospendere l’esecuzione e si trasferì il boia, incoscente, all’infermeria del carcere, dove morì alcune ore dopo.
Il reo, protagonista di questo fatto emotivo, fu indultato il giorno seguente.
Archi di trionfo
Si sente parlare di archi di trionfo all’Avana, date l’affermazione per certa. Ci furono dalla colonia fino al 1952 quando, in occasione del cinquantenario della creazione della Repubblica, se ne eresse uno nel Paseo del Prado fra il parco Centrale e l’hotel Telégrafo.
Questo è l’ultimo di cui si ha testimonianza grafica. Dall’altro lato del Parco Centrale, nella piccola aiola sita tra la Manzana de Gómez e quello che poi sarebbe stato il Centro Asturiano (attuale Museo Nazionale) ce ne fu un altro nel 1909, dedicato a José Miguel Gómez, che accedeva alla presidenza del Paese, quando si recuperva la sovranità della nazione.
Per salutare l’arrivo al potere di Estrada Palma, il nostro primo presidente, ci furono diversi archi di trionfo nel Quartiere Cinese e nella calle O’ Reilly, di fronte alla stazione dei treni di Villanueva e in altri luoghi della città che già non sono identificabili dalle foto. Con uno di questi si rese omaggio al dittatore Gerardo Machado a Cienfuegos, quando si recò in quella città e lo si esecrò con un altro, dopo la sua caduta. Altri gli furono dedicati a Santa Clara, la sua città natale. Fra quelli che si ricordano, risultarono essere molto curiosi quelli che si eressero nella Carretera Central. Fra di essi uno al limite tra La Habana e Matanzas, per augurare buon viaggio a chi transitasse per la strada. Ce ne fu anche uno consacrato al sanguinario Valeriano Weyler, in Monte e Aguila...
Gli archi di trionfo sono un invenzione greca che i romani hanno sparso per il mondo. Caddero in disuso nel Medio Evo e napoleone li riprese durante il suo impero. Si erigevano per salutare una persona o celebrare determinati avvenimenti ed avevano carattere effimero. La prima costanza grafica che si ha di uno nell’Isola data dal 1878, a Santiago de Cuba. Si dedicò al capitano generale Arsenio Martínez Campos che aveva conseguito la pace del Zanjón.
Sepolture all’Avana
Le sepolture all’Avana, a metà del XIX secolo, attiravano l’attenzione per l’apparato di ostentazione col quale si tendevano i cadaveri nella casa ove erano morti.
Generalmente era nella sala, le cui finestre venivano spalancate, per esporre nel modo più pubblico possibile. Si preparava un catafalco sontuoso, composto da due parallelepipedi, da più grande a più piccolo sulla cui faccia superiore che in occasioni arrivava quasi al tetto, si collocava il feretro. Sei e fino a 12 moccoloni con candele di cera e altrettanti candelabri con candele più piccole, si collocavano attorno al tumulo, sul pavimento coperto con tappeti di color bianco e nero. Le candele rimanevano accese fino alla sepoltura. Nei più lussuosi si chiudeva il feretro in una teca vetro e si adornavano le pareti con tende nere. Il trasporto del cadavere al cimitero di Espada si faceva con carri funebri trainati da sei e fino a otto coppie di cavalli adornati con vistosi pennacchi gialli e neri. Accompagnavano il carro da sei a 24 inservienti bianchi, vestiti con livrea di color nero, erano quelli che caricavano il feretro per collocarlo nella fossa. Questi accompagnatori, sostituirono gli antichi zacatechi che erano dei negri vestiti con casacche fuori dal comune, con livrea di color rosso, calzoni corti scarpe basse con fibbia e cappelli “al tre”, vale a dire con tre punte.
Il lutto non si fermava solo ai vestiti, Le finestre che davano alla strada rimanevano chiuse per sei mesi successivi i qudri, le fioriere e gli altri oggetti che adornavano i ripiani principali erano foderati con teli di color bianco.
Nell’abito di lutto rigoroso, gli uomini non potevano usare gilet di seta né casacca di panno. Tutti gli indumenti erano di stoffa o altro genere di seta o lana, ma senza luccichio,e questo rendeva necessario il triste lavoro di preparare il lutto, ancora col malato in vita. Le donne non potevano usare spille né ornamenti d’oro o pietre preziose. Alla metà del lutto entrava il colore violetto oltre al bianco.
Il lutto per i genitori durava due anni; quello dei fratelli uno e quello per la vedovanza, tutta la vita.
Il lusso del bagno
Nelle ultime decadi del XIX secolo, l’Avana non poteva vantare di un hotel di prima categoria, allo stile nordamericano.
Il primo di questo tipo fu l’hotel Santa Isabel. Il suo imprenditore fu il colonnello Lay, nordamericano. Lo situò in un edificio sito al lato del Templete, nella Plaza de Armas e poco dopo conseguì quello che fu il palazzo del Conte di Santovenia.
L’hotel Santa Isabel si concepì come il migliore della città. Camere grandi e ariose. Servizio di pasti. Con il vantaggio che le signore che vi alloggiavano, erano servite da persone del loro sesso; questo era servizio di cameriera, qualcosa ancora sconosciuto a Cuba. Si parlava inglese.
Già in quel momento, gli alberghi principali e molte pensioni disponevano di quello che si chiamava “il lusso del bagno”. Negli alberghi e case d’affitto di categoria inferiore si informavano gli ospiti circa i bagni pubblici che potevano frequentare al prezzo di 30 centesimi.
I letti degli alberghi, anche quelli di prima categoria, erano duri e in poche installazioni si disponeva di materassi. Generalmente erano dei teli coperti da uno strato di filo. I cuscini erano di cotone grezzo o altre fibre vegetali. Si diceva che questi giacigli si ispiravano al nostro clima per essere molto più freschi che i materassi a molle che si usavano già negli Stati Uniti.
I migliori alberghi avevano tariffe che oscillavano tra i tre e i cinque pesos al giorno con cena, compreso o no il vino. In alcuni, il vino (catalano o domestico)nera compreso nel prezzo del servizio. Gli alberghi di categoria inferiore costavano due pesos al giorno,
C’erano pensioni confortevoli e con prezzi modici: da 35 a 50 pesos al mese per camere con due pasti al giorno. Inoltre si affittavano camere ammobiliate in case private per un prezzo di 30 pesos mensili, compresa la prima colazione.
Buoi nel Prado
In quello che oggi è il parco América Arias – di fronte al memorial Granma – era installata la stazione della ferrovia urbana, i cui treni trasportavano i passeggeri fino al Vedado. Dove poi si costruì l’hotel Sevilla, c’era un magazzino di legname. Tre di questi opifici si affacciavano al Paseo del prado e per questa stessa strada facevano uscire le loro merci in carrette tirate da buoi.
In questa epoca, l’Obitorio dell’Avana – quello che oggi sarebbe l’Istituto di Medicina Legale – si trovava in Zulueta angolo Carcel e da li si entrava anche ai fossati municipali.
Nell’Obitorio, durante la Guerra d’Indipendenza, si vegliarono i resti del colonnello mambí Nestor Aranguren e, nel 1906, quelli del generale Quintín Banderas, morto durante la cosiddetta “Piccola Guerra” di agosto che i liberali capeggiarono contro il presidente Tomás Estrada Palma.
In quest’epoca i vestiti da uomo, di alpaca nera e azzura, si vendevano a 16.80 pesos spagnoli oro, e quelli di dril bianco a 8,50 pesos oro, mentre un ristorante del Paseo del Prado offriva un menù composto da consommé, uova alla turca, filetto di pargo alla griglia, rognone trifolato, frutta varia, pane e caffé, per 80 centesimi.
In questa data non esisteva ancora la moneta cubana e nel Paese circolavano le monete americana, spagnola e francese. Un “centinaio” spagnolo era equivalente a 5,63 pesos d’argento, mentre il luis francese a 4,51, più o meno, ebbene bisognava aggiornarsi col cambio del giorno che si pubblicava nei giornali.
Numeretti
La Guida dei forestieri del 1821 riporta che durante l’anno precedente entrarono ai mercati avaneri 10132 bestie da soma con frutta, ortaggi e verdure. Anche oltre mille cavalli con carbone di legna e altri 1162 con canna per spremute. Quasi 500 cavalli trasportarono due barili di grappa ciascuno; 285 otto taniche di latte, ognuno dei 120 cavalli trasportò due grosse di uova e 326 due quarti di carne bovina...
Il Quadro statistico del 1829 riporta che due anni prima entrarono al porto avanero 1053 bastimenti. Di questi, solo 57 erano spagnoli. Arrivarono 785 navi statunitensi. Settantuno britannici, 48 francesi, 24 olandesi, 21 danesi e 14 tedeschi, fra altri di bandiera diversa. Entrarono anche due navi russe.
Nel 1827, il Censo contò 1560 carrozze e 352 calessi nel perimetro compreso tra le mura dell’Avana. 624 e 115, rispettivamente di questi veicoli, fuori da queste muraglie. Di questa cifra, dice Pérez de la Riva, si evince che c’era una carrozza ogni 24 avaneri bianchi. Vent’anni dopo, con 2830 carrozze registrate, le proprozioni erano di una ogni 20 abitanti.
Nel 1899, all’Avana, funzionavano 1400 case di tolleranza, delle quali solo 462 erano registrate.
Créalo o no lo crea
Ciro Bianchi Ross * digital@juventudrebelde.cu
19 de Abril del 2014 19:01:25 CDT
Muchos de nuestros lectores ignorarán seguramente que en Cuba se
realizó una ejecución de pena capital, donde el reo quedó con vida y
muerto el verdugo.
Fue un caso muy curioso que ocurrió en la ciudad de San Juan de los
Remedios, el 29 de enero del año 1863.
A las seis de la mañana de ese día subió al garrote el moreno Nicasio
Flores, que iba a pagar con su vida el asesinato que meses antes había
cometido. Colocado el reo en la silla trágica, el verdugo Victoriano
Infante dio una vuelta completa al tornillo del aparato y se retorció
el reo, sin morir, en espantosas convulsiones. Dos vueltas más dadas
al tornillo de la máquina patibularia solo lograron llenar de horror a
cuantos presenciaban la ejecución, quienes a grandes voces pidieron el
perdón para el reo. Viéndose que este permanecía con vida, y en vista
de que el verdugo espantado por lo que ocurría, había caído desplomado
y sin conocimiento, se ordenó suspender la ejecución y se trasladó al
verdugo, inconsciente, para la enfermería de la cárcel, donde falleció
horas después.
El reo, protagonista de este emocionante suceso, fue indultado al siguiente día.
Arcos de triunfo
Si oye hablar de arcos de triunfo en La Habana, dé la afirmación por
cierta. Los hubo desde la Colonia hasta 1952, cuando, en ocasión del
cincuentenario de la instauración de la República, se erigió uno en el
Paseo del Prado, entre el Parque Central y el hotel Telégrafo.
Ese es el último del que se tiene testimonio gráfico. Del otro lado
del Parque Central, en la pequeña plazoleta situada entre la Manzana
de Gómez y lo que sería después el Centro Asturiano (actual Museo
Nacional) hubo otro en 1909, dedicado a José Miguel Gómez, quien
accedía a la presidencia del país, con lo que se recuperaba la
soberanía de la nación.
Para saludar la llegada al poder de Estrada Palma, nuestro primer
presidente, hubo sendos arcos de triunfo en el Barrio Chino y en la
calle O'Reilly, frente a la estación de trenes de Villanueva, y en
otros lugares de la ciudad que ya no son posibles de identificar en
las fotos. Con uno de estos se rindió homenaje al dictador Gerardo
Machado en Cienfuegos, cuando acudió a esa ciudad, y se le execró con
otro tras su caída. Otros se le dedicaron en Santa Clara, su ciudad
natal. Entre los que se recuerdan, resultan muy curiosos los que se
emplazaron en la Carretera Central. Entre esos, uno, en el límite
entre La Habana y Matanzas, para desear buen viaje a los que
transitaban la vía. Hubo también otro consagrado al sanguinario
Valeriano Weyler, en Monte y Águila...
Los arcos de triunfo son un invento griego que los romanos expandieron
por el mundo. Cayeron en desuso en la Edad Media y Napoleón los retomó
bajo su reinado. Se erigían para saludar a una persona o celebrar
determinados acontecimientos y tenían un carácter efímero. La primera
constancia gráfica que se tiene de uno en la Isla data de 1878, en
Santiago de Cuba. Se dedicó al capitán general Arsenio Martínez
Campos, que había conseguido la paz del Zanjón.
Entierros en La Habana
Los entierros en La Habana, a mediados del siglo XIX, llamaban la
atención por el aparato ostentoso con que se tendían los cadáveres en
la casa mortuoria.
Era generalmente en la sala, cuyas ventanas se abrían de par en par,
para dar a la exposición toda la publicidad posible. Se levantaba un
catafalco suntuoso, compuesto de dos paralelepípedos, de mayor a
menor, en cuya cara superior, que en ocasiones llegaba casi al techo,
se colocaba el féretro. Seis y hasta 12 grandes blandones, con velas
de cera y otros tantos candeleros con velas menores, se colocaban
alrededor del túmulo, sobre el pavimento cubierto con alfombras de
color blanco y negro. Las velas estaban encendidas hasta que salía el
entierro. En los más lujosos se encerraba el féretro en una urna de
cristal y se tapizaban las paredes con cortinas negras. La conducción
del cadáver al cementerio de Espada, se hacía en coches mortuorios,
tirados por seis y hasta ocho parejas de caballos, enmantados y con
vistosos penachos amarillos y negros. Acompañaban al carro de seis a
24 sirvientes blancos, vestidos con libreas de color negro, los que
cargaban el féretro para colocarlo y bajarlo a la fosa. Estos
acompañantes, reemplazaron a los antiguos zacatecas, que eran unos
negros vestidos con descomunales casacas de librea de color rojo,
calzón corto, zapatos bajos con hebillas y sombreros <
decir, de tres picos.
El luto no se ceñía solo a los vestidos. Las ventanas que daban a la
calle permanecían cerradas durante seis meses consecutivos y los
cuadros, los floreros y demás objetos de adorno del estrado principal
eran forrados con lienzos de color blanco.
En el vestido de luto riguroso no podían los hombres usar chaleco de
seda ni casaca de paño. Toda la ropa era de alepín u otro género de
seda o lana, pero sin brillo, lo que hacía necesario el triste recurso
de preparar el luto cuando el enfermo aún vivía. Las mujeres no podían
usar encajes, ni ningún adorno de oro o piedras. En los medios lutos,
entraba el color morado, a más del blanco.
El luto de padre duraba dos años; el de hermano uno y el de viudez toda la vida.
El lujo del baño
En las últimas décadas del siglo XIX, La Habana no podía
enorgullecerse de un hotel de primera clase, al estilo norteamericano.
El primero de ese tipo fue el hotel Santa Isabel. Su empresario fue el
coronel Lay, norteamericano. Lo estableció en un edificio situado al
lado de El Templete, en la Plaza de Armas, y poco después conseguía lo
que fue el palacio del Conde de Santovenia.
El hotel Santa Isabel se conceptuó como el mejor de la ciudad.
Habitaciones grandes y aireadas. Servicio de comidas. Con la ventaja
de que allí las señoras que se alojaban eran atendidas por personas de
su sexo; esto es, servicio de camareras, algo desconocido todavía en
Cuba. Se hablaba inglés.
Ya en aquel momento los hoteles principales y muchas casas de
huéspedes disponían de lo que se llamaba <
hoteles y casas de alquiler de inferior categoría se daba información
a los huéspedes sobre los establecimientos públicos donde podrían
bañarse al precio de unos 30 centavos.
Las camas de los hoteles, incluso los de primera clase, eran duras y
en pocas instalaciones se disponía de colchones. Eran por lo general
un simple bastidor de tela cubierto por una sábana de hilo. Las
almohadas eran de algodón en rama o fibras de miraguano. Se decía que
esos bastidores se inspiraban en nuestro clima por ser mucho más
frescos que los colchones de muelles que se usaban ya en Estados
Unidos.
Los mejores hoteles tenían tarifas que oscilaban entre los tres y los
cinco pesos al día, con comida, con vino o sin este. En algunos el
vino (catalán y del país) estaba incluido en el precio del servicio.
Los hoteles de inferior categoría cobraban dos pesos/día.
Había casas de huéspedes, confortables y con precios moderados: De 35
a 50 pesos al mes por habitación con dos comidas al día. Se alquilaban
además habitaciones amuebladas en casas de familia por un precio de 30
pesos mensuales, que incluía el desayuno.
Bueyes en el Prado
En lo que hoy es el parque América Arias --frente al Memorial Granma--
estuvo instalada la estación del ferrocarril urbano, cuyos trenes
transportaban pasajeros hasta el Vedado. Donde después se construyó el
hotel Sevilla, hubo un almacén de madera. Tres de esos
establecimientos se asentaban sobre el Paseo del Prado y por esa misma
calle sacaban su mercancía en carretas tiradas por bueyes.
En esa época el Necrocomio de La Habana --lo que hoy sería el Instituto
de Medicina Legal-- se hallaba en la esquina de Zulueta y Cárcel y por
ahí se entraba también a los fosos municipales.
En el Necrocomio, durante la Guerra de Independencia, se velaron los
restos del coronel mambí Néstor Aranguren, y en 1906 los del general
Quintín Banderas, muerto durante la llamada Guerrita de agosto que
encabezaron los liberales contra el presidente Tomás Estrada Palma.
En esa época los trajes para caballeros, de alpaca negra y azul, se
vendían en 16,80 pesos oro español, y los de dril blanco en 8,50 pesos
oro, mientras que un restaurante del Paseo del Prado ofrecía un menú
compuesto por consomé, huevos a la turca, filete de pargo gratinado,
riñones furbilete, frutas varias, pan y café, por 80 centavos.
En esa fecha no existía aún la moneda cubana y circulaban en el país
las monedas norteamericana, española y francesa. Un centén español
equivalía a 5,63 pesos plata, en tanto que el luis francés a 4,51, más
o menos, pues había que estar al tanto del cambio del día, que se
publicaba en los periódicos.
Numeritos
Reporta la Guía de forasteros de 1821 que durante el año anterior
entraron a los mercados habaneros 10 132 bestias de carga con frutas,
viandas y verduras. También más de mil caballos con carbón de madera y
otros 1 162 con cañas para las pulperías. Casi 500 caballos movieron
dos barriles de aguardiente cada uno; 285, ocho botijas de leche, cada
uno de 120 caballos transportó dos jabucos de huevos y 326 dos bandas
de carne de res...
Reporta el Cuadro estadístico de 1829 que dos años antes entraron al
puerto habanero 1 053 buques. De estos, solo 57 eran españoles.
Arribaron 785 barcos estadounidenses. Setenta y uno británicos, 48
franceses, 24 holandeses, 21 daneses y 14 alemanes, entre otros de
banderas diversas. Entraron asimismo dos barcos rusos.
También en 1827, el Censo enumeró 1 560 volantas y 352 quitrines en el
perímetro amurallado de La Habana, y 624 y 115 de esos vehículos
respectivamente fuera de las murallas. De esa cifra, dice Pérez de la
Riva, se desprende que había un carruaje por cada 24 habaneros
blancos. Veinte años después, con 2 830 coches registrados, la
proporción era de un vehículo por 20 habitantes.
En 1899 funcionaban en La Habana 1 400 casas de tolerancia, de las
cuales solo 462 se encontraban registradas.
Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
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