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lunedì 11 agosto 2014

Tropicana verso i suoi 75, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud rebelde del 10/8/14

Per incredibile che sembri, la caserma dei pompieri di Magoon, nella calle Zulueta, mancava di acqua e i carri-pompa dovevano prenderla da un idrante sito nelle vicinanze del cine Payret.
Il 20 maggio del 1925 prendeva fuoco l’edificio che ospitavail Circolo del Partito Liberale. I pompieri non poterono soffocare le fiamme e l’immobile fu ridotto a una rovina, nonostante il circolo si trovasse proprio di fronte alla caserma. Fu un cattivo presagio. In questo giorno il Partito Liberale tornava al potere nella persona del generale Gerardo Machado, che alle 12 del mezzodí accedeva alla presidenza della Repubblica e quell’incendio anticipò quello che sarebbe caduto sul Paese.
Lo scriba porta ad esempio questo fatto perché lì c’è il precedente più remoto del cabarte Tropicana. In effetti, l’italo-brasiliano Víctor de Correa, che gestiva centri notturni a Panama, volle allestire un cabaret all’aperto all’Avana e per farlo scelse le rovine dell’antica installazione dei liberali. Il nuovo esercizio si chiamò Eden Concert e fece epoca nella decade del ’30 coi suoi grandi spettacoli. Alcuni dei suoi artisti non tardarono a convertirsi in figure internazionali. Così fu il caso di Rita Conde, una vedette di 17 anni d’età, che Correa lanciò alla fama e le spianò il cammino di Hollywood.
Correa dimostrò, nell’Eden Concert, la sua perizia nell’allestimento di spettacoli nel presentare, nel medesimo cuore dell’Avana, produzioni realmente favolose per quei tempi. Amava con esaltazione devota i suoi artisti e li sceglieva con esito positivo. Nella sua pista promosse celebrità...scriveva Carlos M. Palma nella sua imprescindibile rivista Show.
Lo accompagnavano nell’impresa sua moglie, Teresita de España danzatrice di “copla” e prima ballerina; il direttore d’orchestra Alfredo Brito e il coreografo Sergio Orta. I tre lo assecondarono nell’avventura del Tropicana, però né Brito né Orta rimasero molti anni nel cabaret. Brito che era un musicista quotato si reca in Europa,  fonda l’Orchestra Siboney e assume col tempo la direzione musicale di Telemundo-Canal 2. Anche Orta va in Europa. Lavora in Spagna e Italia. Torna nel 1956 per lavorare come coreografo nel cabaret Montmartre. Poi torna in Europa, probabilmente quando chiudono questo centro notturno come conseguenza dell’attentato in cui perde la vita il tenente colonnello Antonio Blanco Rico, capo del Servizio d’Intelligenza Militare (SIM) della dittatura di Batista. Torna dopo la vittoria della Rivoluzione, già negli anni ’60 avanzati. Arriva eccessivamente grasso. Pesa circa 500 libbre (circa 250 kg, n.d.t.) nell’ospedala Dieci di Ottobre (Dependientes) lo sottomettono a una cura dimagrante che risulta efficace, ma un cancro finirà la resa dei conti.

Diverso e sensazionale

A Marianao, all’altezza della calle 72, c’era una tenuta di svago di proprietà di Regino Du Rapaire Truffin. La battezzò Villa Mina in onore a sua moglie, Nieves Altuzarra Pérez Chaumont. Erano persone dell’alta società. Truffin, nato a Cuba da padre francese, fu console di Russia all’Avana, presidente della Cuban Sugar Corporation e dell’Havana Yacht Club. Le figlie della coppia erano sposate, una con Clemente Vázquez Bello, presidente del Senato della Repubblica ai tempi di Machado e che sarebbe vittima di un attentato nel 1932 e l’altra col milionario Tirso Mesa. Truffin morì attorno al 1925 e anni  dopo, Mina contrasse nuovamente matrimonio con un senatore nordamericano, ma tornò immediatamente ad essere vedova: l’uomo morì durante la stessa notte di nozze. È allora che decide di affittare la tenuta di poco più di due ettari.
Víctor de Correa voleva uscire dall’Avana e cercava un posto ritirato per lanciarsi in un’avventura “diversa, nuova e sensazionale”. Visitò la tenuta e gli piacque la grande magione circondata di un meraviglios bosco tropicale; il posto ideale da convertire in un oasi del piacere e del gioco. Non ci pensò due volte e giunse a un accordo con la proprietaria che gli affittò l’insieme per cento pesos mensili e con la preghiera che rispettasse la vegetazione. A questo punto, si dice, Correa era solo la testa visibile dell’affare: attuava come testa di legno di due nordamericani che non mettevano la faccia e che erano in realtà quelli che decidevano.
Alcuni dicono che il cabaret, inaugurato la notte di San Silvestro del 1939 si chiamò, all’inizio, Boite de Nuit. Una vecchia dipendente assicurava di aver visto nel Registro delle Licenze Fiscali, l’iscrizione del cabaret come Tropicals Night Club, ma questo documento non si è potuto trovare. Il nome di Tropicana – si dice – è idea di Alfredo Brito che, a richiesta di Correa, scrisse una melodia con questo titolo che servisse da apertura. Ma non è nemmeno certo. Qualcuno vicino al musicista affermò che Tropicana è il nome di una produzione che si montò nell’Eden Concert – naturalmente con musica di Brito – e che fu Orta, il coreografo, che lo suggerì come nome per il cabaret di Marianao.

Appare Martin Fox

Martin Fox era un allibratore nella sua natía Ciego de Ávila. Gli fu proficuo il gioco del lotto clandestino e ascese da birbante a banchiere. Allora, otteneva il grosso dei benefici, ma correva il maggiore dei rischi. Si riparò da tutti i temporali e non tardò a convertirsi nel maggior gestore di lotto clandestino della regione. La sua “banca” nella calle Independencia, l’arteria commerciale principale della città, era frequentata da gente di tutti i ceti sociali che puntavano sulle ruote o compravano biglietti della Lotteria Nazionale. Giunse ad essere tanto popolare che avrebbe potuto aspirare alla poltrona di sindaco avileño, ma preferì installarsi all’Avana. Qua cominciò ad essere conosciuto come “el Guajiro” (il contadino, n.d.t.). Forse volevano offenderlo col soprannome, ma Fox lo gradì perché un soprannome risultava conveniente nel pericoloso terreno in cui si muoveva. Per creare difficoltà alla Polizia affinché non vi mettessero le mani, non dette alla sua “banca” una ubicazione fissa. Si muoveva continuamente e non tardò a controllare il lotto clandestino in Centro Avana ed a farsi padrone di una serie di bische.
Nel 1943 si sentì sufficientemente forte per acquisire una partecipazione nel Tropicana, aperto allora a concessionari individuali. Affittò due tavoli nel casinò, una di chemìn e una di baccarat. La II Guerra Mondiale aveva provocato la diminuzione della corrente turistica verso l’Isola. I 126.000 visitatori del 1941, si ridussero a 12.500 nel 1943. La situazione del casinò del Tropicana non era brillante, ma a Martin Fox non importò. Per il momento si accontentava con quello che aveva raggiunto e, abile com’era, era riuscito a farsi una clientela fedele per quei due tavoli che, nonostante il calo turistico, gli riportavano guadagni decenti.
Victor de Correa, in cambio, non si sentiva per niente contento con l’andazzo del centro notturno. Un pomeriggi, schiacciato dai debiti e le stoccate degli ufficiali di Polizia e dell’Esercito che pagava perché dessero protezione al cabaret, decise di vendere a Fox la concessione del casinò per 7000 pesos. L’astuto avileño accettò l’offerta. Col passare del tempo comprò il terreno alla sua proprietaria, mentre Victor de Correa rimaneva padrone del cabaret.
Ciò che segue è una storia confusa, non chiara del tutto, compreso per quelli che la conobbero nel suo momento. Il cronista Rafael Lam la riferisce nel suo libro sul Tropicana; ma anche così, allo scriba non restano chiari i suoi dettagli.
Secondo Lam, De Correa decide di giocare un brutto tiro a Fox, col quale è sempre in debito. Entra in contatto con Rolando Masferrer e al riparo delle mitragliatrici dei suoi gangsters si porta via dal Tropicana l’importo incassato nei dieci giorni precedenti. Fox non rimana con le braccia conserte e ripaga con la stessa moneta, mitragiatrici comprese. C’è uns contro di treni, Fox quindi decide di impadronirsi del cabaret a fronte dei 92000 pesos che Correa gli deve. Vinse il più forte e Correa rimase liquidato.

Tornano le vacche grasse

Los criba lo dice senza giri di parole. Fu Martin Fox che fece grande il Tropicana. Non è fino al 1950 che Fox si converte nell’unico proprietario del locale. Già nel 1949 l’antico tenutario di lotterie clandestine di Ciego de Ávila era un potente.
Fox decide allora di modificare il cabaret. Per quello contratta lo studio di architetti di Max Borges e figlio. Il Tropicana si trasforma. Si creano le passarelle aeree che permettono alle ballerine di evoluzionare fra le fronde degli alberi. Si costruisce il salone Arcos de Cristal. Si migliora e abbellisce il salone Bajo las Estrellas. Max Borges figlio – Maxito – ottiene per questo lavoro la Medaglia d’Oro del Collegio degli Architetti nel 1953.
Dal 1949 le vacche grasse tornano al Tropicana. Si gioca alla grande nel centro notturno. Perfino nel parcheggio si collocano macchinette mangiasoldi e tombole per togliere i soldi agli autisti mentre aspettano i loro padroni. Nel 1954 si amplia il casinò e el Salón Dorado, aperto le 24 ore, si converte in un luogo popolare nel quale si può entrare in maniche di camicia. Funziona anche una banco di lotteria che segue i risultati della lotteria di Miami.
Una parte dei guadagniva a finire nelle mani del capo della Polizia del distretto. Ma Martin Fox vola alto. Ha due grandi protettori, i quali beneficia con larghezza: il colonnello, poi generale roberto Fernández Miranda, cognato di Batista e il colonnello Orlando Piedra, capo dell’Ufficio d’Investifazioni della Polizia Nazionale, l’uomo a cui Batista affida la sua sicurezza. Al dittatore Fox invia, tramite Miranda, 10000 pesos alla settimana.
Rimaneva fuori dagli dalla spartizione degli utili il tenente colonnello Blanco Rico. Un pomeriggio, cercando la sua fetta, il capo dell’intelligenza dell’Esercito giunse al El Dorado, mise i dipendenti e i clienti contro il muro e addusse che quel locale non faceva parte del Tropicana. Tutto si risolse in famiglia e Fox decise di far unire i due edifici con un soffitto a forma di ombrello.
E Correa?
Diceva Armando Romeu, direttore dell’orchestra del Tropicana: Correa non poté sopportare il dolore di perdere tutto, specialmente il cabaret, frutto di annis di sforzo. Non poté superare il colpo né la forma rude con la quale Fox piazzò le mitragliatrici per farlo saltare in aria, con cabaret e tutto.
Correa si trasformò in rappresentante de Los Chavales de España. È la prima orchestra spagnola che attuò negli Stati Uniti, nel Waldorf Astoria, il più quotato albergo di New York, allora. Però –scrive Carlos M. Palma – “le disillusioni e la perdita del Tropicana avevano già lacerato il suo cuore e muore a Napoli, quando albergava la speranza di portare a Cuba le Folies Bergéres di Parigi”.

Tropicana camino de sus 75

Ciro Bianchi Ross * 
digital@juventudrebelde.cu
9 de Agosto del 2014 19:11:45 CDT

Por increíble que parezca, el cuartel de bomberos de Magoon, en la
calle Zulueta, carecía de agua y los carros-bomba debían tomarla de un
hidrante situado en las inmediaciones del cine Payret.
El 20 de mayo de 1925 cogía candela el edificio que albergaba el
Círculo del Partido Liberal. Los bomberos no pudieron sofocar las
llamas y el inmueble quedó reducido a ruinas, pese a que el Círculo se
ubicaba frente por frente al cuartel. Fue un mal augurio. Ese día el
Partido Liberal volvía al poder en la persona del general Gerardo
Machado, que a las 12 meridiano accedía a la presidencia de la
República, y aquel incendio anticipó lo que al país se le venía
encima.
El escribidor trae ese hecho a colación porque ahí está el antecedente
más remoto del cabaré Tropicana. En efecto, el ítalo-brasileño Víctor
de Correa, que regenteara centros nocturnos en Panamá, quiso montar un
cabaré al aire libre en La Habana y para hacerlo escogió las ruinas de
la antigua instalación de los liberales. El nuevo establecimiento se
llamó Eden Concert e hizo época, en la década de los 30, con sus
grandes espectáculos. Algunos de sus artistas no demoraron en
convertirse en figuras internacionales. Tal fue el caso de Rita Conde,
una vedette de 17 años de edad, a quien Correa lanzó a la fama y
allanó el camino de Hollywood.
Correa demostró en el Eden Concert su pericia en el montaje de
espectáculos al presentar, en el mismo corazón de La Habana,
producciones realmente fabulosas para aquellos tiempos. Amaba con
exaltación devota a sus artistas y los seleccionaba con positivo
acierto. En su pista promovió celebridades..., escribía Carlos M. Palma
en su imprescindible revista Show.
Lo acompañaban en la empresa su esposa, Teresita de España, cupletera
y primera bailarina; el director de orquesta Alfredo Brito y el
coreógrafo Sergio Orta. Los tres lo secundarían en la aventura de
Tropicana, pero ni Brito ni Orta permanecerían muchos años en el nuevo
cabaré. Brito, que era un músico cotizado, viaja a Europa, forma la
orquesta Siboney y asume con el tiempo la dirección musical de Tele
Mundo-Canal 2. Orta también se va a Europa. Trabaja en España y en
Italia. Regresa en 1956 para trabajar como coreógrafo en el cabaré
Montmartre. Luego vuelve a irse a Europa, posiblemente cuando cierran
ese centro nocturno como consecuencia del atentado en que pierde la
vida el teniente coronel Antonio Blanco Rico, jefe del Servicio de
Inteligencia Militar (SIM) de la dictadura de Batista. Regresa después
del triunfo de la Revolución, avanzados ya los años 60. Viene
excesivamente gordo. Pesa unas 500 libras. En el Hospital Diez de
Octubre (Dependientes) lo someten a una cura de adelgazamiento que
resulta exitosa, pero un cáncer termina pasándole la cuenta.

Diferente y sensacional

En Marianao, a la altura de la calle 72, había una finca de recreo
propiedad de Regino Du Rapaire Truffin. La bautizó Villa Mina en honor
de su esposa, Nieves Altuzarra Pérez Chaumont. Eran personas de la
alta sociedad. Truffin, nacido en Cuba de padre francés, fue cónsul de
Rusia en La Habana y presidente de la Cuban Sugar Corporation y del
Havana Yacht Club. Las hijas del matrimonio estaban casadas, una con
Clemente Vázquez Bello, presidente del Senado de la República en
tiempos de Machado y que sería víctima de un atentado en 1932, y la
otra con el millonario Tirso Mesa. Truffin murió alrededor de 1925, y
años después Mina contrajo matrimonio otra vez con un senador
norteamericano, pero volvió a enviudar enseguida: el hombre falleció
durante la misma noche de bodas. Es entonces que decide arrendar la
finca de algo más de dos hectáreas.
Víctor de Correa quería salirse de La Habana y buscaba un lugar
retirado para lanzarse de lleno a una aventura <<diferente, novedosa y
sensacional>>. Visitó la finca y le gustó la gran mansión rodeada de un
bosque tropical de maravilla; el sitio ideal para convertirlo en un
oasis del placer y del juego. No lo pensó dos veces y entró en arreglo
con la propietaria, que le alquiló el predio por cien pesos mensuales
y con el ruego de que respetara la vegetación. A esa altura, se dice,
De Correa era solo la cabeza visible del negocio: actuaba como
testaferro de dos norteamericanos que no daban la cara y que eran en
verdad los que decidían.
Dicen algunos que el cabaré, inaugurado en la noche de San Silvestre
de 1939, se llamó en sus inicios Boite de Nuit. Una antigua empleada
aseguraba haber visto en el Registro de la Patente Fiscal la
inscripción del cabaré como Tropicals Night Club, pero ese documento
no se ha localizado. El nombre de Tropicana --se afirma-- es idea de
Alfredo Brito que, a pedido de Correa, escribió una melodía con ese
título para que sirviera de opening. Pero eso tampoco es seguro, pues
alguien muy cercano al músico afirmó que Tropicana es el nombre de una
producción que se montó en el Eden Concert
--con música de Brito, por supuesto-- y que fue Orta, el coreógrafo,
quien lo sugirió como nombre para el cabaré de Marianao.

Aparece Martín Fox

Martín Fox era un apuntador de terminales en su natal Ciego de Ávila.
Le fue bien en el negocio de la bolita y ascendió de listero a
banquero. Obtenía entonces el grueso de los beneficios, pero corría
los mayores riesgos. Capeó todos los temporales y no demoró en
convertirse en el mayor bolitero de la región. Su <<banco>>, en la calle
Independencia, la principal arteria comercial de la ciudad, era
frecuentado por gente de todos los sectores sociales que apostaban a
la bola o compraban billetes de la Lotería Nacional. Llegó a ser tan
popular que pudo haber aspirado a la alcaldía avileña, pero prefirió
instalarse en La Habana. Aquí empezó a ser conocido como el Guajiro.
Quizá quisieron ofenderlo con el mote, pero Fox lo agradeció, porque
un apodo resultaba conveniente en el terreno peligroso en que se
movía. Para dificultar que la Policía le echara el guante, no dio a su
<<banco>> ubicación fija. Se movía continuamente y no demoró en
controlar la bolita en Centro Habana y en hacerse dueño de una red de
garitos.
En 1943 se sintió suficientemente fuerte para adquirir una
participación en Tropicana, abierto entonces a concesionarios
individuales. Alquiló dos mesas en el casino, una de monte y la otra
de bacará. La II Guerra Mundial había provocado la disminución de la
corriente turística hacia la Isla. Los 126 000 visitantes de 1941, se
redujeron a 12 500 en 1943. La situación del casino de Tropicana no
era boyante, pero a Martín Fox no le importó. Se complacía, por el
momento, con lo logrado, y hábil como era, había sabido hacerse de una
clientela fiel para aquellas dos mesas, que pese a la baja turística
le reportaban ganancias decentes.
Víctor de Correa, en cambio, no se sentía nada feliz con la marcha del
centro nocturno. Una tarde, abrumado por las deudas y los sablazos de
oficiales de la Policía y el Ejército a los que pagaba porque dieran
protección al cabaré, decidió vender a Fox la concesión del casino por
7 000 pesos. El astuto avileño aceptó la oferta. Andando el tiempo
compró el terreno a su propietaria, mientras que Víctor de Correa
quedaba como dueño del cabaré.
Lo que sigue es una historia confusa, no clara del todo incluso para
los que la conocieron en su momento. El cronista Rafael Lam la refiere
en su libro sobre Tropicana; aun así no quedan claros sus detalles al
escribidor.
Según Lam, De Correa decide jugarle una mala pasada a Fox, con quien
sigue en deuda. Entra en contacto con Rolando Masferrer y al amparo de
las ametralladoras de sus gánsteres se lleva de Tropicana el monto de
lo recaudado en los diez días precedentes. Fox no queda con las manos
cruzadas, y paga con la misma moneda, ametralladoras incluidas. Hay un
choque de trenes, pues Fox decide entonces apropiarse del cabaré a
cuenta de los 92 000 pesos que le debe Correa. Ganó el más fuerte, y
Correa quedó liquidado.

Vuelven las vacas gordas

El escribidor lo dice sin rodeo. Fue Martín Fox quien hizo grande a
Tropicana. No es hasta 1950 cuando Fox se convierte en único
propietario del establecimiento. Ya en 1949 el antiguo bolitero de
Ciego de Ávila era todo un potentado.
Fox decide entonces reformar el cabaré. Contrata para ello a la firma
de arquitectos de Max Borges e hijo. Tropicana se transforma. Se crean
las pasarelas aéreas, que permiten a las bailarinas evolucionar entre
las copas de los árboles. Se construye el salón Arcos de Cristal. Se
mejora y embellece el salón Bajo las Estrellas. Max Borges hijo
--Maxito-- obtiene por este trabajo la Medalla de Oro del Colegio de
Arquitectos en 1953.
Desde 1949 las vacas gordas vuelven a Tropicana. Se juega en grande en
el centro nocturno. Hasta en el parqueo se colocan máquinas
traganíqueles y bingos para sacarles dinero a los choferes mientras
esperan por sus patronos. En 1954 se amplía el Casino, y el Salón
Dorado, abierto las 24 horas, se convierte en un lugar popular al que
se puede entrar en mangas de camisa. También funciona un banco de
bolita que sigue los resultados de la lotería de Miami.
Una parte de la ganancia de la bolita va a parar a manos del jefe de
Policía de la demarcación. Pero Martín Fox se mueve alto. Tiene dos
grandes protectores, a los que beneficia con largueza: el coronel y
luego general Roberto Fernández Miranda, cuñado de Batista, y el
coronel Orlando Piedra, jefe del Buró de Investigaciones de la Policía
Nacional, el hombre a quien Batista confía su seguridad. Al dictador,
a través de Fernández Miranda, envía Fox
10 000 pesos a la semana.
Quedaba fuera del reparto de utilidades el teniente coronel Blanco
Rico. Una tarde, buscando su tajada, el jefe de la Inteligencia del
Ejército llegó a El Dorado, puso a empleados y clientes contra la
pared y alegó que ese local no pertenecía a Tropicana. Todo se arregló
en familia, y Fox decidió mandar a unir los dos edificios con una
placa en forma de sombrilla.
¿Y Correa?
Decía Armando Romeu, director de la orquesta de Tropicana: Correa no
pudo soportar el dolor de perderlo todo, especialmente el cabaré,
fruto de años de esfuerzo. No pudo superar el golpe ni la forma
abrupta en que Fox le situó las ametralladoras para volarlo por los
aires, con cabaré y todo.
Correa se convirtió en representante de Los Chavales de España. Es la
primera orquesta española que actuó en EE.UU., en el Waldorf Astoria,
el más reputado hotel de Nueva York entonces. Pero --escribe Carlos M.
Palma-- <<las desilusiones y la pérdida de Tropicana ya habían lacerado
su corazón y muere en Nápoles, cuando abrigaba la esperanza de traer a
Cuba el Follies Bergères, de París>>.
        

Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/



Invernata

INVERNATA: venuta al mondo tra dicembre e marzo

domenica 10 agosto 2014

Invecchiamento

INVECCHIAMENTO: la barba bianca

sabato 9 agosto 2014

Invaso

INVASO: nel recipiente, generalmente di terracotta o plastica

venerdì 8 agosto 2014

Shakespeare all'Avana

Fonte: EFE/El Nuevo Herald

The Globe y su Hamlet, embajadores en La Habana


ANETT RIOS
EFE
LA HABANA -- La Habana se sumó el jueves a los festejos por el 450 aniversario de William Shakespeare con la primera visita del célebre grupo teatral londinense The Globe y su Hamlet, un acontecimiento que no se perdieron ni los artistas ni el público en general.
The Globe tenía previstas para el jueves dos funciones de Hamlet en el céntrico teatro Mella, como parte de la primera etapa de la gira mundial de dos años que inició en abril pasado en Londres en tributo a los 450 años del nacimiento de Shakespeare (1564-1616).
La Habana ha sido la primera plaza de habla hispana escogida por la compañía, que el jueves salió al escenario con un “buenas tardes damas y caballeros” en perfecto castellano, y luego se auxilió de una pantalla con subtítulos para orientar al público.
“Es un suceso que estén aquí. Shakespeare es un autor que se mantiene vivo continuamente en Cuba. Todos nuestros grandes directores han hecho versiones suyas en diferentes épocas”, dijo Carlos Celdrán, uno de las más importantes figuras del teatro cubano.
Decenas de actores, escritores, cineastas y profesionales del mundo del teatro acudieron a la primera función de esta “joven y fresca” versión de Hamlet, según sus creadores, en la que durante casi tres horas los intérpretes alternan personajes y ejecutan la banda sonora bajo una escenografía elemental.
El dramaturgo y crítico cubano Norge Espinosa destacó que The Globe es embajador de Shakespeare en el mundo, utiliza a actores de distintas edades y etnias y demuestra cómo los ingleses actuales siguen “dialogando” con el autor.
Ese diálogo también ha sido parte de la historia del teatro cubano, comentó Espinosa, quien lamentó que por este 450 aniversario Cuba no haya dedicado un mayor tributo a un dramaturgo que “conoce muy bien desde hace mucho tiempo”.
Según se ha anunciado, el principal homenaje de las artes escénicas cubanas al autor inglés será el próximo 24 Festival Internacional de Ballet de La Habana, que tendrá lugar en octubre.
El Ballet Nacional de Cuba (BNC) ha adelantado que el evento repondrá Shakespeare y sus máscaras, la versión de Romeo y Julieta que la ex bailarina y directora de la compañía, Alicia Alonso, llevó a la danza.
Se retomarán también otras piezas relacionadas con la obra de Shakespeare y que durante años han estado en el repertorio del BNC, como “Prólogo para una tragedia”, del coreógrafo inglés Brian McDonald, y Hamlet, de Iván Tenorio, mientras que la Compañía Ópera de Niza presentará La pavana del moro.
Por lo pronto, los medios de comunicación en Cuba, donde no suelen llegar grandes espectáculos internacionales, han valorado esta visita de The Globe a La Habana como una acontecimiento de lujo.
Antes de llegar a Cuba, procedente de Bahamas, la compañía inglesa ya recorrió escenarios de países como Noruega, Rusia, Finlandia, Ucrania, Croacia y Estados Unidos, país este último donde comenzó la fase americana del tour a fines de julio.
Se trata de una “aventura” para llevar Hamlet a todos los países del mundo, porque, según el director artístico del proyecto, Dominic Dromgoole, “el espíritu de las giras, y de comunicar historias a oídos frescos, siempre fue central en la obra de Shakespeare”.
Tras visitar Cuba, la compañía actuará el sábado en la explanada de la Catedral de Yucatán y continuará viaje hasta septiembre por diferentes naciones del Caribe como Haití, Jamaica, la República Dominicana, entre otras, y de Centroamérica.
Las funciones tendrán sede lo mismo en salas convencionales, como el Teatro Nacional de El Salvador, que en espacios abiertos y muy singulares, como las famosas ruinas de Copán, en Honduras.
El proyecto teatral de The Globe tiene sede en el teatro londinense del mismo nombre que abrió sus puertas en 1997 como réplica del espacio original en el que se representaron obras esenciales de Shakespeare, como MacbethHamlet u Otelo.
La sala original, que acogió a la compañía teatral de Shakespeare, “Lord Chamberlain's Men”, fue construida en 1599 a orillas del río Támesis, y durante el siglo XVII fue destruida en varias ocasiones por diversas causas.


Interferire

INTERFERIRE: sconfiggere duramente l'Inter

Primo Wi-Fi Cafè all'Avana

Fonte: Cuba contemporanea

Modas Café: el primer restaurante wi-fi de Cuba

Acaba de abrir y promete ser uno de los sitios más sugerentes dentro de esa gran gama de negocios gastronómicos de todo tipo que vienen floreciendo en la Cuba de estos tiempos, bajo el sello de la iniciativa privada. Modas Café llega con un concepto muy innovador: el del menú y el servicio digital; concepto que todavía hoy es revolucionario en Asia y Europa, y que en nuestra isla caribeña huele a pura modernidad, se siente como aire fresco.
Me alegró saber de su ubicación en una de esas calles famosas aunque venida a menos de la Habana Vieja: el bulevar de San Rafael. Justo en su esquina con Consulado, en el espacio que ocupó primero la conocida peletería Ingelmo y luego alguna que otra tienda sin trascendencia, surgió este proyecto que inició la diseñadora y estilista Raquel Expósito, con su atelier de modas en el piso inferior, complementado ahora con un curioso bar-restaurante que sorprende por su propuesta vanguardista.
Confiesa Raquel que cuando le concedieron el alquiler del local completo, a través del Fondo de Bienes Culturales, pensó siempre en que sus diseños y propuestas de alta costura iban a combinar muy bien con un pequeño lugar en el piso superior donde el cliente pudiera disfrutar de buena gastronomía y coctelería. El sueño se le hizo realidad en talla extra y con reforzados pespuntes: escaleras arriba, pasando por su salón de coloridos catálogos, perchas largas y probadores, un grupo de jóvenes apasionados ha abierto el primer restaurante wi-fi del país.
Lo contó esa emprendedora mujer al equipo de Cuba Contemporánea en la jornada de la inauguración, mientras disfrutábamos de un maridaje perfecto entre música, vinos del viejo y el nuevo mundo y pequeñas muestras de una cocina fusión en la que se adivina el gusto por lo gourmet, lo exquisito, y aflora fuerte la creatividad de un chef que confesaría un poco más tarde: “no tengo límites en gastronomía, me gusta probarlo y combinarlo todo”.
En realidad, la invitación para conocer este lugar había llegado a nuestra redacción de parte de su gerente general, Yoendris Hortas Morejón, quien nos adelantó algo sobre el novedoso sistema inalámbrico instalado dentro de Modas Café, permitiendo a los clientes ordenar absolutamente todo, incluyendo la cuenta, gracias a un dispositivo de pantalla táctil que encuentran junto a sus mesas.

No hay que decir que a puro golpe de dedo fuimos explorando  toda la carta digital, disponible en español, inglés y francés, y que tiene incorporadas imágenes de los platos y bebidas, más detalles de precios, ingredientes, calorías que aportan e información sobre el modo de preparación. Descubrimos que además de interactiva es bien ámplia la oferta, pues incluye desde tapas variadas, panadería y pizzería hasta entrantes, alternativas diversas de cocina de plancha y fuego, guarniciones, postres, helados, más bebidas no alcohólicas y alcohólicas y una carta de vinos.
Con un simple clíck, en Modas Café se puede votar también por la calidad de lo consumido,  verificar el estado de nuestra cuenta, o elegir la música con la que se quiere acompañar la velada, o quizás algún audiovisual que nos resulte interesante. Una idea que merece aplausos prolongados es que en ese apartado han incorporado animados para entretener a los niños.
El concepto del restaurante moderno que se revela al visitante desde el primer impacto visual con el diseño de este local, minimalista y sobrio, se completa así con la experiencia de la exploración y el pedido digital. “Aquí el camarero soy yo”, reza en un cartel en la pared, bajo una especie de androide verde, y precisamente ese será el principio: regirá allí la tecnología para garantizar mayor rapidez en el servicio, con solo una persona sirviendo por turno.
Esto último lo explicó rápidamente el gerente general de Modas Café mientras iba y venía recibiendo invitados y ultimando preparativos. Luego supimos que no es un improvisado en el mundo de la culinaria cubana, pues su otro restaurante, Mango Habana, ostenta numerosos reconocimientos, entre ellos un certificado de excelencia otorgado este año por el famoso portal TripAdvisor.
En la despedida de aquella noche les deseamos a él y a Raquel un futuro próspero con este nuevo negocio, y volvimos a alegrarnos por las luces claras y vivas con las que han iluminado una conocida esquina de la otrora importante arteria comercial de San Rafael.


 Nota dell'autore del Blog:

Per chi non comprendesse lo spagnolo, il nome del ristorante non tragga in inganno. Non si tratta, infatti, di un "cyber caffè" e non si offre la possibilità di connessione alla rete, ma si tratta di un sistema per ordinare dal tavolo con l'aiuto di schermo e tastiera. Comunque una novità abbastanza rilevante per Cuba.




giovedì 7 agosto 2014

I sogni nel cassetto 2


Fonte: nuke.mollotutto.com

TRASFERIRSI A VIVERE E LAVORARE A CUBA
Marco Mazzucchelli vive e lavora a Cuba dove è direttore generale di 2 alberghi
Di Maria Valentina Patanè 12/06/2012













Marco Mazzucchelli vive e lavora a Cuba dove è direttore generale di 2 alberghi.
Dopo un diploma di liceo scientifico e studi d’amministrazione d’impresa all’estero, Marco con il suo spirito di avventura decide di partire per varie mete tra cui Repubblica Domenicana, Juan Dolio, Santo Domingo, Rio S. Juan e infine Cuba dove lavora e risiede attualmente… questa la sua 

esperienza.



Ciao come ti chiami?
Ciao sono Marco Mazzucchelli e ho 42 anni.

Da quanto tempo  ti sei trasferito a Cuba?
Nel 1996 mi trasferì in Repubblica Domenicana, esattamente a Las Galeras De Samaná, dove ho ancora una casa. Ho vissuto lì fino al 2001, dopodiché mi trasferii a Juan Dolio, per ragioni di lavoro. Da lì a Santo Domingo, dopodiché nuovamente a Samaná; poi a Rio S.Juan e dal 2008 Cuba, dove risiedo attualmente.

Perché hai scelto proprio Cuba per cambiare vita?
Ci ero stato in vacanza ed avevo visto la possibilità di ritagliarmi uno spazio.

Dove vivevi in Italia?
Vivevo a Genova.

Hai studiato e avuto il tuo diploma a Genova?
Sì, ho un diploma di Liceo Scientifico a Genova, e studi di Amministrazione d´impresa  all'estero.

Come mai hai deciso di andare via dall’Italia?
Avevo un desiderio di provare qualcosa di diverso e spirito d´avventura.

E’ stato difficile ambientarsi a Cuba?
All'inizio lo é stato. Avevo solo 26 anni, non conoscevo la lingua e calarsi in una realtà  profondamente diversa da quella Italiana non è stato semplicissimo. Comunque tutte le difficoltà aiutano a crescere.

I tuoi parenti e amici più stretti cosa ti avevano consigliato?
Consigli non me ne hanno dati, o almeno non ricordo. La maggior parte pensavano stessi facendo un errore.

Com’era la tua giornata tipo in Italia?
La mia giornata tipo in Italia... é passato tanto tempo ed ero molto giovane... direi lavoro, la compagnia di amici, la fidanzata, la Sampdoria... non necessariamente in questo ordine.

Di cosa ti occupi ora esattamente?
Sono Direttore Generale di 2 alberghi della Catena Meliá Hotels Internationals in Cuba.

Sei soddisfatto del tuo nuovo lavoro a Cuba?
Molto. Amo il mio lavoro, a prescindere dal fatto che mi assorbe quasi tutta la giornata.

Quali sono i tuoi hobby?
La Pesca subacquea

Vivi da solo o hai una tua famiglia?
Attualmente convivo.




Come ti trovi a vivere a Cuba, lo consiglieresti ad altri Italiani per una vacanza o per viverci?
Per una vacanza assolutamente. Cuba é un paese bellissimo, con sapori autentici ed una cultura che non ha uguali nei Caraibi. Tra l'altro, é molto sicuro; cosa che non si può dire di molti altri posti a queste latitudini. Per quanto riguarda la possibilità di viverci, conosco molti Italiani che risiedono qui, più che altro a La Habana, però ce ne sono in tutte le provincie. Per viverci? Perché no?

Hai avuto difficoltà nel tuo trasferimento a Cuba?
No, comunque é giusto sottolineare che si é occupata di tutto l´impresa che mi ha  contrattato. Sono entrato con un permesso di lavoro.

Come ti immagini tra 20 anni?
Francamente, non ne ho idea. Non amo guardare così avanti nel tempo. Mi auguro la  salute, il resto si vedrà.

Sei rimasto in contatto con i tuoi parenti e i tuoi amici Italiani?
Certo che si! Molti unendo l´utile al dilettevole sono venuti a trovarmi in questi anni ed io torno in Italia in vacanza spesso.

Che ne pensi di Facebook, Skype, ecc… li utilizzi?
Le reti sociali sono vitali nel mio lavoro. A livello personale, uso Facebook…  per le altre  qua  é un poco complicato.

Cosa ti manca della tua città, ne hai nostalgia?
Di tante cose... ovviamente la famiglia e gli amici; certi posti che rappresentano ricordi piacevoli, certi sapori della mia terra... e la mia amata Sampdoria.

Sapresti descrivermi 3 culture di Cuba?
Cuba é il risultato di una mescola di varie culture. Tra le più presenti,
la Spagnola, la Africana e poi tracce di altre, come per esempio la nostra.

Cosa ti piace di più’ di Cuba?
Che il Cubano, nonostante gli enormi problemi con cui convive non perde il buon umore. Un altro aspetto che merita essere citato é il livello culturale della popolazione. Generalmente più alto della media del continente.

Ci vivono molti Italiani a Cuba nella zona dove vivi tu?
Attualmente, vivo in un atollo a 52 km da Caibarien, nella provincia di S. Clara. Ovviamente, qui ci sono solo installazioni turistiche e non ci vive nessuno, eccetto noi che ci lavoriamo.
Nella provincia Italiani ce ne sono, anche se non credo tanti come a La Habana, Matanzas o Holguin.



Quali sono le maggiori differenze di vita che vedi tra l’Italia e Cuba?
Cuba é un paese che soffre da decenni la decisione degli USA di danneggiarlo economicamente, impedendogli accedere ai mercati Internazionali, per cui le ripercussioni nel quotidiano sono enormi.
Ciononostante, o sarà proprio per questo, le relazioni interpersonali sono più vere e sincere. Più che esempi che lasciano il tempo che trovano, la forma di vivere qua  mi ricorda molto quella del paesino di campagna dove andavo in estate da bambino. Tutti che si conoscono e si aiutano; nessuno che si preoccupa di chiudere la porta quando esce di casa. I bambini che giocano in piazzetta o nei prati e le persone che fanno notte parlando, sedute al ciglio della strada.

Sei più tornato in Italia a trovare famiglia e amici?
Diverse volte in vacanza. L´ultima a settembre dell'anno scorso.

Torneresti mai a vivere in Italia?
Mai dire mai, comunque a corto raggio non credo proprio.

EMAIL: 
marcomazzucchelli69@hotmail.it

Direttore degli alberghi:
Meliá Cayo Santa Maria e Meliá Buenavista, in Cayo Santa Maria


Di Maria Valentina Patanè 12/06/


Interdipendente

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mercoledì 6 agosto 2014

Inospitale

INOSPITALE: ci si va quando si è malati