Pubblicato su Juventud Rebelde dell' 8/11/14
Il lettore si immagini la
Guerra che stavano dando le zanzare già che a metà del XVI secolo gli avaneri
avevano offerto 32 corride di tori a San Cristóbal de La Habana perché le
facesse andare via dalla città e, di passo, portassero con loro mosche, cavallette
e formiche.
La prima corrida di tori che
si celebró a Cuba ebbe luogo a Santiago nel 1538, con motivo dell’arrivo di
Hernando de Soto, Governatore dell’Isola e “Avanzato” della Florida, dove cercò
invano la fonte dell’ete
Ben presto, il gusto per
queste si estese ad altri paesirna giovinezza. Non tarderà a trasferirsi
all’Avana dove, per la sua ripercussione, la cronaca lascerà le note contro le
zanzare e il saluto all’ascesa al trono del re spagnolo Carlos III.
Ciò nonostante, non si ebbe
una vera e propria arena per corride, in questa città, fino al 1769 quando si
installò quella di Monte angolo Arsenal in un posto chiamato successivamente
l’Immondezzaio. La seconda, nel 1818 si collocò nella calle Aguila, dietro la
pensioncina di un tal Cabrera e nel Campo di Marte (attuale Parque de la
Fraternidad) si situò la successiva, nel 1825. Molto frequentato fu il rodeo
che nel 1842, si fece nella piazza principale di Regla per corride e esordi:
gli avaneri travresavano la baia per non perdersi lo spettacolo. Ci fu un’altra
arena, a partire dal 1853 nella calle Belazcoain, di fronte all’edificio che
occupava la Casa di Beneficenza, spazio dove oggi si erge l’ospedale Hermanos
Ameijeiras. L’ultima arena venne situata all’angolo di Carlos III e Infanta, dove
oggi si trova il ristorante Las Avenidas. Questo successe nel 1886 e l’anno
seguente le tribune di questo cerchio traboccavano per presenziare
all’attuazione del celebre Luis Mazzantini che, fra toro e toro, viveva un
romanzo rovente con l’attrice francese Sarah Bernhardt, quella donna che a dire
di Alessandro Dumás (figlio) aveva viso d’angelo e corpo di scopa.
Arrivarono
con Colombo
I combattimenti dei galli
vengono – si dice – dall’antica Grecia.
Temistocle, il generale
ateniese che vinse i persi a Salamina, infiammava gli animi dei suoi soldati
facendoli presenziare a combattimenti fra galli, prima delle battaglie.
Ben presto il gusto per le
medesime si estese ad altri Paesi. Ci sono autori che affermano che Colombo
godette, a Cuba, di questi spettacoli, ebbene nella sua spedizione aveva
portato galli da combattimento. Ciò può essere vero o no, ma la verità è - dice
Emilio Roig – che la passione per i galli si manifestò qua in tutte le epoche e
circostanze da quando l’Avana non era che il porto di Carenas. Per ogni nuova
città fondata, i colonizzatori avevano come primo obiettivo di costruire una
chiesa o un edificio che ne facesse le veci e facilitasse le pratiche
religiose. Al tempo stesso si costruiva il recinto per i galli. Senza andare
tanto lontano, il proprio capitano generale Francisco Dionisio Vives ebbe il
suo recinto per galli nel cortile del Castillo de la Fuerza e mise ad
occuparsene un connotato assassino di cognome Padrón che fece uscire dal
carcere e convertì in suo protetto in virtù della sua abilità nelmaneggio e la
cura di galli di razza.
Nonostante la popolarità
nelle radici creole, figure dell’Esercito di Liberazione, come finì la Guerra
d’Indipendenza nel 1898, cominciarono a prospettare la proibizione di
combattimenti fra galli e corride di tori e il generale Brooke, primo
intervenzionista nordamericano, sospese le seconde, ma non osò prospettare la
proibizione delle lotte fra galli per paura delle reazioni che sarebbero
seguite alla sospensione di questi combattimenti. Il suo successore, il
generale Wood, invece ascoltò le richieste che molti notabili gli fecero in
questo senso e le sospese a partire dal 1° giugno del 1900 ordinando
l’imposizione di una multa di 500 pesos ai contravventori della misura.
Già nella Repubblica, il
tema dei combattimenti dei galli tornò con veemenza in primo piano. Si convertì
in tema di polemiche giornalistiche e motivò manifestazioni pubbliche. Davanti
alla grandezza del problema, la rivista avanera El Figaro, nella sua edizione
del 16 dicembre del 1902, pubblicò un’inchiesta sulla faccenda. Nella sua
risposta, il Generalissimo Máximo Gómez, opposto alla sua restaurazione, disse
che “ci distanziamo dalla cultura moderna quando ci divertiamo con scene di
sangue” e il generale José Miró Argenter espresse che permetterle ancora
equivaleva a un ritorno al passato ed evocò il generale spagnolo José Gutiérrez
de la Concha, giustiziere di tanti patrioti, quel funesto governante che si
divertiva con i colpi di sperone dei “jabaos” (bianco biondastri, n.d.t.) e dei
rossicci, mentre conficcava il suo sperone da soldataccio nelle stesse viscere
del Paese. Manuel Sanguily affermò da
parte sua che ristabilire i combattimenti dei galli era come tornare alla
Colonia contro la quale “si inalberò la nostra bandiera e si sacrificarono tre
generazioni”. Figure dell’Autonomia, come Montoro y Gálvez, si manifestarono a
loro volta contro e lo stesso fece don Nicolás Rivero, direttore dell’ultra
conservatore Diario de la Marina. Il sentimento, secondo l’inchiesta di El
Figaro, sembrava unanima, ma...
Tornano
i galli
Il 21 gennaio del 1907, josé
Miguel Gómez comparve davanti al giudice correzionale di Marianao. Gli venne
imposta una multa di 50 pesos per la sua partecipazione, come spettatore, in un
recinto per i galli. Furono multati anche i generali José de Jesús Monteagudo e
Faustino “Pino” Guerra e il colonnello Carlos Mendieta, sorpresi nella stessa
circostanza; tutti loro erano liberali
miguelisti. Il botto che questo provocò fu di tale grandezza che elementi
liberali aggredirono fisicamente Manuel Maria Coronado, direttore de La
Discusión, il giornale che fece conoscere il fatto.
La condanna serví affinché i
confratelli di José Miguel prendessero il pretesto del ristabilimento dei
combattimenti dei galli come questione politica. Organizzarono manifestazioni
pubbliche e il 24 di febbraio sfilarono davanti al Palazzo del Governo, nella
Plaza de Armas, al fine di sollecitare Charles Magoon – erano i tempi del
secondo intervento militare nordamericano – la deroga dell’ordine militare che
stabiliva la proibizione. José Miguel Gómez che aveva chiesto e appoggiato la
sospensione di questi combattimenti, dopo la fine della Guerra d’indipendenza,
si convertì nel suo più appassionato difensore, nei giorni della campagna per
la presidenza della Repubblica a capo del Partito Liberale. Di lì che lo stemma
di questa organizzazione politica era precisamente l’immagine del gallo e
l’aratro.
Nelle elezioni del 1908, i
liberali sconfissero i conservatori e si alzarono al potere. José Miguel, una
volta alla presidenza, non fu lento nel compiere la sua promessa elettorale di
ristabilire i combattimenti. Prese possesso il 28 gennaio del 1909 e già il 1°
febbraio si conosceva, alla Camera dei Rappresentanti, il progetto di legge che
derogava tutte le disposizioni contrarie ai combattimenti dei galli. Questo
corpo legislativo approvò la proposta per 50 voti contro 12. Alcuni giorni dopo
la legge era approvata anche dal Senato. Di poco valsero le opinioni contrarie
di Salvador Cisneros, marchese di Santa Lucía e di manuel Sanguily. Non senza
umore Cisneros espresse che la legge della lotteria, pur non essendo “passata”
– ovvero discussa e approvata – era già inclusa nel bilancio della nazione e lo
stesso succedeva con quella dei galli che senza essere stata approvata aveva
propiziato la creazione di “gallodromi” dappertutto. Sanguily nel suo discorso
fu demolitore: “Io dico che questo è un passo sbagliato, che questa è
un’imprudenza del più puro e più elementare dei nostri doveri: il dovere di
preparare, in vista della miglior moralità politica, la coscienza e il
carattere del nostro popolo”.
Comunque fu tutto inutile.
La legge fu approvata. Agli atti del Senato, corrispondenti al giorno della
votazione, appare un solo voto contrario, quello di Manuel Sanguily.
A
punta di sperone
Sempre con la Repubblica ci
furono tentativi di ristabilire le corride col pretesto che potevano attrarre
il turismo straniero e si giunse perfino a costituire un Comitato Pro Arte
Taurina. Tentativi in questo senso si fecero anche dopo la vittoria della
Rivoluzione.
Dopo quel divieto alla fine
del XIX secolo, le corride sono finite per sempre. I galli, invece, tornarono
con forza. Nel 1958 c’erano nell’Isola circa 500 recinti di galli che fra
tutti, incassavano più soldi che tutti i cine e teatri del Paese. Nei giorni di
combattimento non meno di cento persone si recava in ciscuno di essi. Alcuni
erano famosi come il recinto Habana nella piazzetta di Agua Dulce e il recinto
Nacional nell’Esquina de Tejas.
Tra il 1913 e 1925 vennero
dalla Spagna galli jereziani allevati a Cadice e Jerez de la Frontera. Il
jereziano è più forte del creolo, anche se non è altrettanto buono come
combattente. Nella decade del ’50 si portarono cornish dall’Inghilterra e si
mescolarono coi creoli. Queste covate divennero di moda. Come il jereziano, il
cornish è più alto, di petto ampio e più resistente del creolo. Però molti
nascono imbastarditi e vigliacchi. Nessuno è coraggioso come il creolo. Solo
incrociando varie volte i galli stranieri con i creoli si ottiene un animale
alto e forte che allo stesso tempo sia anche un buon combattente. Alcuni
allevatori erano contrari a mescolare i loro galli. L’ex presidente Mendieta
allevava solo creoli puri, per cui si considerava un allevatore “dei vecchi”.
La vergogna che gli causava se uno dei suoi galli fuggisse, lo portva a
disfarsi di tutta la covata.
Carlos Mendieta fu uno dei grandi
allevatori cubani di galli, famoso per il gallo che porta il suo nome. Anche il
generale Monteagudo e Diego Trinidad, fra altri di Las Villas, Camagüey e
l’Avana. Nella decade del ’40 si diceva che nessuno superava i cubani
nell’allevamento dei galli di razza o da combattimento. Prova ne è che nel 1946
e 1947 il Ministero dell’Agricoltura concesse permesso di esportazione per più
di 2.000 galli che nella maggior parte terminarono a Portorico e anche in
Messico, Venezuela e Colombia. Fu un primato conquistato – diceva uno
specialista – a punta di sperone.
Bambini,
animali e piante
Dopo la fine della sovranità
spagnola, giungeva all’Avana la nordamericana Jeannette Ryder. Volle poner fine
a mai che la sovrastavano e che erano impossibili da affrontare con sicurezza
in modo individuale. Curò l’abbandono di bambini invalidi, diede pane e latte
ai mendicanti e portava la colazione a donne detenute nelle stazioni di
Polizia. Affrontó cocchieri che picchiavano i loro cavalli e soccorse cani e
gatti abbandonati. La etichettarono come matta e dovette sopportare
maltrattamenti verbali e fisici. Alcuni, in cambio le si avvicinarono per
unirsi a lei. Furono loro che la appoggiarono per la fondazione di una
cosiddetta Società Protettrice di Bambini, Animali e Piante, conosciuta anche
come Bando de la Piedad. Così lo vedremo la settimana prossima.
Bando de Piedad (I)
Ciro Bianchi Ross * digital@juventudrebelde.cu
8 de Noviembre del 2014 19:14:59 CDT
Imagine el lector la guerra que estarían dando
los mosquitos que, a
mediados del siglo XVI, los habaneros ofrendaron
32 corridas de toros
a San Cristóbal de La Habana para que los sacara
de la villa y, de
paso, se llevara con ellos moscas, bibijaguas y
hormigas.
La primera corrida de toros que se celebró en
Cuba tuvo lugar en
Santiago, en 1538, con motivo de la llegada de
Hernando de Soto,
Gobernador de la Isla y Adelantado de la
Florida, donde buscaría en
vano la fuente de la eterna juventud. No
demoraría en pasar a La
Habana donde, por su repercusión, la crónica
dejaría anotadas las ya
aludidas contra los mosquitos y la que saludó el
ascenso al trono del
rey español Carlos III.
Con todo, no hubo propiamente una plaza de toros
en esta ciudad hasta
1769, cuando se instaló la de Monte esquina a
Arsenal, en un sitio
después llamado el Basurero. La segunda, en
1818, se emplazó en la
calle Águila, al fondo de la posada de un tal
Cabrera, y en el Campo
de Marte (actual Parque de la Fraternidad) se
situó la siguiente, en
1825. Muy concurrido fue el rodeo que, en 1842,
se instaló en la plaza
principal de Regla para corridas y novilladas:
los habaneros cruzaban
la bahía para no perderse el espectáculo. Hubo
otra plaza, a partir de
1853, en la calle Belascoaín, frente a la
edificación que ocupaba la
Casa de Beneficencia, espacio donde hoy se erige
el hospital Hermanos
Ameijeiras. La última plaza se situó en la
esquina de Carlos III e
Infanta, donde hoy se halla el restaurante Las
Avenidas. Eso ocurrió
en 1886, y al año siguiente las gradas de este
ruedo se desbordaban
para presenciar la actuación del célebre Luis
Mazzantini quien, entre
toro y toro, vivía un tórrido romance con la
actriz francesa Sarah
Bernhardt, aquella mujer que, al decir de
Alejandro Dumas (hijo),
tenía rostro de ángel y cuerpo de escoba.
Llegaron
con Colón
Las peleas de gallos vienen--se dice-- desde la
antigua Grecia.
Temístocles, el general ateniense que venció a
los persas en Salamina,
inflamaba los ánimos de sus soldados haciéndoles
presenciar peleas de
gallos antes de los combates.
Bien pronto el gusto por ellas se extendió a
otros países. Hay autores
que afirman que Colón disfrutó en Cuba de esos
espectáculos, pues
trajo gallos de lidia en su expedición. Esto
puede ser cierto o no,
pero la verdad es --dice Emilio Roig-- que la
afición por los gallos se
manifestó aquí en todas las épocas y
circunstancias desde que La
Habana no era más que el puerto de Carenas.
Fundada cada nueva villa,
los colonizadores tenían como primer objetivo
construir una iglesia o
una edificación que hiciera las veces de esta y
facilitara la práctica
religiosa. Al mismo tiempo se construía la valla
de gallos. Sin ir más
lejos, el propio capitán general Francisco
Dionisio Vives tuvo su
gallería en el patio del Castillo de la Fuerza y
puso al frente de
ella a un asesino alevoso de apellido Padrón, a
quien sacó de la
cárcel y convirtió en su protegido en virtud de
su habilidad en el
manejo y cuidado de los gallos finos.
Pese a su popularidad y criollismo, figuras del
Ejército Libertador,
tan pronto finalizó la Guerra de Independencia
en 1898, comenzaron a
gestionar la prohibición de las peleas de gallos
y las corridas de
toros, y el general Brooke, primer interventor
norteamericano,
suspendió las segundas, pero no se atrevió con
los gallos por temor a
la reacción que provocaría la suspensión de
estas peleas. Su sucesor,
el general Wood, sin embargo, atendió el pedido
que muchos notables le
hicieran en ese sentido, y las suspendió a
partir del 1ro. de junio de
1900 y ordenó la imposición de multas de 500
pesos a los
contraventores de la medida.
Ya en la República, el tema de las peleas de
gallos volvió a primer
plano con virulencia. Se convirtió en tema de
polémicas periodísticas
y motivó manifestaciones públicas. Ante la
magnitud del problema, la
revista habanera El Fígaro, en su edición del 16
del diciembre de
1902, publicó una encuesta sobre el asunto. En
su respuesta, el
Generalísimo Máximo Gómez, opuesto a su
reinstauración, dijo que “nos
distanciamos de la moderna cultura cuando nos
deleitamos con escenas
de sangre”, y el general José Miró Argenter
expresó que permitirlas
otra vez equivaldría a una vuelta al pasado, y
evocó al general
español José Gutiérrez de la Concha, verdugo de
tantos patriotas,
aquel funesto gobernante que se deleitaba con
los espolazos de los
“jabaos” y los pintos mientras clavaba su
espolón de militarote feroz
en las mismas entrañas del país. Manuel Sanguily
afirmó por su parte
que restablecer las peleas de gallos era como
volver a la Colonia
contra la que “se enarboló nuestra bandera y se
sacrificaron tres
generaciones”. Figuras de la Autonomía, como
Montoro y Gálvez, se
manifestaron también en contra y lo mismo hizo
don Nicolás Rivero,
director del ultraconservador Diario de la
Marina. El sentir, según la
encuesta de El Fígaro, parecía ser unánime, pero...
Vuelven
los gallos
El 21 de enero de 1907, José Miguel Gómez
compareció ante el juez
correccional de Marianao. Se le impuso una multa
de 50 pesos por su
participación como espectador en una valla de
gallos. También fueron
multados los generales José de Jesús Monteagudo
y Faustino “Pino”
Guerra y el coronel Carlos Mendieta,
sorprendidos en el mismo acto;
todos ellos liberales miguelistas. El encono que
esto provocó fue de
tal magnitud que elementos liberales agredieron
físicamente a Manuel
María Coronado, director de La Discusión, el
periódico que dio a
conocer el incidente.
La condena sirvió para que los correligionarios
de José Miguel tomaran
el tópico del restablecimiento de las lidias de
gallos como una
cuestión política. Organizaron manifestaciones
públicas y el 24 de
febrero desfilaron ante el Palacio de Gobierno,
en la Plaza de Armas,
a fin de solicitar a Charles Magoon --eran los
tiempos de la segunda
intervención militar norteamericana-- la
derogación de la orden militar
que las prohibía. José Miguel Gómez, que había
pedido y apoyado la
suspensión de estas peleas tras el fin de la
Guerra de Independencia,
se convirtió en su más apasionado defensor en
los días de su campaña
para la presidencia de la República al frente
del Partido Liberal. De
ahí que el emblema de esa organización política
fuera precisamente la
imagen del gallo y el arado.
En las elecciones de 1908, los liberales
derrotaron a los
conservadores y se alzaron con el poder. José
Miguel, una vez en la
presidencia, no fue lento ni perezoso en el
cumplimiento de su promesa
electoral de restablecer las lidias. Tomó
posesión el 28 de enero de
1909 y ya el 1ro. de febrero se conocía en la
Cámara de Representantes
el proyecto de ley que derogaba todas las
disposiciones contrarias a
las peleas de gallos. Ese cuerpo colegislador
aprobó la propuesta por
50 votos contra 12. Días más tarde la ley era
también conocida por el
Senado. De poco valieron allí las opiniones
adversas de Salvador
Cisneros, marqués de Santa Lucía, y de Manuel
Sanguily. No sin humor,
Cisneros expresó que la ley de lotería, aún sin
haber “pasado” --esto
es, discutida y aprobada--, estaba ya incluida
en el presupuesto de la
nación, y lo mismo sucedía con la de los gallos,
que sin haberse
aprobado había propiciado la creación de
gallerías en todas partes.
Sanguily fue demoledor en su discurso: “Yo digo
que este es un mal
paso, que esta es una imprudencia del más puro y
del más elemental de
nuestros deberes: el deber de ir preparando en
las vías de la mejor
moralidad política, la conciencia y el carácter
de nuestro pueblo”.
Sin embargo, todo fue inútil. La ley fue
aprobada. En las actas del
Senado correspondientes al día de la votación,
solo aparece un voto en
contra, el de Manuel Sanguily.
A punta
de espuela
Ya en la República hubo intentos de restablecer
las corridas de toros
con el pretexto del turismo extranjero que
podrían atraer, y hasta
llegó a constituirse un Comité Pro Arte Taurino.
Esfuerzos en el mismo
sentido se hicieron tras el triunfo de la
Revolución.
Después de aquella prohibición de finales del
siglo XIX, las corridas
pasaron para siempre. Los gallos, en cambio,
volvieron con fuerza. En
1958 había en la Isla unas 500 vallas de gallos
que, en conjunto,
recaudaban más dinero que todos los cines y
teatros del país. En días
de pelea no menos de cien personas acudían a
cada una de ellas.
Algunas eran famosas, como la valla Habana, en
la plazoleta de Agua
Dulce, y la valla Nacional, en la Esquina de
Tejas.
Entre 1913 y 1925 vinieron de España gallos
jerezanos criados en Cádiz
y en Jerez de la Frontera. El jerezano es más
fuerte que el criollo,
aunque no tan buen peleador. En la década de
1950 se trajeron cornish
de Inglaterra y se ligaron con criollos. Esas
crías se pusieron de
moda. Al igual que el jerezano, el cornish es
más alto, ancho de pecho
y resistente que el criollo. Pero muchos salen
capirros, cobardes.
Ninguno es de tan buena ley como el criollo.
Solo cruzando varias
veces los gallos extranjeros con los criollos se
consigue un animal
alto y fuerte, y que sea al mismo tiempo buen
peleador. Algunos
criadores eran enemigos de mezclar sus gallos.
El ex presidente
Mendieta solo criaba criollos puros, por lo que
se le consideraba un
criador “de los viejos”. La vergüenza que le
causaba que uno de sus
gallos huyera, lo llevaba a deshacerse de toda
la cría.
Carlos Mendieta fue de los grandes criadores
cubanos de gallos, famoso
por el gallo que lleva su nombre. También lo
fueron el general
Monteagudo y Diego Trinidad, entre otros de Las
Villas, Camagüey y La
Habana. Se decía en la década de 1940 que nadie
en el mundo superaba a
los cubanos en lo referido a la cría de gallos
finos o de pelea.
Prueba de ello es que entre 1946 y 1947 el
Ministerio de Agricultura
concedió permisos de exportación para más de 2
000 gallos que, en su
mayoría, fueron a parar a Puerto Rico y también
a México, Venezuela y
Colombia. Fue una primacía conquistada --decía
un especialista-- a punta
de espuela.
Niños,
animales y plantas
Tras el cese de la soberanía española, llegaba a
La Habana la
norteamericana Jeannette Ryder. Quiso poner fin
a males que la
superaban y que eran imposibles de enfrentar
certeramente de manera
individual. Palió el desamparo de niños
desvalidos, dio pan y leche a
los mendigos, y llevó desayuno a mujeres
detenidas en estaciones de
Policía. Enfrentó a cocheros que apaleaban a sus
caballos y socorrió a
gatos y perros abandonados. La tildaron de loca
y debió soportar
maltratos verbales y físicos. Algunos, en
cambio, se le acercaron para
acompañarla. Fueron ellos los que la apoyaron en
la fundación de una
llamada Sociedad Protectora de Niños, Animales y
Plantas, también
conocida como Bando de Piedad. Así lo veremos la
semana próxima.