Dopo la chiusura della Settimana della Cultura Italiana, l'Ambasciata d'Italia, nella persona dell'Ambasciatore Carmine Robustelli ha offerto un cocktail di commiato alla manifestazione e di saluto all'ospite d'onore Tomás Milián che è stato al centro dell'attenzione degli invitati e ha voluto una foto ricordo col regista Giuspeppe Sansonna.
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lunedì 1 dicembre 2014
domenica 30 novembre 2014
sabato 29 novembre 2014
Il back stage dell'Amleto cubano: Tomás Milián
Conversando durante la colazione e nelle pause delle riprese con Tomás Milián, sono riuscito a chiarire alcuni aspetti che non avevo ben afferrato durante il suo colloquio col pubblico e la stampa. Il padre era un militare dai tempi della dittatura di Gerardo Machado e quando Batista assunse la sua prima presidenza, lo fece arrestare con altri ufficiali e trasferire alla prigione della Cabaña per un tempo che Tomás non vuole ricordare. Dopo la scarcerazione, le crisi che lo condussero a una casa di cure per malattie mentali, la successiva dimissione e il tragico suicidio. La madre, che aveva comunque rotto da tempo le relazioni coniugali si chiuse in una vedovanza silenziosa e si preoccupò sempre meno del figlio che un tempo viziava. Sono dettagli che aiutano meglio a capire il desiderio di fuga, nato nel giovane che aveva poi trovato parziale appoggio con la zia Carmíta.
Oltre queste precisazioni abbiamo passato alcuni giorni in giro per l’Avana dove il regista Giuseppe Sansonna assieme all’addetto alla fotografia Sergio Grillo e al fonico Enrico Grammaroli, con la preziosa collaborazione logistica di Ángel Mário González Acosta, ha filmato scene legate ai ricordi cubani dell’attore per la realizzazione del documentario autobiografico. Il soggetto è dello stesso Tomás: El Hamleto cubano o The cuban Hamlet e del regista che si erano incontrati a Miami per la stesura di un libro sulla vita attore.
La produzione esecutiva del documentario è della IXCO, in sinergia con la RAI, il cui vice presidente l’architetto Marco Marini è stato contattato del regista ed ha accettato con entusiasmo la proposta assieme all’addetto alle Relazioni Esterne dell’associazione, Stefano Donati che seppur rimanendo a Roma ha svolto un intenso lavoro di tessitura per la riuscita del progetto. Marco Marini anche per conto dell’IXCO mantiene da anni relazioni istituzionali con Enti economici e politici dei due Paesi, si è messo in contatto con il Consigliere di Ambasciata Pietro De Martin che aveva da anni il sogno nel cassetto di portare Tomás Milián a Cuba, ma per ragioni diverse, non ultima quella della resistenza dell’attore che come già detto aveva il desiderio e nel contempo il timore di affrontare il suo passato. Grazie a lunghe conversazioni telefoniche, l’architetto Marini è riuscito a strappare il consenso di Milián, ma fino al’ultimo istante non era sicuro che l’attore avrebbe confermato la sua promessa. Il Consigliere De Martin è così riuscito a realizzare questo suo desiderio che veniva da lontano, proprio negli ultimi giorni del suo mandato a Cuba, dove ha svolto un eccellente lavoro, specialmente nelle relazioni culturali con l’Italia come le organizzazioni di queste Settimane della Cultura Italiana ed altre iniziative collaterali.
Il filmato dovrebbe andare in onda su RAI Movie in una data da destinarsi, ma che dovrebbe essere abbastanza prossima, appena si avrà la conferma, orario compreso, Giuseppe Sansonna mi ha detto che mi comunicherà con precisione i dati sulla messa in onda.
Il giovane regista sembra sapere il fatto suo e sul set ha un rapporto di delicatezza con il protagonista come se stesse filmando col proprio nonno. Inutile dire che la padronanza del mestiere di Tomás non richiede molti sforzi per fargli capire i movimenti e gli atteggiamenti da assumere di volta in volta, in pratica è quasi sempre “buona la prima”.
venerdì 28 novembre 2014
giovedì 27 novembre 2014
mercoledì 26 novembre 2014
Thomas Milian, dopo circa 60 anni torna ad essere Tomás Milián, habanero purosangue
Un ritorno a Cuba pieno di emozione per Thomas Milian, al secolo Tomás Quintín Rodríguez Milián, 60 anni dopo o quasi. Durante il suo incontro col pubblico e la stampa nell’ambito della Settimana della Cultura Italiana ha ripercorso la sua vita dal 5 gennaio 1956, quando ha lasciato Cuba ad oggi. Nella sala del Centro Culturale Fresa y Chocolate, sono intervenute anche alcune persone che lo avevano conosciuto in tenera età e questo gli ha aumentato l’emozione. Alla scontata domanda di come mai non era mai tornato prima d’ora e se ne sentisse il desiderio, ha risposto: “Sì ne avevo molto il desiderio, ma anche paura”. La paura, era quella di incontrare i fantasmi del passato e forse, di pregiudicarsi qualche opportunità di lavoro. Un passato che ha raccontato con schiettezza, dove un ragazzo della buona borghesia cubana, abitante nella calle B tra 21 e 23 nel pieno del Vedado, ha scelto di partire per sfuggire alla tragedia lasciata da suo padre, infermo di mente, che dopo un lungo ricovero e successivo ritorno a casa si è suicidato davanti a lui ancora bambino, accusandolo di essere la causa dei suoi mali. Della figura materna, dopo aver riconosciuto di essere stato molto viziato da lei, non ne ha fatto più accenno, nel prosieguo della tragedia vissuta. Nella disgrazia ebbe la fortuna di avere una zia, Carmen Himenez, coniugata con l’allora Rettore dell’Università dell’Avana, Cadena, di famiglia aristocratica originaria delle canarie, che si occupò di lui e della sua educazione. Già adolescente Tomás si appassionò al cinema “innamorandosi” di James Dean e quando seppe della tragica morte del suo idolo decise che doveva fare l’attore. In un album di foto ingiallite dal tempo che mi ha successivamente mostrato, appare in alcune come autentico sosia di James Dean. Decise che doveva partire per gli Stati uniti ed arrivare a Hollywood. La “santa” zia Carmita si offrì di pagargli il viaggio, ma lo avvertì che il resto avrebbe dovuto essere a carico suo e che doveva imparare a sbarcare il lunario con qualunque mestiere, anche il più umile per conoscere come viveva la maggior parte delle persone. Ormai deciso, partì con prima destinazione New York dove in effetti si dovette prodigare a fare di tutto per sopravvivere, il suo inglese era praticamente inesistente e per poterlo imparare meglio decise di arruolarsi, ma non nell’esercito dove lo avrebbero mandato in battaglioni “latini” e non avrebbe potuto praticare la lingua. Scelse la U.S. Navy, dove sì, l’inglese era la lingua d’obbligo. Bisognava fare degli “esami di ammissione”, il punteggio minimo era di 22 e quello raggiunse. La ferma prevedeva un periodo di 4 anni.
Dopo 6 mesi, avendo appreso a sufficienza la lingua, decise di “ammalarsi” e passava le notti spogliandosi e prendendo pioggia e vento per farsi venire un malanno, ci riuscì, ma dopo le cure del caso gli dissero che sarebbe stato nuovamente abile per servire la U.S. Navy. Durante la degenza, peró, fece amicizia con un’infermiera e gli raccontó delle sue necessità di vita, le confessó di essersi procurato l’infermità e che se non lo congedavano si sarebbe suicidato mandando a casa i 10 mila dollari di risarcimento per la morte in servizio. A quanto pare lei intercesse. Infatti gli dissero che non era obbligato a proseguire nella carriera militare, ma poteva scegliere di essere un libero cittadino. E con un saluto militare, prese quest’ultima via.
Tornò a New York e ai lavori umili e saltuari, ma nel frattempo fece domanda per essere ammesso all’Actor’s Studio. C’erano 3 mila richieste e vennero ammessi in due uomini lui e un’altro, tale Lenny Bradbury che poi si è perso per le strade del mondo senza mai diventare famoso e una donna, di cui non ricorda il nome. Fra i personaggi già famosi o che lo sarebbero diventati successivamente che frequentavano l’Actor’s, c’era Marilyn Monroe, già conosciuta dal grosso pubblico, ma che frequentava lo studio per il suo matrimonio con Henry Miller, uno dei docenti per la drammaturgia. Il primo giorno si sedettero vicini e a un certo punto lei gli chiese di tenerle il posto perché voleva scendere a prendere un caffè. Tomás le disse di non pensarci nemmeno che sarebbe andato lui a prenderglielo e da quel giorno, il caffè per la sua vicina di banco Marilyn, divenne un rito.
Il tempo passava e lui divenne attore professionista, lavorando nei teatri di Broadway. Dagli scenari americani ebbe l’occasione di andare in italia a fare teatro, lo scoprì Mauro Bolognini che gli offrì di lavorare nel suo film “La notte brava”. Da quel momento diventò praticamente italiano e la sua immensa filmografia non è il caso di riproporla qua.
Successo e popolarità non gli hanno mai montato la testa, sa di essere un attore e di lavorare coi testi di altri che li scrivono per lui, anche se in qualche opportunità si è messo al tavolino per scrivere testi e sceneggiature. Un’altra delle sue passioni è diventata la fotografia e durante il soggiorno all’Avana ha portato una mostra di suoi lavori fatti in alcuni Paesi, dove ha ritratto porzioni di muri che gli hanno destato l'attenzione per composizione e il cromatismo.
Milián è reduce dal premio Marco Aurelio, consegnatogli al IX Festival internazionale del Cinema di Roma ed all’Avana verranno esibite 24 delle sue circa 100 pellicole, alcune poste su DVD, con sottotitoli in spagnolo. Oltre a questo omaggio e presentazione al pubblico del suo Paese, dove era praticamente sconosciuto, Milian sta girando un documentario sulla sua vita con la regia di Giuseppe Sansonna per la RAI. Parte del merito di aver portato alla Settimana della Cultura Italiana il grande attore è anche dell’Architetto Marco Marini, già autore di grandi iniziative culturali che hanno unito e uniscono Cuba e Italia e vice presidente della IXCO.
All'arrivo al Centro Culturale Fresa y Chocolate, con l'Architetto Marini e ricevuto dal Direttore della Cinemateca di Cuba, Luciano Castillo
Durante il colloquio, presentato dall'Ambasciatore italiano Carmine Robustelli con il direttore della Cinemateca Luciano Castillo e il Regista Giuseppe Sansonna
Presentando le sue fotografie
martedì 25 novembre 2014
I gendarme del mondo "libero"
Ancora una volta gli Stati Uniti vengono alla ribalta per il loro singolare "senso della giustizia". Infatti il poliziotto, rigorosamente anglosassone, Darren Wilson è stato prosciolto dall'accusa di omicidio nei confronti dell'afroamericano Michael Brown, avvenuta a Ferguson (Missouri) il 9 agosto scorso. Non è stato nemmeno usato l'eufemismo dell'uso sproporzionato delle armi per legittima difesa (!!!!sic). Per la giustizia, in particolare degli stati del sud, è sinonimo di innocenza sparare a una persona disarmata. Ancor più legittimo se la persona è di pelle scura e chi preme il grilletto, magari, è biondo con gli occhi chiari. Mi ricorda qualcuno coi baffetti e il ciuffo sulla fronte...o no?
Intanto, stringendo le morse dell'embargo verso Cuba, oltre al sito Oracle (java), adesso è inaccessibile anche Adobe Flashplayer. Giusto perché si battono per far avere più informazione al popolo cubano...precludono sempre più gli accessi ai loro siti. Anche in questo caso chi ne fa le spese? Non certo i potenti o gli addetti ai lavori che possono aggirare l'ostacolo in infinità di modi, ma l'utente comune che non ha queste possibilità.
Intanto, stringendo le morse dell'embargo verso Cuba, oltre al sito Oracle (java), adesso è inaccessibile anche Adobe Flashplayer. Giusto perché si battono per far avere più informazione al popolo cubano...precludono sempre più gli accessi ai loro siti. Anche in questo caso chi ne fa le spese? Non certo i potenti o gli addetti ai lavori che possono aggirare l'ostacolo in infinità di modi, ma l'utente comune che non ha queste possibilità.
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