Pubblicato su Juventud Rebelde del 29/3/15
La visita di Paris
Hilton a Cuba, in occasione del Festival dellHabano, è passata con la risonanza
che c’era da aspettarsi. L’ereditiera di una delle grandi catene di alberghi
del mondo, non ha limitato il suo soggiorno solo al’Avana, ma è stata anche a Soroa
e a Cayo Largo e ovunque ha ammirato coloro che l’hanno trattata per la sua
semplicità e scioltezza.
A Varadero, dove è
pure stata, ha ”rubato” la scena allo spettacolo del Cabaret Internacional
quendo è salita sul palco, ha preso una tumbadora
(tamburo tipico, n.d.t.) ed ha accompagnato l’orchestra prima di mettersi a
ballare e disputare, così, il ruolo a ballerine e figuranti.
La compagnia
Hilton fu fondata da Conrad Hilton, il
nonno di Paris, nel 1919 e nel 1958 maneggiava un capitale di 196 milioni di
dollari. Alcuni degli alberghi in cui operava erano di proprietà della catena,
altri li operava con contratto di amministrazione. Conrad era stato sposato con
l’attrice nordamericana Zsa Zsa Gabor ed era stato suocero della, pure attrice,
Elizabeth Taylor. Fra le sue proprietà aveva gli alberghi Waldorf Astoria,
Stevens e Plaza di New York, la catena Statler e l’hotel Castellana di Madrid.
Si dice che la Hilton
avrebbe reclamato a Cuba l’albergo che fu della sua famiglia. In realtà lo
scriba ignora se fu un’affermazione della bella, ricca ed esplosiva ereditiera
o se glie l’abbia attribuita qualche giornalista distratto. Il fatto è che
l’azienda non ha niente da esigere a Cuba perché l’hotel Habana Libre,
originariamente chiamato Habana Hilton, fu operato in affitto dalla catena che
non lo ebbe mai di proprietà.
L’Habana Libre è
sempre stato cubano. Lo è e continuerà ad esserlo.
Trattative
La costruzione
dell’hotel situato nell’isolato compreso fra le calles L, 23, 25 e M, nel
Vedado – una delle zone di maggior valore dell’Avana -, fu il frutto di un
lungo procedimento. La trattativa la portò avanti il dottor Mario Lazo dello
Studio Lazo – Cubas, installato al nono piano dell’edificio del Motor Center,
in 23 e Infanta, dove ha sede, da molti anni, il Ministero del Commercio
Estero.
L'ex Motor Center oggi Ministero del Commercio Estero
L’avvocato prese come base il contratto che la catena Hilton aveva sottoscritto nel 1948 con il Governo di Portorico per la costruzione di un hotel. Mediante questo accordo, la Hilton avrebbe amministrato l’albergo costruito dal Governo portoricano che ne avrebbe mantenuto la proprietà al quale avrebbe versato i due terzi degli utili.
L'ex Motor Center oggi Ministero del Commercio Estero
L’avvocato prese come base il contratto che la catena Hilton aveva sottoscritto nel 1948 con il Governo di Portorico per la costruzione di un hotel. Mediante questo accordo, la Hilton avrebbe amministrato l’albergo costruito dal Governo portoricano che ne avrebbe mantenuto la proprietà al quale avrebbe versato i due terzi degli utili.
Lazo ottenne che la
Hilton si interessasse dell’affare, ma non poté entusiasmare il Governo cubano
nel merito. Non ottenne niente nemmeno con orgasnismi autonomi né con la Cassa
Pensioni degli Zuccherieri. A quel punto apparve la Cassa Pensioni e Assistenza
Sociale dei lavoratori della Gastronomia che con i suoi depositi e prestiti che
avrebbe ottenuto dalla banca parastatale, avrebbe finanziato il progetto. La
Cassa la presiedeva Francisco Aguirre Vidaurreta, ministro del Lavoro ai tempi
del presidente Grau, ex rappresentante alla Camera e proprietario del
ristorante Kasalta. Il dittatore Fulgencio Batista gli dette il suo appoggio
immediato e dette vigore all’impegno. Era già il mese di giugno del 1953 e il
dottor Jorge Cubas, comproprietario dello studio, ottenne che The Trust Company
of Cuba finanziasse l’investimento. La cvostuzione ricevette anche prestiti dal
Banco para el Desarrollo Económico Social (Bandes) e del Banco Para el Fomento
Agrícola e Industrial de Cuba (Banfaic), entrambe aziende parastatali.
Batista davanti al plastico del costruendo Habana Hilton
Inizialmente si
calcolò che il costo delle opere sarebbe asceso a oltre 21 milioni di pesos.
Alla fine fu di 24 milioni. La Frederick Snare Corporation assunse la
costruzione e lo Studio di architetti Arroyo e Menéndez si fece carico della
direzione dell’opera.
L’hotel ebbe due
inaugurazioni. Una, informale, il 19 marzo del 1958 con la presenza di 300
invitati stranieri, tra loro stelle di Hollywood come Esther Williams e Ann
Miller. E un’altra, ufficiale, ala qualle assistette Martha Fernández, Prima
Dama della Repubblica. Batista non si presentò all’albergo in nessuna delle due
occasioni, ma si premurò di ricevere Conrad Hilton al Palazzo.
Cubani e non
Altri alberghi si
costruirono e inaugurarono nell’Avana di quegli anni ’50.
Nel 1957 apriva le
sue porte l’hotel residenziale Rosita de Hornedo, proprietà del senatore
liberale Alfredo Hornedo y Suárez, proprietario inoltre dei giornali El País e
Excelsior oltre al Mrecato Generale dell’Avana. Battezzò questa installazione,
di 172 appartamenti e due attici col nome della sua seconda moglie, Rosita
Almanza e la fece costruire vicino ad altre sue proprietà nella zona: il teatro
Blanquita, attuale Carlos Marx e lo stabilimento balneare Casino Deportivo,
oggi circolo sociale cristino Naranjo.
Un altro albergo di
quell’epoca è il Capri, con 18 piani e 217 camere, inaugurato il 1° dicembre
del 1957. Era proprietà di Jaime Canavés, catalano abitante all’Avana dal 1913
e proprietario della compagnia di costruzioni che portava il suo nome,
incaricata della costruzione dell’edificio. Canavés affittò l’albergo per 20
anni alla compagnia alberghiera Sheppard S.A. che era proprietaria degli
alberghi Ponce de León e Leamington, enrambi a Miami. Sheppard avrebbe pagato
per l’affitto 210.000 pesos all’anno.
Nel 1958 si
inaugurava l’hotel Flamingo (72 camere) anch’esso costruito con capitale cubano
a un costo di 700.000 pesos. Smpre con capitale cubano – più di un milione di
pesos – si costruì, nel 1952, l’hotel Copacabana (124 camere) l’unico, a parte
il Comodoro, che era anche club privato per soci. L’hotel Vedado – 120 stanze e
investimento di un milione e mezzo di pesos – è pure cubano, come lo è il
Bruzón – 150.000 pesos.
Batista el il maggior
proprietario dell’hotel Colony, all’Isola dei Pini, inaugurato la notte del 31
dicembre del 1958. L’Internacional di Varadero, costruito con capitale
americano nel 1949, fu acquisito da un gruppo di aziende cubane nel 1956. L’hotel
Jagua nella città di Cienfuegos, di sei piani, non si inaugurò fino al 1959.
Era proprietà di José López Vilaboy, beneficiario e testa di legno di Batista e
della famiglia proprietaria del Palazo del Valle in detta località.
A differenza degli
anteriori, lhotel Riviera si costruì con capitale straniero apportato,
specificamente, dalla mafia siciliano-nordamericana, anche se funzionari del
Governo di Batista appoggiarono l’operazione. Con 21 piani e 368 stanze –
superato solo dall’Habana Hilton – si inaugurò il 10 dicembre del 1957 con la
presenza del cardinale Manuel Arteaga che lo benedisse; Rafael Guas Inclán,
vice presidente della Repubblica; Justo Luis del Pozo, sindaco dell’Avana e non
pochi ministri del Governo. Fu un investimento di 12 milioni di pesos e il
terreno in cui fu edificato richiese il pagamento di 1.253.000 pesos. I loro
proprietari avaveno in mente la costruzione di un altro albergo col nome di
Monaco.
Chi è chi
Nicolás Arroyo
Márquez e Gabriela Menéndez, architetti coinvolti nella costruzione dell’hotel Habana
Hilton, era una distinta coppia di professionisti con studio e uffici
all’angolo della Quinta Avenida e la 72 a Miramar. Assieme al generale Roberto
Fernández Miranda, direttore generale dello Sport e cognatissimo di Batista,
Arroy era proprietario di Costruzioni Codeco che assumeva opere per incarico
del Governo batistiano.
Fu l’architetto
dell’ampliamento del reparto Biltmore e del prolungamento della Quinta Avenida.
Fra le altre opere anche il collegio Ruston, del Teatro Nacional, della Plaza
Civica ( de la Revolución), di dispensari medici per l’infanzia e per la
riabilitazione di invalidi e dell’Ospedale Navale 10 di Marzo.
Ministro delle Opere
Pubbliche di Batista, fu l’ultimo ambasciatore della dittatura negli U.S.A., occasione
che approfittò per migliorare l’edificio della sede diplomatica. In effetti,
negli archivi storici di Washington, il numero 2630 delle 16ma strada figura
come “una delle residenze più imponenti ed enigmatiche” della città; un
edificio “la cui origine si è persa nelle turbolnze di due guerre mondiali,
intrighi internazionali e una rivoluzione”.
Secondo gli scarsi
dati preservati, l’Ambasciata di Cuba, attuale Sezione d’Interessi a
Washington, si edificò nel 1917 come residenza dell’ambasciatore Carlos Manuel
de Céspedes, figlio del Padre della Patria. Nicolás Arroyo la ritoccherà.
Nonostante la fugacità del suo soggiorno, giunse a decorare la casa con tante
antichità che la rivista The Diplomat la qualificò “come una delle residenze
più belle della capitale”.
Mario Kuchilán, ne
los Fabularios che già da molti anni si diede a conoscere in questa pagina e
che poi si portò a libro diceva, e lui sapeva perché che Mario lazo dello
Studio Lazo e Cubas, era il principale agente della CIA nell’Isola. Almeno era
più informatodelle decisioni di Washington, rispetto a Batista, che lo stesso
ambasciatore e non era infrequente sopratutto già alla fine del batistato che
dicesse al diplomatico la piega che avevano i fatti. Lazo e Cubas
rappresentavano nell’Isola gli interessi dell United Fruit Sugar Company.
Il loro studio
rappresentò gli Stati Uniti durante la II Guerra Mondiale e negoziò, allora,
l’installazione degli impianti di Nicaro e poi quelli di Moa e la base arerea
di San Antonio. Rano i condiglieri legali della Camera di Commercio Americana
di Cuba che riuniva 180 ditte statunitensi tabilite nel Paese. Per loro
lavoravano 35 avvocati e quasi 80 impiegati.
Francisco Aguirre
Vidaurreta – che come abbiamo detto era presidente della Cassa di Pensione e
Assistenza Sociale dei Lavoratori Gastronomici, quella che finanziò la
costruzione dell’attuale Habana Libre – fu detenuto nei primi giorni del 1959,
per i suoi vincoli con la dittatura batistiana e il sindacalismo giallo. Con
intenzione di cercare rifugio in un’ambasciata, usci da casa sua una mattina
all’alba, sdraiato sul pavimento di un’automobile, fra il sedile anteriore e
posteriore. I miliziani che lo cercavano lo agguantarono.
Un milione per il casinò
In un principio si
volle costruire l’albergo in un isolato compreso fra le calles Prado,
Trocadero, Ánimas e Zulueta. Per situarlo dove alla fine si fece, si dovette
rompere la resistenza di Laura Bertinni,
vedova del citato Carlos Manuel de Céspedes, ad abbandonare la sua casa di 23 e
M. Perché lo facesse ricevette una piccola fortuna.
Santos Trafficante
controllava i casinò del cabaret Sans Soucí e degli alberghi Comodoro e Capri.
Meyer Lansky operava il casinò dell’hotel Riviera, forse il più lussuoso fra
quelli esistenti all’Avana. All’Habana Hilton i fratelli Roberto e Mario
Mendoza, in società con Clifford Jones, ex governatore aggiunto del Nevada
pagarono, nel gennaio del 1959, un milione di dollari per la concessione del
casinò per far si che non cadesse nelle mani di Joe Barbera e Frank Erickson,
accusati dell’omicidio di Albert Anastasia a New York. Anastasia fu fulminato
per le rivalità delle famiglie mafiose nella disputa per il controllo del gioco
all’Avana.
Già per allora, la
Cassa dielle pensioni e Assistenza Sociale dei Lavoratori Gastronomici, padrona
dell’hotel, lo aveva affittato alla catena Hilton per 20 anni a ragione che i
due terzi delle utilità lorde dell’operazione, nel caso non arrivassero a
250.000 pesos annuali, si ridurrebbero le utilità per l’affitto.
Area oggi occupata dall'Habana Libre
Area oggi occupata dall'Habana Libre
(Con informazione di Guillermo Jiménez)
Hilton: nada que
reclamar
La visita de Paris
Hilton a Cuba, con motivo del Festival del Habano, transcurrió con la
resonancia que era de esperar. La heredera de una de las grandes cadenas
hoteleras del mundo no limitó su estancia solo a La Habana, sino que estuvo
también en Soroa y en Cayo Largo, y en todas partes admiró a los que la
trataron por su sencillez y desenfado. En Varadero, donde también estuvo, se
robó el show del cabaret del hotel Internacional cuando subió al escenario,
agarró una tumbadora y acompañó a la orquesta antes de ponerse a bailar y
disputarles así el papel a bailarinas y figurantes.
La compañía Hilton
fue fundada por Conrad Hilton, el abuelo de Paris, en 1919, y manejaba en 1958
un capital de 196 millones de dólares. Algunos de los hoteles que operaba eran
propiedad de la cadena, otros los operaba bajo contrato de administración.
Conrad había estado casado con la actriz norteamericana Zsa Zsa Gabor y había
sido suegro de la también actriz Elizabeth Taylor. Tenía entre sus propiedades
los hoteles Waldorf Astoria, Stevens y Plaza, de Nueva York, la cadena Statler
y el hotel Castellana, de Madrid.
Se dice que la
Hilton reclamaría a Cuba el hotel que fue de su familia. En verdad, desconoce
el escribidor si fue una afirmación de la rica, bella y explosiva heredera, o
se la atribuyó algún periodista despistado. El caso es que esa empresa nada
tiene que exigir a Cuba, porque el hotel Habana Libre, llamado originalmente
Habana Hilton, fue operado bajo arrendamiento por la cadena, pero nunca lo tuvo
en propiedad.
El Habana Libre fue
siempre cubano. Lo es y lo seguirá siendo.
Negociaciones
La construcción del
hotel situado en la manzana enmarcada por las calles L, 23, 25 y M, en el
Vedado —una de las zonas más codiciadas de La Habana—, fue fruto de un largo
proceso. La negociación la llevó adelante el doctor Mario Lazo, del Bufete
Lazo-Cubas, instalado en el noveno piso del edificio Motor Center, en 23 e
Infanta, donde radica desde hace muchos años el Ministerio de Comercio
Exterior. El abogado tomó como base el contrato que en 1948 suscribió la cadena
Hilton con el Gobierno de Puerto Rico para la construcción de un hotel.
Mediante ese acuerdo, la Hilton administraría el hotel construido por el
Gobierno puertorriqueño, que retendría su propiedad y al que entregaría las dos
terceras partes de las ganancias.
Lazo logró que la
Hilton se interesara en el negocio, pero no pudo entusiasmar en el asunto al
Gobierno cubano. Nada consiguió tampoco con organismos autónomos ni con la Caja
del Retiro Azucarero. En eso apareció la Caja de Retiro y Asistencia Social de
los Trabajadores Gastronómicos que, con sus depósitos y los préstamos que
obtuviera de la banca paraestatal, financiaría el proyecto. La Caja la
presidiría Francisco Aguirre Vidaurreta, ministro del Trabajo en tiempos del presidente
Grau, ex representante a la Cámara y propietario del restaurante Kasalta. El
dictador Fulgencio Batista le dio su apoyo inmediato y calorizó el
empeño. Era ya el mes de junio de 1953, y el doctor Jorge Cubas,
copropietario del bufete, obtendría que The Trust Company of Cuba financiara la
inversión. La construcción recibió asimismo préstamos del Banco para el
Desarrollo Económico Social (Bandes) y del Banco para el Fomento Agrícola e
Industrial de Cuba (Banfaic) —los dos empresas paraestatales.
Inicialmente se
calculó que el costo de las obras ascendería a más de 21 millones de pesos. Fue
finalmente de 24 millones. La Frederick Snare Corporation asumió la
construcción, y la firma de arquitectos Arroyo y Menéndez se hizo cargo de su
dirección facultativa.
El hotel tuvo dos
inauguraciones. Una, informal, el 19 de marzo de 1958, con la presencia de 300
invitados extranjeros, entre ellos estrellas de Hollywood, como Esther Williams
y Ann Miller. Y otra, oficial, tres días después, a la que asistió Martha
Fernández, Primera Dama de la República. Batista no se portó por el hotel en
ninguna de las dos ocasiones, pero se apresuró a recibir a Conrad Hilton en
Palacio.
Cubanos
y no
Otros hoteles se
construyeron e inauguraron en La Habana de aquellos años 50.
En 1957 abría sus
puertas el hotel residencial Rosita de Hornedo, propiedad del senador liberal
Alfredo Hornedo y Suárez, dueño además de los periódicos El País y Excélsior, y
del Mercado Único de La Habana. Bautizó esta instalación de 172 apartamentos y
dos pent-house con el nombre de su segunda esposa, Rosita Almanza, y la hizo
construir aledaña a otras de sus propiedades en la zona: el teatro Blanquita,
actual Karl Marx, y el balneario Casino Deportivo, hoy círculo social Cristino
Naranjo.
Otro hotel de la
época es el Capri, con 18 pisos y 217 habitaciones, inaugurado el 1ro. de
diciembre de 1957. Era propiedad de Jaime Canavés, catalán avecindado en La
Habana desde 1913 y propietario de la compañía constructora que llevaba su
nombre, encargada de la construcción del edificio. Canavés arrendó el hotel,
por 20 años, a la compañía hotelera Sheppard S. A. Era dueña de los hoteles
Ponce de León y Leamington, ambos en Miami. Sheppard pagaría por el arriendo
del Capri 210 000 pesos anuales.
En 1958 se
inauguraba el hotel Flamingo (72 habitaciones), construido igualmente con
capital cubano a un costo de 700 000 pesos. También con capital cubano —más de
un millón de pesos— se edificó, en 1952, el hotel Copacabana (124
habitaciones), el único, aparte del hotel Comodoro, que era también club
privado para asociados. El hotel Vedado —120 habitaciones en una inversión de
millón y medio de pesos— es también cubano, como lo es el hotel Bruzón —150 000
pesos.
Batista era el
propietario principal del hotel Colony, en Isla de Pinos, inaugurado en la
noche del 31 de diciembre de 1958. El Internacional, de Varadero, construido
con capital norteamericano en 1949, fue adquirido por un grupo de firmas
cubanas en 1956. El hotel Jagua, en la ciudad de Cienfuegos, con seis pisos, no
se inauguró hasta 1959. Era propiedad de José López Vilaboy, beneficiario y
testaferro de Batista y de la familia dueña del Palacio de Valle, en dicha
localidad.
A diferencia de los
anteriores, el hotel Riviera se construyó con capital extranjero, aportado, en
específico, por representantes de la mafia siciliano-norteamericana, aunque
funcionarios del Gobierno de Batista respaldaron la operación. Con 21 pisos y
368 habitaciones —solo superado por el Habana Hilton— se inauguró el 10 de
diciembre de 1957 con la presencia del cardenal Manuel Arteaga, que lo bendijo;
Rafael Guas Inclán, vicepresidente de la República; Justo Luis del Pozo,
alcalde de La Habana, y no pocos ministros del Gobierno. Fue una inversión de
12 millones de pesos, y el terreno donde se edificó requirió el pago de 1 253
000 pesos. Sus propietarios tenían en mente la construcción de otro hotel con
el nombre de Mónaco.
Quién
es quién
Nicolás Arroyo
Márquez y Gabriela Menéndez, arquitectos facultativos en la construcción del
hotel Habana Hilton, eran una distinguida pareja de profesionales con estudio y
oficina en la esquina de Quinta Avenida y 72, en Miramar. Junto con el general
Roberto Fernández Miranda, director general de Deportes y cuñadísimo de
Batista, Arroyo era propietario de Construcciones Codeco, que asumía por
encargo obras del Gobierno batistiano.
Fue el arquitecto
de la ampliación del reparto Biltmore y de la prolongación de la Quinta
Avenida. También, entre otras obras, del colegio Ruston, del Teatro Nacional,
de la Plaza Cívica (de la Revolución), de dispensarios médicos para la infancia
y para la rehabilitación de inválidos, y del Hospital Naval 10 de Marzo.
Ministro de Obras
Públicas de Batista, fue el último embajador de la dictadura en EE.UU., ocasión
que aprovechó para mejorar el edificio de la sede diplomática. En efecto, en
los archivos históricos de Washington, el número 2630 de la calle 16 figura
como «una de las residencias más imponentes y enigmáticas» de la ciudad; un
edificio «cuyo origen se perdió en las turbulencias de dos guerras mundiales,
intrigas internacionales y una revolución».
Según los escasos
datos preservados, la Embajada de Cuba, actual Sección de Intereses en
Washington, se edificó en 1917 como residencia del embajador Carlos Manuel de
Céspedes, hijo del Padre de la Patria. Nicolás Arroyo la retocaría. Pese a lo
fugaz de su estancia, alcanzó a decorar la casa con tantas antigüedades que la
revista The Diplomat la calificó «como una de las residencias diplomáticas más
bellas de la capital».
Mario Kuchilán, en
los Fabularios que hace ya muchos años dio a conocer en esta misma página y que
llevaría luego a libro, decía, y él sabría por qué, que Mario Lazo, del Bufete
Lazo y Cubas, era el principal agente de la CIA en la Isla. Al menos, estaba
más enterado de las decisiones de Washington con respecto a Batista que el
propio embajador y no era raro, sobre todo ya al final del batistato, que le
dijera al diplomático por dónde iba la cosa.
Lazo y Cubas
representaban en la Isla los intereses de la United Fruit Sugar Company. Su
bufete representó a Estados Unidos durante la II Guerra Mundial y negoció
entonces la instalación de la planta de níquel de Nicaro y después la de Moa, y
la base aérea de San Antonio. Eran los consejeros legales de la Cámara de
Comercio Americana de Cuba, que agrupaba 180 firmas estadounidenses
establecidas en el país. Trabajaban para ellos 35 abogados y casi 80 empleados.
Francisco Aguirre
Vidaurreta —quien, como ya dijimos, era presidente de la Caja de Retiro y
Asistencia Social de los Trabajadores Gastronómicos, la que sufragó la
construcción del actual Habana Libre— fue detenido en los primeros días de
enero del 59, por sus vínculos con la dictadura batistiana y el sindicalismo
amarillo. Con el ánimo de buscar refugio en una embajada, salió de su casa, una
madrugada, acostado en el piso de un automóvil, entre el asiento delantero y el
trasero. Los milicianos que lo buscaban le echaron el guante.
Un
millón por el casino
En un inicio se
quiso construir el hotel en la manzana comprendida entre las calles Prado,
Trocadero, Ánimas y Zulueta. Para emplazarlo donde en definitiva se hizo, hubo
que romper la resistencia de Laura Bertinni, viuda del ya aludido Carlos Manuel
de Céspedes, a abandonar su casa de 23 y M. Para que lo hiciera, recibió
una pequeña fortuna.
Santos Trafficante
controlaba los casinos de juego del cabaret Sans Souci y de los hoteles
Comodoro y Capri. Meyer Lansky operaba el casino del hotel Riviera, quizá el
más lujoso de todos los existentes en La Habana. En el Habana Hilton los
hermanos Roberto y Mario Mendoza, en sociedad con Clifford Jones, ex gobernador
adjunto de Nevada, pagaron, en enero de 1959, un millón de dólares por la
concesión del casino con tal de que no cayera en manos de Joe Barbera y Frank
Erickson, acusados del asesinato de Albert Anastasia en Nueva York. Anastasia
fue fulminado por las rivalidades de las familias mafiosas en disputa por el
control del juego en La Habana.
Ya para entonces,
la Caja de Retiro y Asistencia Social de los Trabajadores Gastronómicos, dueña
del hotel, lo había arrendado a la hotelera Hilton por 20 años, a razón de las
dos terceras partes de las utilidades brutas de la operación, las que en caso
de que no llegaran a 250 000 pesos anuales se rebajarían de las utilidades del
arrendamiento.
(Con información de
Guillermo Jiménez)