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mercoledì 6 febbraio 2019

Evoluzione del traffico all'Avana

In questi ultimi anni il “traffico” veicolare è notevolemente aumentato rispetto agli anni precedenti al “periodo especial”, quando la benzina super era razionata (a me toccavano 120 litri al mese), la normale quasi introvabile e il diesel era solo per l’agricoltura o alcuni veicoli statali tipo autobus o pochi altri, i camion “Kamaz” erano a benzina. Con l’avvento del periodo di emergenza i carburanti erano ancora più scarsi e venivano venduti solamente in valuta, ma liberamente, secondo la disponibilità, cosa che poi è rimasta definitivamente. Iniziava il breve regno delle goffe e pesantissime biciclette cinesi, poi trasformate in bicitaxi.
Quei tempi mi ricordavano il secondo dopoguerra italiano fino alla metà degli anni ’50, quando è “nata” la Fiat 600, seguita poi dalla 500 che hanno accompagnato il “boom” economico, la crescita esponenziale del traffico e migliorato la tecnologia costruttiva dei veicoli a quattro ruote nazionali con i loro impianti produttivi, ma non solo, abbattendo i costi di produzione. Oltre a tutta una serie di veicoli storici e gloriosi, le prime ad essere pensionate, in quel periodo, furono le “Topolino” nelle loro versioni A, B e C, le auto della piccola borghesia. Le classi meno abbienti hanno cominciato ad avere accesso alla mobilità su ruote.
Una delle tante stranezze di Cuba è che un litro di carburante costa l’equivalente di oltre una giornata di lavoro, ma il traffico è in costante aumento con densità non ancora preoccupante, ma con piccole code e rallentamenti, allora impensabili.  Inoltre il costo dei veicoli è superiore a quello delle case. Il prezzo di un auto nuova è calcolato col “coefficiente 8” vale a dire che il suo costo di mercato è moltiplicato x 8, ovvero un’auto da 10 mila dollari ne costa 80 mila, si acquistano unicamente tramite i canali dello Stato e l’importazione è severamente vietata. Contestualmente è stata autorizzata la compravendita tra privati.
Quelle usate e quasi totalmente superiori ai 30 anni per le ex sovietiche e polacche o di oltre 50 per le folkloristiche americane, hanno a loro volta prezzi assurdi. Oggi, si vedono circolare molte Peugeot, Citroen, Renault, Volkswagen, oltre a varie marche asiatiche di media cilindrata che costano quasi come Ferrari o anche alcune auto tipo Mercedes, Audi, BMW o Suv 4x4 seppure non in modo massiccio, le quali raggiungono (quasi) il prezzo di una Rolls Royce. Vero è che molte hanno la targa “E” (Embajada), “D” diplomatico, “K” se con bollino azzurro di impresa mista o straniera e se priva di bollino indicano la proprietà privata di tecnico straniero con residenza temporanea, “T” con bollino blu per turismo o comunque a noleggio, oppure “B” con bollino azzurro che indicano la proprietà di azienda o organismo statale, ma molte esibiscono la targa “P” ovvero particular (privata). Vero anche è che alcune di queste vetture non recentissime, magari sono state importate da chi fosse autorizzato, in tempi in cui era ancora permesso o acquistate con i risparmi e l’autorizzazione, poi revocata, di chi aveva compiuto missioni internazionaliste. Altro problema è rappresentato da accessori e ricambi, praticamente introvabili e solo di possibile importazione (questa è consentita), però solo cambiare una gomma può costare oltre un anno di stipendio normale.
A questo si aggiunge, nonostante lo stato disastrato delle strade, il moltiplicarsi delle moto, maggiormente di piccola cilidrata, se a motore, oppure a trazione elettrica si provenienza cinese o comunque asiatica. Di tanto in tanto si intravvede ancora qualche “Ural” con sidecar, la brutta copia sovietica delle BMW tedesche degli anni ’40 usate in guerra, oppure le “Soyuz”, più voluminose che potenti o ancor più rare le “MZ” o “Java”. La scarsa conoscenza del codice o il menefreghismo di questi  motociclisti rappresenta un pericolo, sopratutto, per la loro incolumità e problemi per conducenti di veicoli a quattro ruote che peraltro, molti di loro, non sono il massimo di educazione e/o abilità.

La maggior parte di questi veicoli elettrici è di poca potenza, ma ce ne sono alcuni abbastanza veloci e potenti fatti ad imitazione di grosse cilindrate a motore tradizionale. Il bello è che questi piccoli bolidi sono esenti da immatricolazione e relativa targa. Non mi sembra il caso dell’estremismo del Guatemala dove anche le biciclette sono targate, ma penso che almeno per i veicoli di maggior dimensione e potenza, seppure a trazione elettrica si dovrebbe prendere qualche misura amministrativa.




































Aeromorto



giovedì 31 gennaio 2019

La strana coppia


giovedì 10 gennaio 2019

Amare riflessioni di un vecchio rincoglionito


Da quando ho l’uso del comprendonio, sento sempre le varie generazioni (me compreso) che criticano le successive (a torto o ragione) per il loro modo di essere o di comportarsi. In merito all’essere, mi sembra normale con l’evoluzione e il progresso: non possono essere uguali persone che non conoscevano, per esempio e per non andare più indietro, la luce elettrica o l’acqua corrente in casa, da altre che a tre anni usano già PC, Tablet, I-Phone e apparati del genere che chissà cosa riserverà (ad altre generazioni) il futuro. In merito al comportamento invece sono stupìto, proprio perché col passare del tempo e col progresso l’intelligenza, la conoscenza e la cultura, migliorano, o dovrebbero, non capisco come mai si perdono sempre più le basi di un minimo di educazione, rispetto e socialità con il prossimo. Sono quotidiani ed evidenti i segni di disprezzo del prossimo, vandalismo o maleducazione. Per fare altri esempi: come quelle di non cedere il posto a sedere sui mezzi pubblici a persone anziane, sofferenti, vibilmente discapacitate o donne in dolce attesa, così come tenere apparecchi musicali a tutto volume giorno e notte, dalle auto alle case, strade o medesimi mezzi pubblici. Si diventa sempre più dipendenti dalla tecnologia della comunicazione arrivando al punto che due persone, sedute fianco a fianco, si scambino, tramite i telefoni portatili, messaggini in lingua semi criptica invece di guardarsi in faccia e parlarsi. Personalmente non sono contrario al progresso e la tecnologia, infatti uso questi mezzi per esprimere le mie, discutibili, opinioni al plurale e con persone non raggiungibili fisicamente, ma non certo per propagandare astruse teorie sul fatto che la Terra è piatta, come succede. Ben venga il progresso tecnologico se ci deve, come lo vedono i progettisti, aiutare a migliorare la vita, non per peggiorarne la qualità. Ma, forse, la qualità è migliore scrivendosi nell’etere stando a due centimetri di distanza. Chissà.
Questa dipendenza, tecnologica, sembra avere le stesse radici e i sintomi delle dipendenze da stupefacenti o dall’abuso di droghe legali come alcol, tabacco o caffè.

Da parte mia, sono contento di essere nato e aver mosso i primi passi in un mondo che usciva da una guerra che non ha aggettivi per essere definita. Di non aver vissuto l’infanzia sotto dittature più o meno “morbide” e contro la mia volontà. Poi con la crescita (legata anche alla tecnologia) aver visto il miglioramento della qualità di vita, la caduta di regimi di destra e sinistra i cui dirigenti interpretavano il progresso sociale a beneficio proprio o malinterpretavano i Dogmi e le Ideologie, in buona o mala fede. Indubbiamente non si è finito lì, c’era ancora moltissimo da fare anche nell’Occidente Cristiano, ma oggi mi sembra che con la globalizzazione si stiano facendo strada movimenti che rimpiangono o vorrebbero peggiorare certi malanni del passato. Ricordo, in Italia, l’ultimo dopoguerra fino agli anni ’80 quando si è cominciato ad avere un certo degrado, dopo la lenta e costante ricostruzione dalle macerie economiche e morali. “Prima” i capitalisti che non erano certo dame della carità, vivevano nel lusso sfrenato che si erano creati in modi leciti o a volte no o che avevano ereditato. I lavoratori, ovviamente, non erano contenti e si erano creati sindacati e leggi che seppur non impoverendo i ricchi impedivano, a loro, di abusare oltre un certo limite. La classe “alta” mangiava a quattro palmenti, ma lasciava gli avanzi al proletariato, poi si è creata la “recessione”. Quasi da un giorno all’altro si sono susseguiti fallimenti, licenziamenti, disoccupazione, lavoro “nero”, chiusure o trasferimenti di fabbriche che davano lavoro a decine se non a centinaia di migliaia di lavoratori di ogni categoria. Allora (meglio tardi che mai) ho capito che il vero potere è quello economico, i politici sono solo lo strumento che mostra la faccia. Guarda caso non ci sono più “borghesi illuminati”, ma solo affaristi senza scrupoli. A fare le nuove leggi e provvedimenti ci sono i “nuovi politici”, sic!!! Nuovi partiti o movimenti che predicano il cambio, da una parte o dall’altra, ma che alla fine pur di raggiungere o mantenersi al Governo che si nutre e a sua volta alimenta il vero potere, quello economico e che si prestano, come i loro disprezzati predecessori, ad alleanze quantomeno contraddittorie nei termini di programmi o promesse e nel terzo millennio, avanzano prepotentemente fazioni che praticano o vorrebbero praticare l’esatto contrario di quello che predicava l’ispiratore dell’Occidente Cristiano, ovvero lo stesso Gesù Cristo, disputato fra palestinesi ed ebrei per le sue origini il quale, pur essendo nato in Palestina, era discendente dalla religione ebraica e non era certo di razza ariana né avea capelli biondi e occhi azzurri. Sicuramente Lui non avrebbe detto (sempre per esempio): America first!

venerdì 21 dicembre 2018

Come cambiano i tempi

Come cambiano i tempi! Dopo la vittoria della Rivoluzione e fino alla prima metà degli anni ’80 c’era una rivista in bianco e nero, edita dal Ministero del Commercio Interno che si chiamava “Opina”. Il suo Direttore responsabile era l’allora vice Ministro Eugenio Rodríguez Balari. La pubblicazione, settimanale, andava letteralmente a ruba, anche per la relativa tirata limitata. Piaceva molto, specie alle signore, per i suoi contenuti leggeri fra i quali anche l’oroscopo. Una delle sue sezioni era data dagli annunci economici. Improvvisamente, Opina sparì come, poco dopo, il suo Direttore responsabile col quale avevo avuto una piacevole cena in compagnia di amici. La o le ragioni di questa scomparsa erano per le difficoltà affrontate dalla stampa scritta in generale o anche perché considerata di stampo “capitalista”? Ai postini l’ardua sentenza. Intanto, recentemente, è apparsa “Offerta” che ha il taglio che aveva “Opina”, ovviamente adeguato ai tempi e guarda caso ha un inserto dedicato agli annunci economici...




mercoledì 19 dicembre 2018

È difficile usare logica e buon senso?

ÈDIFFICILE USARE LOGICA E BUON SENSO?











Personalmente credo che noi appartenenti al “Primo mondo”, particolarmente  gli europei abbiamo, del resto come tutti, pregi e difetti. Alcune di queste doti che per alcuni sono pregi e vengono apertamente manifestati, chi li considera difetti non li dimostra, ma credo che esistano latenti e inconsci dentro di noi anche se non lo vogliamo ammettere e tantomeno manifestare.
Fra queste caratteristiche classificherei, per esempio: il colonialismo, l’eurocentrismo, l’individualità che rasenta l’egoismo, l’affarismo sfrenato, la prevaricazione e il complesso di superiorità. Questi sono esempi di quelli che per me sono difetti e per altri virtù. In compenso però abbiamo doti che sono certamente positive universalmente come ad esempio: la cultura, il buon gusto e il senso della logica. Cosa che nel “resto del mondo” a volte può mancare o essere insufficiente. La mancanza, almeno di senso della logica, mi sembra che a Cuba si manifesti abbastanza nell’organizzazione di molti eventi a carattere internazionale, particolarmente quelli dedicati al grande pubblico.
Negli anni ’80 del secolo scorso, Fidel Castro ebbe l’idea di far costruire uno spazio espositivo chiamato Expocuba, fatto su scala infinitamente minore a modo imitativo della moscovita Vedenkhà che raccoglieva i successi economici e scientifici sovietici, con particolare riguardo alle conquiste spaziali e doveva esporre a Cuba le indubbie conquiste della Rivoluzione nei diversi padiglioni di settore.
Questo spazio, al sud est dell’Avana è stato, ed è tuttora, grandemente sub utilizzato se si considera che l’unico evento importante si svolge una settimana all’anno ed è la Fiera Internazionale dell’Avana. Considerando che un’altro spazio espositivo, il Pabexpo è ormai insufficiente e il Pabellon Cuba lo è ancor molto meno il resto delle Fiere, più o meno popolari e importanti, vengono generalmente svolte all’interno della fortezza di San Carlos de la Cabaña, un luogo che indubbiamente è di un fascino mozzafiato a qualunque ora del giorno e con ogni condizione atmosferica per le sue caratteristiche architettoniche, paesaggistiche e panoramiche. Peccato che è totalmente inadatto a ricevere mostre mercato nelle sue viscere anguste e buie dove si è costretti a percorrere a vuoto lunghe camminate, su un incomodo selciato, per cercare quello che si vorrebbe vedere. La Fiera del Libro, la Convenzione del Turismo e la medesima FIART ed altre che potrebbero venire, sono soffocate in cotanto ambiente che è completamente contrario allo spirito di mostre mercato di grande affluenza, sia di espositori che di pubblico.
Il senso della logica suggerirebbe di utilizzare meglio e di più, in modo pressoché permanente, lo spazio di Expocuba che è anche suscettibile di ampliamenti e crescita in altezza (senza esagerare). Se si tratta di attrarre il pubblico in modo massiccio alla “Cabaña” credo ci siano altri modi culturali e ricreativi con attività che possano utilizzare gli ampi spazi aperti come concerti e spettacoli che peraltro si sono già effettuati. Al di là di queste sporadiche attività sono sempre convinto che un giorno di “tour delle Fortezze” dell’Avana: Morro, Cabaña, Real Fuerza, Punta, Puntilla, Atarés e Principe, possa essere attrattivo e interessante per il turismo sia internazionale che interno. Basta attrezzarle e attrezzarsi, così si raggiungrebbe uno scopo più consono agli ambienti.
Penso che fra le manifestazioni effettuate e da effettuare, probabilmente l’unica che potrebbe giovarsi dell’ambiente sarebbe la Biennale d’Arte dell’Avana, particolarmente negli ampi spiazzi e cortili..

Speriamo che chi ha voce in capitolo si renda conto, a rigor di logica che probabilmente quanto ho modestamente espresso, seppure come opinione personale, possa essere una vantaggio per tutti coloro che usufruiscono dei luoghi menzionati.









Ciro Bianchi 51 anni di carriera

Nel pomeriggio di ieri, l’UNEAC (Associazione degli Artisti e Scrittori di Cuba) ha conferito un omaggio alla carriera, per i suoi 70 anni di cui 51 di professione, a Ciro Bianchi, cubano da cinque generazioni e italiano di origine come fanno fede il suo nome e cognome.
Ciro è titolare da oltre 17 anni di una colonna di storia e costume sull’edizione domenicale di Juventud Rebelde, dove ha pubblicato 887 dei suoi scritti manifestando amore e conoscenza per la sua città, relativa storia, cultura e tradizioni. Ha partecipato e partecipa come esperto e consulente a un’infinità di trasmissioni televisive ed è autore di oltre 30 libri che raccolgono immagini di vita dell’Avana di ieri e di oggi. Nella sua lunga carriera, oltre a tanti riconoscimenti, ha ottenuto due Premi Nazionali di Giornalismo  “José Martí”.
Il suo primo articolo è stato pubblicato su “El Mundo”, uno dei maggiori quotidiani dell’Avana di ieri, quando aveva solo 17 anni e il testo era piaciuto al direttore a cui lo aveva sottoposto. Il lavoro gli venne pagato come collaboratore, ma la sua cera carriera è iniziata solo dopo un paio d’anni di praticantato presso il medesimo giornale e pagato a prestazioni. Ai suoi inizi, “costretto” a pubblicare sulle stesse pagine di famosi  e popolari colleghi più anziani, fra i quali anche Gabriel García Márquez, aveva timore di pubblicare articoli di cronaca o di opinione e quindi decise di essere intervistatore di personaggi famosi pensando: “Se non leggono me, per la mia firma sconosciuta, leggeranno per sapere di più sull’intervistato”. Poi si è giustamente conquistato la sua popolarità e affetto del pubblico.

Tanti auguri e lunga vita di lavoro, Ciro.







martedì 18 dicembre 2018

Venezia all'Avana, FIART 2018

Dopo la chiusura del 40° Festival del Nuovo Cine Latinoamericano, prosegue la XXII edizione della FIART (Fiera Internazionale dell’Artigianato), inaugurata lo scrso 6 di dicembre, come il Festival, ma che prosegue fino al 21 con il Messico come Paese invitato d’onore.

Durante una breve visita ai padiglioni, ho avuto una gradita sorpresa: entrando a curiosare nel padiglione dell’India, a un certo punto mi sono trovato di fronte ad oggetti di una certa familiarità e guardandomi bene attorno mi sono accorto di essere nello stand dell’unico Artigiano rappresentante l’Italia e in particolare la sua Venezia, con articoli di bigiotteria lavorati in vetro. Dopo una breve e frettolosa presentazione, l’incontro ha preso più corpo scoprendo che Massimiliano, Maestro nell’arte del vetro e disegnatore delle sue collezioni per la sua azienda, MUMU, mi ha riconosciuto essendo anche un lettore delle mie note sul blog, così che abbiamo preso l’impegno di rivederci in compagnia delle nostre mogli cubane, Ania che e anche collaboratrice nel lavoro e  Cecilia.