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lunedì 21 ottobre 2013

Altre leggende cubane, di Ciro bianchi Ross, pubblicato su Juventud Rebelde del 20/10/13

Se si tratta di pesce ripieno non c’è niente che superi, a Cuba, il pargo (pesce caratteristico dei mari tropicali n.d.t.) che don Francisco Marty Torrens ossequiò il 2 ottobre del 1840, a doña María del Rosario Fernández de Santillán, sivigliana, figlia dei marchesi di Motilla e sposa del Capitano Generale di Cuba, don Pedro Téllez Girón, principe di Anglona. L’aneddoto è raccontato dallo scrittore Álvaro de la Iglesia nelle sue “Tradizioni cubane”.
Chi erano questi personaggi? Don Pedro era il secondogenito del Duca di Osuna e come tale la legge della primogenitura - che riservava tutta la fortuna e la dignità al primo nato - lo condannava alla miseria, ma ebbe i favori di un Re che lo fece cadetto ai tre anni di età, capitano ai sette e tenente colonnello ai nove, e nella gioventù conquistò gloria e denaro. Governò l’Isola per 14 mesi.
Don Pancho Marty Torres giunse a Cuba, come molti spagnoli, in pantofole e con un enorme baule di illusioni che riuscì a materializzare, si convertì in uno degli uomini di maggiori ingressi e influenza dell sua epoca, con accesso libero e diretto alle persone vicine e agli stessi governatori generali. Questi cambiavano di tanto in tanto, ma la scalata di don Pancho non soffriva retrocessioni. Fu uno dei più grandi commercianti di schiavi e una concessione del Governo coloniale gli permetteva di sfruttare a suo favore il lavoro dei detenuti del carcere dell’Avana.
Col lavoro dei prigionieri, per l’appunto, edificò il Teatro Tacón, il più importante e frequentato della capitale, convertendosi nel suo impresario, cosa che gli permise di scremare gli autori che vedevano rappresentate le loro opere lì.
Possedeva altri beni, varie tenute agricole rustiche ed estese, proprietà immobiliari, così come due cantieri navali dove si riparavano i vascelli destinati alla tratta dei negri. Ma non finiva lì: don Pancho esercitava anche il monopolio del pesce all’Avana, privilegio a vita, nonostante le proteste del Municipio avanero.
Molti si sorprenderanno al sapere che la splendida Piazza della Cattedrale fu, per anni, una palude formata dalle acque che fuoruscivano dalla cosiddetta Fossa Reale, nel vicolo del Chorro (getto n.d.t.), il primo acquedotto della capitale. Era esattamente dietro alla Cattedrale dove c’era la sede principale degli affari di Pancho Marty col pesce, la cosiddetta pescheria El Boquete (il boccheggio n.d.t.), con ghiacciaia e locali per la vendita di ami ed esche dove, nonostante tutti i suoi soldi abitava, forse per il detto “l’occhio del padrone ingrassa il cavallo” o, in questo caso, i pesci. El Boquete aprì le sue porte grazie al permesso del capitano generale Miguel Tacón e rimase fino al 1895.
La vigila del 2 di ottobre, giorno della festa della Vergine del Rosario, don Pancho domandò alla principessa di Anglona cosa volesse di regalo per il suo onomastico. La dama non seppe cosa rispondere, ma davanti all’insistenza del catalano si decise. - Ebbene, Marty, mandatemi un pargo per il pranzo - disse.
Don Pancho lo promise e il giorno successivo, la mattina presto, giunse al apalazzo dei Capitani Generali un negro della sua servitù portando, in un vassoio di argento massiccio e coperto con un tovagliolo finemente ricamato, un magnifico esemplare di pargo di San Rafael, come era conosciuto questo pesce.
Era accompagnato da questo messaggio: “Doña Rosario, che la passi felicemente. Apra la pancia del pargo”.
Il testo della nota provocò dapprima la risata dei principi di Anglona e poi la curiosità. Esaminarono il pargo da un estremità all’altra, lo soppesarono. C’era qualcosa di strano in quell’animale: pesava molto, sembrava di piombo.
“Questo pargo ha dentro qualcosa”, commentò fra i denti don Pedro e ordinò che lo aprissero.
Eccome se c’era qualcosa! Dal suo interno caddero sul vassoio non si sa quante once d’oro e parrucche naturali, che lasciarono a bocca aperta la coppia di alto lignaggio.

Il Cristo della grotta

Si chiamava don Pedro...Il suo cognome si è perso nel tempo, nelle nebbie della leggenda. Correva il primo terzo del XIX° secolo nella città di Matanzas dove, in una grande casa patrizia della calle del Río viveva don Pedro. Aveva 48 anni e molti schiavi al suo servizio, i suoi beni erano cospicui. Suo figlio di 17 anni, Fernando, studiava all’Avana.
Era un soggetto dei quali si dice: scorza dura e cuore d’oro. Retto, esecutore dei suoi doveri, benevolo, di mano aperta coi poveri, cristiano da messa quotidiana e comunione settimanale. In realtà c’erano due don Pedro: il buono e l’irascibile. Si dice che l’unica cosa che alterava la pace di quel palazzo fosse l’irascibilità del padrone, scrive Ámerico Alvarado Sicilia in una delle sue Leggende di Matanzas.
Goyo, uno degli schiavi della casa, era diventato il braccio destro di don Pedro. Era un negro sulla cinquantina, anch’egli vedovo e padre di una ragazza di 14 anni, Isabel; corpo scolpito di donna, faccia da bambina ribelle e occhi dove l’allegria posava quotidianamente la sua luce tintinnante. Don Pedro l’aveva vista crescere in casa sua e la privilegiava. Quando, il mattino entrava nella sua stanza per servirgli la colazione, don Pedro cercava sempre di trattenerla con qualunque scusa e conversava con lei in tono paterno.
Giunse l’estate e tornò il ragazzo Fernando per le vacanze, tornando ad essere per suo padre quello che era sempre stato: il centro della sua vita; la vita stessa. L’allegria di Isabel, la schiava viziata, si orientò verso il ragazzo Fernando. La colazione quotidiana a letto...La bellezza della ragazza...I 17 anni di lui e i 14 di lei...Le occasioni propizie...Tutto si trasformò in un labirinto d’amore e la schiava finì concedendosi fino all’impossibile. Un figlio di Fernando rimase nel ventre di Isabel al suo ritorno agli studi all’Avana.
A partire da quel momento, l’allegria di Isabel si convertì in un pianto nascosto. Nessuno sospettò della sua gravidanza. Confesso,di sentirsi malata, col ventre pieno d’acqua. Don Pedro volle far venire il medico, ma la ragazza trovò scuse per rimandare la visita. Quando venne il momento, fuggì da casa. Sapeva che nella grotta dell’Indio, nell’alveo del fiume Yumurí, avrebbe trovato rifugio.
Scendeva la sera. La grotta si riempiva di ombre, quando Isabel sentì i dolori del parto. Ebbe paura. In ginocchio, stretta ad una delle pareti della caverna, annientata dai dolori, chiese aiuto a Dio. E la richiesta fu ascoltata. Sopra la testa della ragazza apparve, incrostata nella roccia una croce nera e inchodato ad essa, un Cristo dalla bianchezza abbagliante. Il Cristo schiodò le sue mani e le protese sopra Isabel. Non aver paura, disse. Sono qui.
Intanto, nela casa di calle del Río don Pedro, infuriato, seppe che Isabel era nascosta nella grotta. Lui stesso la andò a cercare per darle quello che si meritava. Con la frusta in mano, entrò nella caverna accecato dall’ira avanzando verso la ragazza che implorava il perdono con voce rotta dal pianto. Improvvisamente don Pedro vide la croce nera incrostata nella pietra e, inchiodato ad essa, il Cristo bianchissimo. La frusta cadde al suolo e don Pedro inginocchiato, sentì speranza paura e amore nel suo cuore. Questa donna ti ha dato un nipote, disse Cristo. Sei obbligato a vigilare su di lei e sul bambino.

Il gabbiano di San Giovanni

Questa è una storia d’amore e di odio. Di ambizione e di egoismo. Si svolge a Matanzas e, come ogni buona storia, comincia d’inverno. Nel già lontano inverno del 1795, quando la città yumurina contava appena 6000 abitanti all’incirca. A quel tempo, in una casupola di tavole e guano che si trovava sulla sponda del río San Juan, viveva una vecchia schiava che tutti conoscevano come Ma Teresa. Con lei c’era sua nipote. Si chiamava Julia Rosa, aveva una pelle di seta e un viso che faceva piacere vedere per la sua bellezza. Un viso sottolineato dalla perfezione di due occhi verdi che gettavano al mondo l’allegria dei suoi 17 anni d’età. Ma Teresa non era una schiava qualunque. Viveva come una negra libera, fuori dalla casa famigliare, senz’altro obbligo che quello di crescere Julia Rosa e grazie al vitalizio che gli faceva arrivare senza mai mancare, don Sebastian, opulento abitante della città, con residenza in una splendida casa della Calle del Medio. Don Sebastian aveva gli occhi verdi e, dicevano le malelingue, che Julia Rosa, la nipote di Ma Teresa fosse sua figlia.
Le interiorità del fatto erano ben conosciute da doña Rosario, la sorella di Sebastian. Non vedeva di buon occhio che Ma Teresa vivesse fuori della loro magione. La verità è che doña Rosario sapeva che le visite frequenti di suo fratello alla casetta del fiume San Juan con motivo di fare una visita alla “bambina” causavano che continuasse a permanere lo scandalo che scosse Matanzas quando don Sebastian pianse in pubblico Julia, morta dopo aver dato alla luce Julia Rosa, quella bambina dagli occhi verdi che poteva passare perfettamente per bianca. Fra l’altro a doña Rosario dava fastidio la ragazza. Suo figlio Felipe avrebbe ereditato dallo zio Sebastian, ma parte del capitale e delle proprietà potevano spettare a Julia Rosa. Bisognava pensare a queste cose, Felipe aveva già 25 anni e il desiderio di doña Rosario era di vederlo sposato con Elvirita, la figlia di doña María Elvira.
Racconta il già citato Álvarado Sicilia in un’altra dele sue Leggende di Matanzas, che la notizia giunse alla famiglia per due strade. Doña Rosario lo seppe il mattino, all’uscita dalla messa, mentre don Sebastian lo seppe nel pomeriggio, mentre prendeva il fresco guardandosi in giro e facendosi vedere in piazza dela Vigía (sentinella n.d.t.). Una notizia sorprendente, sconcertante: il ragazzo Felipe faceva visite quotidiane a casa della schiava Ma Teresa attratto, com’era, da Julia Rosa, senza sapere che questa fosse sua cugina. Se la notizia sconfortò doña Rosario, più danni fece a doña María Elvira, la madre di Elvirita, la fidanzata di Felipe. Che fare? Maria Elvira pensò che Tata Mongo, lo schiavo più vecchio di casa sua potesse avere la soluzione. In effetti, Tata Mongo, assicurò che avrebbe risolto il problema del ragazzo Felipe. Lui aveva poteri segreti che gli conferì la sua tribù quando lo fecero capo degli stregoni e che gli permettevano di parlare con gli dei che continuavano ad ascoltare le sue richieste e invocazioni. Doña Rosario non ci pensò due volte e ordinò al vecchio Tata Mongo che si superasse nel suo lavoro.
Tata Mongo arrivò alla casetta del fiume San Juan quando era già l’ora del tramonto. Ma Teresa era uscita e Julia Rosa era sola. Le portava un dolce di cocco. Mentre la ragazza lo assaporava, Tata Mongo non cessava di parlare. Parlava di come in Africa gli stregoni convertivano le donne in uccelli. Anche lui poteva farlo. Se ti converto in uccello, disse, sarai immortale. Julia Rosa seguiva le sue parole tra l’interessata e l’inquieta... Rise molto, ma subito dopo ebbe paura.
Don Sebastian era come impazzito. Ma Teresa piangeva sempre. Felipe, disperato, non sapeva già dove cercare Julia Rosa. Doña Rosario cominciò a sentire l’angustia di un atroce rimorso. Julia Rosa era scomparsa...
Passò il tempo. Una sera Ma Teresa disse di sapere quello che era successo a sua nipote. Uno stregone l’aveva convertita in gabbiano. Nessuno la prese sul serio, ma alcuni giorni dopo Felipe vide un gabbiano che lo guardava in modo strano. Aveva gli occhi verdi. Alcuni mesi dopo Felipe morì, pazzo, innamorato di un gabbiano.
Il gabbiano dagli occhi verdi del fiume San Juan vola molte spesso, la sera, sulla città di Matanzas. Non è morto. Non può morire.


Otras leyendas cubanas

Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
19 de Octubre del 2013 20:17:48 CDT

En lo que a pescado relleno se refiere, nada supera en Cuba al pargo
que don Francisco Marty Torrens obsequió, el 2 de octubre de 1840, a
doña María del Rosario Fernández de Santillán, sevillana, hija de los
marqueses de Motilla y esposa del Capitán General de Cuba, don Pedro
Téllez Girón, Príncipe de Anglona. La anécdota la cuenta el escritor
Álvaro de la Iglesia en sus Tradiciones cubanas.
¿Quiénes eran esos personajes? Don Pedro era hijo segundón del Duque
de Osuna, y, como tal, la ley de mayorazgo —que reservaba toda la
fortuna y la dignidad para los primogénitos— lo condenaba a la
miseria, pero tuvo el favor de un rey que lo hizo cadete a los tres
años de edad, capitán a los siete y teniente coronel a los nueve, y en
su juventud conquistó gloria y dinero. Gobernó la Isla durante 14
meses.
Don Pancho Marty Torrens llegó a Cuba, como muchos españoles, en
alpargatas y con un baúl enorme de ilusiones que logró materializar,
pues se convirtió en uno de los hombres de mayor caudal e influencia
de su tiempo, con acceso libre y directo al entorno íntimo de los
gobernadores generales. Estos cambiaban de cuando en cuando, pero la
ascendencia de don Pancho no sufría menoscabo. Y es que fue uno de los
más grandes comerciantes de esclavos y una concesión del Gobierno
colonial le permitía explotar en su provecho el trabajo de los
reclusos de la Cárcel de La Habana.
Con trabajo de presos, precisamente, edificó el Teatro Tacón, el más
importante y concurrido de la capital, y se convirtió en su
empresario, lo que le permitió esquilmar a los autores que allí veían
representadas sus obras.
Poseía, entre otros bienes, varias fincas rústicas y extensas,
propiedades inmuebles, así como dos astilleros, donde se reparaban
buques destinados a la trata negrera. Ahí no acababa la cosa: don
Pancho ejercía asimismo el monopolio del pescado en La Habana,
privilegio vitalicio, pese a las protestas del Ayuntamiento habanero.
Muchos se sorprenderán al saber que la hermosa Plaza de la Catedral
fue, años ha, una ciénaga formada por las aguas que se derramaban de
la llamada Zanja Real, en el Callejón del Chorro, el primer acueducto
de la capital. Era precisamente detrás de la Catedral donde Pancho
Marty tenía la sede principal de su negocio de pescado, la llamada
pescadería El Boquete, con nevería y locales para el expendio de
avíos, y donde, pese a todo su dinero, residía, tal vez por aquello de
que «el ojo del amo engorda el caballo» o, en este caso, los peces. El
Boquete abrió sus puertas por indicaciones del capitán general Miguel
Tacón en 1836 y allí estuvo hasta 1895.
La víspera del 2 de octubre, día de la fiesta de la Virgen del
Rosario, don Pancho preguntó a la Princesa de Anglona qué quería que
le regalase por su santo. La dama no supo qué contestar, pero ante la
insistencia del catalán, se decidió. —Pues bien, Marty, mándeme un
pargo para el almuerzo— dijo.
Se comprometió don Pancho y al día siguiente, temprano en la mañana,
llegó al palacio de los Capitanes Generales un negro de su dotación
que portaba, en una bandeja de plata maciza y cubierto por una
servilleta de fino encaje, un ejemplar magnífico de los llamados
pargos de San Rafael.
Lo acompañaba este mensaje: «Doña Rosario: Que los pase muy felices.
Ábrale la barriga al pargo».
El texto de la nota provocó primero la carcajada de los príncipes de
Anglona y luego la curiosidad. Examinaron el pargo de un extremo al
otro, lo sopesaron. Algo raro había en aquel animal: pesaba mucho,
parecía de plomo.
«Este pargo tiene algo dentro», comentó entre dientes don Pedro y
ordenó que lo abrieran.
¡Y vaya si lo tenía! De su interior cayeron en la bandeja no se sabe
ya cuántas onzas de oro, peluconas legítimas, que dejaron con la boca
abierta a la encumbrada pareja.

El Cristo de la cueva

Se llamaba don Pedro… Su apellido se perdió en el tiempo, en la bruma
de la leyenda. Corría el primer tercio del siglo XIX en la ciudad de
Matanzas, y en una casona palaciega de la calle Del Río vivía don
Pedro. Tenía 48 años de edad, lo servían muchos esclavos y eran
cuantiosos sus bienes. Su hijo de 17 años, Fernando, estudiaba en La
Habana.
Era el sujeto lo que se ha dado en llamar un hombre de cáscara amarga
y corazón de oro. Recto, cumplidor de sus deberes, bondadoso, de mano
abierta para el pobre y cristiano de misa diaria y comunión semanal.
En realidad, había dos don Pedro, el bueno y el irascible. Se dice que
lo único que alteraba la placidez de aquella casona era la
irascibilidad del amo, escribe Américo Alvarado Sicilia en una de sus
Leyendas matanceras.
Goyo, uno de los esclavos de la casa, se había convertido en la mano
derecha de don Pedro. Era un negro cincuentón, también viudo, y padre
de una muchacha de 14 años, Isabel; cuerpo de mujer escultural, cara
de niña traviesa y ojos donde la alegría ponía a diario su luz
cascabelera. Don Pedro la había visto crecer en su casa y la
favorecía. Cuando en las mañanas ella entraba a su cuarto para
servirle el desayuno, don Pedro trataba siempre de demorarla con
cualquier pretexto y conversaba con ella en tono paternal.
Llegó el verano y regresó el niño Fernando, de vacaciones, y volvió a
ser lo que había sido siempre para su padre: el centro de la vida; la
vida misma. Y la alegría de Isabel, la esclava mimada, apuntó hacia el
niño Fernando. El desayuno diario en la cama… La belleza de la
muchacha… Los 17 años de él, los 14 de ella… Las ocasiones propicias…
Todo se hizo laberinto de amor y la esclava terminó entregándose al
imposible. Un hijo de Fernando quedó en el vientre de Isabel cuando él
regresó a sus estudios en La Habana.
A partir de ahí la alegría de Isabel se convirtió en escondido llanto.
Nadie sospechó de su embarazo. Confesó, sí, sentirse enferma, con el
vientre lleno de agua. Quiso don Pedro traer al médico, pero la
muchacha se las arregló para aplazar la consulta. Cuando llegó la
hora, huyó de la casa. Sabía que en la cueva del Indio, en el abra del
río Yumurí, encontraría refugio.
Caía la tarde. La cueva se llenaba de sombras cuando Isabel sentía los
dolores de parto. Tuvo miedo. De rodillas, apretada contra una de las
paredes de la caverna, ovillada de dolor, pidió ayuda a Dios. Y el
pedido fue escuchado. Sobre la cabeza de la muchacha apareció,
incrustada en la roca, una cruz negra, y clavado en ella, un Cristo de
blancura deslumbrante. Desclavó Cristo sus manos y las extendió sobre
Isabel. No temas, dijo. Yo estoy aquí.
Mientras, en la casa de la calle Del Río, don Pedro, hecho una furia,
supo que Isabel se hallaba escondida en la cueva. Él mismo la buscaría
y le daría su merecido. Látigo en mano entró en la caverna y, cegado
por la ira, avanzó hacia la muchacha que imploraba perdón con voz
llorosa. De repente, don Pedro vio la cruz negra incrustada en la
piedra y, clavado en ella, el Cristo blanquísimo. El látigo cayó al
suelo y don Pedro, arrodillado, sintió esperanza, miedo y amor en su
corazón. Esta mujer te ha dado un nieto, dijo Cristo. Obligado quedas
a velar por ella y por el niño.

La gaviota de San Juan

Esta es una historia de amor y de odio. De ambición y egoísmo.
Transcurre en Matanzas y, como toda buena historia, comienza en
invierno. En el ya lejano invierno de 1795, cuando la ciudad yumurina
contaba apenas con unos 6 000 habitantes. En ese entonces, en una
casucha de tabla y guano que se alzaba a orillas del río San Juan,
vivía una vieja esclava a la que todos conocían por Ma Teresa. La
acompañaba su nieta. Se llamaba Julia Rosa y tenía una piel de seda y
un rostro que, de lindo, daba gusto vérselo. Un rostro subrayado por
la perfección de unos ojos verdes que echaban al mundo la alegría de
los 17 años de su edad. Ma Teresa no era una esclava cualquiera. Vivía
como una negra libre, fuera de la casa familiar, sin más obligación
que la de cuidar de Julia Rosa, y gracias a la pensión que, sin faltar
una sola vez, le hacía llegar don Sebastián, opulento vecino de la
villa, con residencia en una espléndida mansión de la Calle del Medio.
Don Sebastián también tenía los ojos verdes y decían las malas lenguas
que Julia Rosa, la nieta de Ma Teresa, era hija suya.
Las interioridades del asunto las conocía bien doña Rosario, la
hermana de Sebastián. No veía con buenos ojos que Ma Teresa viviera
fuera de la casona. La verdad del caso es que doña Rosario sabía muy
bien que las visitas frecuentes de su hermano a la casita del río San
Juan con la intención de darle vueltas a «la niña», eran la causa de
que siguiera vivo el escándalo que sacudió Matanzas cuando don
Sebastián lloró en público a Julia, muerta luego de haber dado a luz a
Julia Rosa, aquella niña de ojos verdes que bien pasaba por blanca. A
doña Rosario, por otra parte, le estorbaba la muchacha. Su hijo Felipe
heredaría al tío Sebastián, y parte del capital y las propiedades bien
podrían corresponder a Julia Rosa. Había que pensar en esas cosas,
pues Felipe tenía ya 25 años y era el deseo de doña Rosario verlo
casado con Elvirita, la hija de doña María Elvira.
Cuenta el ya aludido Alvarado Sicilia en otra de sus Leyendas
matanceras, que la noticia llegó a la familia por dos vías. La supo
doña Rosario en la mañana, al salir de la misa, y la supo don
Sebastián por la tarde, mientras tomaba el fresco y veía y se dejaba
ver en la plaza de La Vigía. Una noticia sorpresiva, desconcertante:
el niño Felipe era visita diaria en la casa de la esclava Ma Teresa
prendado, como estaba, de Julia Rosa, sin saber que era su prima. Si
la noticia angustió a doña Rosario, más estragos causó en doña María
Elvira, la madre de Elvirita, la novia de Felipe. ¿Qué hacer? María
Elvira pensó que Tata Mongo, el esclavo más viejo de su casa, podía
tener la solución. En efecto, Tata Mongo aseguró que resolvería el
asunto del niño Felipe. Él tenía poderes secretos que le confirieron
en su tribu cuando lo hicieron jefe de brujos, y que le permitían
hablar con los dioses que seguían oyendo sus pedidos e invocaciones.
Doña Rosario no lo pensó mucho y ordenó al viejo Tata Mongo que se
esmerara en su trabajo.
Tata Mongo llegó a la casita del río San Juan ya cuando anochecía. Ma
Teresa había salido y Julia Rosa estaba sola. Llevaba para ella un
dulce de coco. Mientras la muchacha lo degustaba, Tata Mongo no dejaba
de hablar. Hablaba sobre cómo en África los brujos convertían a las
mujeres en pájaros. Él también podía hacerlo. Si te convierto en
pájaro, dijo, no morirás jamás. Julia Rosa seguía sus palabras entre
interesada e inquieta. Rió mucho, pero enseguida sintió miedo.
Don Sebastián andaba como enloquecido. Ma Teresa lloraba a toda hora.
Felipe, desesperado, no sabía ya dónde buscar a Julia Rosa. Doña
Rosario comenzó a sentir la mordedura de un remordimiento atroz. Julia
Rosa había desaparecido…
Pasó el tiempo. Una noche Ma Teresa dijo saber lo que había pasado con
su nieta. Un hechicero la había convertido en gaviota. Nadie la tomó
en serio, pero días después, Felipe vio una gaviota que lo miró de un
modo raro. Tenía los ojos verdes. Meses después Felipe moría loco,
enamorado de una gaviota.
La gaviota de ojos verdes del río San Juan vuela muchas noches sobre
la ciudad de Matanzas. No ha muerto. No puede morir.


Ciro Bianchi Ross
ciro@jrebelde.cip.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/


Canicola

CANICOLA: abitazione di Nicola

domenica 20 ottobre 2013

Canfora

CANFORA: non sono ammessi cani (Veneto)

Conclusa la Settimana della Lingua Italiana



Con la visita degli studenti della nostra lingua presso l'Istituto Dante Alighieri, si è conclusa la settimana dedicata a questo idioma.

I ragazzi, assieme ad insegnanti e parenti, hanno avuto un accompagnatore di eccezione: l'Ambasciatore Carmine Robustelli che ha condiviso con loro l'interesse per le macchine e i disegni di Leonardo da Vinci donate, alla città dell'Avana, poco più di un anno fa dalla Fondazione Anthropos, nella persona del suo presidente: il principe Modesto Veccia. Il museo permanente è meta di visite da parte di scolaresche cubane, ma anche di cittadini avaneri e non, oltre che di turisti di diversi Paesi, informati dalla segnaletica presente in alcuni punti del centro storico.





sabato 19 ottobre 2013

Canestro

CANESTRO: agilità mentale e vena artistica del miglior amico dell'uomo

venerdì 18 ottobre 2013

Assente dalla finestra di chat

Non riesco ad accedere alla finestra di chat perché non posso aggiornare Java e Shockwave player che sono indispensabili per il funzionamento. Spero di poterlo fare al più presto. Chiedo scusa a chi mi avesse cercato per quella via.

Dizionario demenziale

CANDENTE: zanna, suolo roccioso in prossimità del mare

giovedì 17 ottobre 2013

Miracolo all'Avana, esordisce il Teatro "misto"

Il gruppo di teatro El Publico diretto da Carlos Díaz e di cui fa parte anche il Premio Nazionale per l’Umore Osvaldo Doimeadios, debutta il prossimo 21, con repliche il 22 e 23 sul palco del teatro Trianón con l’opera, inedita a Cuba, “Ana en el Trópico” dello scrittore cubanoamericano Nilo Cruz che ha ceduto i diritti per queste funzioni. La rappresentazione verrà poi ripresa il 28, 29 e 30 nell’ambito del Festival del Teatro dell’Avana.
Il testo, del 2003, ha fatto guadagnare al suo autore il Premio Pulitzer ed è già stato presentato in molti teatri degli Stati Uniti, narra la storia di un gruppo di lavoratori e del proprietario di una fabbrica di sigari in una cittadina nei dintorni di Tampa che, nel 1929, realizza un tipo di sigaro di grande qualità e intende metterlo sul mercato con la marca “Ana Karenina” grazie al testo della novella letta ai sigarai, come da tradizione e che li ha colpiti particolarmente.
Per l’occasione il gruppo viene integrato con la partecipazione di due attrici e un attore cubani e residenti a Miami. Un caso, per ora, senza precedenti. Lui è Carlos Caballero che è anche produttore di FUNDarte, una società senza fini di lucro che promuove l’arte latina negli U.S.A. e nel mondo. Fondatore e direttore esecutivo della fondazione è Ever Chávez che, in collaborazione con l’Università di Miami ha sottoposto il progetto al Ministero della Cultura cubano. Le due protagoniste principali sono attrici ben note e popolari per il pubblico cubano visto il loro lungo curriculum, avuto nell’Isola: Lily Rentería e Mabel Roch.
Nel prossimo novembre, il gruppo “misto” porterà l’opera in un teatro di Miami Beach.
Una prova indubbiamente attesa dagli appassionati dell’arte scenica e che segna l’inizio di una collaborazione, fino a poco fa, impensabile.










Visita del vice ministro Giro a Cuba

Fonte: El Nuevoherald/France Presse


Vicecanciller de Italia busca apoyo de Cuba

AGENCE FRANCE PRESSE
LA HABANA -- El viceministro italiano de Relaciones Exteriores, Mario Giro, habló este miércoles con funcionarios cubanos sobre cooperación e inversiones italianas en la isla, y les pidió apoyo para una cruzada mundial contra la pena de muerte.
Giro, quien cumple una visita de 48 horas a La Habana, dijo que Italia quiere ampliar las inversiones y la cooperación con Cuba, que han estado frenadas por la crisis económica en Europa, y que espera contar con el apoyo cubano en la Asamblea General de la ONU para una moratoria en la pena capital en el mundo.
“Italia es el país promotor de la campaña mundial para la moratoria (de la pena de muerte). En la última (votación en la ONU) Cuba se abstuvo. Hemos discutido acerca de las próximas etapas de la campaña”, dijo a la prensa Giro, quien ha conversado con su par cubano, Rogelio Sierra, y otros funcionarios.
La Asamblea General de la ONU ha aprobado anualmente desde 2007 una propuesta italiana para una moratoria de la pena de muerte en el mundo.
Desde el 2003 en Cuba hay una moratoria de hecho de la pena capital, pero en enero pasado el presidente Raúl Castro destacó que el mantenimiento de la pena de muerte ayuda a disuadir a los narcotraficantes.
Giro expresó también su confianza en que la Unión Europea (UE) profundizará la colaboración con Cuba, que estuvo suspendida durante cinco años (hasta 2008), y que actualmente está en proceso de revisión por parte del bloque.
“Estamos en un buen momento (para que la UE amplíe la cooperación con Cuba), sin ser superficialmente optimistas para que eso pueda realizarse, porque hay distintas sensibilidades en la Unión Europea” sobre la isla, dijo.
Los vínculos entre la UE y Cuba están limitados por la “Posición Común” sobre la isla que mantiene el bloque desde 1996, la cual limita la cooperación a reformas en temas de democracia y derechos humanos.
La Habana dice que la Posición Común es el principal escollo para un mayor acercamiento.
Giro señaló que también ha explorado con las autoridades cubanas “nuevas oportunidades de inversiones” italianas en la isla, en particular en la zona franca que funcionará en el nuevo megapuerto de Mariel, actualmente en construcción, 50 km al oeste de La Habana.
“Pensamos que la zona de Mariel es una gran oportunidad”, dijo Giro, agregando que Italia puede ayudar a Cuba en sus reformas económicas, aprovechando su gran experiencia en cooperativismo.
Giro, quien también se reunirá con el canciller cubano, Bruno Rodríguez, partirá este jueves a Panamá, donde su país asistirá como invitado a la Cumbre Iberoamericana, el viernes y sábado.

Dizionario demenziale

CAMPANELLA/O: Nella/o vive

mercoledì 16 ottobre 2013

Segnaletica e surrealismo

Questo è il cartello stradale indicante lo "stop" secondo il codice stradale in vigore a Cuba. Uguale a quello in uso in molti Paesi europei, con la differenza nella scritta "pare", spagnolo, invece di "stop" inglese e ormai internazionale.



Ecco invece due casi di "segnaletica fai da te" costruita, chissà da chi nel vicinato, per sostituire il cartello originale mancante.



Ora sorgono le domande: ma giuridicamente che valore hanno? Si può multare chi non lo osserva? In caso (malaugurato) di incidente chi ne risponderebbe e verrebbe considerato responsabile? Nel caso specifico di due "calles" del Cerro con le stesse caratteristiche per dimensioni e "volumi" di traffico (scarso e quasi inesistente), non sarebbe meglio lasciare il diritto di precedenza a destra con risparmio di materiali, fantasia ed eventuali responsabilità civili?

Dizionario demenziale

CAMOSCIO: abitazione di persona triste

martedì 15 ottobre 2013

Ci voleva tanto?

Già da giorni è stato ricollocato in una posizione, meno scomoda e pericolosa, il misterioso container "parcheggiato" nell'Avenida Ayestaran, come segnalato con post del 29 settembre scorso (per una città migliore) e trasmesso per conoscenza al Granma.


Settimana della Lingua Italiana e Settimana della Cultura

Notizia di agenzia interessante, peccato non ci siano le date e che l'ambasciata, come sempre, non da nessuna informazione.


Pei News/ La Settimana della lingua italiana nel mondo passa da Cuba
Nell’occasione celebrato anche il bicentenario della nascita di Verdi
di red - 15 ottobre 2013 12:57 fonte ilVelino/AGV NEWS Roma
Anche a Cuba si celebrerà la Settimana della lingua italiana nel mondo, con una serie di iniziative ad hoc organizzate dalla nostra ambasciata a L’Avana. L’evento, giunto alla sua ventitreesima edizione, quest’anno ha come tema “Ricerca, scoperta, innovazione: l'Italia dei saperi”. Proprio da qui si è partiti per la stesura del programma nel quale sono stati attivamente coinvolti i rappresentanti istituzionali locali e altri interlocutori autorevoli. Si comincia con la conferenza “Le imprenditrici del Mezzogiorno: storie di donne intraprendenti al Sud”, presso la facoltà di Lingue straniere (Flex) dell’Università dell’Avana e si conclude con un dibattito e una visita dei giovani alunni della Dante Alighieri all’esposizione permanente “Il genio di Leonardo Da Vinci”. Tra questi due eventi, una serie di lezioni, proiezioni, concerti e conferenze. Molte delle iniziative hanno come protagonista Giuseppe Verdi, in quanto nel 2013 cade il bicentenario della nascita del grande compositore italiano. A questo proposito sono state realizzate a Holguin, con il sostegno dell’ambasciata, una serie di attività tra cui due seminari su “L’altro Verdi, tra amori, lettere e vita da possidente” e “Verdi e il cinema” e concerti dedicati al grande maestro italiano.

Per la serie se la montagna non va a Maometto...abbiamo richiesto il programma all'Ambasciata che nella persona della signora Cinzia Rizzotti, lo ha gentilmente inviato a LatitudCuba:

«Nata nel 2001 da una felice intesa tra
il Ministero degli Esteri e l'Accademia
della Crusca, sotto l'Alto Patronato del

Presidente della Repubblica, la Settimana
della Lingua Italiana nel mondo si è
sviluppata nel corso degli anni orientando
su un tema specifico le forze di molti
soggetti istituzionali, che collaborano con
la rete delle Ambasciate, dei Consolati
e degli Istituti di Cultura all'estero.

La lingua è parte integrante della cultura
di un paese, ma è soprattutto il veicolo
privilegiato per trasmetterla al di fuori
dei confini nazionali. Proprio per questo
la Settimana è stata pensata come un
contenitore di eventi che abbiano come
comune denominatore la promozione della
lingua italiana, strumento fondamentale
per capire le nostre tradizioni culturali,
il nostro modo di vivere».

«Nacida en 2001 por un feliz acuerdo
entre el Ministerio de Relaciones Exteriores
y la Accademia della Crusca, con el Alto
Patronato del Presidente de la República,
la Semana de la Lengua Italiana en el
mundo se ha desarrollado en estos años
orientando sobre un tema específico las
fuerzas de muchas entidades que colaboran
con la red de Embajadas, Consulados
e Institutos de Cultura en el extranjero.

El idioma es parte esencial de la cultura
de un país, pero es sobre todo el vehículo
privilegiado para transmitirla más allá
de los confines nacionales. Por esta razón
la Semana ha sido concebida como
un contenedor de eventos que tienen como
denominador común la promoción de la
lengua italiana, instrumento fundamental
para comprender nuestras tradiciones
culturales, nuestra manera de vivir».


Promossa da:

Ministero degli Affari Esteri
Accademia della Crusca
Società Dante Alighieri
Con l’Alto Patronato del Signor Presidente della Repubblica


In collaborazione con:

Ambasciata d'Italia a Cuba
Società Dante Alighieri – Comitato L'Avana
Oficina del Historiador de La Habana
Facultad de Lenguas Extranjeras (UH)
Cátedra Leonardo Da Vinci (ISPJAE)
Cátedra de la mujer – Facultad de Psicología (UH)
Instituto de Investigaciones Fundamentales
en Agricultura Tropical (INIFAT) - Santiago de Las Vegas
Proyecto Comunitario El Ajiaco – Santiago de Las Vegas


XIII settimana
della lingua italiananel mondo

14 - 20 ottobre 2013

Ricerca, Scoperta, Innovazione:
l'Italia dei Saperi

Programma:

Lunedì 14 ottobre

h. 11:30
Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) - Universidad de La Habana – Aula 201
Conferenza: Le imprenditrici del Mezzogiorno: storie di donne intraprendenti al Sud
Prof.ssa Rossella del Prete - Università del Sannio, Benevento

h. 19:00
Antigua Iglesia de San Francisco de Paula
Concerto inaugurale della XIII Settimana della Lingua Italiana:
Fiori musicali. Canzoni e Danze italiane dei secoli XVI e XVII

Conjunto de Música Antigua Ars Longa, direzione di Teresa Paz
Alla presenza di S.E. l'Ambasciatore d'Italia a Cuba, Carmine Robustelli

Martedì 15 ottobre

h. 10:00
Instituto de Investigaciones Fundamentales en Agricultura Tropical Alejandro de Humboldt
(INIFAT) Calle 2, e/ 1 y Linderos, Santiago de Las Vegas
Proiezione dell'opera La vera storia, musica di Luciano Berio, libretto di Italo Calvino

A cura di: Mo. Àngel Vázquez Millares (ICRT), Dott.ssa Cristina Secci (UNAM-Messico)
Nel quadro delle attività celebrative per il 90º anniversario della nascita di Italo Calvino

h. 15:00
Universidad de La Habana - Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) – Aula 201
Classe aperta: Il Decameron di Boccaccio e di Pier Paolo Pasolini
Prof.ssa Emanuela Fusaro - Lettorato di Italiano presso la FLEX
Nel settecentesimo anniversario della nascita di Giovanni Boccaccio


h. 17:00
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Conferenza: Leonardo Da Vinci innovatore
A cura di: Ernesto Lorenzo, José Leandro Leiro - Cátedra Leonardo Da Vinci - ISPJAE

Mercoledì 16 ottobre

h. 10:00
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Conferenza: Donne tra arte, professioni e affari
Prof.ssa Rossella del Prete - Università del Sannio, Benevento

h. 13:00
Universidad de La Habana - Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) - Salón de Reuniones
Premiazione Concorso letterario Scrivi con me per alunni del III e IV anno della FLEX
Completamento del racconto di Carlo Lucarelli Il bambino del faro
h. 17:00
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Conferenza: L'altro Verdi, tra amori, lettere e vita da possidente
Davide Barilli - Redattore di La Gazzetta di Parma e scrittore

Giovedì 17 ottobre

h. 9:30
Universidad de La Habana - Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) – Aula 201
Conferenza: Ricerca e innovazione: la lingua italiana di ieri, oggi e domani
Alberto Lentini - Giornalista libero professionista

h. 15:00
Universidad de La Habana - Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) – Aula 201
Conferenza: Verdi e il cinema
Davide Barilli - Redattore di La Gazzetta di Parma e scrittore

Venerdì 18 ottobre

h. 10:00
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Conferenza: Ricerca e innovazione: la lingua italiana di ieri, oggi e domani
Alberto Lentini - Giornalista libero professionista
A seguire: Franco Cardellino presenta «Tutto in un punto», Cosmicomica di I. Calvino
Sabato 19 ottobre

h. 10:00
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Classe aperta: Il genio di Leonardo Da Vinci: l..ingegneria
Per gli alunni del Corso per bambini della Dante Alighieri.
A seguire: Visita guidata all'Esposizione permanente El genio de Leonardo Da Vinci
Salón Blanco de la Basílica Menor del Convento San Francisco de Asís
A cura di: Prof. Alberto Calvo González - Cátedra Leonardo Da Vinci - ISPJAE

Lunes 14 de octubre

11:30 am
Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) - Universidad de La Habana - Aula 201
Conferencia: Las empresarias de la Italia Meridional: historias de mujeres
emprendedoras del Sur
Profesora Rossella del Prete - Universidad del Sannio, Benevento

7:00 pm
Antigua Iglesia de San Francisco de Paula
Concierto inaugural de la XIII Semana de la Lengua Italiana:
Flores musicales. Canciones y Danzas italianas de los siglos XVI y XVII

Conjunto de Música Antigua Ars Longa. Dirección: Teresa PazCon la presencia de S.E. el Embajador de Italia en Cuba, Carmine Robustelli

Martes 15 de octubre

10:00 am
Instituto de Investigaciones Fundamentales en Agricultura Tropical Alejandro de Humboldt
(INIFAT) Calle 2, e/ 1 y Linderos, Santiago de Las VegasProyección de la obra La verdadera historia. Música:Luciano Berio, libreto: Italo Calvino,
a cargo del Mtro. Ángel Vázquez Millares (ICRT) y la Dra Cristina Secci (UNAM - México)
en el marco de las actividades conmemorativas por los 90 años del nacimiento de I. Calvino
3:00 pm
Universidad de La Habana - Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) - Aula 201
Aula abierta: El Decamerón de Boccaccio y de Pier Paolo Pasolini
Por los 700 años del nacimiento de Giovanni Boccacio
Profesora Emanuela Fusaro - Lectorado de Italiano en la FLEX

5:00 pm
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Conferencia: Leonardo Da Vinci innovador
A cargo de Ernesto Lorenzo y José Leandro Leiro - Cátedra Leonardo Da Vinci - ISPJAE

Miércoles 16 de octubre

10:00 am
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Conferencia: Mujeres entre artes, profesiones y negocios
Profesora Rossella del Prete - Universidad del Sannio, Benevento

1:00 pm
Universidad de La Habana - Facultad de Lenguas Extranjeras - Salón de Reuniones
ro to

Premiación concurso literario Escribe conmigo, para alumnos del 3 y 4 año de la FLEX
Completamiento del cuento de Carlo Lucarelli El niño del faro

5:00 pm
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Conferencia: El otro Verdi, entre amores, cartas y vida de terrateniente
Davide Barilli - Redactor de La Gaceta de Parma y escritor

Jueves 17 de octubre

9:30 am
Universidad de La Habana - Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) - Aula 201Conferencia: Investigación e innovación: la lengua italiana de ayer, hoy y mañana
Alberto Lentini - Periodista profesional independiente

3:00 pm
Universidad de La Habana - Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) - Aula 201
Conferencia: Verdi y el cine
Davide Barilli - Redactor de La Gaceta de Parma y escritor

Viernes 18 de octubre

10:00 am
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21Conferencia: Investigación e innovación: la lengua italiana de ayer, hoy y mañana
Alberto Lentini - Periodista profesional independiente
Seguidamente: Franco Cardellino en..Todo en un punto”, Cosmicómica de I. Calvino

Sábado 19 de octubre

10:00 am
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Aula abierta: El genio de Leonardo Da Vinci: la ingeniería
Para los alumnos del Curso para niños de la DanteA continuación: Visita a la exposición permanente El genio de Leonardo Da Vinci
Salón Blanco de la Basílica Menor del Convento San Francisco de Asís
A cargo del Profesor Alberto Calvo González - Cátedra Leonardo Da Vinci - ISPJAE


Ci ha anche comunicato che la tradizionale Settimana della Cultura si terrà dal 25 novembre al 1° dicembre, ma il programma non è ancora stato reso noto.

Dizionario demenziale

CAMORRA: luogo per il gioco della morra

lunedì 14 ottobre 2013

Il santo che uccise un uomo, di Ciro Bianchi Ross, pubblicato su Juventud Rebelde del 13/10/13

Successe nei giorni della presa dell’Avana da parte degli inglesi (1762/63 n.d.t.), lo racconta Álvaro de la Iglesia in una delle sue Tradizioni cubane. La fanteria nemica sbarcò a Cojimar e ci mise poco a prendere il cammino per Guanabacoa i cui abitanti, vista la prossimità dell’invasore, se ne andarono dalla località in fretta e furia portandosi quanto consideravano di valore. Due ore dopo la fuga dei suoi abitanti, gli inglesi penetrarono a Guanabacoa. È da immaginarsi quello che vi successe. Quello che capita in una città presa dagli invasori; quello che l’invasore vuole o di cui ha bisogno, lo prende senza chiederlo e, se qualcuno reclama, lo si fucila o rinchiude.
Una volta nell’abitato, gli occupanti compresero immediatamente qual’era il posto migliore per il loro alloggio, l’edificazione più ampia, bella, igienica e ventilata era il convento di San Domenico. Vi si installarono i capi e gli ufficiali, nelle celle dei monaci, mentre la truppa, senza curarsi della santità del luogo trasformava il tempio in dormitorio e scuderia e gli altari in presepi senza che niente, nelle navate del convento, sfuggisse alla profanazione e volgarità della soldataglia.
La città era stata saccheggiata e non restava niente di valore nelle case deserte e silenziose. Gli invasori ricavarono un considerevole bottino in templi e monasteri. I guanabacoensi confidarono che il colonnello Caro, il capo locale, avrebbe resistito agli invasori, ma l’uomo si dimostrò altrettanto vile e inetto, come superbo e presuntuoso. D’altra parte era stato tutto molto rapido e la gente, fiduciosa nella difesa della città che Caro avrebbe fatto, poté appena salvare le cose di maggior valore delle loro proprietà, nel mentre i frati assicuravano i bicchieri sacri e le reliquie, ma non poterono fare lo stesso con l’oro e l’argento dei loro templi.
Quando, all’interno del convento, non c’era già più niente da rubare o rompere, un soldato che stava smaltendo una sbornia, steso sul pavimento, scorse un oggetto brillante che risaltava in una della dita della statua di San Francisco Javier, Apostolo delle Indie, collocata in una delle nicchie dell’altare maggiore. Quello che brillava era un anello di valore che il vescovo Laso de la Vega aveva donato al santo quando benedì il tempio nel 1748, al termine delle ristrutturazioni che si fecero in loco.
L’inglese volle impadronirsi dell’anello, ma ci voleva una scala per arrivare alla statua. Non c’era e la sbornia, che gli permetteva a malapena di star in piedi, impediva al soldato di scalare il tabernacolo.
Allora cercò di infilare la statua in una corda e tirarla per toglierla dalla sua sede. Fatica inutile. San Francisco Javier risaltava inamovibile nel suo trono, nonostante gli scherzi sacrileghi. Alla fine però l'immagine cedette. Volò dall’altezza in cui si trovava cadendo sopra il soldato.
Ripresisi dalla sorpresa per l’incidente che li lasciò ammutoliti e pallidi per qualche istante, gli inglesi cercarono di rianimare il loro compagno. Ma non ci sarebbe stato Dio che rianimasse un morto. Quando si resero conto dell’inutilità dei loro sforzi lasciarono il cadavere e, con assoluta flemma britannica, si misero a cercare l’anello che li ingolosiva. Sforzo inutile. Il gioiello era sfuggito dal dito di San Franceso Javier e non si poté ritrovare, per molto che tante paia di occhi aperti dall’avidità, si impegnassero a cercarlo.
Dopo l’uscita degli inglesi dall’Avana, il santo che uccise un uomo tornò nella sua formella, poi si ripararono le ammaccature e avarie causate dagli invasori sul suo corpo, ostinati a credere che San Francisco Javier era un prete, cattivo, che nascondeva l’anello per colpirli sulla testa.
Passarono 50 anni. In pochi, ormai, nella città di Pepe Antonio ricordavano l’occupazione inglese fino a che un giorno, mentre si puliva e decorava l’altare maggiore per preparare la celebrazione della Settimana Santa, il pittore don Gil Castañeda, senza sapere di cosa si trattasse e non conoscendo i particolari dell’incidente, spostò una cornice e trovò un anello. Gil Castañeda si premurò di consegnarlo al priore di Santo Domingo, il Reverendo Padre Maestro Frate Antonio Prudencio Pérez che, per la sua anzianità e piena conoscenza della storia del convento, seppe all’istante che quello era l’anello che provocò tante profanazioni.
Non sappiamo se questo storico anello si conserva, ma sì che il santo che uccise l’invasore si trova ancora li, nel suo altare, sfidando il tempo e il nemico.

L'apoplessia del governatore

Alcuni governatori erano sopportati dalla “gente bene” creola, altri invece no. Fra quelli non sopportati c'era Juan Francisco Güemes de Horcasitas, primo Conte di Revillagigedo. Guardate da dove viene il nome della calle avanera.
L'aristocrazia dell'Avana lo chiamava il tiranno e fin da quando Güemes assunse il Governo nel 1734, fece quanto era in suo potere perché la Corona lo defenestrasse. Era avaro e rapace come nessuno dei suoi predecessori lo fu e più ladro di tutti loro messi insieme, ma oltre a queste caratteristiche ne aveva un'altra: non lasciava che gli altri rubassero. Questo sì, inviava al Re quello che era del Re e i redditi che da qua arrivavano in Spagna non avevano mai raggiunto livelli superiori. Ciò, e la difesa sicura che aveva l'Isola, faceva si che cadessero nel vuoto tutte le lamentele elevate a Madrid, contro di lui, dal patriziato creolo che per disfarsene non intravvedeva altra soluzione che lo colpisse un fulmine. E fu quasi così, un bel giorno il governatore cadde fulminato da un attacco apoplettico che lo portò alla soglia della morte. Gli aristocratici e i borghesi cantarono vittoria. Ma l'uomo, invitato dal Conte di Casa Bayona, si recò a Santa Maria del Rosario, godette dei benefici delle sue acque medicinali e, 30 giorni dopo, tornò all'Avana come nuovo, grasso e colorito come non mai, disposto a continuare nel fare dispetto a coloro che chiedevano la sua sostituzione, fino al 1745 quando lasciò l'Isola per assumere l'incarico di Vicerè del Messico.

Una storia Galante

La calle Refugio nasce nell'Avenida de las Misiones, nell'Avana Vecchia, prosegue per il municipio di Centro Avana e muore nella calle Crespo. Durante la colonia fu conosciuta anche col nome de la Merced e nel 1922 il municipio avanero dette a questa calle il nome ufficiale di Generale Emilio Nuñez, a ricordo della figura di questo valoroso mambí, deceduto in quell'anno e che aveva occupato la vice presidenza della Repubblica.
Però come succede regolarmente quando un nome si radica nell'immaginario collettivo, né il nome de la Merced né quello del glorioso generale cubano proliferarono e tutti, senza eccezione, continuarono a chiamare quella calle Refugio. Fu così che nel 1936, nella giunta della città, si decise di restituirglielo e trasferire il nome del generale Emilio Nuñez alla calle che, parallela alla Calzada di Ayestarán, corre fra Aranguren o Zaldo e Pedro Pérez, nel Cerro.
Refugio è la calle che passa di fronte alla facciata nord dell'antico Palazzo Presidenziale, oggi Museo della Rivoluzione. Questa edificazione occupa precisamente il numero 1 della via.
Ma da dove viene il nome Refugio? Cosa successe li perché se lo meritasse? Chi vi trovò protezione e riparo? È una storia antica e galante che è stata raccontata da diversi autori e ognuno di loro, nel raccontarla, ha posto il suo pizzico di sale. Oggi approfittiamo della versione che offre Álvaro de la Iglesia nelle sue Tradizioni cubane.
Nel 1832 arrivò a Cuba il tenente generale Mariano Ricafort per farsi carico del Governo dell'Isola. Arrivava stanco dalla sua lunga traiettoria militare; prima nella guerra con i francesi per l'indipendenza spagnola e poi nel Perú, contro gli indipendentisti sudamericani. Così Ricafort dedicava il maggior tempo al riposo che ai compiti di Governo. Un esempio di ciò è che venne da lui inaugurata la famosa Junta de Fomento, messa in gestazione dal suo predecessore Vives delegando il suo comando, una volta costituita, nel creolo Claudio Martínez de Pinillos, conte di Villanueva e al tempo stesso sovrintendente generale dell'Industria.
Godeva molto, il Governatore Ricafort, di lunghe passeggiate a cavallo nei dintorni della città circondata, allora, dalle mura. Alcune volte con l'aiutante, altre, seguito a distanza da due lanceri.
Uno dei luoghi più frequentati dalle sue cavalcate era la zona delle cave di San Lazzaro o la Casa Cuna ubicata vicino ad esse, visitandola e facendole giungere le sue generose donazioni, come parve, l'aragonese non era “tirato” in questo senso.
È bene ricordare che in questa data, fuori dalle mura e in questa parte della città c'erano aziende, laboratori, orti e casupole di legno e frasche che si raggruppavano dentro la folta vegetazione tropicale.
Uno di questi pomeriggi, Ricafort uscì per la sua passeggiata quotidiana quando, già allontanatosi dalla porta di Monserrate, verso la cosiddetta Collina dell'Inglese che cominciava all'altezza dell'attuale calle Blanco (bersaglio n.d.t.), così chiamata perché in questo luogo ci fu il bersaglio per le esercitazioni della scuola di artiglieria, lo sorprese una delle improvvise tormente tropicali durante le quali, in brevi istanti, sembra scatenarsi tutta la furia dei cieli.
Fra lampi e tuoni, vento e acqua, riuscì a intravvedere una casa seminascosta dalla barriera e spronando si mise al riparo sotto il portico di quella abitazione campestre, la migliore di tutte quelle dei dintorni.
Quando meno se lo aspettava, si aprì la porta della casa e apparse sulla soglia un'amabile e distinta signora, ancora di bell'aspetto, che gli offrì la sua casa con la più squisita attenzione.
Il Governatore accettò l'invito, compiaciuto, aveva già pensato a un attacco di reumatismi o un bel raffreddore. Ancor maggiore fu la sua sorpresa davanti agli ossequi estremi della dama. Non si rese conto del passare del tempo, incantato dalle canzoni che riempirono la casetta al suono della chitarra.
La ossequiosa signora, che – dicono alcuni autori – era la vedova di un tal Méndez o secondo altri, la sua figlia maggiore, strinse amicizia col Generale che si convertì in visitatore assiduo della casa. Per dare pubblico apprezzamento alla vedova o figlia di Méndez, ordinò che al viottolo che conduceva a quella casa si desse il nome Del Refugio. Questi rimase quando il viottolo si convertì in calle e Ricafort se ne era già andato da un'altra parte con la stanchezza della sua traiettoria militare.
Questa, fra tutte le versioni che si raccontano sul fatto, è quella che ci è sembrata più plausibile. Anche la più delicata e romantica.

El santo que mató a un hombre

Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
12 de Octubre del 2013 21:26:12 CDT

Ocurrió en los días de la toma de La Habana por los ingleses, y lo
cuenta Álvaro de la Iglesia en una de sus Tradiciones cubanas.
Desembarcó por Cojímar la infantería enemiga y no demoró en tomar el
camino de Guanabacoa, cuyo vecindario, ante la proximidad del invasor,
salió de la localidad a uña de caballo llevándose cuanto consideraba
de valor. Dos horas después de la fuga de sus habitantes, penetraron
los ingleses en Guanabacoa. Es de suponer lo que allí sucedió. Lo que
hay en una ciudad tomada es del invasor; lo que el invasor quiere o
necesita, lo toma sin pedirlo, y si alguien reclama, se le fusila o se
le encierra.
Ya en la villa, los ocupantes comprendieron de golpe que el mejor
lugar para su alojamiento, la edificación más amplia, hermosa,
higiénica y ventilada era el convento de Santo Domingo. Se instalaron
los jefes y oficiales en las celdas de los monjes, mientras que la
tropa, sin importarle la santidad del lugar, convertía el templo en
dormitorio y caballeriza y los altares en pesebres, sin que nada en
las naves del convento escapara a la profanación y chacota de la
soldadesca.
La villa había sido saqueada ya y no quedaba nada de valor en las
solitarias y calladas casas de la localidad. En templos y monasterios
cobraron los invasores un botín cuantioso. Los guanabacoenses habían
confiado en que el coronel Caro, el jefe local, resistiría al invasor,
pero el hombre se mostró tan cobarde e inepto como soberbio y
presuntuoso. Por otra parte, todo había sido muy rápido y la gente,
confiada en la defensa que Caro haría de la villa, apenas pudo poner a
salvo lo más valioso de sus pertenencias, mientras que los frailes
aseguraban los vasos sagrados y las reliquias, pero no podían hacer lo
mismo con la plata y el oro de sus templos.
Cuando ya en el interior del convento no quedaba nada por robar o
romper, un soldado que acostado sobre el piso reposaba su borrachera
reparó en un objeto brillante que lucía en uno de sus dedos la imagen
de bulto de San Francisco Javier, Apóstol de las Indias, colocada en
una de las hornacinas del altar mayor. Lo que brillaba era un valioso
anillo que el obispo Laso de la Vega regaló al santo cuando bendijo el
templo en 1748, al concluir las reformas que se operaron en el lugar.
Quiso el inglés apoderarse del anillo, pero se necesitaba de una
escalera para llegar hasta la imagen. No la había y la borrachera, que
apenas le permitía mantenerse en pie, impedía que el soldado escalara
el tabernáculo.
Intentó entonces ensartar la imagen con una cuerda y tirar de ella
para separarla de su peana. Esfuerzo inútil. San Francisco Javier
lucía inconmovible en su trono, pese a las burlas sacrílegas. Terminó
la imagen cediendo sin embargo. Se estremeció en su altura y al venir
abajo cayó sobre el soldado.
Repuestos de la sorpresa del accidente, que los dejó mudos y sin color
por un instante, intentaron los ingleses reanimar a su compañero. Pero
no había Dios que reanimara a un muerto. Cuando se percataron de la
inutilidad de su esfuerzo dejaron al occiso y, con flema
verdaderamente británica, se dedicaron a buscar el anillo codiciado.
Esfuerzo inútil. La prenda había escapado del dedo de San Francisco
Javier y no pudo ser hallada por más que muchos pares de ojos,
abiertos por la codicia, se empeñaban en buscarla.
Tras la salida de los ingleses de La Habana, el santo que mató a un
hombre volvió a su hornacina, luego de que se le repararan las
magulladuras y averías que causaron en su cuerpo los invasores,
empeñados en creer que San Francisco Javier era un mal cura que
escondía el anillo para darles en la cabeza.
Pasaron 50 años. Pocos ya en la villa de Pepe Antonio recordaban la
ocupación inglesa hasta que un día, mientras se limpiaba y decoraba el
altar mayor para el monumento de la Semana Santa, el pintor don Gil
Castañeda, sin saber de qué se trataba y desconociendo los pormenores
del incidente, corrió una cornisa y encontró un anillo. Se apresuró
Gil Castañeda a entregarlo al prelado de Santo Domingo, Reverendo
Padre Maestro Fray Antonio Prudencio Pérez que, por su ancianidad y
pleno dominio de la historia del convento, supo al instante que aquel
era el anillo que provocara tantas profanaciones.
No sabemos si ese histórico anillo se conserva, pero sí que el santo
que mató al invasor inglés se halla aún en su altar y desafía al
tiempo y al enemigo.

La apoplejía del gobernador

Con algunos gobernadores españoles podían las «clases vivas» criollas
y con otros, no. Y con los que no pudieron estuvo Juan Francisco
Güemes de Horcasitas, primer Conde de Revillagigedo. Vean de dónde
viene el nombre de esa calle habanera.
La aristocracia habanera lo llamaba el tirano y desde que Güemes
asumió el Gobierno en 1734 hizo cuanto estuvo a su alcance para que la
Corona lo defenestrase. Era avaro y rapaz como ninguno de sus
antecesores y más ladrón que todos ellos, pero a esas características
unía otra peor: no dejaba robar a los demás. Eso sí, enviaba al Rey lo
que era del Rey y las rentas que desde aquí remitía a España no habían
alcanzado antes auge mayor. Eso, y la segura defensa que garantizaba
de la Isla, hacían que cayeran en el vacío todas las quejas que en su
contra elevaba a Madrid el patriciado criollo, que para salir del
intruso no vislumbraba ya otra solución que un rayo lo partiera.
Y casi fue así, pues un buen día el gobernador cayó fulminado por un
ataque de apoplejía que lo puso a las puertas de la muerte. Cantaron
victoria aristócratas y burgueses. Pero el hombre, invitado por el
Conde de Casa Bayona, se fue a Santa María del Rosario, disfrutó de
los beneficios de sus aguas medicinales, y 30 días después volvió a La
Habana como nuevo, gordo y colorado como nunca antes, y dispuesto a
seguir haciendo rabiar a los que pedían su relevo, hasta 1745 cuando
cesó en la Isla para asumir como virrey de México.

Una historia galante

La calle Refugio nace en la Avenida de las Misiones, en La Habana
Vieja, prosigue por el municipio de Centro Habana y muere en la calle
Crespo. Durante la colonia fue conocida también con el nombre De la
Merced y en 1922 el Ayuntamiento habanero dio a esta calle el nombre
oficial de General Emilio Núñez, en recuerdo de la figura de ese
valeroso mambí, fallecido en ese año y que había ocupado la
Vicepresidencia de la República.
Pero como ocurre regularmente en casos en que un nombre se arraiga en
el imaginario colectivo, ni el nombre De la Merced ni el del glorioso
general cubano fructificaron y todos, sin excepción, siguieron
llamándole Refugio a aquella calle. Fue así que en 1936 el consistorio
de la ciudad decidió devolvérselo y trasladar el nombre del general
Emilio Núñez a la calle que, paralela a la Calzada de Ayestarán, corre
entre Aranguren o Zaldo y Pedro Pérez, en el Cerro.
Refugio es la calle que pasa frente a la fachada norte del antiguo
Palacio Presidencial, hoy Museo de la Revolución. Ocupa esa
edificación precisamente el número 1 de la vía. Por eso, antes de
1959, la prensa cubana en ocasiones, para referirse con eufemismo al
gobernante de turno, aludía al inquilino de Refugio número 1.
¿De dónde le vino el nombre de Refugio? ¿Qué hecho sucedió allí para
que lo mereciera? ¿Quién encontró en esa protección, abrigo o amparo?
Es una historia antigua y galante que ha sido contada por diversos
autores y cada uno de ellos le puso, al contarla, salsa de su propia
cosecha. Hoy aprovechamos la versión que ofrece Álvaro de la Iglesia
en sus Tradiciones cubanas.
En 1832 llegó a Cuba el teniente general Mariano Ricafort a fin de
hacerse cargo del Gobierno de la Isla. Venía cansado de su duro bregar
militar; primero, en la guerra contra los franceses por la
independencia española y después, en el Perú contra los
independentistas sudamericanos. De manera que Ricafort dedicaba más
tiempo a su descanso y recuperación que a las tareas del Gobierno.
Muestra de ello es que inaugurada por él la famosa Junta de Fomento,
gestada por su antecesor Vives, delegó su jefatura, una vez
constituida, en el criollo Claudio Martínez de Pinillos, Conde de
Villanueva, a la sazón superintendente general de Hacienda.
Gustaba sobremanera el gobernador Ricafort de largos paseos a caballo
por los alrededores de la ciudad, cercada entonces por las murallas.
Unas veces con un ayudante, otras seguido, a distancia, por un par de
lanceros.
Uno de los sitios más frecuentados en sus cabalgatas era la zona de
las canteras de San Lázaro o la Casa Cuna situada cerca de estas,
visitando la misma y haciéndole llegar sus generosas donaciones, pues
al parecer, el aragonés no era «corto» en este sentido.
Es bueno recordar que, por esa fecha, fuera de las murallas, en esa
parte de la ciudad había estancias, sitios de labor, huertas y
caseríos de guano que se agrupaban dentro de la manigua y el bosque
tropical.
Una de esas tardes salió Ricafort a su diario paseo, cuando ya alejado
de la puerta de Monserrate, hacia la llamada Loma del Inglés, que
comenzaba a nivel de la actual calle Blanco (llamada así porque estuvo
en ese lugar el «blanco» para la práctica de la escuela de
artillería), le sorprendió una de esas repentinas tormentas tropicales
en que en un breve momento parece desencadenarse toda la furia de los
cielos.
Entre rayos y truenos, el viento y el agua, logró divisar una casa
medio escondida en la espesura y picando espuelas se halló a salvo
bajo el portal de aquella residencia campesina, mucho mejor que todas
las de las inmediaciones.
Cuando menos lo esperaba, se abrió la puerta de la casa y apareció en
el umbral una amable y noble señora, aún de muy buen ver, la que le
ofreció su morada con la más exquisita atención.
El Gobernador aceptó la invitación, complacido, pues ya pensaba en un
posible ataque reumático o un buen catarrón. Mayor fue su sorpresa
ante los extremosos obsequios de la dama. No sintió deslizarse las
horas embelesado con la conversación de ella, confortado con su buen
café y encantado con las canciones que al son de la guitarra llenaron
la casita.
La obsequiosa señora, quien —dicen algunos autores— era la viuda de un
tal Méndez y otros, su hija mayor, estrechó su amistad con el General,
que se convirtió en visitante asiduo de la casa. Y para darle una
muestra pública de su aprecio a la viuda o a la hija de Méndez, ordenó
que a la vereda que conducía a esa casa se le denominase Del Refugio.
Y así quedó cuando después la vereda fue convertida en calle y ya
Ricafort se había ido con el cansancio de su duro bregar a otra parte.
Esta, de todas las versiones que se cuentan sobre el asunto, es la que
nos ha parecido más plausible. Y la más delicada y romántica también.

Ciro Bianchi Ross
ciro@jrebelde.cip.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/


Dizionario demenziale

CAMICIOTTO: grande abitazione, per otto felini

domenica 13 ottobre 2013

La mostra "In viaggio con Calvino" arriva all'Avana

Ricevo e pubblico:



ixco


ideas para cooperar

VIAJANDO CON CALVINO


Levedad Rapidez Exactitud Visibilidad Multiplicidad Consistencia
ideacion y curatela general

Stefano Donati . Marco Marini

CENTRO HISPANO AMERICANO DE CULTURA

LA HABANA

4 – 29 novIembre 2013

ixco

istituto italiano por la cooperacion o.n.g.

Una organización no gubernativa que nace para valorizar las competencias italianas en
el ámbito de los Proyectos de Cooperación entre Italia y en particular los Países latinoamericanos,
integrando aspectos culturales, capacidades empresariales e inteligencia
innovativa, y promoviendo el intercambio cultural cuál instrumento para modular una
formación compartida por el desarrollo sostenible de una economía ética.

ixco es un laboratorio de Ideas, es una organización dónde se encuentran e
interaccionan libremente las contribuciones de todos los Adjuntos, válido punto de
referencia por Proyectos de Cooperación dirigidos de modo competente y respaldados
por eficaces iniciativas cerca de Instituciones y Patrocinador..

LA INICIATIVA

A distancia de 90 años de su nacimiento, Italo Calvino resulta ser el escritor italiano mas
conocido al mundo después de Dante, habiendo sido traducido en bien 48 lenguas.
La Reseña "VIAJANDO CON CALVINO" quiere contribuir a afirmar la actualidad de este
gran testigo del '900, enseñando cuánto su pensamiento ha infuenciado e infuencia
todavía a la producción intelectual y artística de muchos suyos y nuestros



contemporáneos.
"VIAJANDO CON CALVINO" se atraviesan muchos territorios: de la literatura al arte, de
la arquitectura al diseño, de la fotografía al cine, del entorno a la ergonomía, de la
música al teatro, de la historia al mito; la reseña misma es organizada por lo tanto en
varias secciones según los muchos ámbitos culturales. Un itinerario que lleva al viajero
a también profundizar las múltiples y significativas relaciones que Italo Calvino ha
entretenido con muchos lugares y gentes, a menudo lejanas físicamente de Italia,
siempre sabiendo de ello coger sea los rasgos originales y distintivos que los aspectos
más comúnes y "universales".
Seguiremos aquellas huellas a Roma hasta el mes de jenero 2014, en los numerosos
acontecimientos que se desarrollarán al Acuario Romano y a la Biblioteca Nacional
Central; a Castiglione della Pescaia, el lugar dónde Calvino ha vivido sus últimos
años, dónde en el mes de septiembre fué presentada la Exhibición "De Santiago de Las
Vegas a Castiglione della Pescaia"; y ahora, en noviembre, la Reseña se trasladará a La
Havana, dónde Calvino nace y dónde aún hoy está vivo el recuerdo de Italo y sus
padres; y luego a Ciudad de México,a Buenos Aires,a Nueva York,a Tokio,a
París; por en fin volver a Italia, a Milán, para enseñarles a los visitadores del Expo
2015 las contribuciones recogidas en las etapas de este largo viaje, todo inspirados por
el pensamiento de Italo Calvino de las señas realmente universales.

PROGRAMA DE LA EXPOSICION

Literatura

Calvino es, con Dante, el escritor italiano más leído al mundo, un escritor universal.
Sin embargo es un narrador que aparece sobre la escena de la escritura con una novela
muy atada a un preciso contexto histórico del propio paese,Il senda de los nidos de
ragno,una historia de resistencia. Contada pero con un tono alegre, de fabulista y
cantastorie, que será siempre cifra de Calvino. Bien pronto pero Calvino ve cuánto sea
fácil, e ingannatorio, dividir el mundo en dos, blanco y negro, y lo cuenta en el Vizconde
demediado.
El ‘Trilogía de nuestros antepasados puede ser vista pues como el lugar en cuyo Calvino,
dentro de años '50 y '60, se libran, dolorosamente, de las mismas ilusiones, las ilusiones
de una generación: la construcción de un nuevo mundo como posibilidad inmediata, la
vanidad de las ideas le dejada a mismos. Son los años en que entra en una literatura



diferente, cumpliendo, como le dice en el sabio El Mar de la objetividad, el recorrido de
la literatura de la objetividad a la literatura de la conciencia... del chasquido activo y
consciente, de la voluntad de contraste, de la obstinación sin ilusiones.
Una escritura que da pues de un laberinto al otro: el laberinto de “los cosmicomiche”,
dónde la ciencia se convierte en cuento, el laberinto del “Castillo de las suertes
cruzadas”, dónde las imágenes de los Tarots son la única forma de comunicación
posible, el laberinto de “Si una noche de invierno un viajero”, dónde no leeremos nunca
el libro que deseamos leer. Y el laberinto calviniano, de que se quiere también dar
cuenta en este proyecto: laberintos mentales, laberintos visuales, laberintos
arquitectónicos, laberintos de escritura y palabras. Son los laberintos que el Sr. Palomar
habita. Y que, por recorridos fotográficos, informativos, dedicados a la biografía del
escritor, a los recorridos de la familia, y a las visiones y a imágenes que ha inspirado e
inspira, quiere reconstruir al rostro de Calvino como autor de todos los pueblos, de todos
los países, capaz de conducirnos en el paso entre los milenios. Y el laberinto de la
literatura.

Arquitectura

En la obra de Italo Calvino es central el tema del proceso, la curiosidad por los
mecanismos de la innovación expresiva, el ser constantemente tendido hacia el futuro;
acercas que desde siempre son básicas por quien imagina estructuras urbanas,
espacios arquitectónicos o ambicionados verdes. Contrariamente a cuánto se cree, en
cambio, para un proyectista la obra literaria de Italo Calvino más que una contribución
teórica dirigida y con solapas operativas puede ser considerada una forma de
nutrimento que amplía los horizontes hermenéuticos, provee una perspectiva de lectura
alternativa de la realidad antropica, una referencia cultural más amplia y una mirada
diagonal. Contextos arquitectónicos y narraciones sobre temes urbanos soy el
presupuesto para crear eficaces cortos circuidos entre mundo del proyecto, antropología
y literatura: "Città invisibili", que son también las ciudades ‘insoportables, a "Palomar",
los jardines zen y las terrazas, de "Collezione di sabbia", la medida del espacio-tiempo y
hallada propensión nomadica, a "La speculazione edilizia", en particular la devastación
del paisaje.
A veces sólo son las expresiones de él usáis a volverse factor común, como
testimoniado por las célebres “Lezioni americane”. No al azar las seis palabras clave
localizadas en los años '80 por el nuevo milenio (Levedad, Rapidez, Exactitud,
Visibilidad, Multiplicidad, Consistencia), está entre los más citados por los proyectistas y



nos permiten poder imaginar junto un viaje para poner a comparación lenguajes
expresivos, temas, modalidades comunicativas.
La sección arquitectónica, en verdad, no trata de encontrar similitudes o referencias
didascálicas entre los procesos expresivos pero puntería a registrar sintonías entre una
estructura comunicativa y la otra, simples afinidades entre las tallas del lenguaje:
ejercicios del escribir a comparación con ejercicios del planear.
Al interior de la Muestra un multivisione de dibujos e imágenes arquitectónicas tratará
de establecer relaciones entre poéticas y perspectivas interpretativas de sus escritos;
sólo imágenes alusivas y evocadoras que se alternan a piezas literarias, capaces de
tarjetas relaciones entre el pensamiento proyectivo y los temas tratados por Calvino.
En su obra la arquitectura y la ciudad desarrollan un papel paradigmático, soy el
instrumento y el lugar de que el hombre dispone para representar el mundo, el espacio
dónde "continuar a jugar" y para dar "forma y figura" al contexto en cuyo vivas.
La sección, más que una orgánica tentativa de evidenciar todos los nexos entre el
prospectivo evocativa/concettuale de Calvino y nuestra contemporaneidad disciplinal,
quiere definir un sintético y libre recorrido imaginativo.


Artes Visuales

La sección Arte, en línea con el espíritu de la Reseña de abertura a una amplia
participación, ha convocado Artistas y Videomaker sobre las seis palabras clave
localizadas por el nuevo milenio (Levedad, Rapidez, Exactitud, Visibilidad, Multiplicidad,
Consistencia).
Serán expuestas obras de pintura, escultura, técnica mixtas, técnicas grabadoras más
tradicionales y otras de contemporánea ilustración digital. Interesantes son los trabajos
que serán presentados en la sección Vídeo Arte, expresión de arte más reciente:
interacción entre arte y tecnología. Muchas las obras de jóvenes artistas.


Diseño y Diseño Sociale

Italo Calvino ha sido un brillante testigo del propio tiempo. Ha sabido interpretar una
sociedad en rápida evolución, contando de ello los saltos generosos, los límites y las
contradicciones, demostrando la necesaria sensibilidad para ser un protagonista del
contemporáneo. Éste es exactamente el status del Proyecto de Diseño: la lectura de la
contemporaneidad, o bien saber leer el momento histórico con sus impulsos sociales,
los empujones económicos y culturales. El posicionamiento de Calvino sobre la lectura



de la actualidad como forma de interpretación del futuro, lo acerca al diseño.
Es suficiente correr algunos de sus producciones para averiguar con cual claridad sean
localizados argumentos e instancias que han señalado el debate en los años siguientes
a sus escritos y que todavía hoy soy de extrema actualidad. Corriendo los sobre los
cuentos se evidencia la capacidad de poner la atención sobre temes como el entorno,
por ejemplo, que parecieron paradójicas a la época pero que adelantaron de al menos
veinte años la sensibilidad ambientalista y de cuarenta años la atención sobre la
cuestión ambiental que actualmente, a cincuenta años de distancia, nos implica todo.
O bien se evidencian análisis y un críticas revueltas sobre los modos del sistema del
consumo y sobre los mecanismos que amenazan de transformar los humanos en objetos
en manos de especuladores sin escrúpulos, capaz de manipular las ambiciones y las
necesidades de todo nosotros.
Pruebas que a la relectura actual, nos hacen dirigir la mirada al conficto entre
crecimiento y felicidad, indicándonos en tal modo la calle de la práctica del Diseño
Sociale, a cuyo cada vez más proyectistas dedican sus actividades.
Justo estas actividades hemos querido poner en evidencia, por la señal de aquellos
proyectos conducida de los entes formativos y de los diseñadores que persiguen el
objetivo de un planeamiento nuevo, capaz de poner el acento sobre los grandes temas
sociales que serán el desafío de los tiempos futuros.

Fotografía

¿Cómo nace la imagen? Hace muchos años, la revista italiana Controspazio 101/2003 y
107/2004, se puso la pregunta "como nace la imagen?" a cuyo buscamos, con una serie
de fotografías y artículos, de dar, más que respuestas, algún margen.
Marcello Fabbri escribió: "Por el recorrido en la acción interior de la persona, el génesis y
la percepción, la organización, la composición de las imágenes pueden construir nuevas
visualidades..." y, sobre las imágenes entonces publicadas "imágenes acabadas sin
embargo lejanas de las fotografías canónicos de arquitectura... emociones, sugestiones,
casualidad... ruidos, luces, movimiento, pero también silencio y vacío... sentimiento de
nuestro tiempo" (Silvia Massotti).
La reseña "Viajando con Calvino", ha parecido allí una magnífica ocasión para formular
de nuevo, enseñando imágenes inspiradas a sus textos, la idéntica pregunta de
entonces.
Y justo en las Lecciones americanas, contadas en 6 propuestas, encontramos su registro



fantastico/filosofico/allegorico, no tanto la explicación literaria, cuánto bastante la
búsqueda de las motivaciones, aquella tentativa de dar respuesta a la misma
pregunta... probando a dar márgenes.... como ‘nace el immaginazione/parola?.
Así hemos elegido de exponer en la exhibición a fotógrafos de fama internacional, muy
diferentes entre ellos, que pueden ayudarnos, con un arte reciente, a atravesar el
líquido y mudable espacio calviniano... "Una interpretación de la ciudad más que una
grabación de los fenómenos, una proyección, hasta una profecía, mucho nos parece
pueda ser le solicitado al artista contemporáneo..." (Antonella Greco)

Cine

Viaje cinematográfico a traves las seis palabras clave localizadas por el nuevo milenio
(Levedad, Rapidez, Exactitud, Visibilidad, Multiplicidad, Consistencia) de Italo Calvino.
El escritor cinéfilo, crítico, teórico, cosmonauta de lo imaginario, guion y guionista,
documentalista, intelectual ocupado en la batalla de las ideas y jugador en los aparatos
culturales, pican de referencia vital para los cineastas del siglo XXI, exploratorios del
verdad de la vida globalizzata.
Una exhibición y una reseña de película a sometido calviniano o inspirados a sus
escritos, comprendidas las obras que tienen con Calvino una relación de cambio a
distancia, directo y oblicuo.
Las entrevistas, las intervenciones, las provocaciones inmortalizadas en las vitrinas de
la Radio Television Italiana.

SECCIONES DE LA EXPOSICION

SECCION ICONOGRAFICA

“Mario Calvino: la sombra del padre”

por STEFANO ADAMI

"Eva Mameli: desde Cerdeña en América Latina con el microscopio y la familia"

por MARIA CRISTINA SECCI

"Cronología de la vida de Italo Calvino"

por MARIO BARENGHI e BRUNO FALCETTO
y por la “BIBLIOTECA COMUNALE ITALO CALVINO”
de Castiglione della Pescaia -Italia

"Proyección de películas con entrevistas a Italo Calvino"

por RAITECHE



SECCION ITALIANA


"HOMENAJE A LAS CIUDADES INVISIBLES"


RETRATOS DE ARQUITECTURAS

Video por Moreno Maggi y Diana Alessandrini

"LA TRILOGÍA DE LOS ANTEPASADOS"
“CONSISTENCIA DE LA IMAGINACION”

Selección de obras de artistas italianos en fotos y videopor Luisa Mazzullo, Angelo Melpignano e Emanuele Lamaro

“ADI INDEX”

Imágenes de objetos, algunos de la selección ADI Index

por Marco Pietrosante – ADI

"LA CIUDAD QUE NO EXISTE"

proyectos de los estudiantes del segundo año de “Diseño deProducto” en el tema del proyecto para las emergenciasambientales
por IED Istituto Europeo di Design -Roma

“TRANSICTION TOWN”

por ISIA -istituto superiore industria artigianato

“LA ISLA DE CALVINO”

Presentación del documental de Roberto Giannarelli
y Pier Paolo Andriani sobre los primeros cuarenta años de lavida del escritor: los años de su formación.

Un Calvino privado. Aquellos Calvino por los que es más"natural" vivir de extranjero, un autor por el que se puedefavolisticamente usar la mentira en citar la misma
autobiografía. El auténtico y el falso se derriten y sólo seequivocan en la fantasía de sus novelas.

SECCION CUBANA

CONCERTO ITALICO di LEO BROUWER & GUITAR QUARTET

por la Oficina LEO BROUWER

ENA – ESCUELA NACIONAL DE ARTE

VITTORIO GARATTI, ROBERTO GOTTARDI, RICARDO PORRO

LASA

SISTEMA ECOLOGICO DE ELEMENTOS DE COSTRUCCION

NELSON HERRERA YSLA

ARQUITECTURA Y DISENO CUBANOS Y CONTEMPORANEOS

TALLER DISEGNO AMBIENTAL

NODOS URBANOS

JOSE' ERNESTO AGUILERA

HUMIDORES HABANA

CENTRO DE ARTE CONTEMPORANEO WIFREDO LAM

por ALIVES POLO SEVILA

exposición de obras de arte que son:



PONJUAN

TONEL
FIDEL YORDAN. CASTRO
CANDELARIO

SEIES PROPUESTAS PARA ITALO CALVINO

FESTIVAL DE CINE

1. LEVEDAD
La marea
La piscina


2. RAPIDEZ
Utopía
Oda a la piña
El dictado

3. EXACTITUD
Suite Habana
Patria

4. VISIBILIDAD
Larga distancia

5. MULTIPLICIDAD
por NELSON RAMIREZ DE ARELLANO CONDE
Director de la FOTOTECA DE CUBA

REWELL ALTUNAGA
ALEJANDRO GONZALEZ
JENNIFER JIMENEZ Y CLAUDIO SOTOLONGO
ADRIAN FERNANDEZ
LIUDMILA Y NELSON
JAVIER CASTRO

por DEAN LUIS REYES y GUSTAVO ARCO

No asociarlo con la frivolidad sino con la fuidez necesaria de
las cosas. Implica una transformación una manera dealejarse de lo excesivamente material.

Doc. 26 minutos. 2009. Armando Capó.
Ficción. 65 minutos. 2012. Carlos Machado

Ser rápido pero preciso. Distanciarse de los preámbulos y laslargas introducciones. Economía de medios para exponer lasideas. Ejemplo: el microcuento.

Ficción. 12 minutos. 2004. Arturo Infante.
Ficción. 10 minutos. 2008. Laimir Fano.
Animación. 3 minutos. 2009. Yolyanko William.

Búsqueda del punto justo. Encontrar la medida de las cosas,
el orden preciso. Análoga a las formas geométricas.

Doc. 90 minutos. 2003. Fernando Pérez.
Documental. 14 minutos. 2007. Susana Barriga.

La imagen como lenguaje. El hombre actual se comunicamucho a través de imágenes que se ha convertido en ellenguaje universal. La mente actúa con la memoria y estanos llega a través de imágenes.

Ficción. 94 minutos. 2010. Esteban Insausti.

Búsqueda de un lenguaje sin barreras, sin trabas, universal,



que utilizando múltiples discursos, acerque a todos.

Memorias del desarrollo
Ficción. 112 minutos. 2010. Miguel Coyula.

6. CONSISTENCIA No profundizado por Calvino. Método para desvelar lossentidos ocultos entre tantos acontecimientos.
Camioneros
Ficción. 25 minutos. Sebastián Miló. 2012.

Afuera
Ficción. 22 minutos. 2013. Vanessa Portieles/YanelvisGonzáles

CURRICULUM

Marco Marini

ideacion y curatela general

Nace en Roma en el 1950, y' casado y padre de dos hijos. En el 1976 se licencia en Arquitectura
cerca de la universidad “La Sapienza” de Roma y del 1980 se ocupa de Planeamiento
Arquitectónico e Illuminotecnica, desarrollando la libre profesión en Italia y al extranjero.

En el curso de su actividad profesional ha recibido encargos públicos y privados por Planes y
Proyectos de iluminación de CASCOS ANTIGUOS, IGLESIAS y MONUMENTOS, y por la
reestructuración y la instalación de entornos de trabajo en los sectores SANITARIO, TURÍSTICO
ALOJARÉ y de la GRAN DISTRIBUCIÓN. En Bélgica un proyecto suyo ha resultado vencedor de un
Concurso de la Fundación "Rey Baldovino" por la iluminación Artística y Arquitectónica del
BARRIO HISTÓRICO "MONT DES ARTS" a Bruselas, de que ha curado luego la entera realización;
a Cuba, sobre encargo del Oficina del Historiador de l' Habana, ha realizado el Proyecto de
Iluminación por la PLAZA DE ELLA CATEDRAL y por EL PLAZA VIEJA, las dos principales plazas del
casco antiguo. Algunos proyectos del arch. MARINi son publicados sobre "Abitare" n°400, sobre
la "REVISTA ILLUMINOTECNICA RUSA" Moscú 2000, y en el volumen "Ufci" Motta Editor Spa
2000.

A estas actividades profesionales el arch. Marini siempre ha querido juntar un equivalente
empeño dirigido al ahondamiento y al intercambio cultural revuelto al mundo a latinoamericano:
en el 2000 participa en la "FERIA INTERNACIONAL DEL LIBRO" de la Habana; en el
2005 organiza la participación de ejecutivos y técnicos del MIBAC a la 2° CONFERENCIA
INTERNACIONAL SOBRE LA CONSERVACIÓN DEL PATRIMONIO URBANO Y CONSTRUCTOR; en el
2007 promueve el proyecto de un CENTRO MULTIMEDIAL dotado de una sección histórica y
documental por el intercambio cultural entre Cuba e Italia. En el 2011, a Roma, planea y



realiza,” CUBA UNA HISTORIA TAMBIÉN ITALIANA", una exhibición, visitada de más de 10.000
personas, que documenta los hechos, pocas notas pero muy significativos, de la presencia
italiana en Cuba, de Cristoforo Colombo hasta a hoy. La Exhibición ahora ha sido donada a la
SOCIEDAD DANTE ALIGHIERI de Cuba para ser expuesta en forma permanente a testimoniar los
hechos de muchos nuestros connacional en aquella parte de mundo. Entre este, también los
padres de Italo Calvino: Evelina Mameli y Mario Calvino

Con Paolo Sardo es co-fundador y vice presidente de IXCO, Instituto italiano por la Cooperación.

Stefano Donati

ideacion y curatela general

Nace en Roma en el 1972. Diplomado en gestión de empresa con un máster bienal cerca del
Centro Estudias Comunicación Cogno & Asociados con especialización en mercadotecnia,
publicidad y relaciones públicas y licenciándose en Sociología con dirección comunicación y
medios de comunicación con una tesis sobre la comunicación de la arquitectura.

Usted siempre es ocupado de comunicación y de formación, colaborando con primarias
sociedades de consultoría operante sobre todo el territorio nacional como Sin&rgetica y Me.Ga
Management, curando, entre los otros, clientes como “Poste italiane” y “Automobile Club
d'Italia”.

Ha tenido y tiene encargos de enseñanza cerca del IED de Roma en el máster de "interior yacht
design y superestructuras" dirigidas por el prof. arch. Massimo Paperini.

Del 2006 se ocupa de las relaciones externas de “Ceramica Appia Nuova” S.p.A, empresa líder
sobre el territorio laziale por la comercialización de materiales por la construcción que, en los
años, también se ha distinguido por el empeño cultural en favor de la arquitectura. En tal
sentido merecen mención la revista semestral "Progetti Roma" y el format televisivo "Work in
Progress”di, en calidad de co-autor y productor ejecutivo ha curado la realización de tres
ediciones por un total de 54 episodios.

Es miembro del consejo directivo del IN/ARCH sección Lazio y de IXCO, Instituto italiano por la
Cooperación.

Dizionario demenziale

CAMICIA: abitazione di piccola felina

sabato 12 ottobre 2013

Dizionario demenziale

CAMBUSA: videocamera forata (It. del nord)