Al male dell’infelice applicazione del “riordinamento monetario” si sta aggiungendo quello dell’inflazione da far invidia alla miglior Argentina e alla creazione di nuovi “posti di lavoro” dati dalla partecipazione alle code, più o meno “aiutati”, dalla scarsa presenza di Cadeca (case di cambio) per l’acquisto e della scarsa disponibilità di valuta estera da offrire. L’investimento è di circa 124 pesos cubani per un dollaro che poi si rivende al mercato nero per 150 e oltre. Chi lo fa ogni giorno assicurandosi i 100 dollari disponibili per persona ha un ingresso da far invidia a tanti dirigenti. Naturalmente non tutti hanno i contatti necessari per beffarsi delle code, ma si sa che la necessità aiuta l’ingegno.
L’infelice
“riordinamento monetario” è stato fatto ascoltando le cornacchie straniere che
molto probabilmente sapevano perfettamente cosa ne sarebbe scaturito, per avere
“una sola moneta circolante a Cuba”. Questo ha portato all’abolizione del CUC (Peso
Cubano Convertibile) che aveva corso legale solo nel Paese, d’altra parte il
CUP (Peso Cubano) non è tutt’ora convertibile se non a Cuba e a condizioni
limitate, almeno per l’acquisto. Con l’abolizione del CUC l’equilibrio
monetario si è sbilanciato sempre più raggiungendo aspetti vicini al dramma per
chi non ha accesso alle valute forti e comunque crea disagio anche per chi lo
ha e non si dedica a speculazioni di bassa lega, ma di alto profitto.
La
spirale che si creata è pericolosissima e drammatica senza poter avere un vero
mercato libero di compra e vendita di valuta, cosa al momento impossibile.
Sempre
più vigente il detto “si stava meglio quando si stava peggio” riferito alle
purghe di dirigenti e quadri, riflusso dell’ormai lontano 1989, ma che ha
lasciato vuoti di competenza a tutti
livelli e in ogni settore che evidentemente non si sono colmati.
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