Fra le notizie di agenzia, che scorrono sul lato sinistro del mio blog, leggo che Gianni Minà presenta il suo ennesimo lavoro su Cuba in forma di documentario "a tutto terreno". Sono contento per lui e il suo successo, quello che mi dispiace è che Minà si ricordi solo e sempre dei "potenti" e/o "famosi". Non si è mai ricordato, per esempio, di quel "tapino" che in mancanza di taxi lo ha portato, dall'Habana Libre, a visitare i suoi ex suoceri in calle 17 e lo ha atteso, visto che stava piovendo a dirotto, per riportarlo in albergo. Da quell'incontro poi, il "tapino" e la sua compagna dell'epoca gli hanno presentato Jorge Gomez, direttore del Grupo Moncada, Ernesto Guevara Linch (padre del "Che") Santiago Alvarez e altri personaggi che gli hanno consentito, almeno in breve tempo di contattare tramite l'ICAIC, Gabriel Garcia Marquez, Jorge Amado e quindi Fidel. La sua famosa (e casuale) prima intervista a Fidel Castro nella strada, ormai era un lontano ricordo e il "nostro" non aveva "contatti" reali a Cuba. Con il suo lavoro e la sua professionalità avrebbe certamente raggiunto lo stesso i "potenti" e/o famosi anche senza l'aiuto del "tapino", ma di sicuro ha avuto una scorciatoia aperta. Non ricorda nemmeno quando il "tapino" gli risolveva i passaggi aerei per se, la sua troupe o i "suoi" musicisti invitati in Italia (spettacolo del Tropicana compreso). Ma si sa, giornalisti dal "volto umano" non ce ne sono, nemmeno Minà che continuo, comunque, ad apprezzare per il suo lavoro nello sport e la cultura.
Nella "foto tapino":
L'Avana 1991, Giochi Panamericani da sinistra: Javier Sotomayor, José Ramon Fernandez (Presidente del CIO cubano, Fidel Castro, un membro del CIO, Manuel Vazques Raña (Presidente Regionale del CIO) un fotografo dello Studio Revolución, un'altro fotografo accreditato e la...sullo sfondo: il "nostro" Gianni