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venerdì 20 dicembre 2013

Liberalizzata la vendita di auto nuove, ma non solo

Proseguono le riforme verso una "normalità" di Cuba, rispetto al resto del mondo. È stato annunciato che in breve, data non ancora stabilita, uscirà sulla Gaceta Oficial il decreto che autorizza i concessionari di auto a vendere liberamente ai privati. Secondo quanto annunciato la vendita verrà scaglionata lasciando la priorità a chi fosse già in possesso della lettera di autorizzazione prevista dalle vecchie norme, ma poi verrà aperto il flusso a chiunque possa e voglia acquistare una vettura sia nuova che usata, disponibile nelle agenzie di vendita. Verrà anche riaperta la possibilità di importazione, secondo regole non ancora note, per tutti i cittadini cubani o stranieri residenti in modo temporaneo o permanente e per le persone giuridiche.

Assieme a questa importante riforma, è stata annunciata anche l'apertura del primo mercato all'ingrosso per i prodotti agricoli. Vedrò di avere maggiori dettagli sulla sua ubicazione e il suo funzionamento.

Confederale

CONFEDERALE: assieme a un alto gerarca del passato

giovedì 19 dicembre 2013

Cartoline da Orlando 2







Condito

CONDITO: normalmente si usa l'indice

mercoledì 18 dicembre 2013

Condiscendente

CONDISCENDENTE: assieme a figlio o nipote

martedì 17 dicembre 2013

Cartoline da Orlando







Concorrente

CONCORRENTE: linea elettrica attiva

lunedì 16 dicembre 2013

Assegnati i premi Coral al Festival cinematografico dell'Avana

Il vincitore del Primo Premio Coral alla 35ma edizione del Festival avanero è stato il film messicano Heli di Amat Escalante mentre al secondo e terzo posto si sono classificati rispettivamente El lugar del hijo di Manuel Níeto (Uruguay) e Gloria di Sebastián Lelio (Cile) Miglior attrice è risultata essere l'ecuadoriana Vanesa Alvariño per la sua interpretazione in No robarás, a menos que no sea necesario , mentre il premio maschile è andato a Diego Peretti per La reconstrucción (Argentina). Un premio Coral alla carriera è stato assegnato all'attore cubano Reynaldo Miravalles, attualmente residente a Miami che è stato accolto con un'ovazione dal pubblico presente.
Il premio del pubblico è andato a Boccacerias habaneras di Arturo Soto per la sua satira del Decamerone in chiave caraibica che ha vinto anche per il miglior soggetto.

Il cadavere di Boca Ciega di Ciro Bianchi Ross, pubblicato su Juventud Rebelde del 15/12/13

Omicidio o suicidio? Emilio Vicente Driggs che aveva sostituito la personalità dell’esploratore Ibeau I. Monsi, capitano dell’esercito canadese, nato in Senegal, aveva ucciso la giovane Dottoressa Aurora Méndez del Castillo che chiamava Miss Dawn per poi bruciarne il cadavere e seppellirlo nella sabbia? O fu lei che pose fine alla propria vita ed egli si limitò a inumarla per nasconderne i resti, non essere coinvolto nella faccenda e cancellare indizi che potessero portare la polizia a stabilire qualunque vincolo fra di loro?
Il fatto, all’epoca, non poté essere chiarito del tutto e dopo i quasi 90 anni trascorsi da allora, il cadavere di Boca Ciega, all’est dell’Avana, continua ad essere uno degli enigmi più impenetrabili della cronaca rossa (gialla, nd.t.) cubana. Nonostante si sapesse che il presunto Monsi uscì da Cuba col nome di Robert Moore, cittadino nordamericano nato a Pasadena, scapolo di 35 anni e poi riapparì in California come Pantaleón Ramos, nato nella Canarie, le autorità dell’Isola non giunsero mai a mettergli le mani addosso e nemmeno hanno potuto comprovare la veridicità del messaggio con cui il tale Pantaleón chiedeva al capitano Alfonso L. Fors, capo della Polizia Giudiziaria cubana, a carico delle indagini, che smettesse di perseguitarlo, diceva: orbene “anche se sono realmente il capitano Ibeau Monsi, indicato come autore della morte di Aurora, è certo che mi sento morire”. Quando si erano effettuate tutte le pratiche per la sua estradizione, il presunto colpevole moriva per un’infezione laringea che lo aveva privato della voce.
Tutto rimane nel campo delle ipotesi. Si disse, allora, che il falso capitano e noto truffatore si innamorò veramente della bella e intelligente giovane che conobbe nella città orientale di Puerto Padre. Fu a causa di questo amore che decise di non nasconderle per altro tempo la sua vera identità, raccontarle del suo soggiorno in carcere e raccontarle il destino del vero capitano Monsi. Per rivelarle i suoi segreti scelse, per tranquilla e appartata, la spiaggia di Boca Ciega, località che avevano visitato anteriormente. Li si scatenò la tragedia perché, si disse anche che davanti alle rivelazioni, la sfortunata Miss Dawn, lo affrontò con durezza e lo minacciò di rivolgersi alla polizia. Decise quindi di ucciderla, bruciare il cadavere e sparire dal luogo. Non mancarono, però quelli che dissero che davanti alle confessioni del suo amante lei avrebbe visto la sua vita distrutta e svanire i suoi sogni, quindi piena di dolore e paura per il “cosa diranno”, decise di togliersi la vita dandosi fuoco. Il timore che lo accusassero della morte della ragazza lo spinse a disfarsi del cadavere. Lo seppellì nella sabbia a 50 metri dalla costa e ad altri 250 dalla casa più vicina. Fu una sepoltura superficiale e per sfortuna del falso Monsi, i cani randagi scoprirono il corpo e misero in vista le ossa che ne portarono alla scoperta.
Elementi del posto della Guardia Rurale di Guanabacoa assunsero il caso e al principio apportarono dati utili e d’interesse, ma lo sconcertante del fatto e l’allarme che creò nella società, fecero si che le investigazioni si affidassero alla Polizia Giudiziaria. Il capitano Fors ebbe l’aiuto del detective Mariano Torrens.
Già da allora i forensi assicuravano che si trattava del cadavere di una donna sconosciuta di età compresa fra i 25 e 30 anni, della quale non potevano stabilire le cause della morte. Si imponeva identificare la vittima e chiarire se si suicidò o se fu oggetto di un crimine, al fine di trovare chi l’avesse uccisa, bruciata e sepolta oppure se si fosse solo limitato a seppellirla dopo averla trovata morta. L’idea del suicidio avrebbe potuto reggere di fronte al ritrovamento di un corpo bruciato, ma l’inumazione del suo corpo calcificato supponeva l’intenzione di nascondere un delitto. Fors e il suo aiutante conclusero che la ragazza era stata uccisa in maniera brutale, bruciata e alla fine sepolta. Non dubitarono quindi che dovevano cercare un assassino freddo e vile.

Chi è la vittima? Chi è il suo assassino?

In breve si seppe che sette giorni prima del ritrovamento dei resti, un tipo dalle strane apparenze aveva proposto a Saturnino Gayón, proprietario della bottega la Viña di Guanabo, di vendergli indumenti femminili. Chiese per loro 20 pesos dicendo di essere necessitato di fare con urgenza la vendita perché era in procinto di fare un viaggio d’esplorazione per le Antille. Nel ricevere i soldi, per ringraziamento, donò al bottegaio due libri –Baldwin Headers Fourth Years- e ¿Quiere usted aprender el inglés sin maestro?- Nella loro pagina iniziale, entrambi i volumi avevano questa dedica: “To Miss Dawn. From Captain Ibeau Monsi. Cuba, Marzo 1924”.
Quello del capitano Ibeau Monsi sembrò, alla polizia, uno pseudonimo più che un nome reale, ma dawn in inglese significa “alba, inizio del giorno, aurora”. E con questa parola il capitano Fors e il detective Torres intuirono che probabilmente era il nome della donna uccisa.
Entrambi lavoravano giorno e notte, senza tregua, senza trascurare il minimo indizio, senza scartare il minimo sospetto. Aquilino López, proprietario di un ristorante vegetariano nella calle Neptuno, mise a disposizione della polizia dettagli interessanti. Mostrò lettere dirette a Monsi e firmate da una misteriosa Miss Dawn. Rivelavano un amore appassionato, senza limiti. Mise le autorità sulla pista giusta quando disse che si trattava di un capitano dell’esercito canadese nato in Senegal e aggiunse che era un tipo che mangiava vegetali e dormiva sui tetti. Disse anche che si era accomiatato perché sarebbe partito per l’America Centrale.
Fors non ci mise molto a constatare che Monsi e il gibarense Emilio Vicente Driggs erano la stessa persona e tracciò la linea che lo portava verso Aurora Méndez del Castillo, data per scomparsa. Ma a questo punto Monsi non poteva essere catturato. Era uscito dall’Isola a bordo del vapore Cuba, dal molo dell’Arsenale, col nome di Robert Moore, nordamericano.
Driggs, alias Monsi, lavorò per la compagnia che operava le centrali zuccheriere Delicias e Chaparra. Divenne macchinista, ma presto lo cacciarono dall’azienda come ladro. Vagò per Banes, Antilla e Mayarí e in questa località rapì una bella minorenne che non tardò ad abbandonare. La famiglia della ragazza lo denunciò. Riuscì a scappare, ma lo giudicarono in contumacia. Si arruolò come marinaio in una nave da carico e durante i cinque anni successivi viaggiò per il mondo, quasi sempre in navi che trasportavano riso che toccavano l’India. Così apprese varie lingue, specialmente l’inglese e anche il cinese. Tornò a Cuba nel 1920. Era un uomo raffinato. Parlava spagnolo con accento e vestiva come un esploratore inglese. Sfoggiava un casco bianco e portava al collo una macchina fotografica e un binocolo. A Gibara, già col nome falso di Ibeu Monsi, tenne conferenze di argomenti storici e geografici. Poco a poco ebbe un gruppo di ammiratori che ascoltavano i suoi lunghi discorsi sulle sue avventure in Cina, Giappone, India e i Paesi più remoti e che non sospettavano fosse gibarense come loro.
Un pomeriggio, sua madre lo riconobbe in un parco e gli si gettò fra le braccia. Driggs la respinse e le chiese in inglese da dove avesse tratto l’idea che fosse suo figlio. La poveretta rimase stupefatta. Lei lo sapeva bene – lo sentiva – che quel giovane era frutto del suo ventre, ma davanti al suo iroso diniego lasciò il parco con gli occhi pieni di lacrime. Il fatto giunse alle orecchie delle autorità. Si aprì una piccola investigazione e si inviò il falso esploratore a Santiago de Cuba. Per il fatto della ragazza ingannata a Mayarí, La corte santiaghera lo condannò a un anno, otto mesi e 21 giorni di prigione che scontò nel carcere della città, oltre a pagare un indennizzazione di 200 pesos alla ragazza.
Il 14 ottobre del 1921, Driggs usciva dal carcere e si trasferiva a Porto Padre. Tornava ad essere l’esploratore Ibeu I. Monsi e una prestigiosa istituzione locale lo contrattò per una conferenza. Un’ovazione scrosciante chiuse le sue parole. Una rappresentanza delle classi in vista si premurò di complimentarsi con lui. Lo invitarono al ballo che quella stessa sera si teneva alla Colonia Spagnola. Monsi accettò l’invito, compiaciuto, ed alla festa si trasformò nella figura centrale della serata. Fra le persone importanti presenti alla Colonia, faceva spicco una giovane dai capelli neri e un sorriso adorabile. Monsi non le toglieva gli occhi di dosso e qualcuno li presentò. Era Aurora, aveva 26 anni ed era Dottoressa in Pedagogia all’Università dell’Avana dove studiava anche Lettere e Filosofia. Parlava inglese e francese alla perfezione. Un vero gioiellino. A partire da quel momento, Monsi si accaparrò Aurora per tutta la festa e nei giorni successivi non perse le sue tracce, nonostante l’occhio vigile di suo fratello, il Dottor Aurelio Méndez del Castillo, medico e poeta, tutta una celebrità locale.
La relazione tra Monsi e Aurora si fece sempre più profonda. Li si vedeva assieme sul molo che guarda verso cayo Juan Claro o lungo la passeggiata che nasce vicino al Fuerte de la Loma. A volte navigavano in barca lungo La Boca o Cascarero. Così, fino al giorno in cui Monsi sparì da Porto Padre senza salutare e qualche ora dopo spariva anche Aurora. Si sarebbero trovati all’Avana. Gli studi universitari lasciavano alla ragazza il tempo sufficiente per trovarsi col suo amato, dapprima in luoghi pubblici, con misura, per lasciarsi andare poi, in luoghi isolati, ad una passione sfrenata.

Il vero Ibeau I. Monsi

Tutto sembra indicare che esistette un genuino capitano, esploratore dell’esercito canadese con questo nome che giunse a conoscere Emilio Vicente Driggs quando, in viaggio di studi, era diretto a Cuba su una nave inglese. Durante la traversata Driggs, con la consueta abilità, riuscì a diventare intimo del capitano. Narra questa versione che il vero capitano Monsi spiegó a Driggs i dettagli del suo viaggio: il proposito che lo animava, i risultati che avrebbe ottenuto, senza dimenticare la succulenta borsa in denaro con cui sarebbe stato ricompensato. Si dice che ad un certo momento, approfittando delle ore piccole, Driggs strangolò il vero capitano Monsi, smembrò il suo corpo e lo gettò dall’oblò della cabina. Prese la sua uniforme e i suoi documenti, sbarcando a Cuba sostituendosi alla persona dell’esploratore canadese.
È la versione di una leggenda difficile da comprovare, ma chi può negare che Emilio Vicente Driggs fosse sufficientemente malvagio per compiere un simile atto?
Se il presunto Monsi morì sicuramente in California o si perse nel mondo della delinquenza internazionale, è indubbio che si portò nella tomba la verità attorno al motivo e ai dettagli della morte di Miss Dawn, fatto che cominciò a inquietare Cuba il 1° di agosto del 1924. La uccise il falso Ibeu monsi o lei si suicidò dandosi fuoco ed egli optò per seppellirla nelle allora isolate sabbie dI Boca Ciega?
C’è chi assicura di aver visto il fantasma di una donna che, alcune notti, percorre le sabbie della spiaggia. Se voi la vedete, chiedetele se è Aurora e ditele di raccontare i dettagli della sua morte. Chissà che si degni di rispondere e ci tolga da ogni dubbio.

(Con informazioni del Dottor Ismael Pérez Gutiérrez)


El cadáver de Boca Ciega

Ciro Bianchi Ross • 
digital@juventudrebelde.cu
14 de Diciembre del 2013 18:51:21 CDT

¿Asesinato o suicidio? ¿Mató Emilio Vicente Driggs, que había
suplantado la personalidad del explorador Ibeau I. Monsi, capitán del
ejército canadiense, nacido en Senegal, a la joven Doctora Aurora
Méndez del Castillo, a la que llamaba Miss Dawn, e incineró luego el
cadáver y lo enterró en la arena, o fue ella la que puso fin a su vida
y él se limitó a inhumarla para ocultar los restos, desmarcarse del
incidente y borrar indicios que pudieran llevar a la Policía a
establecer cualquier vínculo entre ellos?
El suceso, en su momento, no pudo ser esclarecido del todo, y a la
vuelta de los casi 90 años transcurridos desde entonces el cadáver de
la playa de Boca Ciega, al este de La Habana, sigue siendo uno de los
enigmas más impenetrables de la crónica roja cubana. Pese a que se
supo que el presunto Monsi salió de Cuba bajo el nombre de Robert
Moore, ciudadano norteamericano nacido en Pasadena, soltero y de 35
años de edad, y luego apareció en California como Pantaleón Ramos,
natural de Canarias, las autoridades de la Isla no alcanzaron nunca a
echarle el guante ni tampoco comprobaron la veracidad del mensaje en
que el tal Pantaleón pedía al capitán Alfonso L. Fors, jefe de la
Policía Judicial cubana, a cargo de las investigaciones, que dejara de
perseguirlo pues, decía, «aunque soy en verdad el capitán Ibeu Monsi,
señalado como autor de la muerte de Aurora, lo cierto es que me siento
morir». Cuando se habían corrido ya todos los trámites para su
extradición, el supuesto culpable fallecía de una afección laríngea
que lo había privado de la voz.
Todo queda en el campo de las suposiciones. Se dijo entonces que el
falso capitán y reconocido timador se enamoró verdaderamente de la
bella e inteligente joven a la que conoció en la ciudad oriental de
Puerto Padre. Fue en aras de ese amor que decidió no ocultarle por más
tiempo su verdadera identidad, relatarle sus estancias en la cárcel y
contarle del destino del verdadero capitán Monsi. Para revelarle sus
secretos escogió, por lo tranquilo y apartado del lugar, la playa de
Boca Ciega, paraje que habían visitado antes. Allí se desencadenaría
la tragedia porque, se dijo también, ante las revelaciones, la
infortunada Miss Dawn lo increpó con crudeza y lo amenazó con la
Policía. Optó entonces él por matarla, quemar el cadáver y esfumarse
del lugar. No faltaron, sin embargo, los que afirmaban que ella, fuera
de sí por las confesiones de su amante, viendo su vida deshecha y roto
su sueño y llena de pesar y miedo por el «qué dirán», decidió privarse
de la vida, incinerándose. El temor de que lo acusaran de la muerte de
la muchacha lo empujó a deshacerse del cadáver. Lo enterró en la
arena, a 50 metros de la costa y a otros 250 de la casa más próxima.
Fue un enterramiento superficial y, para la mala suerte del falso
Monsi, los perros jíbaros lo descubrieron y sacaron a la luz huesos
que condujeron al hallazgo del cadáver.
Elementos del puesto de la Guardia Rural de Guanabacoa asumieron el
caso en un inicio y aportaron indicios de interés y utilidad. Pero lo
desconcertante del suceso y la alarma que generó en la sociedad
hicieron que las investigaciones se confiaran a la Policía Judicial.
El capitán Fors se auxilió del detective Mariano Torrens.
Ya para entonces los forenses aseveraban que se trataba de los restos
de una mujer desconocida de entre 25 y 30 años de edad, de la que no
podían precisar cómo había muerto. Se imponía establecer la identidad
de la víctima y precisar si se suicidó o fue objeto de un crimen a fin
de encontrar al que mató a la muchacha, la incineró y la enterró, o al
que se limitó a inhumarla luego de encontrarla muerta. La idea del
suicidio hubiera podido justificarse frente al hallazgo de un cuerpo
quemado, pero la inhumación de su cuerpo calcinado pretendía de seguro
ocultar un delito. Fors y su ayudante concluyeron que la muchacha
había sido asesinada de manera brutal, quemada después y, por último,
enterrada. Entonces no dudaron que buscaban a un asesino frío y
cobarde.

¿Quién es la víctima? ¿Quién su asesino?

Pronto se supo que siete días antes del hallazgo de los restos, un
sujeto de rara presencia había propuesto a Saturnino Gayón,
propietario de la bodega La Viña, de Guanabo, varias piezas de vestir
de mujer. Pidió por ellas 20 pesos y manifestó que se veía urgido de
hacer aquella venta porque no demoraría en emprender un viaje de
exploración por las Antillas. Al recibir el dinero, en agradecimiento,
obsequió al bodeguero dos libros —Baldwins Headers Fourth Years y
¿Quiere usted aprender inglés sin maestro?—. En su página inicial,
ambos volúmenes llevaban esta dedicatoria: «To Miss Dawn. From Captain
Ibeu Monsi. Cuba, Marzo, 1924».
Lo de captain Ibeu Monsi pareció a la Policía un seudónimo más que un
nombre real, pero dawn, en inglés, significa «amanecer, comienzo del
día, aurora». Y en esa palabra sí repararon el capitán Fors y el
detective Torrens. Quizá Aurora fuese el nombre de la mujer asesinada.
Ambos detectives trabajaban sin descanso, día y noche, sin desdeñar
ningún posible indicio, sin descartar la más ligera sospecha. Aquilino
López, propietario de un restaurante vegetariano de la calle Neptuno,
puso detalles de interés en conocimiento de la Policía. Mostró cartas
y tarjetas dirigidas a Monsi y firmadas por la misteriosa Miss Dawn.
Revelaban un amor apasionado, sin fronteras. Puso a las autoridades en
la pista correcta cuando les dijo que se trataba de un capitán del
ejército canadiense nacido en Senegal. Y añadió que era un tipo que
comía vegetales y dormía en las azoteas. Dijo también que se había
despedido porque viajaría a Centroamérica.
Fors no demoró en constatar que Monsi y el gibareño Emilio Vicente
Driggs eran una sola persona y trazó la línea que lo llevaba hasta
Aurora Méndez del Castillo, reportada como desaparecida. Pero a esa
altura Monsi no podía ser capturado. A bordo del vapor Cuba había
salido de la Isla por el muelle del Arsenal, con el nombre de Robert
Moore, norteamericano.
Driggs, alias Monsi, trabajó para la compañía que operaba los
centrales Delicias y Chaparra. Se hizo maquinista, pero pronto lo
expulsaron de la empresa por ladrón. Vagó por Banes, Antilla y Mayarí
y en esta localidad raptó a una linda menor a la que no tardó en
abandonar. La familia de la muchacha lo denunció. Pudo escapar, pero
lo encausaron en rebeldía. Se enroló como tripulante en un barco de
carga y durante los cinco años siguientes viajó por el mundo, casi
siempre en buques dedicados al transporte de arroz que tocaban la
India. Así aprendió varios idiomas, especialmente el inglés y también
el chino. Regresó a Cuba en 1920. Era un hombre refinado. Hablaba el
español con acento y vestía como un explorador inglés. Se tocaba con
un casco blanco y llevaba al cuello una cámara fotográfica y unos
prismáticos. En Gibara, ya con el nombre falso de Ibeu Monsi,
pronunció conferencias sobre cuestiones históricas y geográficas.
Lentamente fue haciéndose de un grupo de admiradores que escuchaban
las largas peroratas sobre sus aventuras en China, Japón, la India y
los países más remotos sin sospechar que era tan gibareño como ellos.
Una tarde, la madre lo reconoció en el parque y corrió a echarse en
sus brazos. Driggs la rechazó y le preguntó en inglés que de dónde
sacaba ella que él era su hijo. La infeliz quedó estupefacta. Bien
sabía ella —lo sentía— que aquel joven era fruto de su vientre, pero
ante su airada negativa abandonó el parque con los ojos llenos de
lágrimas. El incidente llegó a oídos de las autoridades. Se abrió una
pequeña investigación y se remitió al falso explorador a Santiago de
Cuba. Por el asunto de la menor burlada en Mayarí, la audiencia
santiaguera lo condenó a un año, ocho meses y 21 días de prisión, que
cumpliría en la cárcel de la ciudad, y a indemnizar con 200 pesos a la
muchacha.
El 14 de octubre de 1921, Driggs salía de la cárcel y se trasladaba a
Puerto Padre. Volvía a ser el explorador Ibeu I. Monsi y una
prestigiosa institución cultural de la localidad lo contrataba para
una conferencia. Una cerrada ovación cerró sus palabras. Una
representación de las clases vivas se apresuró a felicitarlo. Lo
invitaron al baile que esa misma noche se ofrecía en la Colonia
Española. Aceptó Monsi la invitación, complacido y, ya en la fiesta,
se convirtió en la figura central de la noche. Entre las personas
relevantes que alternaban en la Colonia sobresalía una joven de pelo
negro y sonrisa adorable. Monsi no le quitaba el ojo y alguien los
presentó. Era Aurora. Tenía 26 años de edad, era Doctora en Pedagogía
por la Universidad de La Habana y estudiaba Filosofía y Letras en el
mismo centro docente. Hablaba inglés y francés a la perfección. Una
verdadera joyita. A partir de ahí, Monsi acaparó a Aurora durante toda
la fiesta, y, en los días sucesivos, no le perdió pie ni pisada, aun
bajo el ojo celoso de su hermano, el doctor Aurelio Méndez del
Castillo, médico y poeta, toda una celebridad local.
La relación entre Monsi y Aurora se hizo cada vez más profunda. Juntos
se les veía en el muelle que mira hacia el cayo Juan Claro o en el
paseo que nace cerca del Fuerte de la Loma. A veces navegaban en
lancha por La Boca o Cascarero. Así hasta que un día Monsi desapareció
de Puerto Padre sin despedirse y horas después desaparecía también
Aurora. Se encontrarían en La Habana. Sus estudios universitarios
dejaban a la muchacha tiempo suficiente para reunirse con su amado,
primero en lugares públicos, con mesura, para entregarse luego, en
parajes aislados, a una pasión desenfrenada.

El verdadero IBEU I. MONSI

Todo parece indicar que existió un genuino capitán explorador del
ejército canadiense con ese nombre. Y que llegó a conocer a Emilio
Vicente Driggs cuando, en viaje de estudios, se dirigía a Cuba en un
barco inglés. Durante la travesía Driggs, con su habilidad
característica, logró intimar con el capitán. Destaca esta versión que
el genuino capitán Monsi dio a Driggs los pormenores de su viaje: el
propósito que lo animaba, los resultados que obtendría, sin olvidar la
jugosa bolsa en metálico con que se le recompensaría. Se afirma que,
en cierto momento, aprovechándose de la madrugada, Driggs estranguló
al auténtico capitán Monsi, trucidó su cuerpo, lo echó por la
ventanilla del camarote, tomó su uniforme y su documentación y
desembarcó en Cuba, suplantando la personalidad del explorador
canadiense.
Es la versión de una leyenda difícil de comprobar. Pero, ¿quién niega
que Emilio Vicente Driggs tuviera suficiente maldad para realizar tal
hecho?
Si el supuesto Monsi falleció ciertamente en California o se perdió en
el mundo de la delincuencia internacional, es indudable que se llevó a
la tumba la verdad acerca del porqué y los pormenores de la muerte de
Miss Dawn, suceso que comenzó a inquietar a Cuba el 1ro. de agosto de
1924. ¿La mató el falso Ibeu Monsi o ella se suicidó, quemándose, y él
optó por enterrarla en las entonces solitarias arenas de Boca Ciega?
Hay quienes aseguran haber visto una fantasmagórica figura de mujer
que algunas noches recorre las arenas de la playa. Si usted la ve,
pregúntele si es Aurora y pídale que le cuente los detalles de su
muerte. Quizá se digne a responder y nos saque de dudas.
(Con información del Doctor Ismael Pérez Gutiérrez)
Ciro Bianchi Ross
ciro@jrebelde.cip.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/

Concorde

CONCORDE: munito di cavi

domenica 15 dicembre 2013

Premi "collaterali", verso la chiusura del Festival del Cine

In attesa dei premi “maggiori”, sono stati assegnati alcuni dei “premi collaterali” al Festival del Nuovo Cine Latinoamericano dell’Avana alla sua XXXV edizione:
Fernanda y el extraño caso del Dr. X y Mr. Jal (animato di Mario Rivas), Camionero (mediometraggio) di Sebastian Miló, hanno ricevuto il premio nelle rispettiva categorie da parte del Cirolo dei Giornalisti della Cultura di Cuba, il primo e quello della Federazione Nazionale dei Cineclub il secondo.
Hanno ottenuto un riconoscimento anche il lungometraggio Al borde de la vida di Juan Carlos Travieso e il documentario Humberto di Carlos Barba. Tutte pellicole cubane.
Il Messico si è visto asseganare due dei premi “collaterali” per i film Hell di Amat Escalante e La jaula de oro di Diego Quemada-Diéz, il primo per conto dell’Associazione Cubana della Stampa Cinematografica e della Casa de las Américas, il secondo da parte dell’UNICEF, Prensa Latina e Radio Habana Cuba.
Il colombiano Juan Pablo Riós ha ricevuto il premio offerto dalla catena Telesur con la sua opera Quijote, la stessa Telesur ha poi assegnato una Menzione Speciale al documentario Chávez del venezuelano Luis Castro.
L’unione Scrittori e Artisti di Cuba (UNEAC) a sua volta ha assegnato il suo premio alla cineasta argentina Lucía Puenzo per il suo film Wakolda.
Tra i premi speciali, il regista e scrittore Juan Padrón, ha ricevuto un Premio Coral alla carriera per la sua pluridecennale attività nel campo dei film di animazione.

Stasera la chiusura e l’assegnazione dei premi principali.

Ascensore sul Duomo di Milano

Leggo sul "currierún" online del dibattito sulla costruzione, o meno, di un ascensore nel Duomo di Milano. Francamente sono rimasto sorpreso, che io sappia un ascensore che sale sul tetto della cattedrale esisteva da anni e io stesso me ne sono servito in più di un'occasione. Si trova (o trovava?) nell'angolo posteriore sinistro del Duomo, ovvero all'incrocio tra la via Camposanto e il corso Vittorio Emanuele II. Quindi dove sarebbe la novità tanto discussa?

Concitazione

CONCITAZIONE: con avviso di comparizione

sabato 14 dicembre 2013

Concitato

CONCITATO: assieme al chiamato

Le "tertulias di Ciro"

Il giornalista e scrittore Ciro Bianchi che i lettori del blog hanno imparato a conoscere, per chi non lo conoscesse già, è richiesto spesso per chiacchierate con il pubblico che svolge in luoghi pubblici o privati. In varie occasioni è stato in visita a istituzioni carcerarie, maschile e femminili, dove ha dialogato con i reclusi che hanno gradito molto questa presenza. L'altro ieri è stata, invece, la seconda volta presso la "cafeteria" dell'hotel Inglaterra, dove sembra si trasformi in un appuntamento fisso mensile. Per l'occasione è stato presentato il libro "Latinoamérica en la mesa cubana" di Silvia Mayra Gómez Fariñas, moglie del giornalista e a sua volta scrittrice e blogger specializzata nella gastronomia.


venerdì 13 dicembre 2013

Concesso

CONCESSO: dotato di servizi igienici

Divulgazione scientifica su raiscuola

Ricevo e pubblico:

Nella puntata di oggi continueremo a parlare dell’importanza della divulgazione dei risultati scientifici, Luca Lombroso, meteorologo, ci dice che “in Italia c’è ancora molto da migliorare e da fare, divulgare significa rendere semplici cose difficili; rendere accessibili concetti complicati, ma non banalizzandoli; bisogna essere rigorosi”. Infine, un progetto di divulgazione molto sperimentale ci sarà raccontato da Fabio Peri, Direttore del Planetario di Milano, che insieme a quattro noti musicisti è riuscito a coniugare musica e astronomia. F. Peri ci spiega infatti che “divulgare significa raccontare agli altri la tua passione, quello che succede nella tua materia. Guardare un cielo stellato per molti è solo un bello spettacolo, per un fisico è bello perché ne sa qualcosa di più e lo scopo è raccontarlo. Musica e stelle sono legate dall’eternità”.
http://www.raiscuola.rai.it/articoli/nautilus-limportanza-della-divulgazione-scientifica/23629/default.aspx

Luca Lombroso 
www.lombroso.it
Email: luca@lombroso.it

giovedì 12 dicembre 2013

Concento

CONCENTO: assieme ad un centinaio

mercoledì 11 dicembre 2013

Complesso

COMPLESSO: amplesso complicato

martedì 10 dicembre 2013

Difficoltà con l'account outlook

Da circa un mese non riesco ad accedere al mio account ilvecchioeilmare@outlook.com chiedo scusa a chi mi ha scritto e non ha ricevuto risposta, prego indirizzare le mail a: aldoab@enet.cu grazie.

Via una nave, ne arriva un'altra

Appena salpata la Thomson Dream, è arrivata al porto dell'Avana la Semester at Sea, battente bandiera bahamense che trasporta 600 studenti universitari per la maggior parte statunitensi. I passeggeri nordamericani rientrano nei casi di eccezione alla proibizione di visitare Cuba dal momento che questa crociera è con fini didattici e culturali ed è auspicata dall'Università della Virginia e prima delle restrizioni imposte da George W. Bush, la Semester at Sea era già stata all'Avana in 10 occasioni tra il 1999 e il 2004. Questo è l'ultimo scalo del viaggio iniziato a Londra lo scorso agosto ed è un'altra manifestazione del clima di distensione che si è creato negli ultimi tempi fra i due Paesi, manifestatosi anche con la stretta di mano fra Barak Obama e Raul Castro che si trovano in Sudafrica per i funerali di Nelson Mandela. Fatto indubbiamente storico e mai verificatosi tra i presidenti dei due Stati negli scorsi 50 anni.




Comparare

COMPARARE: dilemma di un portiere davanti a un calcio di rigore

lunedì 9 dicembre 2013

La matita-pistola della spia di Ciro Bianchi Ross, pubblicato su Juventud Rebelde dell'8/12/13

A proposito della pagina dedicata alla spia tedesca catturata e fucilata all’Avana nel 1942, apparsa in questo spazio un paio di settimane fa Ernesto Aramís Álvarez Blanco, museologo e investigatore del Museo Oscar María de Rojas di Cárdenas, in provincia di Matanzas, apporta un dato interessante. Dice che la matita-pistola di Heinz August Kunning, conosciuto anche come Enrique Augusto Luning, si esibisce in questa istituzione culturale.
Nella perquisizione che si fece al momento della sua detenzione nella camera che occupava nella pensione ubicata al secondo piano dell’edificio contrassegnato dal numero 336 della calle Teniente Rey, tra Villegas e Aguacate, nell’Avana Vecchia, si trovarono carte geografiche, rilievi topografici, mappe di centri commerciali e un potente apparecchio radio che gli permetteva di ricevere e trasmettere messaggi. C’erano inoltre documenti che dimostravano i suoi contatti con altri agenti nazi e la curiosa arma che viene classificata dentro alle cosiddette “pistole da taschino” che posteriormente ai fatti, finì al museo cardenese.
A questo proposito Ernesto Aramís Álvarez Blanco scrive:
“Per le persone che visitano il museo Oscar María de Rojas è sempre interessante conoscere dettagli della storia dell’arma sequestrata a Luning. Misura 14,5 centimetri di lunghezza per 2,5 di larghezza. Fu fabbricata negli Stati Uniti e presenta l’iscrizione: <The Lake Erie Chemical Co. Cleveland Chic USA>”.
Álvarez Blanco precisa che si tratta di una pistola di calibro 12 mm, a un solo colpo e con un grilletto a forma di bottone. “È un’arma che divenne di moda alla fine del XIX secolo e che durante le prime 4 decadi del XX secolo era diffusa tra viaggiatori, giocatori di professione, donne licenziose e spie di diverse nazioni. Una curiosità, per dirlo in una parola”.
Con la detenzione di Luning, si relaziona il messaggio di Sergio Varela Sánchez. Questo lettore espone che sua madre e a sua nonna raccontarono e sentì molte volte raccontare dai vicini, della citata pensione. Riferivano che quando le autorità cubane decisero di procedere all’arresto della spia, chiesero agli inquilini delle case vicine di rimanere all’interno delle loro abitazioni e preferibilmente stare sotto i letti.
Aggiunge che non è d’accordo con il nordamericano Thomas D. Schoonover, professore dell’Università della Luisiana, in Lafayette, quando nel suo libro su Luning a Cuba dice che non seppe mai usare l’attrezzatura radiotelegrafica e che pertanto non poté mai mettersi in contatto con nessun sommergibile tedesco. Varela Sánchez puntualizza che a casa sua ha sempre sentito parlare delle gabbie di uccelli che la spia aveva nella sua camera perché il cinguettare dei volatili dissimulava e copriva il suono della trasmittente.
Alla fine, il lettore, chiede sulla partecipazione cubana alla II Guerra Mondiale.

Vittoria cubana

Nella prima conflagrazione mondiale, cuba dichiarò guerra alla Germania il 7 di aprile del 1917. Sebene ci fossero stati cubani che ebbero una partecipazione rilevante in questa lotta, nell’ordine strettamente militare, la Prima Guerra raggiunse solo una ripercussione interna degna di memoria: l’istituzione del Servizio Militare Obbligatorio per i maschi tra i 21 e i 30 anni, misura che non ebbe altra conseguenza pratica che quella di anticipare precipitosamente molti matrimoni.
Per la Seconda Guerra, il decreto legge numero 7 del 1942 dispose l’ampliamento e la riorganizzazione dell’Esercito e la Marina cubani e si tornò a stabilire il Servizio Militare che, stavolta, si tradusse in chiamata a grandi file di coscritti anche se, come nel conflitto anteriore, nessun cubano uscì da Paese per combattere in suolo straniero, se non come volontario. Non esistono dati precisi, ma si calcola che non meno di 3000 compatrioti si aggiunsero alle forze alleate. Di questo rimane costanza in molti racconti giornalistici e perlomeno in due libri: Dall’Hudson all’Elba, del volontario holguinero Armando Díaz Fernández e Memorie di uno studente soldato che valse al suo autore, Roberto Esquenazi Mayo, il Premio Nazionale di Letteratura del 1951.
Tre cubani combatterono nelle file dell’esercito sovietico: Enrique Vilar e i fratelli Aldo e Jorge Vivó. Aldo e Enrique trovarono la morte nel conflitto. I genitori di entrambi furono dirigenti prominenti del primo Partito Comunista di Cuba, Jorge Vivó e César Vilar. Il primo occupò la segreteria generale di questa organizzazione politica. César, il cosiddetto “Compagno Pi”, fu alla testa della Conferenza Nazionale Operaia di Cuba, sempre dalle fila del Partito fu delegato alla convenzione che elaborò la Costituzione del 1940 e posteriormente fu eletto senatore della Repubblica. Ma, nel 1953, i suoi criteri favorevoli all’attacco alla caserma Moncada e la posizione politica di Fidel, motivarono la sua esclusione dall’organizzazione a cui aveva consacrato la sua vita.
Il contributo cubano alla Seconda Guerra fu nel mare, anche se i nostri aviatori pattugliavano il Golfo del Messico nel triangolo compreso tra Mérida, l’Avana e Miami. Marinai cubani vigilavano le acque del Mar dei Caraibi e del Golfo e custodirono più di un milione e mezzo di tonnellate di merci che si trasportarono con navi di altri Paesi, in missioni che li obbligarono a percorrere oltre 300.000 miglia. Due mercantili cubani: Manzanillo e Santiago de Cuba, furono vittime di sommergibili tedeschi il 12 agosto del 1942, col saldo di 76 compatrioti morti.
Non ci si può dimenticare l’impresa dell’equipaggio del cacciasottomarini CS-13, che il 15 maggio del 1943 affondò il sottomarino tedesco U-173 di fronte alla costa di Las Villas, all’altezza di Cayo Mégano. La nave nazi era comandata da Reiner Dieriksen che aveva meritato la Croce di Ferro dell’alto comando tedesco per aver affondato oltre dieci navi nei mesi iniziali del conflitto. Il Tenente di Fregata Mario Ramírez era al comando del cacciasommergibili cubano quando l’addetto al sonar Norberto A. Collado, che sarà il timoniere del Granma nel 1956, rilevò con i suoi apparecchi la presenza del nemico e guidò i suoi alla caccia e alla distruzione dell’avversario.

Combustibile in veicoli per il trasporto di latte

Ed a proposito dei sommergibili tedeschi, Horacio Torres Triana domanda, da Camagüey, sul rifornimento del combustibile e degli alimenti di detti sommergibili, vista l’enorme distanza tra la Germania e la nostra zona geografica.
Un cubano, morto a Miami da circa 25 anni, confessò ad un collaboratore di questa colonna che nella tenuta della sua famiglia a Camagüey si rifufgiavano sommergibilisti nazi. C’era, li, una baracca abilitata all’uopo e vi passavano fino a due o tre mesi. Buon cibo, assistenza medica; si arrivò a praticare perfino estrazioni di appendice, in luogo, mentre il sottomarino restava camuffato sulla costa.
Questa fonte, di cui potrei rivelare il nome, raccontò anche al mio informatore, sulle operazioni del combustibile. Nei fine settimana lo rubavano dal deposito della compagnia petrolifera Shell all’Avana e lo trasportavano fino a Camagüey nei camion di un'azienda di trasporto del latte di proprietà di uno spagnolo falangista. Circa 400 uomini, alcuni di loro figure conosciute della radio  e dello sport, partecipavano nella vicenda. La polizia, al comando di Manuel Benítez, non li ha mai scoperti o non volle farlo.
Il giornalista Juan Chongo Leíva ha pubblicato, anni fa, - e le edizioni sono completamente esaurite – due libri utili e interessanti che ben meriterebbero la riedizione: La morte viaggia col passaporto nazi, su Kunning e La sconfitta di Hitler a Cuba, attorno alle organizzazioni fasciste che sorsero qua. Però il fatto del quintacolonnismo nell’Isola, durante la Seconda Guerra Mondiale e prima, resitette ad altri avvicinamenti. Gli si passa sopra con troppa fretta e in buona misura, dati che a suo tempo riportò la stampa, rimasero congelati nelle pagine di giornali e riviste nei quali si pubblicarono senza che nessuno si preoccupasse di verificarli mentre, molto di quello che si dice sul tema, continua a far parte delle supposizioni, senza che si sappia con certezza cosa fosse verità e cosa bugia.
Nelle alte sfere del Governo cubano dell’epoca, non erano pochi quelli che simpatizzavano con Hitler e la sua politica. Senza andare molto lontano, il cancelliere José Manuel Cortina dovette rinunciare al suo incarico dopo che in un’interpellanza parlamentare lo si accusò di antidemocratico e di fare affari coi passaporti degli emigrati ebrei. D’altra parte le autorità d’immigrazione accusavano gli ebrei ricchi di essere agenti nazi e li rinchiudevano nella Stazione di Quarantena di Tríscornia a Casablanca, per esigere poi la somma di dieci mila dollari per esonerarli da carichi, mentre che gente come il principe Ruspoli, direttore della beneficenza italiana a Cuba, si muoveva liberamente per l’Isola nonostante l’opinione pubblica cubana lo tacciava di quintacolonna.
Nel maggio del 1943, nel Centro Radiotelegrafico della Segreteria (ministero) delle Comunicazioni, ubicata nel reparto Kohly, si sequestrarono 17 documenti che contenevano – si dice – prove dello spionaggio che funzionari cubani esercitavano a favore della Germania. Eduardo Chibás accusó un ex direttore di questo Centro e l’accusa provocó un’aspra polemica fra un figlio di questi e il parlamentare, nella quale emersero non pochi panni sporchi di funzionari governativi. La discussione arrivò a tal punto che il pubblico ministero del Tribunale Supremo sollecitò all’Auditoria avanera il giudizio dei contendenti. Chibás gettò in faccia al pubblico ministero di non aver proceduto con la denuncia, supportata, dei 17 documenti sequestrati in Kohly. E che non vi avrebbe nemmeno proceduto. Un incendio, mai chiarito, nel Centro Radiotelegrafico mise fine alla vicenda e il generale Manuel Benítez, capo della Polizia Nazionale, assunse il controllo dell’entità.

Cubanismo assoluto

Un altro messaggio elettronico, firmato da Andrés, senza cognomi, allude all’esistenza di un partito nazi a Cuba al quale si riferì lo scriba nella sua pagina del 24 novembre scorso. Scrive il mittente: “Effettivamente, poco più di dieci anni or sono, ho realizzato un’investigazione sul razzismo a Cuba e cercando, cercando, ho trovato che nell’ottobre 1938 si era creato un partito nazi a Cuba. Incredibile, ma vero. È un capitolo della nostra storia che si conosce poco. Il partito fu creato dal giornalista Juan Prohias ed era composto principalmente da piccoli commercianti e alcuni membri della classe media, tutti portatori di un’ideologia razzista, profondamente anticomunista e ultranazionalista (cubanismo assoluto, dicevano loro). Nei suoi primi statuti c’erano clausole che avocavano apertamente alla discriminazione razziale, per cui all’inizio della nuova decade, non fu accettata la richiesta d’iscrizione per essere contro lo stipulato rispetto alla Costituzione del 1940. Più tardi si omisero convenientemente tutti i riferimenti razziali per poter ottenere status legale. Oltre a questo partito, esistettero simultaneamente il Partito Fascista Nazionale, la Legione Nazionale Rivoluzionaria Sindacalista e la Legione Studentesca di Cuba che compartivano tutte la medesima  base ideologica. Queste organizzazioni ebbero presa, fondamentalmente,  all’Avana e Las Villas”.

Andrés conclude il suo messaggio: “Per fortuna ci fu, a Cuba, un forte movimento antifascista”.

La pistola-lapicero del espía

Ciro Bianchi Ross • 
digital@juventudrebelde.cu
7 de Diciembre del 2013 19:05:12 CDT

CON motivo de la página dedicada al espía alemán capturado y fusilado
en La Habana en 1942, y que apareció en este espacio hace un par de
semanas, Ernesto Aramís Álvarez Blanco, museólogo e investigador del
Museo Óscar María de Rojas, de Cárdenas, en la provincia de Matanzas,
aporta un dato de interés. Dice que la pistola-lapicero de Heinz
August Kunning, conocido también como Enrique Augusto Luning, se
exhibe en esa institución cultural.
En el registro que se practicó en el momento de su detención, en la
habitación que ocupaba en la casa de huéspedes ubicada en el segundo
piso del edificio marcado con el número 366 de la calle Teniente Rey,
entre Villegas y Aguacate, en La Habana Vieja, se encontraron mapas,
croquis y planos de centros comerciales y un potente aparato de radio
que le permitía transmitir y recibir mensajes. Había además documentos
que demostraban sus contactos con otros agentes nazis y la curiosa
arma aludida, que cae dentro de las llamadas «pistolas de bolsillo» y
que con posterioridad a los hechos fue a parar al museo cardenense.
Escribe al respecto Ernesto Aramís Álvarez Blanco:
«Para las personas que visitan el museo Oscar María de Rojas resulta
siempre interesante conocer detalles de la historia del arma ocupada a
Luning. Mide 14,5 centímetros de largo por 2,5 de ancho. Fue fabricada
en Estados Unidos de América y presenta la inscripción: “The Lake Erie
Chemical Co. Cleveland Chic USA”».
Precisa Álvarez Blanco que se trata de una pistola de 12 milímetros de
calibre, un solo tiro y un disparador en forma de botón. «Es un arma
que se puso de moda a fines del siglo XIX y que durante las primeras
cuatro décadas del siglo XX fue frecuente entre viajeros, jugadores
profesionales, mujeres licenciosas y espías de diversas naciones. Una
curiosidad, para decirlo en una palabra».
Con la detención de Luning se relaciona el mensaje de Sergio Varela
Sánchez. Expone este lector lo que le contaron su madre y su abuela y
escuchó muchas veces relatar a los suyos, vecinos de la ya aludida
casa de huéspedes. Referían que cuando las autoridades cubanas
decidieron proceder a la detención del espía, pidieron a los
inquilinos de las viviendas aledañas que permanecieran en el interior
de sus domicilios, preferiblemente debajo de las camas.
Añade que no está de acuerdo con el norteamericano Thomas D.
Schoonover, profesor de la Universidad de Luisiana, en Lafayette,
cuando en su libro sobre Luning en Cuba dice que nunca supo manejar el
equipo de radiotelegrafía y que por tanto jamás logró comunicarse con
submarino alemán alguno. Puntualiza Varela Sánchez que siempre escuchó
hablar en su casa de las jaulas con pájaros que el espía tenía en su
habitación porque el piar de las aves disimulaba y encubría el sonido
del transmisor.
Por último inquiere el lector acerca de la participación de Cuba en la
II Guerra Mundial.

Victoria cubana

Cuando la primera conflagración mundial, Cuba declaró la guerra a
Alemania el 7 de abril de 1917. Aunque hubo cubanos que tuvieron una
participación muy destacada en esa contienda, en el orden
estrictamente militar la Primera Guerra solo alcanzó una repercusión
interna digna de memoria: el establecimiento del Servicio Militar
Obligatorio para los varones entre los 21 y los 30 años, medida que no
tuvo otra consecuencia práctica que la de precipitar numerosos
matrimonios.
Cuando la Segunda Guerra, el Acuerdo-Ley número 7 de 1942 dispuso la
ampliación y la reorganización del Ejército y la Marina cubanos y se
volvió a establecer aquí el Servicio Militar, que esa vez sí se
tradujo en el llamado a filas de muchos de los conscriptos aunque, al
igual que en el conflicto anterior, ningún cubano salió del país para
pelear en suelo extraño, salvo como voluntario. No existen datos
precisos, pero se calcula que no menos de 3 000 compatriotas se
sumaron a las fuerzas aliadas. De eso queda constancia en muchos
relatos periodísticos y por lo menos en dos libros: Del Hudson al
Elba, del voluntario holguinero Armando Díaz Fernández, y Memorias de
un estudiante soldado, que valió a su autor, Roberto Esquenazi Mayo,
el Premio Nacional de Literatura en 1951.
Tres cubanos combatieron en las filas del ejército soviético: Enrique
Vilar y los hermanos Aldo y Jorge Vivó. Aldo y Enrique encontraron la
muerte en la conflagración. Los padres de ambos fueron prominentes
dirigentes del primer Partido Comunista de Cuba, Jorge Vivó y César
Vilar. El primero ocupó la secretaría general de esa organización
política. César, el llamado «Camarada Pi», encabezó la Confederación
Nacional Obrera de Cuba y, siempre desde las filas del Partido, fue
delegado a la convención que elaboró la Constitución de 1940 y con
posterioridad resultó electo senador de la República. Pero en 1953 sus
criterios favorables sobre el ataque al cuartel Moncada y la posición
política de Fidel, motivaron su exclusión de la organización a la que
había consagrado su vida.
La contribución cubana a la Segunda Guerra estuvo sobre todo en el
mar, aunque también nuestros aviadores patrullaron el Golfo de México
en el triángulo comprendido entre Mérida, La Habana y Miami. Marinos
cubanos vigilaron las aguas del Caribe y del Golfo y custodiaron más
de un millón y medio de toneladas de mercancías que se transportaban
en buques de otros países, en misiones que los obligaron a recorrer
más de 300 000 millas. Dos cargueros cubanos, Manzanillo y Santiago de
Cuba, fueron víctimas de submarinos alemanes el 12 de agosto de 1942,
con el saldo de 76 compatriotas muertos.
No puede olvidarse la hazaña de la tripulación del cazasubmarinos
CS-13, que el 15 de mayo de 1943 hundió al submarino alemán U-173
frente a la costa norte de Las Villas, a la altura del faro de Cayo
Mégano. La nave nazi era comandada por Reiner Dieriksen, que había
merecido la Cruz de Hierro del alto mando alemán por haber hundido más
de diez buques durante los meses iniciales del conflicto. El alférez
de fragata Mario Ramírez estaba al frente del cazasubmarinos cubano
cuando el sonadista Norberto A. Collado, que sería el timonel del yate
Granma en 1956, detectó con sus equipos la presencia del enemigo y
guió a los suyos en la persecución y aniquilamiento del adversario.

Combustible en carros de leche

Y a propósito de los submarinos alemanes, Horacio Torres Triana
pregunta desde Camagüey sobre el reabastecimiento de combustible y
alimentos de dichos sumergibles, dada la enorme distancia que media
entre Alemania y nuestra zona geográfica.
Un cubano que falleció en Miami hace unos 25 años confesó a un
colaborador de esta columna que en la finca de su familia en Camagüey
se refugiaban submarinistas nazis. Había allí una barraca habilitada
para ese propósito y pasaban en ella hasta dos y tres meses. Buena
comida y asistencia médica; hasta extirpaciones de apéndice llegaron a
practicarse en el lugar mientras el submarino permanecía camuflado en
la costa.
Esa fuente, cuyo nombre podría revelar, contó también a mi informante
sobre la operación del combustible. Se lo robaban los fines de semana
del depósito de la petrolera Shell, en La Habana, y lo transportaban
hasta Camagüey en camiones de una compañía lechera propiedad de un
español falangista. Unos 400 hombres, algunos de ellos figuras
notables de la radio y el deporte, participaban en ella. La Policía,
al mando de Manuel Benítez, nunca los descubrió o no quiso hacerlo.
El periodista Juan Chongo Leiva publicó hace años —y están ya
totalmente agotados— dos libros útiles e interesantes que bien merecen
su reedición: La muerte viaja con pasaporte nazi, sobre Kunning, y El
fracaso de Hitler en Cuba, acerca de las organizaciones fascistas que
surgieron aquí. Pero el asunto del quintacolumnismo en la Isla durante
la Segunda Guerra Mundial, y antes, resistiría otros acercamientos. Se
le pasa por encima con demasiada celeridad y, en buena medida, datos
que en su momento aportó la prensa quedaron congelados en las páginas
de periódicos y revistas donde se publicaron sin que nadie se haya
preocupado de rastrearlos, mientras mucho de lo que se repite acerca
del tema sigue siendo parte de las suposiciones, sin que se sepa con
certeza qué fue verdad y qué fue mentira.
En las altas esferas del Gobierno cubano de la época no eran pocos los
que simpatizaban con Hitler y su política. Sin ir muy lejos, el
canciller José Manuel Cortina tuvo que renunciar a su cargo luego de
que en una interpelación parlamentaria se le acusara de antidemócrata
y de negociar con los pasaportes de los emigrados judíos. Por otra
parte, las autoridades de Inmigración acusaban de agentes nazis a
judíos ricos y los encerraban en la Estación Cuarentenaria de
Triscornia, en Casablanca, para exigirles luego sumas de hasta diez
mil dólares para exonerarlos de cargos, mientras que gente como el
príncipe Rúspoli, director de la Beneficencia Italiana en Cuba, se
movía libremente por la Isla pese a que la opinión pública cubana lo
tachaba de quintacolumnista.
En mayo de 1943, en el Centro Radiotelegráfico de la Secretaría
(ministerio) de Comunicaciones, ubicado en el reparto Kholy, se
ocuparon 17 documentos que contenían —se dice— pruebas del espionaje
que funcionarios cubanos ejercían a favor de Alemania. Eduardo Chibás
acusó a un ex director de ese centro, y la inculpación provocó una
áspera polémica entre un hijo de este y el parlamentario en la que
relucieron no pocos trapos sucios de funcionarios gubernamentales. La
discusión llegó a tal punto que el fiscal del Tribunal Supremo
solicitó a la Audiencia habanera el procesamiento de los
contendientes. Chibás echó en cara al fiscal no haber procedido con la
denuncia sustentada en los 17 documentos ocupados en Kholy. Ni
procedería tampoco. Un incendio nunca esclarecido en el Centro
Radiotelegráfico puso fin al asunto y el general Manuel Benítez, jefe
de la Policía Nacional, asumió el control de la entidad.

Cubanismo absoluto

Otro mensaje electrónico, firmado por Andrés, sin apellidos, alude a
la existencia de un partido nazi en Cuba a la que se refirió el
escribidor en su página del 24 de noviembre pasado. Escribe el
remitente: «Efectivamente, hace poco más de diez años realicé una
investigación sobre el racismo en Cuba y buscando y buscando encontré
que en octubre de 1938 se había creado un partido nazi en Cuba.
Increíble, pero cierto. Es un capítulo de nuestra historia que se
conoce poco. El partido fue creado por el periodista Juan Prohias y
estaba compuesto fundamentalmente por pequeños comerciantes y algunos
miembros de la clase media, portadores todos de una ideología racista,
profundamente anticomunista y ultranacionalista («cubanismo absoluto»,
decían ellos). En sus primeros estatutos había cláusulas abogando
abiertamente por la discriminación racial, por lo que al principio no
fue aceptada la solicitud de inscripción por ir en contra de lo
estipulado al respecto en la Constitución de 1940. Más tarde omitieron
convenientemente todas las referencias raciales para poder obtener
estatus legal. Además de este partido, existieron simultáneamente el
Partido Fascista Nacional, la Legión Nacional Revolucionaria
Sindicalista y la Legión Estudiantil de Cuba, y todas compartían la
misma base ideológica. Estas organizaciones tuvieron su arraigo en La
Habana y Las Villas fundamentalmente».
Concluye Andrés su mensaje: «Por suerte, hubo en Cuba un fuerte
movimiento antifascista».

Ciro Bianchi Ross
ciro@jrebelde.cip.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/


Commovente

COMMOVENTE: con motivo di compiere un delitto

35 anni del gruppo Sintesis

Sabato sera, nella sala Covarrubias del Teatro Nacional si è svolta la gala per festeggiare i (già superati) 35 ani di attività artistica del gruppo Sintesis, fondato da Carlos Alfonso e dalla sua compagna di vita Ele Valdés. L'originalità dei due musicisti non è rappresentata, solo, dal fatto di aver dato ai loro figli lettere di alfabeto come nomi: L, M, X, ormai lanciati nella carriera da solisti o con propri gruppi musicali,ma sopratutto nella loro musica, credo unica al mondo. La fusione di canti in lingua yoruba con il rock e il sinfonico credo non abbia uguali da nessuna parte. Uno spettacolo veramente entusiasmante: il pubblico ha partecipato con cori e ballo accompagnando quanto si svolgeva sullo scenario. Degna di nota anche anche l'ultima acquisizione del gruppo, la cantante e percussionista Yaimi Karell.