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giovedì 19 marzo 2020

Ciao Sergio, ci mancherai

L’ho conosciuto nel luglio del 1968 quando, dopo i tre mesi di corso in Piazza Beccaria, sono stato assegnato alla Zona Venezia quando le Zone erano ancora 8 ed io vi ero stato assegnato come inizio di una “carriera” durata poco meno di 16 anni nel Corpo dei Vigili Urbani di Milano, eredi dei “Ghisa di cui portavamo ancora l’affettuoso soprannome o dei “Survegliant” di antica memoria. Tempi nostalgicamente passati.
Sergio Lago era un veneto dal carattere esplosivo e “faso tuto mì” tipico della sua terra natale. Generoso, sempre con un consiglio da “anziano” e pronto ad aiutare chi era in difficoltà. La sua carriera è stata molto più lunga e brillante della mia, diventato dapprima sottufficiale: Vice Capo Drappello, secondo la nomenclatura dei tempi, e poi ufficiale con varie denominazioni di cui non ricordo l’ultima essendo lontano dal Corpo già da molti anni.
Non so se nella sua carriera abbia inoltrato qualche rapporto disciplinare a carico di colleghi che spesso lo avrebbero meritato, era più frequente sentire il suo vocione gridare, ai meno disciplinati “semo” e “imbecille” e giù con una serie di lavate di testa e richiami al dovere o all’etica del lavoro ai colleghi birbantelli o svogliati. Questo suo modo di essere più che di fare, gli era valso il soprannome di “Pulver” o “Pulverùn” derivato da un detto milanese che si dirigeva a chi era esagerato: “Bagna giò che te fè pulver”!
 In una di queste occasioni, era iniziato il “Periodo especial de guerra en tiempo de paz” a Cuba, venendo a conoscenza delle difficoltà di movimento per carenza di trasporti pubblici, ci regalò una bicicletta che giaceva abbandonata in Zona Sempione, dove stava lavorando, da oltre un anno. Un piccolo gesto, ma che dà la misura del suo cuore.
Nei tempi di frequentazione professionale eravamo entrati “di sponda” o “di striscio” nelle organizzazioni sindacali, lui democristiano DOC e io comunista atipico, spesso eravamo d’accordo per il meglio della categoria, ma quando si usciva dal sindacale per entrare nel politico eravamo come Don Camillo e Peppone, ma sempre col massimo rispetto e affetto reciproco.
Oggi ho saputo da un altro caro ex collega ed amico, Bruno Cassata, della sua scomparsa essendo ricoverato all’Ospedale Sacco, cosa che mi fa supporre sia stato vittima di questa orrenda pandemia che entrambi, proprio non molto tempo fa avevamo sottovalutato, almeno nell’espandersi rapidamente dei contagi. Aveva commentato uno dei miei post sull’incipiente argomento.

So che ha letto con piacere i due testi che ho pubblicato e mi ha commentato pacatamente, senza darmi dell’“imbecille”, per questo sono rimasto allibito e addolorato per questa mancanza. Ciao Sergio, aspettami, non fare “il semo”.

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