Pubblicato su Juventud Rebelde del 31/1/16
Se si domanda a
qualsiasi avanero dove situa il cuore dell’Avana, risponderà senza esitare che è nella Rampa. Questo
pezzo di strada che si estende per una lunghezza di 500 metri lungo l’Avenida
23, nel Vedado, dalla gelateria Coppelia fino al mare, è la zona più centrale e
frequentata della capitale. Il luogo ideale per la passeggiata, l’appuntamento
galante, l’incontro di lavoro, la distrazione...Così è successo durante gli
ultimi 60 anni nei quali La Rampa si è convertita, col Malecón, nel luogo più cosmopolita
dell’urbe.
Andare alla Rampa,
riunirsi in essa, sono abitudini dei cubani, come pure si prenderebbe come
punto di riferimento per intraprendere il cammino, dopo, verso altri posti. Ci
sono molti modi di percorrere l’Avana.
Una può essere quella di
seguire la deriva che quì segna la storia.
Un’altra farlo in libera
scelta, con fermate in quei luoghi che meritino una fermata lungo il cammino.
Questo è, con La Rampa come punto di partenza, quello che faremo nelle pagine
che seguono.
Stili diversi
Si insiste così tanto nei
valori dell’Avana coloniale che si corre il rischio di supporre che il resto
della nostra città non ne abbia. Dell’Avana moderna, il meglio è il Vedado, ha
raggiunto il meglio dell’urbanismo cubano. Con l’instaurazione della Repubblica
(1902), questo quartiere acquisì un’auge inusitata. Già l’Università si era
installata in esso, i signori di lunga data e i nuovi ricchi fecero costruire
le loro residenze nella zona.
Si impose quindi una
modalità eclettica nell’architettura che raggiunse le sue migliori espressioni nella casa dove ha sede l’Unione degli Scrittori e Artisti di Cuba,
nel palazzetto che ospita il Museo delle Arti Decorative e l’Auditorium Amadeo
Roldán. È di stile genuinamente fiorentino la Casa de la Amistad e neobarocca
la grande casa dov’è installato il caffè ristorante 1830 vicino alla foce del
río Almendares.
Anche se esistevano,
nella capitale, alcuni edifici alti – mai superiori ai 10 piani -, è nel Vedado
dove prolifera la smania dei grattacieli – Quasi mai maggiori di 20. L’Hotel
Nacional (1930) ad esempio ha solo otto livelli, ma col suo stile di
provenienza spagnola fu la prima installazione alberghiera di vero lusso di cui
dispose la città.
Poco dopo si costruiva
l’edificio di appartamenti López Serrano, di stile Art Decó che fu il più alto
dell’Avana fino alla decade del ’50.
È in questa epoca che il
Vedado torna a rinascere. La Rampa, più che una strada comincia a convertirsi
in uno stato d’animo. Si inaugurano grandi alberghi – Rosita de Hornedo, Capri,
Riviera, Habana Hilton – e edifici come quelli del Fondo Pensioni Odontologico
e quello Medico segnano punti di molto valore nell’architettura cubana. A
questi si aggiunge l’edificio Focsa, una delle costruzioni più alte del Paese e
meraviglia dell’ingegneria civile cubana.
La Piazza
Chiaro che se si parla di
altezze raggiunte per mano dell’uomo niente supera, a Cuba, il monumento a José
Martí nella Piazza della Rivoluzione. Dall’Avenida 23, l’Avenida Paseo conduce
direttamente a questo luogo che è stato il centro politico della nazione dal
1959. In essa, il cubano ha vibrato di emozioni e gioia con le parole di Fidel,
ha pianto, come la notte della straordinaria veglia per la morte del Che, si è
indignato come nel commiato alle vittime dell’aereo cubano sabotato alle
Barbados nel 1976, in ogni momento ha riaffermato il suo appoggio a una
Rivoluzione e ad un leader vittoriosi. Nella calle G, chiamata anche Avenida de
los Presidentes, colpisce il monumento al generale José Miguel Gómez, secondo
presidente della nazione (1909-1913), costruito con colletta popolare nel 1936
e il Castillo del Príncipe è esponente
di uno dei baluardi definitivi della città coloniale. Già nella Piazza,
incorniciata dagli edifici della Biblioteca José Martí e il Teatro Nacional, la
sede di vari ministeri e il Palazzo della Revolución, la statua dell’eroe, di
18 metri d’altezza, si staglia contro un obelisco di 142 metri. Una scalinata
di 567 gradini e un ascensore conducono al belvedere del monumento. Da lí con
l’Avana ai piedi, si regala una prospettiva mozzafiato.
El Prado
Il Paseo del Prado segna
il confine tra la città moderna e l’antica. Non si può concepire l’Avana senza
questo corso; nemmeno senza il suo Parco Centrale, che si affaccia sul Paseo.
Lì si trova anche quel palazzo dei palazzi che è il Capitolio, inaugurato nel
1929 e attualmente in restauro.
La cupola di questo
edificio è, per il suo stile, il suo diametro e altezza, la sesta del mondo. Al
momento della sua costruzione, il lucernario che lo sovrasta era superato solo
da San Pietro a Roma e San Paolo a Londra. Sotto la cupola si apprezza la
Statua della Repubblica, una tra le più alte fra le sculture che esistono in
interni, si sa poco però circa la cubana che servì da modella per l’opera. Ai
suoi piedi, incastonato nel pavimento del Salone dei Passi Perduti, un
brillante che appartenne a una delle corone dell’ultimo Zar di Russia, segnava
il kilometro zero di tutte le distanze dell’Isola.
Obispo
È un piacere percorrere
la calle Obispo, arteria eminentemente commerciale che allaccia il Paseo del
Prado con la Plaza de Armas nell’Avana Vecchia.
Questa piazza è la più
antica della città e fu il politico-militare dell’Isola durante la Colonia. Uno
degli edifici che si affaccia aquesto spazio è il Castillo de la Fuerza, la
seconda delle fortezze che gli spagnoli costruirono in America e che sfoggia
sulla sua torre ornamentale, La Girardilla, simbolo dell’Avana. Vicino alla Fuerza
si eleva col suo patio andaluso e la sua facciata maestosa, il Palazzo del
Secondo Capo (1772) e sull’altro lato della piazza, di fronte a quello occupato
dall'hotel Santa Isabel, il Palazzo dei Capitani Generali (Museo della Città) si
erge come il più genuino dell’architettura barocca avanera.
Nonostante lo splendore
della Plaza de Armas, quella della Cattedrale è il complesso più armonioso
dell’Avana di ieri, mentre quella di San Francisco esibisce, a lato del
convento dallo stesso nome, la bellissima Fonte dei Leoni e la Plaza Vieja
offre nelle sue edificazioni un compendio di stili che va dal barocco all’art
nouveau.
È impensabile uscire
dall’Avana Vecchia senza visitare la dimora della calle Leonor Pérez, 314. È
modesta, non ci sono lussi in essa, ma per i cubani ha un significato speciale:
lì nacque José Martí, l’Apostolo dell’Indipendenza di Cuba.
Il tunnel
È, senza discussione,
“l’opera del secolo” a Cuba. La si considera una delle sette meraviglie
dell’ingegneria civile cubana e uno studioso come Jacques Budet la include tra
le grandi opere dell’umanità. In effetti nel suo libro The Great Works of
Mankind (Londra, 1961) appare il Tunnel dell’Avana assieme alla città di Machu
Picchu e l’Alhambra di Granada, la Grande Muraglia cinese e la Città Proibita,
il cavo transatlantico e il Canale di Suez, il Ponte di Brooklyn e la
modernizzazione di Mosca... Per la prima volta un viadotto sottomarino si
costruiva in quel modo, il suo progetto e la sua tecnologia rivoluzioneranno il
mondo delle costruzioni.
Pe renderlo possibile si
dragarono 25.000 metri cubi di roccia e oltre 100.000 di sabbia. Ha un’estensione
di 733 metri e una larghezza di 22 e le sue quattro corsie si disegnarono per
permettere il transito di 1.500 veicoli all’ora in entrambe le direzioni. I
tubi o cassoni che lo conformano si costruirono in un bacino asciutto, poi si
trasportarono per galleggiamento per essere affondati sul fondo del canale
della baia avanera dove si era scavato, in precedenza il fossato in cui
sarebbero stati depositati.
Il Tunnel dell’Avana si
inaugurò il 31 maggio del 1958, dopo tre anni di lavoro e con l’opera si faceva
realtà il desiderio di allacciare in modo veloce e comodo L’Avana con l’allora
chiamata Città dell’Est e un corollario di spiagge incantevoli con le loro
sabbie bianche e acque cristalline. Basta attraversare sotto il mare la rada
avanera e questo si fa in questione di secondi.
Verso l’est
La città si era estesa
verso sud e verso occidente, mentre l’est continuava costretto alle sue spiagge
che attraevano sempre più l’attenzione dei vacanzieri e gente desiderosa di
investire in esse.
Per la lontananza e lo
stato deplorevole delle strade, arrivare a queste spiagge fu un martirio fino
alla costruzione della Via Blanca a metà degli anni ’40. E una volta inaugurata
questa, il viaggio continuava facendosi di una lunghezza non necessaria, quando un
tunnel avrebbe garantito una via rapida e avrebbe rivalutato i terreni siti al
di la delle fortezze del Morro e la Cabaña.
I grandi proprietari
dell’est non cessavano nel loro impegno e nel 1949 si effettuavano studi di
fattibilità per il Tunnel dell’Avana. Già nel 1954 l’idea era irrefrenabile.
Grazie al tunnel si sarebbe spostato il centro dell’Avana e in principio la
città sarebbe cresciuta verso est per gli stessi 18 km. in cui, per 40 anni,
era cresciuta verso ovest.
Le spiagge, da parte
loro, continuavano la loro espansione inarrestabile.
Guanabo era già una
città-spiaggia e Santa Maria del Mar era cresciuta enormemente e molto ben
pianificata, in meno di dieci anni. Si parcellizzò e si costruìrono Boca Ciega,
Tarará e Bacuranao, la Via Blanca propiziò il sorgere di quartieri residenziali
in Colinas de Villa Real, Alamar, Bahia...mentre Cojimar si confermava come
paese di pescatori non esente da interesse turistico.
Se dalla parte ovest
dell’Avana viveva un milone di avaneri e poi continuava verso la provincia di Pinar
del Río, la “Cenerentola”, povera e dimenticata, dalla parte est risiedeva la
maggior parte della popolazione cubana e si apriva un territorio di emergente o
potenziale ricchezza.
La strada più veloce
Il Malecón risulta essere
la strada più veloce per raggiungere l’ovest avanero.
Qualunque dei due tunnel
che passano al di sotto del río Almendares – uno dei quali soppiantò il famoso ponte di Pote, che si apriva in due parti al fine di dare passaggio alle
imbarcazioni – allaccia il Vedado con Miramar, il quartiere dei diplomatici e
imprenditori per eccellenza, con una Quinta Avenida fastosa. Più in la, per la
via Panamericana, la marina Hemingway apre una porta all’avventura.
L’avanero si dimentica
spesso dell’Almendares. Invece, questo fiume, è uno dei due simboli dell’Avana
e parte integrante della sua identità.
Dal Parco Metropolitano
arrivano all’Avana i parchi naturali, il polmone verde di cui necessita la
capitale e di cui formano parte, nella capitale dell’urbe, il Parco Lenin, il
Giardino Botanico, i terreni di Expocuba, Río Cristal e lo Zoologico Nazionale.
È difficile riprodurre a parole tanta meraviglia.
Dal sud, lungo l’Avenida
di Rancho Boyeros, si può tornare al Vedado. La Città Sportiva si trova su
questo cammino e di fronte a lei, La Fonte Luminosa. Si lascia indietro la
Piazza della Rivoluzione e si sfocia un’altra volta, di colpo, nell’Avenida 23.
Se si prosegue per G verso il mare, si apprezzano i monumenti a Salvador
Allende, Benito Juarez, Omar Torrijos, Eloy Alfaro e Simón Bolívar e più sotto,
all’incrocio col Malecón, quello che rende omaggio al generale independista
cubano Calíxto García. Alla sinistra c’è la Casa de las Américas, una delle
grandi istituzioni culturali del continente.
Si Impone un ritorno alla
Rampa. Che ne dite di un gelato di ciocolato o vaniglia? Ebbene, lì c’è
Coppelia, più che una gelateria, un’istituzione nazionale, dove a volte è
possibile degustare i migliori gelati del mondo.
La Habana de ida y vuelta
30 de
Enero del 2016 20:20:34 CDT
Si se le
pregunta a cualquier habanero dónde sitúa el corazón de La Habana, responderá
sin vacilar que en La Rampa. Ese pedazo de calle que se extiende a lo largo de
500 metros por la Avenida 23, en el Vedado, desde la heladería Coppelia hasta
el mar, es lo más céntrico y concurrido de la capital. El sitio ideal para el
paseo, la cita amorosa, el encuentro de trabajo, la distracción… Así ha
sucedido a lo largo de los últimos 60 años en los que La Rampa se convirtió,
junto al Malecón, en el lugar más cosmopolita de la urbe.
Ir a La
Rampa, reunirse en ella, son costumbres de los cubanos, como también lo es
tomarla como punto de referencia para emprender camino después hacia otros
sitios. Hay muchas maneras de recorrer La Habana.
Una puede
ser la de seguir el derrotero que marca aquí la historia.
Otra es
hacerlo a libre arbitrio, con paradas en aquellos lugares que merezcan un alto
en el camino. Eso es lo que, con La Rampa como punto de partida, haremos en las
páginas que siguen.
Estilos diversos
Se insiste
tanto en los valores de La Habana colonial que se corre el riesgo de suponer
que el resto de la ciudad no los tiene. De La Habana moderna lo mejor es el
Vedado, logro mayor del urbanismo cubano. Con la instauración de la República
(1902), esa barriada adquirió auge inusitado. Ya la Universidad se había
instalado en ella y los señores de abolengo y los nuevos ricos hicieron
construir sus residencias en la zona.
Se impuso
entonces una modalidad ecléctica en la arquitectura que alcanzó sus mejores
exponentes en la casa donde radica la Unión de Escritores y Artistas de Cuba,
el palacete que alberga el Museo de Artes Decorativas y el Auditórium Amadeo
Roldán. Es de estilo genuinamente florentino la Casa de la Amistad, y
neobarroca la casona donde está instalado el café-restaurante 1830 junto a la
desembocadura del río Almendares.
Aunque
existían en la capital algunos edificios altos —nunca mayores de diez pisos—,
es en el Vedado donde prolifera el afán de los rascacielos —casi nunca mayores
de 20. El Hotel Nacional (1930) sin embargo tiene solo ocho niveles, pero —con
su estilo plateresco español— fue la primera instalación hotelera de verdadero
lujo de que dispuso la ciudad. Poco después se construía el edificio de
apartamentos López Serrano, de estilo art decó, que fue el más alto de La
Habana hasta la década de los 50.
Es por
esta época en que el Vedado vuelve a renacer. La Rampa, más que una calle,
comienza a convertirse en un estado de ánimo. Se inauguran grandes hoteles
—Rosita de Hornedo, Capri, Riviera, Habana Hilton— y edificios como los del
Retiro Odontológico y el Retiro Médico marcan puntos muy valiosos en la
arquitectura cubana. A estos se une el edificio Focsa, una de las
construcciones más altas del país y maravilla de la ingeniería civil cubana.
La plaza
Claro que
si de alturas conseguidas por la mano del hombre se trata, nada supera en Cuba
al monumento a José Martí en la Plaza de la Revolución. Desde la Avenida 23, la
Avenida Paseo conduce directamente a ese sitio que ha sido centro de la vida
política de la nación desde 1959. En ella, el cubano ha vibrado de emoción y
júbilo con las palabras de Fidel, ha llorado como en la noche de la
extraordinaria velada por la muerte del Che, se ha indignado como en la
despedida del duelo de las víctimas del avión cubano saboteado en Barbados, en
1976, y en todo momento ha reafirmado su apoyo a una Revolución y a un líder
victoriosos.
En la
calle G, llamada también Avenida de los Presidentes, impacta el monumento al
mayor general José Miguel Gómez, segundo mandatario de la nación (1909-1913),
construido por cuestación popular en 1936, y el Castillo del Príncipe es
exponente de uno de los baluartes definitivos de la ciudad colonial. Ya en la
Plaza, enmarcada por los edificios de la Biblioteca José Martí y el Teatro Nacional,
la sede de varios ministerios y el Palacio de la Revolución, la estatua del
héroe, de 18 metros de alto, se recorta contra un obelisco de 142 metros. Una
escalera de 567 peldaños y un ascensor conducen al mirador del monumento. Desde
allí, con La Habana a los pies, se regala una perspectiva que corta el aliento.
El prado
El Paseo
del Prado marca la frontera entre la ciudad moderna y la antigua. No se concibe
a La Habana sin esa calzada; tampoco sin su Parque Central, que se asoma sobre
el Paseo. Allí también se ubica ese palacio de palacios que es el Capitolio,
inaugurado en 1929 y ahora en restauración.
La cúpula
de este edificio es, en su estilo, por su diámetro y altura, la sexta del
mundo. A la linterna que la remata, en el momento de construirse el edificio
solo la superaban la de San Pedro, en Roma, y la de San Pablo, en Londres. Bajo
la cúpula se aprecia la Estatua de la República, una de las más altas entre
todas las esculturas que existen bajo techo, aunque poco se sabe acerca de la
cubana que sirvió de modelo para la obra. A sus pies, empotrado en el piso del
Salón de los Pasos Perdidos, un brillante que perteneció a una de las coronas
del último zar de Rusia marcaba el kilómetro cero de todas las distancias de la
Isla.
Obispo
Da gusto caminar
la calle Obispo, arteria eminentemente comercial que enlaza el Paseo del Prado
con la Plaza de Armas en La Habana Vieja.
Esa plaza
es la más antigua de la ciudad y fue el centro político-militar de la Isla
durante la Colonia. Una de las edificaciones que a ese espacio se asoma es el
Castillo de la Fuerza, la segunda de las fortalezas que los españoles
construyeron en América y que luce en su torre de homenaje a La Giraldilla,
símbolo de La Habana. Junto a la Fuerza se alza, con su patio andaluz y su
portada mayestática, el Palacio del Segundo Cabo (1772) y en otro lado de la
plaza, frente al que ocupa el hotel Santa Isabel, el Palacio de los Capitanes
Generales (Museo de la Ciudad) se yergue como el exponente más genuino de la
arquitectura barroca habanera.
Pese al
esplendor de la Plaza de Armas, la de la Catedral es el conjunto más armonioso
de La Habana de ayer, en tanto que la de San Francisco exhibe, aledaña al
convento de ese nombre, la bellísima Fuente de los Leones, y la Plaza Vieja
ofrece en sus edificaciones un compendio de estilos que va del barroco al art
nouveau.
Resulta
impensable salir de La Habana Vieja sin visitar la morada de la calle Leonor
Pérez, 314. Es modesta, nada de lujos hay en ella, pero tiene para los cubanos
una significación especial: allí nació José Martí, el Apóstol de la
Independencia de Cuba.
El túnel
Es, sin
discusión, «la obra del siglo» en Cuba. Se le considera una de las siete
maravillas de la ingeniería civil cubana y un estudioso como Jacques Boudet la
incluye entre las grandes obras de la humanidad. En efecto, en su libro The
Great Works of Mankind (Londres, 1961) aparece el Túnel de La Habana junto a la
ciudad de Machu Pichu y el Alhambra de Granada, la Gran Muralla china y la
Ciudad Prohibida, el cable trasatlántico y el Canal de Suez, el puente de
Brooklyn y la modernización de Moscú… Por primera vez un viaducto submarino se
construía de esa forma y su proyecto y su tecnología revolucionarían el mundo
de las construcciones.
Para
hacerlo posible se dragaron 250 000 metros cúbicos de roca y más de 100 000 de
arena. Tiene una extensión de 733 metros y un ancho de
22 y sus
cuatro carriles se diseñaron para permitir el tránsito de 1
500
vehículos por hora en ambas direcciones. Los tubos o cajones que lo conforman
se construyeron en un dique seco y luego se trasladaron por flotación para ser
hundidos en el fondo del canal de la bahía habanera, donde previamente se había
excavado la zanja en que se depositarían.
El Túnel
de La Habana se inauguró el 31 de mayo de 1958, después de tres años de
trabajo, y con la obra se hacía realidad el anhelo de enlazar de una manera
rápida y cómoda a La Habana con lo que entonces se llamaba la Ciudad del Este y
un rosario de playas de encantamiento con sus arenas blancas y aguas cristalinas.
Basta con atravesar bajo el mar la rada habanera y eso se hace en cuestión de
segundos.
Hacia el este
La ciudad
se había expandido hacia el sur y hacia occidente, mientras que el este seguía
constriñéndose a sus playas que atraían cada vez más la atención de
vacacionistas y gente deseosa de invertir en ellas.
Por la
lejanía y el estado deplorable de los caminos, llegar a esas playas fue un
martirio hasta la construcción de la Vía Blanca a mediados de los años 40. Y
una vez inaugurada esta, el viaje seguía haciéndose innecesariamente largo
cuando el túnel garantizaría una vía expedita y revalorizaría los terrenos
situados más allá de las fortalezas del Morro y la Cabaña.
Los
grandes propietarios del este no cejaban en su empeño y en 1949 se acometían estudios
de factibilidad del Túnel de La Habana. En 1954 la idea era ya indetenible.
Gracias al túnel, se desplazaría el centro de La Habana y, en principio, la
capital crecería hacia el este los mismos 18 kilómetros que durante 40 años
había crecido hacia el oeste.
Las
playas, por su parte, continuaban su expansión indetenible.
Guanabo
era ya una ciudad-playa y Santa María del Mar había crecido enormemente, y muy
bien planificada, en menos de diez años. Se parceló y construyó en Boca Ciega,
Tarará y Bacuranao, y la Vía Blanca propició el surgimiento de repartos
residenciales en Colinas de Villa Real, Alamar, Bahía… mientras que Cojímar se
consolidaba como un poblado de pescadores no exento de interés turístico.
Si del
lado oeste de La Habana vivían un millón de habaneros y seguía luego la
provincia de Pinar del Río, la «Cenicienta», pobre y olvidada, del lado este
radicaba la mayor parte de la población cubana y se abría un territorio de
pujante o potencial riqueza.
La vía más rápida
El Malecón
resulta la vía más rápida para alcanzar el oeste habanero.
Cualquiera
de los dos túneles que cruzan bajo el río Almendares —uno de los cuales
suplantó al famoso puente de Pote, que se abría en dos partes a fin de dar paso
a las embarcaciones— enlaza el Vedado con Miramar, el barrio diplomático y
empresarial por excelencia, con una Quinta Avenida fastuosa. Más allá, por la
carretera Panamericana, la Marina Hemingway abre una puerta a la aventura.
El
habanero se olvida a menudo del Almendares. Sin embargo, ese río es uno de los
símbolos de La Habana y parte entrañable de su identidad.
Por el
Parque Metropolitano llegan a la capital los parques naturales, el pulmón verde
que la capital necesita y del que forman parte, en la capital de la urbe, el
Parque Lenin, el Jardín Botánico, los terrenos de Expocuba, Río Cristal y el
Zoológico Nacional. Es difícil reproducir con palabras tanta maravilla.
Desde el
sur, por la Avenida de Rancho Boyeros, puede retornarse al Vedado. La Ciudad
Deportiva se encuentra en ese paso y, frente a ella, la Fuente Luminosa. Queda
atrás la Plaza de la Revolución y se desemboca otra vez, de golpe, en la
Avenida 23. Si se sigue por G hacia el mar, se apreciarán los monumentos a
Salvador Allende, Benito Juárez, Omar Torrijos, Eloy Alfaro y Simón Bolívar y,
más abajo, en la intersección con Malecón, el que rinde homenaje al general
independentista cubano Calixto García. A la izquierda está la Casa de las
Américas, una de las grandes instituciones culturales del continente.
Se impone
una vuelta a La Rampa. ¿Qué tal un helado de chocolate o de vainilla? Bueno,
ahí está Coppelia, más que una heladería, una institución nacional, donde a
veces es posible degustar los mejores helados del mundo.
Ciro Bianchi Ross